Post in evidenza

Bibbie CEI 74 e 2008: Una fede senza Cristo? Giovanni 6,47 e l’Omissione di ‘in Me’

Grazie a Investigatore Biblico per questa ennesima analisi sulle nuove tradizioni bibliche. " “In ME” era Parola di Dio prima del ‘74 ...

giovedì 17 marzo 2011

Italia felix!

Ragionamenti di Sandro Magister intorno all'unità della nostra patria, all'Italia Cattolica, al giudizio della Chiesa e alla figura di un leader culturale (per l'articolo, si va da al link a chiesa.espressonline.it)
Roberto
*** *** ***



ROMA, 14 marzo 2011 – Fra tre giorni, il 17 marzo, l'unità d'Italia compirà 150 anni. E la Chiesa cattolica, compreso il papa, farà la sua parte nelle celebrazioni, con un occhio però al di là dei confini nazionali.
Per la Chiesa cattolica, infatti, l'Italia ha una missione universale. Giovanni Paolo II lo affermò con parole solenni, in una lettera ai vescovi italiani e in una grande preghiera per questa nazione, nel 1994:
"All'Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l'Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo".
Benedetto XVI lo ribadì a Verona nell'ottobre del 2006, davanti agli stati generali della Chiesa italiana riuniti:
"L'Italia costituisce un terreno assai favorevole per la testimonianza cristiana. La Chiesa, infatti, qui è una realtà molto viva, che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione".
Ma proprio da qui sorge la domanda: è capace l'Italia cattolica, oggi e nel prossimo futuro, di adempiere questa missione, che le deriva tra l'altro dall'ospitare da due millenni la sede di Pietro?
A giudizio delle Chiese di altri paesi d'Europa, l'Italia cattolica rappresenta un'eccezione invidiabile, un esempio da imitare.
Una missione che non è solo religiosa, ma anche civile e politica. In un'Europa che papa Benedetto XVI vede pervasa da uno "strano odio" verso se stessa e le proprie radici cristiane.
*

A giudizio delle Chiese di altri paesi d'Europa, l'Italia cattolica rappresenta un'eccezione invidiabile, un esempio da imitare.
Ne sarebbe una prova, sul terreno politico, la resistenza che l'Italia oppone alle leggi e alle sentenze giuridiche che tendono ovunque nel mondo a liberalizzare al massimo l'aborto e l'eutanasia e a polverizzare la struttura familiare fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Ma ai vertici della gerarchia della Chiesa è presente anche il timore che la vitalità dell'Italia cattolica possa declinare e spegnersi. E che per riprendere vita abbia bisogno di "una nuova generazione di cattolici impegnati in politica", come hanno più volte invocato Benedetto XVI e il presidente della conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco.
Anche al fine di far crescere questa "nuova generazione", da più di un decennio la Chiesa italiana ha impegnato nell'animazione religiosa e civile del cattolicesimo nazionale notevoli energie, in quello che ha chiamato "progetto culturale cristianamente ispirato", di cui è stato inventore e guida il cardinale Camillo Ruini.
Ma oggi, sulla scia di Ruini, c'è un nuovo leader che ha assunto un ruolo di guida culturale nell'attuare questo progetto.
Non è un ecclesiastico ma un semplice battezzato. È un professore di scienza politica che dal 2002 è rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. Il suo nome è Lorenzo Ornaghi.
Da alcuni mesi, Ornaghi batte e ribatte con crescente insistenza sull'idea che per il cattolicesimo italiano è giunta l'ora di tornare a essere "guelfo".
Nel Medioevo, i "guelfi" erano i cittadini dei liberi comuni che si battevano a sostegno delle proprie libertà e del papa, contro i "ghibellini" che parteggiavano per l'imperatore. Da allora, l'Italia "guelfa" è sinonimo di un'Italia che vive con fierezza il proprio cattolicesimo e lo mette in pratica con decisione anche sul terreno civile e politico, contro le insidie del secolarismo.
Ornaghi sostiene che il cristianesimo non è un valore aggiunto, facoltativo, nei sistemi democratici dell'Occidente, ma è origine e fondamento della democrazia stessa.
E lo è tanto più oggi che la politica si intreccia in misura mai vista in passato con quella questione centrale che è la vita, dal nascere al morire, dalla famiglia all'educazione. Una questione centrale sulla quale i cattolici sono particolarmente attrezzati.
Di conseguenza, la scristianizzazione che è in atto in vari paesi non è solo un danno per la fede cristiana, ma è "letale" – dice Ornaghi – per gli stessi sistemi democratici.
I cattolici non devono quindi rassegnarsi a un ruolo di periferia, sul terreno politico. Non devono cadere in quel peccato capitale che è l'accidia.
Tutto l'opposto. In un'epoca come l'attuale – sostiene Ornaghi – i cattolici devono essere consapevoli che "sono in una posizione di netto vantaggio". Hanno un patrimonio di idee e di convinzioni sulla persona, sulla famiglia, sulle comunità, sulla società, "meno contaminato da quelle ideologie che hanno dominato il Novecento". Hanno competenze e sensibilità che altri non hanno. Sono più pronti a guidare positivamente i grandi cambiamenti.
Ornaghi non pensa a un partito cattolico, né a collocazioni particolari dei cattolici nei vari partiti: tentazioni tuttora diffuse in Italia. Per lui è più importante che i cattolici, ovunque operino, sappiano individuare i luoghi e le questioni su cui agire con efficacia, d'intesa con altre persone e gruppi non cattolici, ma di comune visione.
Proprio in questi giorni l'agenda politica italiana vede in discussione in parlamento una legge argine contro l'eutanasia. Sarà un test importante per verificare la capacità dei cattolici, nei vari partiti, di orientare e convincere.
*
Il professor Ornaghi non si muove in solitudine. Le sue tesi sulla missione esemplare dell'Italia cattolica coincidono con quelle della presidenza della conferenza episcopale italiana, retta ieri dal cardinale Ruini e oggi dal cardinale Bagnasco: tesi a loro volta coincidenti con quelle degli ultimi due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Anche i luoghi nei quali Ornaghi parla e scrive sono indicativi. Sono i quaderni della rivista ufficiale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, "Vita e Pensiero", da lui diretta. Sono le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, l'ultima tenuta a Reggio Calabria lo scorso ottobre. Sono i Forum del Progetto Culturale, l'ultimo tenuto a Roma dal 2 al 4 dicembre.
In questo Forum, nel trarre le conclusioni, il cardinale Ruini ha accolto in pieno le tesi di Ornaghi, con uno sguardo di nuovo proiettato oltre i confini italiani, all'Europa:
"La convinzione di essere veramente e semplicemente cattolici è la premessa ineludibile per un impegno che sia storicamente efficace. Oso sperare che l'Italia possa essere un proficuo laboratorio, al fine di superare quell'odio di se stessa che affligge l'Europa e che tende anche ad alienare il cristianesimo dalle proprie – certo 'semper reformandae' – realizzazioni storiche".

14 commenti:

  1. Credo che oltre a tante belle parole si debba mettere quei tantissimi libri di storia, pieni di menzogne e fatti inventati magistralmente scritti per far elevare il persecutore da eroe e il perseguitato da nemico della libertà. Libri  che hanno formato e che tutt'ora formano la cultura protestante cattocomunista figlia del risorgimento. Non a caso i lupi risorgimentali dissero: " ora che l'Italia è formata dobbiamo formare gli italiani".

    E' venuto il momento di  rispolverare le tante vecchie Encicliche Papali che denunciavano e mettevano in guardia da questi lupi travestiti d'agnello, che oltre ad essere Encicliche sono Documenti Storici!!!!

    RispondiElimina
  2. <span>L’idea che guida il cardinale Giacomo Biffi è sintetizzata nella frase che si legge sulla quarta di copertina de suo ultimo libro,</span>
    <span> “L’unità d’Italia - Centocinquant’anni 1861-2011 - Contributo di un italiano cardinale a una rievocazione multiforme e problematica”, pubblicato dall’editore senese Cantagalli:</span>
    <span></span>
    <span>dice:</span>
    <span> “E’ vero che in qualche modo si era dato origine all’Italia politica; ma agli occhi del mondo gli italiani esistevano già da almeno sette secoli e, proprio come italiani, erano oggetto di stima e di ammirazione da parte di tutti gli altri popoli”. </span>

    :)  è un tascabile che consiglio di acquistare e leggere.....

    RispondiElimina
  3. .....per cui come dice bene il Professor Agnoli L'italia NON aveva bisogno di alcun motto risorgimentale!!!


    Rileggere bene le molte Vecchie e sempre nuove Encicliche dei Papi a partire dal grande Papa Leone XIII e si conoscerà la storia dell'Italia.

    Encicliche e Discorsi buttati al macero solo perchè non conformi ai novatores che hanno contribuito al risorgimento all'interno della Chiesa, altro punto cardine preso di mira dai risorgimentali anticattolici!!!

    Ripeto:

    NON a caso il comunismo venne "dimenticato" e così  riabilitato al CVII!!!

    RispondiElimina
  4. Il rapporto fra Cattolicesimo e democrazia potrebbe essere riassunto nella formula: UNA FRATERNITA' BASATA SULLA PATERNITA'.
    Nell'800 il mondo cattolico visse una continua tensione fra "apertura" liberaldemocratica al mondo moderno e "chiusura" imposta dalla gerarchia. Occorre pensare alla figura di Lamennais, passato dall'"integralismo" ultramontano alla democrazia e per questo condannato nella "Mirari vos" del 1832 e a quelle dei preti barricadieri del 1848, contro cui venne scagliata la "Quanta cura" con il Sillabo; inoltre al dogma dell'Infallibilità papale proclamato in aspra polemica con il dilagare del liberalismo. Si potrebbe aggiungere che il '48 fu una "ubriacatura" dionisiaca per molti versi analoga a quella del '68, che coinvolse largamente la gioventù cattolica, in procinto di diventare "postcattolica". Il linguaggio usato nelle encicliche è durissimo per esprimere l'opposizione assoluta alla liberaldemocrazia come "mito" e come "metafisica"di una "società senza padre", espressione che sarebbe stata usata senza infingimenti nel '68. Volendo in qualche modo "scusare" il cosiddetto autoritarismo ecclesiastico si potrebbe pensare che quando un veicolo è lanciato a tutta velocità in una strada piena di curve, chi invoca l'uso del freno paradossalmente è quello che vuole evitare incidenti disastrosi.

    RispondiElimina
  5. Pio IX auspicava una lega doganale tra gli stati italiani, acconsentì a che dei nativi dgli Stati pontifici partecipassero alle guerre d'indipendenza nel Lombardo Veneto contro gli austriaci, e disse la celeberrima frase'' Gran Dio benedite l'Italia''perchè si sentiva di appartenere ad una cultura italiana innegabile.La storia infatti ci ha traghettati nell'unità che parte dalla lex Iulia del 90 a.C. quando tutti gli italici ebbero cittadinanza romana, poi Augusto,'' Pater Patriae'' , e più in avanti ai regni italici della''corona ferrea'' post carolingi, alla repubblica cicalpina poi italiana al regno d'Italia alla nostra repubblica.Molti cattolici, anche chierici, parteciparono al risorgimento. La cultura e la religione cattolica , la lingua, l'arte, sono la nostra identità nazionale. Gran Dio Benedici l'italia.

    RispondiElimina
  6. 'Li chiamarono ... briganti!'


    http://www.youtube.com/view_play_list?p=E2AB7F261C4BF3A1

    Appena 10 giorni di proieziene e venne subito sospeso nelle sale di proiezione ed è, attualmente, di difficile reperibilità.
    scaricate!

    RispondiElimina
  7. Apologo/parabola istruttivo17 marzo 2011 alle ore 11:49

    <span>Pio IX auspicava una lega doganale tra gli stati italiani, acconsentì a che dei nativi dgli Stati pontifici partecipassero alle guerre d'indipendenza nel Lombardo Veneto contro gli austriaci, </span>
    A) di molto di ciò se ne pentì;
    b) L'Italia, (che, a questo punto, è da considarsi ben più vasta dell'attuale repubblica: Nizza, Savoia, Istria e Dalmazia, sono nomi che dicono qualche cosa-per tacer di Malta-) come & ben più della Germania, aveva tutto il diritto e tutte le carte in regola per una unificazione su base FEDERALE (anzi, CONFEDERALE), che poteva e doveva mettere insieme le singole identità locali socio-storico-politiche, senza sopprimerle. E questa era l'unica ITALIA UNITA, auspicata da Pio IX, da Gioberti, da Cattaneo, etc. Gli anglosassoni hanno ben presente la differenza tra HOME e Fatherland.
    Sono convinto che le due uniche forme di vita associativa NATURALI dell'Umanità sono solo la comunità locale e l'impero universale. Tutto ciò che in sta in mezzo, per quanto rispettabile, è solo sovrastruttura limitata e storicamente caduca.

    RispondiElimina
  8. Nell'800 la Francia rivoluzionara e napoleonica aveva fatto scuola: una grande potenza armata, resa possibile solo da un territorio ampio, capace di fornire una  leva di massa all'esercito e di sostenere finanziariamente una grande industria bellica. L'Italia era sì una nazione dal punto di vista linguistico, culturale e religioso, ma una semplice confederazione non sarebbe bastata a metterla alla pari delle grandi potenze. L'idea delle nazioni-potenze avrebbe rivelato i suoi lati negativi con la Prima Guerra Mondiale e con il suo seguito nella Seconda ( di cui la Chiesa non ebbe responsabilità dirette ); non a caso l'idea della confederazione ( stavolta su scala europea ) venne ripresa dagli statisti cattolici: De Gasperi, Schumann, Adenauer.

    RispondiElimina
  9. Os iusti meditabitur sapientiam17 marzo 2011 alle ore 13:26

    Per rimanere in tema e avere un'idea di ciò che pensano all'estero del nostro Paese, da appassionata di animazione giapponese, vi consiglio di dare un'occhiata a questo anime, con la lista degli episodi in streaming.
    Per capire il titolo della serie e avere un'idea generale dell'argomento, leggete anche l'introduzione del webmaster. Sono video da 5 minuti ciascuno.

    http://animedblink.blogspot.com/2010/06/axispowerhetalia.html

    RispondiElimina
  10. http://comitatiduesicilie.org/images//volantino-17%20marzo.jpg

    RispondiElimina
  11. Sul tricolore cispadano e poi cisalpino, pur essendo sottinteso,  non c'era. Non c'è neppure oggi, perchè altrimenti gli 'utili idioti' si sveglierebbero di colpo. Allora il simbolo della libertà da Cristo e dalla sua Chiesa ce lo metto io (repetita juvant):

    RispondiElimina
  12. <span>

    Sul tricolore cispadano e poi cisalpino, pur essendo sottinteso, non c'era. Non c'è neppure oggi, perchè altrimenti gli 'utili idioti' si sveglierebbero di colpo. Allora il simbolo della libertà da Cristo e dalla sua Chiesa ce lo metto io (repetita juvant):

    </span>

    RispondiElimina
  13. Filippo (senza alfa nè beta)17 marzo 2011 alle ore 17:51

    Si scrive moto non <span>motto. </span>Te lo dico dal basso della mia ignoranza. Scusami. Un motto risorgimentale potrebbe essere: "libera Chiesa in libero Stato".

    RispondiElimina