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venerdì 20 maggio 2011

Il velo del calice e la benedizione dell’incenso




di Nicola Bux*


ROMA, mercoledì, 18 maggio 2011 (ZENIT.org).- Si odono di frequente richiami a volgere l’attenzione all’Oriente cristiano, intanto sono omessi nel rito romano elementi che lo richiamano, come velare il calice e benedire l’incenso. La presenza di tende e veli nella liturgia è riconducibile al culto giudaico; per esempio il doppio velo all’ingresso del santuario nel tempio di Gerusalemme, segno di riverenza verso il mistero della Shekina, la presenza divina. Così per l’incenso e gli altri aromi che bruciavano sull’altare apposito antistante, al fine di elevare visibilmente l’anima alla preghiera, secondo le parole del salmo 140: Dirigatur, Domine, oratio mea, sicut incensum, in conspectu tuo – La mia preghiera stia davanti a te come incenso, o Signore. Nello stesso tempo il profumo copriva l’effetto sgradevole degli odori degli animali immolati e del sangue dei sacrifici.
Il velo rappresenta visibilmente l’esigenza di non toccare con mani, impure, le cose sacre: un simbolo dell’esigenza di purezza spirituale per avvicinarsi a Dio. Se la liturgia è fatta di simboli, questo è uno dei più importanti. I veli coprono le mani dei ministri, come gli angeli offerenti rappresentati nell’arte bizantina e romanica. In linea di principio, i vasi sacri, quando non in uso, sono sempre velati per alludere alla ricchezza che vi si nasconde.
Il velo del calice è un piccolo drappo del medesimo colore e stoffa della pianeta o casula, oppure sempre bianco, che serve a coprire tutto il calice, sull’altare o sulla credenza, dall’inizio della Messa all’offertorio; e poi dopo la purificazione che segue la comunione. Nel rito bizantino i veli sono due, per il calice e per il disco, ovvero la patena dei pani da consacrare. Nel rito romano, sebbene sia prescritto «lodevolmente» dall’Ordinamento generale del Messale di Paolo VI (n. 118), il velo che copre il calice è, nell’odierna prassi celebrativa, ordinariamente omesso.
Veniamo all’incensazione. Il sacerdote, all’inizio della Liturgia Eucaristica, messo l’incenso nel turibolo, lo benedice e poi incensa tutto l’altare, in onore del Signore. L’incenso viene benedetto, nella Messa in forma extraordinaria, con la preghiera: Per intercessionem beati Michaelis Archangeli, stantis a dextris altaris incensi, et omnium electorum suorum, incensum istud dignetur Dominus benedicere, et in odorem suavitatis accipere – Per intercessione di san Michele arcangelo, che sta alla destra dell’altare dell’incenso, e di tutti i suoi santi, il Signore voglia benedire questo incenso e accoglierlo come profumo a Lui gradito. Questa benedizione è più solenne della prima, nella quale si dice: Ab illo benedicaris, in cuius honore cremaberis – Ti benedica Colui in onore del quale sarai bruciato. Qui sono invocati gli angeli perché il mistero dell’incenso non rappresenta altro che la preghiera dei santi presentata a Dio dagli angeli, come dice san Giovanni nell’Apocalisse (8,4): Et ascendit fumus incensorum de orationibus sanctorum de manu angeli coram Deo – E dalla mano dell’Angelo il fumo degli aromi ascende con la preghiera dei santi davanti a Dio.
Ancor prima però, come spiega Prosper Guéranger, «siccome il pane e il vino che ha offerti hanno cessato d’appartenere all’ordine delle cose comuni e usuali, [il sacerdote] li profuma con l’incenso, come fa per Cristo stesso, rappresentato dall’altare». Belle le parole che accompagnano l’incensazione prima in forma di triplice croce e poi di triplice cerchio sul pane e del calice: Incensum istud a Te benedictum ascendat ad Te Domine et descendat super nos misericordia tua – Ascenda a te, Signore, questo incenso da Te benedetto e discenda su di noi la tua misericordia. È tutto il senso della liturgia, che ascende a gloria della presenza divina e discende per la nostra salvezza – in latino, salvare vuol dire conservare – affinché siamo completamente noi stessi e possiamo vivere in eterno con Dio. Il sacerdote si inchina «in spirito di umiltà e con animo contrito» affinché il sacrificio si compia alla presenza di Dio in modo da essere gradito; poi invoca lo Spirito sulle offerte. Il sacerdote, rendendo il turibolo al diacono, gli rivolge un augurio che fa ugualmente a sé medesimo, dicendo: Accendat in nobis Dominus ignem sui amoris, et flammam aeternae caritatis – Il Signore accenda in noi il fuoco del suo amore e la fiamma dell’eterna carità. Il diacono, ricevendo il turibolo, bacia la mano del sacerdote e poi la parte superiore delle catene, invertendo l’ordine delle azioni che aveva compiuto presentandoglielo. Tutti questi usi sono orientali e la liturgia li conserva perché sono dimostrazioni di rispetto e riverenza.
Dunque, la Chiesa non ha escluso gli aromi dai suoi riti, anzi usa il balsamo per preparare il Crisma. L’incensazione simboleggia il sacrificio perfetto dei santi doni del pane e del vino, cioè Gesù Cristo, a cui sono unite le nostre persone in sacrificio spirituale, emananti profumo soave che sale al cielo (cf. Gen 8,21; Ef 5,2); così sono le preghiere dei santi (Ap 5,8) e le virtù dei cristiani (2Cor 2,15).
Qualcuno osserverà che, da quanto il velo del tempio si è squarciato, non abbiamo più bisogno di alcun velo, e da quando si è offerto il sacrificio di Cristo non abbiamo più bisogno di incenso. In verità non dovremmo nemmeno più aver bisogno di alcun edificio sacro, perché Cristo è il nuovo tempio. Il punto è che, con la venuta di Gesù, il profano non è scomparso del tutto: però è continuamente incalzato dal sacro che è dinamico, in via di compimento: «Perciò dobbiamo ritrovare il coraggio del sacro,il coraggio della distinzione di ciò che è cristiano; non per creare steccati, ma per trasformare, per essere realmente dinamici» (J. Ratzinger, Servitori della vostra gioia, Milano 2002, p 127).




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*Don Nicola Bux è professore di Liturgia orientale a Bari e consultore delle Congregazioni per la Dottrina della Fede, per le Cause dei Santi, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; nonché dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

21 commenti:

  1. Peccato non insista su un punto: Che si fanno tre cerchi sulle oblate per indicare che ora sono circumscriptae. Bellissima analisi comunque, davvero, e che ti fa notare quanto sia stupido chi ha scritto le rubriche del buovo messale. Come per esempio quando dice: il sacerdote benedice l'incenso SENZA NULLA DIRE... mi chiedo cosa stesse pensando allora il liturgista di turno, e la cosa fa sempre più notare come allora si sono cambiati i riti solo per il gusto di cambiarli. Piccola chicca: Avete provato a fissare le labbra del Sommo Pontefice quando incensa le offerte? Ci leggerete l'abolita preghiera del Dirigatur...
    http://www.youtube.com/v/aFlWGcK8w0U&feature" type="application/x-shockwave-flash" width="170" height="140

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  2. Non è la Sistina che canta, però!
    Da un intenditore come Lei non me l'aspettavo....

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  3. No, è il coro greco-bizantino... Ma non capisco se la sua è ironia o  è serio..

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  4. <span>No, è il coro greco-bizantino... Ma scusi perchè mi dice così?? Io ho messo l'unico video che ho trovato dove si vedono chiaramente le labbra della Santità di Nostro Signore pronunciare le parole: "dirigatur Domine oratio mea". Poi che non sia la Sistina a cantare mi sembra quasi il pregio del video...
    </span>

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  5. dopo i neocat. del post precedente, finalmente  un pò di liturgia più seria, come si deve!

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  6. Scherzavo! è chiaro che è quello il pregio del video..... ma è lo studentato di Grottaferrata?

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  7. Ehhh, sul libretto non era specificato... mi sa di no comunque, credo fossero stati "importati" ad hoc per il sinodo...

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  8. Oggi ho scoperto un' orribile notizia! Le prime comunioni verranno date sulle mani nella mia parrocchia!
    Poveri noi!

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  9. Mi fa venire in mente una cosa divertente: alle prove della mia prima comunione il mio vecchio (e saggio ) parroco ci aveva detto: "ragazzi, la comunione la potete fare in due modi, o sulla mano o in bocca". Venuto il mio turno, io mi presentai per quell'assurda mania di competizione che hanno i bambini davanti al sagrestano che faceva finta, con ostie non consacrate, di darci la comunione , mostrandomi con le mani giunte perchè tutti gli altri bambini avevano porto  le mani... e allora il buon prete disse davanti a tutti ad alta voce: "come mi piaci, Alessandro, con quelle mani giunte"!!! Solo dopo anni ho capito qual era il suo intento... (daltronde, all'epoca, se non usavi questi mezzucci per salvare il salvabile, ti prendevi del "lefebvriano" come niente..)

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  10. Vorrei far notare che mentre per il rito romano è lodevole usare il velo (PNMR2004 n. 118) per il rito ambrosiano è (sarebbe) obbligatorio (cfr. PNMA1990 n. 81); lo era (obbligatorio) anche per il rito romano fino alla II edizione (cfr. PNMR1983 n.80).

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  11. Placentinum!
    Se Lei ha fatto la prima comunione a quell'epoca, mi può essere quanto meno figlio (se non addirittura nipote)!
    Beata gioventù.....

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  12. Don Mercenario, la critica biblica a cui fa riferimento è tutto tranne che oggettiva e razionale, che Gesù sia stato ucciso per motivi politici lo sanno fin anche le pietre, è testimoniato dai Vangeli e dalla Tradizione costante della Chiesa, il problema sta nel significato che questo evento porta con sè, vada a dirlo all'autore della lettera agli Ebrei che mi pare spieghi in modo abbastanza soddisfacente come la morte di un uomo che non era nemmeno sacerdote su un patibolo abbia un valore sacrificale salvifico universale non in se stesso ma per il fatto che quell'uomo è il Figlio di Dio. Per quanto riguarda l'Ultima Cena, se è stata una cena pasquale di per se stessa è stata una cena sacrificale in quanto il piatto forte era l'agnello sacrificato al Tempio il giorno stesso, se non è stata una cena pasquale, come San Giovanni sembra asserire, ma non è nemmeno sicuro che l'interpretazione del testo del Vangelo di San Giovanni porti a questa conclusione, confer sopra per il valore che ha non in se ma che gli avrebbe dato e il Signore e gli Apostoli e la comunità cristiana ab immemorabili. Per l'interpretazione sacrificale delle parole del Signore sul pane e sul vino basta leggersi il discorso sul Pane di Vita nel Vangelo di Giovanni dove c'è una identificazione tra Pane=Parola=Carne... Almeno questo è ciò che la Chiesa ha sempre, ovunque e comunque creduto, al di fuori di questo io mi domando, se lei è un prete, che cavolo celebra quando celebra la Messa, se non c'è Sacrificio non c'è Sacerdozio, se non c'è Sacerdozio non c'è Sacramento, se il pane e il vino non sono realmente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo non c'è salvezza perchè essa rimane inattuale e quindi inattuata ma chiusa nel passato, e la Parola per quanto efficace non mi può dare quanto non mi promette, poichè la Parola promette ma è il Sacramento che realizza!!! 
    P.S. I L'idea di Girard invece è sublime a riguardo!!!!
    P.S. II L'Apocalisse parlando di Cristo utilizza sempre un linguaggio sacrificale, ergo non è vero che l'idea sacrificale è così aliena alla prima comunità cristiana, certo è vero però che bisogna precisare che il contenuto dell'idea sacrificale portata dalla primitiva comunità cristiana è in realtà il rovesciamente e l'esplosione dell'idea sacrificale antica dove è Dio che offre se stesso, non un Dio vendicativo assetato di sangue ma un Dio amore che offre suo Figlio caricandosi del peccato e del male del mondo "ecce Agnus Dei, ecce qui tollit (non colui che "toglie" ma colui che "solleva su di sè" "prende" "porta") peccata mundi"

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  13. Grazie alla Redazione e ad Oshimaru per questa boccata di aria delle Altezze!

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  14. Invero mi sono comunicato la prima volta una quindicina d'anni fa...

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  15. <span>La mia prima Comunione risale a una qundicina d'anni fa. Sì, direi che dalla mia età potrei esserle nipote.
    </span>

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  16. Nobis quoque peccatoribus21 maggio 2011 alle ore 12:19

    Grazie Oshimaru!

    Nell'ultima cena Cristo Signore ha anticipato misticamente il proprio Sacrificio (di sangue e carne, anima e divinita'). La c.d. cena (che comunque aveva contenuto sacrificale in quella circostanza) e' stata occasione e cornice di tale Sacrificio da essa distinto.

    E' dovere della Chiesa pepetuare tale Sacrificio per unire il tempo della venuta del Signore e della Salvezza a quello del Giudizio finale.

    FdS

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  17. Uno che tenta di essere cristiano21 maggio 2011 alle ore 12:59

    Non avevo mai letto un mucchio di cavolate scritte tutte insieme così.

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  18. Uno che tenta di essere cristiano21 maggio 2011 alle ore 13:01

    Gentile mercenaro, n<span>on avevo mai letto un mucchio di cavolate scritte tutte insieme così. </span>

    RispondiElimina
  19. <span>Gentile mercenaro, n<span>on avevo mai letto un mucchio di cavolate scritte tutte insieme così.</span></span>
    Ha piena ragione quel cristiano che così ha scritto.
    Ma dimmi, gentile m e r c e n a r i o, chi t'ha pagato? Attento che il tradimento di Cristo si rinnova sempre per pochi soldi.

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  20. Redazione di Messainlatino.it21 maggio 2011 alle ore 18:21

    Non credo che sia pagato da qualcuno. Secondo me scrive quello che scrive perché ne è convinto.

    FZ

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  21. <span>Oggi ho scoperto un' orribile notizia! Le prime comunioni verranno date sulle mani nella mia parrocchia! 
    Poveri noi!</span>
    PORTA tuo figlio a farla altrove.

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