Alessandro Gnocchi torna a scrivere su messainlatino.it il diario della crisi ella Chiesa, in particolare della diocesi di Bergamo.
Alessandro Gnocchi è autore di numerosi libri, scritti con Mario Palmaro, l'ultimo dei quali è il notevole "La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Vallecchi). Altri titoli: "L'ultima Messa di padre Pio. L'anima segreta del Santo delle stigmate"(Piemme), "Viva il Papa. Perché lo attaccano. Perché difenderlo" (Vallecchi), "Contro il logorio del laicismo moderno. Manuale di sopravvivenza per cattolici" (Piemme).
di Alessandro Gnocchi
Ritorna il caso BG (Bergamo non Bulgaria). In realtà, anche se in questo periodo non sono state inviate corrispondenze dal fronte della diocesi un tempo tra le più cattoliche d’Italia, la battaglia in difesa della Messa gregoriana continua. E se continua la battaglia in difesa significa che qualcuno attacca. Questo qualcuno, come ormai è noto, si identifica con la curia, prima guidata da monsignor Roberto Amadei e ora dal successore monsignor Francesco Beschi, entrambi validamente coadiuvati dal fin troppo efficiente Delegato-a-quasi-tutto, che d’ora in avanti, con amichevole latineggiare chiameremo Delegato ad omnia: giusto per restare in tema.
La corrispondenza dal fronte, questa volta, racconta di un altro sacramento negato nella forma antica. Ed è così che, per avere la Cresima secondo il rito antico, un’altra famiglia bergamasca ha dovuto imboccare l’autostrada A4 al casello di BG (Bergamo non Bulgaria) e uscire a Venezia, dove le due bambine sono accolte e cresimate nella chiesa di San Simeon Piccolo.
A conti fatti, è una questione di giustizia. Se la Curia in nome e per conto del Vescovo (e del Delegato ad omnia) ha negato un funerale e una Prima Comunione poteva concedere ben due Cresime? Suvvia, giustizia e simmetria. Quei poveri residuati geologici “ancora attaccati alla messa in latino” (loro dicono così, compresa la “messa” con la “m” minuscola anche quando parlano) vanno trattati tutti allo stesso modo: tutti a calci nei denti. Però, adesso, le pecorelle cominciano a essere stufe. Il padre delle due ragazzine che hanno ricevuto la Cresima Venezia ha preso carta e penna e ha scritto al vescovo la lettera che vedete qui sotto. Così come aveva fatto anche il papà della bambina a cui era stata rifiutata la Prima Comunione. Può sembrare poco, ma è dal poco che comincia a sgretolare il muro del potere fondato sulle soperchierie.
E per quanto riguarda il funerale negato, la storia non è finita. Ma questo, lo racconteremo nella prossima corrispondenza dal fronte della diocesi di BG (Bergamo non Bulgaria).
Alla c.a. Rev.ma Sua Eccellenza:
Monsignor FRANCESCO BESCHI
P.zza Duomo n° 5 – 24129 - Bergamo
Lettera aperta: SS.Cresime mie figlie
Rev.ma Vostra Eccellenza,
non potevo non informarLa del fatto che – data la Sua non disponibilità (così a mia volta sono stato informato) ormai più che annuale nel concedere l’amministrazione del Sacramento della S.Cresima nella forma straordinaria del rito romano antico alle mie figlie Elisabetta e Veronica presso il Santuario S.Maria ad Nives in Bergamo – ho dovuto provvedere per la stessa al Cappellano della chiesa di S.Simeon Piccolo presso il Patriarcato di Venezia.
È ormai dalla particolare occasione del Giubileo del 2000 che ci è stata concessa la riscoperta di tale millenaria tradizione e, proseguendo nel cammino spirituale che la Provvidenza ci ha riservato a chi come noi cerca il Signore nella Sua Chiesa cattolica e non se ne vuole staccare, nonostante il terreno dei suoi testimoni e pastori sembra sempre più insidioso e meno degno del Suo Maestro, abbiamo scelto come cura delle nostre anime la perseveranza e la crescita per i nostri tre figli in ciò che il rito straordinario ci fa percepire come consono al nostro modo di rapportarci con Dio, frequentando la S.Messa nel Rito romano antico, e da cui sempre più ne sperimentiamo la grazia santificante e ne restiamo educati secondo quello che è stato mirabilmente descritto come legge della preghiera della Chiesa corrispondente alla sua legge di fede.
Potrà ben capire perciò che – ormai di rado e solo quando le scuole occasionalmente ne richiedono la partecipazione - dato il continuo e forte spaesamento delle mie figlie nei confronti delle esecuzioni del rito ordinario, abituate al particolare clima di raccoglimento ed elevazione spirituale che contraddistingue la celebrazione del S.Sacrificio nel rito tradizionale antico, ho voluto fortemente ciò che pensavo giusto e salutare per loro e scegliere di conseguenza la forma che più era consona alla delicatezza delle anime delle mie figlie.
Perciò Le dico ancora: nonostante lo scoraggiamento provato in questi anni, in cui pazientemente attendevamo una Sua risposta benevola in favore di una Sua gioiosa presenza alla celebrazione del sacramento, smentita poi dalle comunicazioni informali che abbiamo sempre ricevuto indirettamente da parte Sua o da chi per Lei nella solita formula (“…in curia mi dicono che è meglio di no, rivolgetevi altrove…”), sono comunque lieto di informarLa che abbiamo ricevuto più del previsto, e in un certo senso di questo La ringraziamo, poiché la Provvidenza dispone alla fine quello che vuole per il bene di tutti. A Venezia abbiamo avuto speciale ricompensa per tutto, e il sacrificio fatto per la strada ne ha dimostrato alla fine i suoi benèfici risultati visibilmente colti nella bellezza e nella santità percepita nel luogo cui tutto – ci è sembrato – si è ammantato di un clima particolarmente e spiritualmente festoso di cui la penna non può che balbettarne le gioie spirituali che l’anima percepisce intimamente.
Anche per chi - ignaro ma incuriosito - ci ha voluto accompagnare verso l’ignoto viaggio dove regolarmente si svolge un rito straordinario, è stata esperienza che sarà l’inizio di un avvicinamento graduale alla realtà della S.Chiesa romana cattolica, di cui siamo grati. Non potrei poi non menzionare che, a partire dalla figura sacerdotale più che edificante di padre Konrad, ai seminaristi della Fraternità S.Pietro e infine alla presenza provvidenziale della Schola Gregoriana, il tutto si è reso inaspettatamente magnifico e degno di una celebrazione memorabile di altri tempi e luoghi, di cui le nostre figlie hanno potuto godere ed esserne raggianti e bearsene fino ad oggi.
Eccellenza, non Le comunico questo con polemica, ma solo per rammentarLe che a questa mistica bellezza, che celebra nel mistero dei Sacramenti le delizie del Signore, avrebbe potuto esserci Lei – Dio solo sa quanto lo abbiamo sperato e desiderato – o quanto meno – anche in caso di una Sua assenza personale - la Sua partecipazione e benedizione pastorale avrebbe potuto beneficare la Sua e nostra comunità. Poiché di comunità si tratta: faccio ormai parte di una schiera di persone che, in questo rito - antico ma sempre attuale - che rende chiaro anche alla sola vista inesperta questo Santo Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, questa Sua Morte applicata in perpetuo al genere umano vivente o penante, assistono regolarmente alla domenica (e a tutte le feste di precetto), o il venerdì sera (soprattutto in scadenza dei primi venerdì del mese a riparazione del S.Cuore di Cristo).
Eccellenza: La preghiamo come fossimo figli adottivi.
Non dimentichi che siamo suoi: non dimentichi che questo rito – semmai ritenesse che il problema fosse questo - anche se non bastassero secoli di celebrazioni a convalidarlo e legittimarlo nell’uso comune per certo pensiero distorto e pregiudiziale di certi ambienti che si professano cattolici (e di cui i cuori e le menti di taluni gerarchi si liberino da costrizioni ideologiche), ha consentito la formazione spirituale di un innumerevole stuolo di Santi, che ispirano tutt’ora con le loro vite quella di quei fedeli come noi che “continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, delle quali hanno ormai imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito”.
Non dimentichi che – come mi è stato da altri riportato – Lei stesso, nell’incontro avuto con una rappresentanza dei fedeli ormai legati alla Messa antica, aveva loro riferito di ritenere il rito antico una ricchezza per la Diocesi, un tesoro e una tradizione – quindi – la cui bontà non si può e non possiamo permetterci di perdere.
Mi permetto solo di aggiungere: il nostro venerabile Papa Benedetto XVI è a conoscenza di molte più cose di quanto noi non abbiamo a poterne contemplare all’interno della sua Chiesa. La sua visione è universalmente estesa e non può essere limitata alle sole situazioni particolari di qualche diocesi nostalgica. Non può avere stabilito quanto ha disposto mediante il Motu Proprio Summorum Pontificum senza avere presente il bene delle anime e più in generale della Chiesa di cui è chiamato a rispondere, e che termina perentoriamente con la dizione “nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario” e a cui noi dobbiamo obbedienza.
Confido che questa mia lettera aperta sia accompagnata dallo sguardo benevolo di Maria Santissima alla quale affido l’intenzione di infondere coraggio ai pastori di Suo Figlio nel seguire le indicazioni che dispone il Suo Vicario nel solco della Verità del Vangelo.
Le assicuro le nostre umili preghiere, e volentieri Le offriamo ogni più piccola sofferenza per il Suo mandato e per il bene della nostra Diocesi.
Un saluto.
in J et M
Emanuel Tribbia e Famiglia
22 gennaio 2012
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