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Il canto della Kalenda nella liturgia romana

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domenica 2 ottobre 2011

Straordinaria predica del Mons. Sostituto alla Segreteria di Stato in sostegno del Magistero di Benedetto XVI: "Con fede, in ascolto del Papa".

Il Sostituto per la "Sezione Prima - Affari Generali" della Segreteria di Stato (il numero 3 della Gerarchia "politica" della S. Sede, dopo il Papa -di cui è il braccio destro-, e il Segretario di Stato), S. Ec.za. Mons. Giovanni Angelo Becciu ha celebrato una S. Messa solenne nel pomeriggio di giovedì 30 settembre, nella cattedrale di Ozieri (sito diocesano), sua diocesi di origine. Insieme con l'Arcivescovo hanno concelebrato sette vescovi della Sardegna e tutto il clero diocesano, alla presenza di numerosi fedeli.
Di seguito una parte della sua predica, riportata integralemente sull'Osservatore Romano del 2 ottobre 2011 (si veda qui sul
blog Amicizi di Papa Ratzinger 4).
Sono molto forti ed esplicite le parole (a tratti anche affettuose) che Mons. Becciu pronuncia in difesa del Papa, del suo Magistero Petrino di Unità della Fede, di difesore della Verità, di dispensatore di Carità, e, quindi, di condanna (pur implicita) di quanti (ah, gente sciagurata e meschina!) -anche e soprattutto nella Curia Romana- si oppongono stoltalmente e infelicemente al Pontefice e cercano di avversarlo ("Guai a voi che non avete ascoltato"!), alimentanto la persecuzione del Papa, procurandogli sofferenze.
Speriamo che non siano solo parole di circostanza, ma siano suscitate da un vero e sincero amore verso il Santo Padre, che induca alla fedeltà, all'aiuto, alla collaborazione e all'obbedienza incondizionati filiali al Papa, non solo come Capo Supremo della Chiesa Cattolica, ma come Vicario di Cristo, Roccia della Chiesa e garanzia di unità e verità.
E speriamo che faccia qualcosa contro i media che, istruiti forse a dovere da monsignori curiali, "montano" le cifre dei contestatori dei Papa.
Il sottolineato è nostro.

Roberto


di GIOVANNI ANGELO BICCIU
" (omissis)
L'essere in questa Cattedrale mi porta ad unirmi spiritualmente alle comunità diocesane di cui i confratelli Vescovi qui presenti sono Pastori. Mi inchino di fronte alle loro responsabilità e al loro zelo di uomini appassionati nella costruzione del Regno di Dio. Come accennavo - è questo il motivo per cui questa sera siamo riuniti in preghiera - da pochi mesi [dal 10 maggio 201, qui ne avevamo dato annuncio, n.d.r.] il Santo Padre mi ha chiamato vicino a Sé per collaborare direttamente con Lui, a servizio della sua missione pastorale universale.
In questo nuovo compito, le parole di Gesù nel Vangelo odierno "Chi ascolta voi ascolta me", acquistano in me una risonanza tutta particolare. Esse mi pongono davanti al Papa in un ascolto di fede più intenso e attento: nella sua parola, nei suoi orientamenti ascolto la voce del Signore che continua a farsi Guida e Pastore del suo popolo. Ci rendiamo conto che spesso, in una società senza padri né guide sicure, anche la persona del Papa tende ad essere messa in un angolo, e la sua parola ridotta ad una opinione, posta accanto alle tante altre opinioni. Tuttavia, le immagini delle folle dei giovani che hanno acclamato Papa Benedetto a Madrid e dei suoi stessi connazionali che la settimana scorsa gli hanno tributato affetto e riconoscenza, contro le pessimistiche previsioni della vigilia, ci devono far riflettere e convincerci che l'amore verso il Papa e la Chiesa torna di moda e che le nuove generazioni non hanno vergogna di manifestarlo pubblicamente. Talvolta è purtroppo tra i credenti che dobbiamo lamentare come la persona del Papa non sia sempre tenuta nella considerazione che è domandata dal progetto di Cristo sulla sua Chiesa.
Se è vero che chi pensa Cristo senza la Chiesa pensa ad una persona immaginaria, mai esistita, è altrettanto vero che chi pensa la Chiesa senza Pietro, pensa ad una realtà che non è quella voluta da Cristo. "Chi abbandonerà la cattedra di Pietro, sulla quale è fondata la Chiesa - si domandava Cipriano già a metà del III secolo -, penserà di essere ancora nella Chiesa?" .
Pietro è la roccia posta da Gesù come fondamento della Chiesa. "Tu sei Pietro - affermava papa Leone Magno parafrasando le parole di Cristo -, cioè, pur essendo io la pietra irremovibile, la pietra angolare che dei giudei e dei pagani faccio un solo popolo... tuttavia anche tu sei pietra, perché sei consolidato dalla stessa forza, così che, ciò che io posseggo in virtù della potestà, tu l'abbia in comune con me per partecipazione... Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Sulla solidità di questa pietra costruirò un tempio eterno..." .
Come non ricordare in proposito la celebre espressione di Sant'Ambrogio: "Dov'è Pietro, lì è la Chiesa..."? .
Si comprende la verità dell'espressione non soltanto affettiva, ma teologica, con la quale Caterina da Siena si rivolgeva al successore di Pietro quale "Dolce Cristo in terra". Verrebbe da chiedersi: come è conciliabile una missione così alta con uomini per certi aspetti così deboli?
Benedetto XVI è consapevole di essere "un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore", come ebbe a dire nel suo primo saluto dalla Loggia centrale della Basilica di san Pietro.
Come non cogliere, in questo scarto tra la vastità della missione e la fragilità degli strumenti scelti per condurla a termine, la logica di Dio, che "sceglie ciò che nel mondo è debole... perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio"? .
L'unica condizione richiesta a Pietro e ai suoi successori per pascere il popolo di Dio è amare di più: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" . "Quel 'più' - disse Paolo VI -... esige e suscita... un primato d'amore... Al primato d'autorità, già conferito a Simon Pietro, Gesù vuole che corrisponda un primato di carità" . Si tratta di un amore simile a quello del Buon Pastore, che giunge a dare la vita per le sue pecore, al martirio.
Quando penso a Benedetto XVI, quando lo incontro personalmente, quando lo accompagno nei faticosi viaggi, nella fragilità della sua persona sento il suo amore appassionato per Cristo e la sua Chiesa, come pure la saldezza della roccia. Sento la verità dell'affermazione di Leone Magno: "La fermezza che Pietro ha ricevuto da Cristo, dal quale è stato costituito, si trasmette anche ai suoi eredi" , sino all'attuale Pontefice.
Guardo Benedetto XVI e vedo la lunga successione che lo riporta su quella prima roccia che è Pietro, fino alla pietra angolare che è Cristo. Come sono appropriate le parole di sant'Agostino: "Se si dovesse considerare la successione regolare dei vescovi, che si succedono uno dopo l'altro, con tanta maggiore certezza e vantaggio dovremmo cominciare a contare dallo stesso Pietro, al quale, come rappresentante di tutta la Chiesa, il Signore disse: 'Su questa pietra edificherò la mia Chiesa...'. A Pietro infatti successe Lino, a Lino Clemente, a Clemente Anacleto, ad Anacleto Evaristo, ad Evaristo Sisto, a Sisto Telèsforo, a Telèsforo Iginio..." e prosegue elencando tutti i successori fino ad Anastasio . Noi possiamo proseguire elencando Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, fino al nostro Benedetto XVI.
In questa epoca di smarrimento e di mancanza di sicuri riferimenti dottrinali ed etici, la vicinanza con il Santo Padre mi consente di prendere maggiore coscienza anche del suo fondamentale carisma magisteriale. Le chiavi che ha ricevuto indicano anche il potere di dare l'interpretazione autentica della legge di Gesù. È dunque Pietro che prima d'ogni altro dovrà compiere il mandato di Gesù, di "insegnare" ad osservare tutto ciò che egli ha comandato . Gesù gli ha affidato il compito di confermare i fratelli, gli altri apostoli, pregando che non venisse meno la sua fede .

Al carisma petrino, Benedetto XVI associa anche il personale carisma di dottore, di teologo, forse perché in questo momento la Chiesa e la società intera hanno bisogno di chi non soltanto riproponga la verità, ma mostri allo stesso tempo la capacità della mente umana di cercarla e di accoglierla, coniugando insieme fede e ragione. "Io penso - ha affermato in Santo Padre al riguardo - che Dio, scegliendo come Papa un professore, abbia voluto mettere in risalto proprio questo elemento della riflessività e della lotta per l'unità tra fede e ragione".
Benedetto XVI continua la missione di Pietro, l'uomo dell'amore più grande, e insieme l'uomo che conferma nella verità. La prima enciclica ha significativamente richiamato il primato dell'amore che proviene dall'unica sua sorgente divina: "Deus Caritas est". L'ultima enciclica ha mostrato che l'amore è verità: "Caritas in veritate".
"La verità va cercata, trovata ed espressa nell''economia' della carità - dice il Papa - ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. In questo modo - egli continua - non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale. (...) Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. (...) Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività" .
In queste parole sta forse la cifra del pontificato di Benedetto XVI: servire alla carità, illuminata dalla verità e insieme "accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale". Una missione esigente e spesso incompresa, eppure illuminata e illuminante. Il concetto di verità oggi è talmente travisato da suscitare sospetto, divenendo quasi sinonimo di intolleranza. Tuttavia, come si esprime il Papa, "mettere semplicemente da parte la verità perché ritenuta irraggiungibile ha effetti veramente devastanti" . Di qui la sua lotta dichiarata alla "dittatura del relativismo", che lascia come ultima misura del tutto solo il proprio io e le sue passioni, ma anche la fiducia nell'uomo come "capace di verità" e quindi la passione per la ricerca della verità, non tanto al fine di possederla, cosa impossibile perché essa sempre ci trascende, ma per esserne posseduti. La missione di Benedetto XVI sembra proprio essere, come ha scritto nell'ultima Enciclica: "Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita" mediante "forme esigenti e insostituibili di carità" .
Pure su di noi incombono le forti parole di Gesù appena ascoltate nel Vangelo, quando si rivolge alle città di Corazìn, Betsàida, Tiro, Sidòne, Cafàrnao: "Guai a te, perché non hai ascoltato...". Non si può far ignorare, far tacere, non accogliere la verità, la cui pienezza si è manifestata in Colui che ha detto "Io sono la Verità". In Lui - il Cristo -, la carità nella verità è il Volto stesso della sua Persona, e ciò diviene per noi vocazione ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto" .
Ricordando il momento nel quale Gesù si definisce la Verità e il testimone della verità, il Santo Padre fa notare il modo con cui Egli difende la verità: "non con le legioni, ma la rende visibile attraverso la sua passione e con essa la rende operante" . Non sta anche Benedetto XVI pagando la difesa della verità con la sua passione? Per questo vogliamo essergli particolarmente vicini e fargli sentire vicinanza e solidarietà, condividendo con lui l'umile e insieme fermo annuncio della verità, che è amore vissuto e testimoniato. Potremo così riportare Dio nel cuore della storia, come Egli stesso ci chiede: "Credo che oggi (...) il nostro grande compito sia in primo luogo quello di rimettere di nuovo in luce la priorità di Dio. La cosa importante, oggi, è che si veda di nuovo che Dio c'è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può anche essere razionale quanto si vuole, ma l'uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità; e così crolla l'essenziale. Ecco perché credo che l'accento nuovo che oggi dobbiamo porre è la priorità della questione di Dio" .
Su di noi Vescovi, chiamati ad essere Maestri della fede, ricade la responsabilità di poter rispondere alle attese del Santo Padre.
Anche nella nostra Isola, un tempo terra esente da correnti agnostiche e secolarizzanti, soffia il vento dell'indifferentismo religioso e del relativismo morale. Su di Voi Pastori, ai quali è stato affidato il compito di guidare il gregge di Cristo, incombe la responsabilità di predicare "opportune et inopportune", di mostrare amore incondizionato e generoso verso i vostri sacerdoti e fedeli, ai quali con coraggio e chiarezza dovrete spezzare il pane della verità. Uniti al Papa e "sub Petro" troverete la forza e le parole per essere guide certe e autorevoli.
[...]
A conclusione di queste mie parole, mi permetto di chiedere la vostra preghiera per essere all'altezza del compito che mi ha affidato il Santo Padre e per essere una persona credente e coraggiosa come Egli mi vuole, in modo che anch'io, insieme a lui, possa rispondere a Gesù che mi chiede se lo amo: "Tu sai tutto di me, tu sai che ti amo".
Che Maria, la dolce Immacolata venerata in questa Cattedrale e alla quale da seminarista e sacerdote spesso ho elevato lo sguardo per trarre ispirazione e conforto, mi aiuti a tenere fede al mio impegno di amore totale a Cristo e al suo Vicario. Sia Lei, Madre della Chiesa, a proteggere ognuno di noi e a condurci in quel cammino che porta a Cristo, Via,Verità

6 commenti:

  1. Complimenti a Roberto che ha postato questa splendida omelia che va meditata con spirito di umiltà ( come conviene ad ogni cattolico) !

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    Ecco un'omelia degna di questo nome e impregnata di vero spirito ecclesiale squisitamente cattolico. Grazie Roberto. I.P.
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  3. Segretario di stato subito

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  4. Gran bella omelia!! Complimenti Eccellenza!

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  5. Complimenti per la bella omelia: c'è veramente tanto da meditare in questi tempi difficili, non solo per la nostra Sardegna ma per il mondo intero. Seguire l'insegnamento del Santo Padre è impegnativo, ma alla fine solo Cristo può renderci liberi e in grado di guardare con fiducia al futuro.

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  6. Eccellenza reverendissima, ho letto con commozione spirituale il testo della sua omelia nella cattedrale di Ozieri, mia diocesi - essendo io di Bono - e, poiché siamo della stessa generazione e quasi della stessa età(1944), ho ricordato Monsignor Cogoni che da bambino mi impartì il sacramento della Confermazione. Ho apprezzato la grande passione per il Vicario di Cristo, passione che mi è stata trasmessa dalla mia parrocchia e successivamente, in tutti i livelli di scuola media e superiore e accademica, dai miei maestri Gesuiti. Ho apprezzato la puntualità delle sue citazioni e la diligenza dei riferimenti bibliografici. Le auguro che porti sempre nel suo stile di vita e di comunicazione evangelica la essenzialità, la profondità e la pregnanza della nostra terra, rispetto alla quale ci sentiamo perennemente "emigrati". Buon Lavoro e buon apostolato con l'umile operaio della vigna del Signore. Nicola
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    Dr. Nicola Fressura
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