No alle chierichette nè ai laici per la distribuzione della S. Comunione. "Nella liturgia i fedeli non hanno tutti eguali diritti".
"Gli sviluppi più recenti non sono da introdurre nella forma straordinaria del rito romano per rispetto per l'integrità della disciplina liturgica contenuta nel missale romanum del 1962"
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Riportiamo una notizia di ieri. Mons. Burke, Prefetto dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica chiarisce una volta per tutte alcuni punti. E non teme di essere "politicalmente scorretto". La verità non è mai scorretta.
Citta' del Vaticano, 11 ago. (Adnkronos) - Nell'antica messa in latino, cioe' il rito di San Pio V liberalizzato da Benedetto XVI con il motu proprio ''Summorum pontificum'', non sono ammessi ne' chierichette ne' laici, vale a dire ne' ''persone di sesso femminile che prestano servizio all'altare, ne' laici che danno la comunione''. E' quanto precisa mons. Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica, il Supremo Tribunale della Santa Sede, nell'introduzione a uno studio che fa il punto sull'applicazione del motu proprio del Papa, appena uscito in Germania, a poche settimane dalla scadenza del prossimo settembre quando cadono i tre anni dall'entrata in vigore della messa in latino. © Copyright Adnkronos
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E ancora:
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Fare i chierichetti non è un "diritto".
Per questo motivo il servizio non può essere assolto da "persone di sesso femminile" nella cosiddetta messa in latino. Così, con una posizione divergente rispetto a quella assunta solo pochi giorni fa dall''Osservatore romano', si esprime monsignor Raymond Leo Burke, Prefetto della Segnatura Apostolica.
Nell'introduzione al 'Commento' al motu proprio 'Summorum Pontificum' del tedesco Gero P. Weishaupt, il vescovo americano spiega che per affrontare alcune questioni liturgiche pratiche è necessario tener presenti due principi.
Il primo è che, per la celebrazione del rito straordinario liberalizzato dal motu proprio, si devono "rispettare attentamente" le norme liturgiche in vigore nel 1962.
In base al secondo principio, la successiva disciplina liturgica va applicata al rito romano "solo se tale disciplina tocca un diritto dei credenti che deriva direttamente dal sacramento del battesimo e serve alla salvezza delle loro anime".
L'applicazione congiunta di questi due principi, spiega Burke, "porta alla conclusione che non appartengono ai diritti fondamentali del battezzato né il servizio all'altare di persone di sesso femminile, né l'uso dei laici per le letture o per la distribuzione straordinaria della comunione. Di conseguenza questi sviluppi più recenti non sono da introdurre nella forma straordinaria del rito romano per rispetto per l'integrità della disciplina liturgica contenuta nel missale romanum del 1962".
In un editoriale di prima pagina scritto in occasione del raduno europeo di chierichetti a Roma, l''Osservatore romano' ha fatto un elogio delle chierichette.
"Anche se forse molti parroci si sono rassegnati alle chierichette solo in assenza di ragazzi disponibili - ha scritto Lucetta Scaraffia - per le giovani superare questa frontiera è stato molto importante, e così infatti è stato compreso: lo dimostra la presenza di una maggioranza femminile al decimo raduno dei ministrantes che si è appena svolto alla presenza del Papa. Per le ragazze entrare nello spazio dell'altare ha significato la fine di ogni attribuzione di impurità al loro sesso, ha significato la possibilità di vivere anch'esse questa esperienza formativa di straordinaria importanza nell'educazione religiosa - ha concluso il giornale vaticano - ha significato un'attenzione diversa alla liturgia e un avvicinamento alla fede nell'accostarsi al suo stesso cuore". © Copyright Apcom
Fare i chierichetti non è un "diritto".
Per questo motivo il servizio non può essere assolto da "persone di sesso femminile" nella cosiddetta messa in latino. Così, con una posizione divergente rispetto a quella assunta solo pochi giorni fa dall''Osservatore romano', si esprime monsignor Raymond Leo Burke, Prefetto della Segnatura Apostolica.
Nell'introduzione al 'Commento' al motu proprio 'Summorum Pontificum' del tedesco Gero P. Weishaupt, il vescovo americano spiega che per affrontare alcune questioni liturgiche pratiche è necessario tener presenti due principi.
Il primo è che, per la celebrazione del rito straordinario liberalizzato dal motu proprio, si devono "rispettare attentamente" le norme liturgiche in vigore nel 1962.
In base al secondo principio, la successiva disciplina liturgica va applicata al rito romano "solo se tale disciplina tocca un diritto dei credenti che deriva direttamente dal sacramento del battesimo e serve alla salvezza delle loro anime".
L'applicazione congiunta di questi due principi, spiega Burke, "porta alla conclusione che non appartengono ai diritti fondamentali del battezzato né il servizio all'altare di persone di sesso femminile, né l'uso dei laici per le letture o per la distribuzione straordinaria della comunione. Di conseguenza questi sviluppi più recenti non sono da introdurre nella forma straordinaria del rito romano per rispetto per l'integrità della disciplina liturgica contenuta nel missale romanum del 1962".
In un editoriale di prima pagina scritto in occasione del raduno europeo di chierichetti a Roma, l''Osservatore romano' ha fatto un elogio delle chierichette.
"Anche se forse molti parroci si sono rassegnati alle chierichette solo in assenza di ragazzi disponibili - ha scritto Lucetta Scaraffia - per le giovani superare questa frontiera è stato molto importante, e così infatti è stato compreso: lo dimostra la presenza di una maggioranza femminile al decimo raduno dei ministrantes che si è appena svolto alla presenza del Papa. Per le ragazze entrare nello spazio dell'altare ha significato la fine di ogni attribuzione di impurità al loro sesso, ha significato la possibilità di vivere anch'esse questa esperienza formativa di straordinaria importanza nell'educazione religiosa - ha concluso il giornale vaticano - ha significato un'attenzione diversa alla liturgia e un avvicinamento alla fede nell'accostarsi al suo stesso cuore". © Copyright Apcom
dipende da come si concepisce il significato comunitario di chirichetto...solo da questo
RispondiEliminaAnche stavolta non vanno confuse le norme canoniche (superiori) con quelle liturgiche (subordinate): un diacono permanente non è diacono a metà; è diacono; punto e basta. Se un diacono permanente sa svolgere tale ministero secondo la forma straordinaria può legittimamente compierlo. Di più: stando alle norme, se sono presenti due sacerdoti e un diacono permanente per una Messa solenne, la parte del suddiacono va affidata a uno dei due sacerdoti e il diacono permanente fa il diacono. Chi sostiene che il diaconato permanente, al pari di altre figure non contemplate prima del concilio, non può trovare collocazione nella forma straordinaria può appigliarsi solo alle questioni di opportunità, non a norme e rubriche. Ma si sa che gli appigli vanno collocati nei punti giusti, altrimenti...si cade e ci si fa tanto male!!!
RispondiEliminaDimenticavo di precisare che le norme canoniche sono quelle del 1983 e non altre. La forma straordinaria del rito romano non è un rito orientale munito di codice di diritto canonico proprio!
RispondiEliminahai tanta ragione: nei Vangeli è ripetuto infinite volte quello che tu stati dicendo, norme rigorose per ogni secondo della vita...pero' poi ci sarebbe il cammino verso Dio che Cristo ci ha insegnato e quello mi pare tutta un'altra cosa, di tutta un'altra bellezza...
RispondiElimina...certo è che oggi ci sono molti preti "alter Christi", cioè qualcosa di altro, distante da Cristo :'(
RispondiEliminaSì, guarda che io non ho grossi problemi a pensare un coinvolgimento del diacono permanente nella liturgia iuxta traditionem; né ho mai posto in discussione che un diacono permanente sia un diacono vero e proprio. Continuo a notare che il diaconato era prima qualcosa di diverso; v'è differenza tra un diacono e un diacono permanente? E che tipo di differenza è: funzionale e essenziale. Non saprei rispondere con certezza. Certo è che la norma liturigca tradizionale non intendeva includere una forma allora non prevista dei diaconi permanenti: dunque solamente i diaconi non permqnenti potrebbero svolgere un ruolo liturgico... nno so; ma la soluzione che tracci la seguo, la ammetto, la rispetto ma non mi convince.
RispondiElimina<span>Sì, guarda che io non ho grossi problemi a pensare un coinvolgimento del diacono permanente nella liturgia iuxta traditionem; né ho mai posto in discussione che un diacono permanente sia un diacono vero e proprio. </span>
RispondiElimina<span>Continuo a notare che il diaconato tradizionale è qualcosa di diverso dal diaconato permanente; ma oggi come oggi: v'è differenza tra un diacono e un diacono permanente? E che tipo di differenza c'è: funzionale e/o essenziale. Non saprei rispondere con certezza. Vero è che la norma liturigca tradizionale non intendeva includere una forma allora non prevista dei diaconi permanenti: dunque, stando alla ratio legis, solamente i diaconi non permanenti potrebbero adesso svolgere un ruolo liturgico... non so la soluzione che tracci la seguo, la ammetto, la rispetto ma non mi convince... Il quadro delle norme è incompleto e il nuovo codice è monco nella parte in cui non riferisce raccordi per la forma straordinaria del Rito Romano....</span>