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lunedì 7 novembre 2011

Sulla S. Messa Tradizionale all'Università Cattolica di Milano

La celebrazione della Messa tradizionale nella Cappella dell’Università Cattolica a Milano ha una importanza tutta particolare, perché è verosimilmente la prima che avviene in un ambiente universitario e in un luogo, almeno per il passato, alquanto ostile alla tradizione cattolica, come fa capire un episodio di cui sono stato testimone nella Facoltà di Medicina della stessa Università a Roma dove per oltre 30 anni sono stato professore.
Nell’Anno Santo 2000 tenni due conferenze in preparazione dell’Anno Giubilare: la prima sulla storia del primo Anno Santo del 1300, la seconda sulle basiliche patriarcali romane, meta tradizionale del pellegrinaggio. Nel corso della prima, accennai appena alle condizioni canoniche per ottenere l’indulgenza, per lasciare la parola a mons. Ghidelli, allora Assistente generale spirituale dell’Università che operava soprattutto a Milano, perché spiegasse più ampiamente, quale sacerdote, le condizioni suddette. La (non) risposta, piuttosto vivace, del monsignore, pochi anni dopo nominato vescovo ed inviato a dar man forte ai vescovi antitradizionalisti dell’Abruzzo- Molise fu: “ ma a che cosa servono queste cose sorpassate, bisogna andare oltre!..., ci vuole la conversione!”, per poi lanciarsi in una invettiva contro Bonifacio VIII. Molti dei presenti in una grande aula gremita di colleghi, studenti, personale amministrativo e paramedico, rimasero interdetti e molti alla fine vennero a esprimermi il loro stupore. Mi chiedo ciò che quel monsignore, avrebbe risposto ai fedeli che si fossero rivolti a lui per avere una guida spirituale e alle decine di migliaia di giovani dei quali a Roma ho ammirato la devozione con la quale visitavano le basiliche; avrebbe sicuramente ripetuto che bisogna ‘andare oltre’ ( dove non lo avrebbe detto, come non lo disse in aula ) e che per convertirsi sarebbe superflua ( come per i protestanti ), la guida della Chiesa depositaria della fede e del mandato divino di rimettere i peccati! Poche settimane dopo il monsignore tenne una conferenza sul giubileo ebraico; alla fine, per conto soprattutto degli studenti, gli chiesi di spiegare la differenza con il giubileo cristiano. Mi rispose: “ non saprei dire”, suppongo per ribadire il suo rifiuto dell’evento giubilare.
Questo episodio indica che la Chiesa post-conciliare ha rinunciato ad educare i giovani, accogliendoli piuttosto così come la società consumistica ed edonistica, fondata sul relativismo etico e sul disprezzo della tradizione, come mostra una pratica liturgica ’creativa’, senza spiritualità, abbandonata ad effimere sperimentazioni e ai modi della discoteca e del folklore. Dopo i magistrali insegnamenti di Pio XII, sono venuti i discorsi di Paolo VI, sempre piuttosto fumosi ed intellettualoidi: ” giovani, la vita è lotta… guardatevi da alcune forme di decadentismo!”. Giovanni Paolo II, chiedeva con forza ai giovani di rinunciare al consumismo ed al relativismo, ma è con papa Benedetto che l’insegnamento della Chiesa ha ripreso l’aggancio teologico e quindi la chiarezza e l’efficacia pedagogica adeguata.
Oggi i vescovi parlano di emergenza educativa della quale dovrebbero chiedere le cause, prima che ad altri a se stessi. E’ risultato drammatico per i giovani, laici e sacerdoti, che anche la Chiesa non avesse più certezze, avviata, tra l’altro, ad un disinvolto ecumenismo senza verità, dove tutti hanno torto e ragione insieme (o meglio, dove la Chiesa cattolica ha torto e gli altri ragione). Conseguenza dell’abbandono di quel metodo razionale della ricerca della verità che era stato il cardine dell’insegnamento universitario di Tommaso D’Aquino. Pochi anni dopo l’episodio illustrato, tenni un’altra conferenza sul tema ‘ L’arte del medico nel pensiero di Tommaso D’Aquino’. Un sacerdote alla fine esclamò, paradossalmente:” ma perche queste cose non vengono insegnate nelle facoltà ecclesiastiche!?” Gli risposi di rivolgere l’istanza non a me ma alle autorità competenti.
Sempre nella mia Facoltà, in una discussione, un docente fu affrontato in questi termini, da uno studente: “state zitti voi che siete quelli del sessantotto!”; una forte posizione critica dei giovani nei riguardi di una ideologia sovversiva, entrata anche nella Chiesa, che ha anche favorito la carriera, di tanti sprovveduti, anche docenti universitari. Ho spesso occasione di parlare con giovani maturi compresi sacerdoti, i quali riconoscono, con amarezza, ascoltando i più anziani: “ voi ne sapete tanto più di noi!” Molti vescovi e sacerdoti dovrebbero avvertire la stessa accusa da parte di giovani i quali, per la loro vocazione, convergono sempre più verso Ordini religiosi tendenzialmente tradizionalisti.
Per risollevare i giovani dall’ impoverimento spirituale e dal disagio in cui sono stati fatti cadere, è necessario affidare ai migliori di loro ( e sono tanti) il compito di far apprezzare ai coetanei la bellezza e la validità della tradizione in tutti i campi, nello studio come nell’impegno religioso e civile, mediante un uso intelligente della stessa, vista non in quanto passato, valido come tale, ma come premessa necessaria per costruire il loro futuro.

E.F.

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