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venerdì 29 gennaio 2010

Jean- Luc Marion all' Académie Française

Riportiamo di seguito, nella traduzione apparsa sull’Osservatore Romano del 23 gennaio 2010, uno stralcio del discorso pronunciato il 21 gennaio dal filosofo francese Jean-Luc Marion durante la cerimonia di ingresso all’Accadémie Française, dedicato alla figura del Cardinale Jean-Marie Lustiger (Arcivescovo di Parigi dal 1981 al 2005) che lo aveva preceduto all’Accademia. Marion propone una sintesi personale delle categorie con le quali il Porporato leggeva la «crisi della Chiesa cattolica, prima di tutto in Francia». La sintesi ci pare interessante perché intessuta di alcuni luoghi comuni molto cavalcati dagli intellettuali francesi di stampo progressista: la «vocazione minoritaria» dei cattolici di Francia, la teologia del «piccolo gregge» (con la stessa funzione del «Resto d’Israele»), la rinuncia ad un’azione evangelizzatrice forte (la volontà di riaffermare i valori cristiani con vigore nell’attuale contesto nichilista è addirittura accostata alla «volontà di potenza» di nicciana memoria) e la scelta di un cristianesimo colto ed elitario a scapito della religione di popolo.

"È stato così spesso criticato (Lustiger, n.d.r.) per la sua critica dell’Illuminismo che mi sento tenuto a difenderla e a spiegarla. In una parola , quello che è stato denigrato come una banale critica ai Lumi è in realtà un modo consapevole di affrontare quello che in questi tempi di angoscia dobbiamo chiamare nichilismo.
È in effetti nella prova universale del nichilismo che ha saputo inscrivere ciò che ha deciso di chiamare la crisi della fede, in particolare la crisi della Chiesa cattolica, prima di tutto in Francia. Jean-Marie Lustiger ha saputo esprimere meglio che in qualsiasi altro contesto il suo «paradosso diagnostico» nel dialogo affascinante che condusse nel 1989 nelle pagine di «Le Débat» con il vostro compianto fratello, François Furet: «Partirò da una constatazione: a differenza di altre nazioni europee, la Francia non ha trovato nel cattolicesimo la matrice della sua identità nazionale. In molti paesi la Chiesa ha preceduto lo Stato e ha dato una certa consistenza alla nazione attraverso la lingua e la cultura…In Francia, invece, l’idea di nazione non coincide con l’idea cattolica in quanto tale, né d’altronde con un dato linguistico» (Dieu merci, les droits de l’homme, Paris 1990, pp. 118-119). Contrariamente alla leggenda dorata della «Figlia primogenita della Chiesa», la Francia non ha mai smesso di scristianizzarsi (le guerre di religione, la Rivoluzione, la separazione tra Stato e Chiesa del 1905, l’esodo rurale e così via) e dunque anche di ri-evangelizzarsi attraverso altrettanti movimenti di conversione (il XVII secolo dei mistici, le missioni del XIX secolo, l’Azione Cattolica e il rinnovamento culturale del XX secolo, e così via). Poiché la «Francia è il solo Paese dell’Europa Occidentale, o meglio dell’Europa cristiana, in cui non c’è stata identificazione completa fra il cristianesimo, la cultura e la nazione» (Osez croire, pp. 167 e 243). [Queste affermazioni lasciano un po’ stupefatti: davvero la Francia non ha nel Cattolicesimo la matrice della propria identità nazionale? La constatazione che spesso nei secoli essa ha rifiutato il Cattolicesimo prova, a nostro avviso, l’esatto contrario, giacché proprio quei momenti storici sono tra i più tristi e dolorosi della storia del Paese. Quando la Francia ha rifiutato il Cattolicesimo allora si è “alienata da se sessa”, diremmo con categorie care al pensiero dialettico, e ha sfigurato il proprio volto. Non occorre essere il Cardinale Pie per sostenere quanto affermiamo: è il pensiero, tra gli altri, di Giovanni Paolo II: « La crisi dei valori e la mancanza di speranza che si osservano in Francia, e più in generale in Occidente, fanno parte della crisi di identità che le società moderne attuali attraversano[…] La Chiesa si interroga su tale situazione e auspica che i valori religiosi, morali e spirituali, che fanno parte del patrimonio della Francia, che hanno plasmato la sua identità e forgiato generazioni di persone fin dai primi secoli del cristianesimo, non cadano nell'oblio», Lettera al Presidente della C.E.F e atutti i Vescovi di francia, 15 febbraio 2005]
Che i cattolici si trovino oggi in posizione minoritaria non appare come un disastro, né come una novità, poiché non hanno vocazione alla maggioranza, e ancora meno a un’egemonia politica sulla nazione, dalla parte dello Stato o contro di lui. [in altre parole l’estinguersi della fede è connaturale ai Francesi!] La loro scelta battesimale li destina solo a rendere testimonianza della salvezza che Dio introduce nell’umanità attraverso la presenza di Cristo in essa. Inoltre , perché la Chiesa dovrebbe non intraprendere il cammino che Cristo stesso ha aperto, che la rivelazione di Dio implica sia il suo rifiuto sia la sua accettazione da parte degli uomini? Se il servo non è più grande del padrone, perché la comunità dei credenti dovrebbe sottrarsi alla prova dell’abbandono e della morte, se vuole accedere alla Resurrezione? Al contrario, una Chiesa che trionfa non dovrebbe preoccuparsi di aver già tutto compromesso con la sua scelta di fare compromessi col mondo?[Se è vero che la fede può essere solo proposta e mai imposta, è vero altresì che il “trionfo” della fede non dovrebbe essere un dato di per sé preoccupante!]
In effetti, in questi tempi di disperazione, di nichilismo, bisogna sforzarsi di «non» ricorrere al volere di potere, in quanto è paradossalmente la loro affermazione a svalutare i valori più alti: perché a forza di lasciarsi valutare, i valori tradiscono la loro dipendenza da questa valutazione.
Non supereremo il nichilismo affermando ancora più fortemente nuovi valori [Precisamente! Non si tratta di affermare “nuovi valori” ma, al limite, di riproporli in modo nuovo: dire “nove, non nova”], ma smettendo di valutare, ossia di affidarci alla salita al potere della volontà di volere. Ma come potremo liberarci dalla volontà di potere? Qui si enuncia la risposta cristiana: non facendo la nostra volontà, ma la volontà di un altro, non volendo più affermare la nostra volontà, ma per ricevere una volontà santa e dunque, proprio per questo, altra.[Dunque una proposta “forte” di evangelizzazione sarebbe un mero calcolo umano, un retaggio della Chiesa trionfalistica del passato e non corrisponderebbe alla Divina Volontà]
«Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Nella crisi della Chiesa, Jean-Marie Lustiger vedeva il centro della crisi universale della razionalità [ben detto!], una crisi talmente profonda che il nichilismo rendeva ineluttabile. Vi rispondeva con una sola rivendicazione, per i cristiani naturalmente, ma anche per tutti gli uomini, «il diritto di ricercare la verità e di obbedirle» (Devenez dignes de la condition humaine, p.66)".

19 commenti:

  1. Mah! non capisco la logica del discorso, comprensibile, forse, alla luce dell'ignoranza del Vangelo. Non ha Cristo ordinato di render discepole tutte le genti? Dunque, evangelizzare - e non solo con la personale testimonianza che può anche non esser visibile - è fare la volontà nostra, o la volontà di Gesù?

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  2. Ragionando per intuizione, più che con competenza di causa, devo dire che per me, almeno sul versante intellettuale, c'è da sperare più nella roccaforte tedesco-bavarese che nell'area francese. Per quanto ne so, la cultura francese ama le idee "chiare e distinte", che perciò stesso sono la base di formulazioni brillanti ma non particolarmente profonde. Ipotizzo che proprio dalla sua frequentazione del Cattolicesimo francese Giovanni XXIII, un prelato di grande pietà e umanità, ma privo di uno specifico talento intellettuale - almeno, così mi sembra - concepì l'idea dell'"aggiornamento": vale a dire un cambiamento delle forme esteriori che non intaccasse la sostanza. Invece la crisi era sostanziale: la dogmatica cattolica si svolge attorno a "punti nodali" che hanno in sè elementi di oscurità e di complicatezza, "scandalosi" per i moderni, come l'esistenza del male in un universo creato da un Dio buono, il peccato originale, la Trinità, l'unicità del Salvatore, i rapporti fra natura umana e divina in Gesù Cristo, la necessità della croce per la redenzione, Satana e l'Inferno, la ricostituzione di "cieli nuovi e terra nuova"... Credo che la cultura tedesca, con il suo slancio metafisico e il suo senso del pullulare di forze oscure nell'universo, controbilanciato dal senso delle altezze ( il sublime ) e accompagnato da un estremo rigore scientifico, abbia attitudini migliori per svolgere il confronto fra il " mysterion" cristiano e gli sviluppi della civiltà scientistico-tecnologica, caratterizzata dal tentativo dell'uomo di diventare "superuomo" a prescindere da Dio. I Tedeschi sono per certi aspetti i Greci della modernità, razionali e mistici: da lì possiamo attenderci i nuovi Origene e i nuovi Atanasio. Dall'area tedesca è venuta la maggioranza dei più incisivi "maestri del sospetto" ( come Nietzsche, Marx, Freud ), tedeschi erano Lutero e Gaethe, il poeta di Faust e dell'homunculus; intrisa di pensiero germanico ( Schelling ) è la sofiologia russa; la dogmatica, allineata o meno con il magistero, è un club in maggioranza germanofono: Guardini, von Balthasar, Rahner, Kung... Lo slancio conciliare aveva origine, credo, dal "successo" della neoscolastica alla Maritain: quello stesso che dopo pochi anni aver ricevuto da Paolo VI il messaggio agli intellettuali alla fine del Concilio, con "Le paysan de la Garonne" dovette dichiarare il fallimento delle sue speranze. Che fine ha fatto la neoscolastica? Occorre, credo, un "ripensamento" delle fondamenta dogmatiche come approfondimento e migliore articolazione del deposito perenne, non come "sfrondamento"  ( alla Vito Mancuso ) degli elementi che non tornano comodi alla modernità. Per fortuna ( o meglio: per volontà della Provvidenza ) abbiamo un papa bavarese.

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  3. No no, Marion il Vangelo lo conosce bene e ha scritto anche delle pagine bellissime sull'esistenza di Dio e sulla Fede in Cristo. L'ho studiato per l'esame di filosofia contemporanea e le posso assicurare che è un filosofo "ortodosso" per quanto riguarda la Fede e che in sui si hanno risonanze anselmiane.

    Leggendo questo testo però ho il sospetto che non stesse parlando tanto del cattolicesimo francese, quanto del "suo" cattolicesimo. Ovvero del suo essere un filosofo dichiaratamente cattolico e di aver attuato, nell'ambito della fenomenologia di stampo francese, una rilettura di Cartesio che lo porta sostanzialmente ad allontanarsi dalla lettura illuministica e puramente razionalistica fatta alla luce dell'opera Kant. Il Cartesio che emerge da Marion è molto meno devoto del "Dio dei geometri" che tanto amano i kantiani e questo ha portato Marion a essere sostanzialmente ostracizzato in Francia e molto apprezzato in USA (e già il fatto di essere apprezzato dagli americani per molti francesi è causa sufficiente di squalifica a vita).

    Dante, prova a leggere qualcosa di Marion più "calzante" e avrai delle piacevoli sorprese. :)

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  4. Di Marion consiglio l'ottimo, Il fenomeno erotico, Cantagalli. Un libro che per certi versi ricorda molto il concetto di Agape così ben descritto da BXVI in Deus Caritas est!
    Nulla a che vedere con il neokamasutra francescano!
    Matteo Dellanoce

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  5. Io ho riletto con attenzione questo brano: confermo quanto già scritto. Conosce il Vangelo? Bene, evidentemente, e parlo di questo brano, interpreta molto personalmente il comando di Gesù.

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  6. ESATTO!!! GRANDE BARTIMEO!!! :-D

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  7. E io ti ripeto che dubito fortemente che stesse davvero parlando della Chiesa, ma di sé stesso e del suo essere filosofo cattolico in una realtà filosofica dove questo significa essere marchiati peggio che pubblici peccatori (anzi, in certi ambienti filosofici essere pubblici peccatori e considerato un plus).
    Era il suo subconscio che parlava. Leggilo così e vedrai che calza perfettamente!  :)

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  8. Io m'attengo al conscio.

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  9. Guardate che il filosofo sta citando Lustiger (il cardinale), non sta enunciando opinioni proprie... Dunque non è su di lui che dovete discutere, ma su Lustiger.
    Quest'ultimo, nel brano qui citato, non fa altro che ripetere il ragionamento di Paolo VI (e di B.XVI a Brescia) sul fatto che, in occasione della crisi della Chiesa, non occorrerebbero interventi autoritativi per raddrizzarla, ma bisognerebbe invece affidarsi al Signore che permette la prova.
    Un concetto, aggiungo io, assai poco "pastorelliano", ma è su questo che bisogna discutere.

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  10. Bene, allora segui il mio consiglio e prova a leggere qualche altro testo di Marion, così potrai attenerti al suo conscio in modo più puntuale che dopo un breve estratto da un discorso tradotto estemporaneamente da un quotidiano, per quanto sia l'Osservatore Romano. :)

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  11. Caro Filippo, eppure mi sembra d'aver chiarito che io ho espresso un parere su questo brano e nient'altro. Il brano, così com'è riportato nel post, è lutulento, spesso inaccettabile e comunque ambiguo, tanto che tu stesso, che sei un conoscitore di Marion, scrivi: "dubito che..., ho il sospetto che ...", espressioni significative.

    Molto chiaro, al contrario, l'invito che rivolgi a me di leggere Marion: così chiaro che non che non v'è motivo che tu me lo ripeta più volte.

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  12. Il brano, come detto sopra, è ambiguo e lutulento: a rileggerlo mi sembra ci sia una piena identificazione tra Lustiger e Marion.
    Cristo vuole che tutte le genti diventino discepole, questo è il comando che dà ai suoi apostoli, e, tramite loro, alla gerarchia e a tutta la Chiesa.
    Quanto al concetto assai poco pastorelliano, esprimi un giudizio alquanto temerario: mai io ho manifestato dubbi sul fatto che certi eventi (compresa l'elezione di certi papi) siano una prova che Dio ci infligge o che permette e tollera per sondare la nostra fede.  Ma questa coscienza, e l'impossibilità di stabilire se sia veramente volontà divina o piuttosto un alibi comodo per noi, non ci esime dal compito di lavorare per il trionfo della Chiesa. Altro che compromessi col mondo! L'evangelizzazione è un preciso dovere a cui siamo chiamati e richiamati. Abbandonarsi alla volontà di Dio non significa non reagire ed operare attivamente al fine di stabilire il suo regno. Poi sarà lui a tirar le somme.

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  13. a Da', me piace quer "lutulento"! Gnente gnente te sei ripassato li madrigali d'estate de Gabrieledanunzio?

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  14. Bravo professo', ribadisci er concetto: l u t u l e n t o. Ma o senti quanto sona bbello?! Ggiovani, dovete studia'. Si nun c'era er professo', questa parola nun la conoscevate mai! Artro che mMarionne.

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  15. Lutulento, come le tue rotelle che non giran più

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  16. Ripetevo il mio invito semplicemente perché tu ribadivi il tuo giudizio. :)

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  17. Dante, ma scusa, Lustiger e Marion sono entrambi Accademici di Francia. Cosa doveva fare Marion? Sputare addosso a Lustiger proprio nel giorno del proprio ingresso all'Accademia? Ho capito che Lustiger come vescovo è meglio perderlo che trovarlo, ma non mi sembra che nel Vangelo ci sia scritto di essere str.... a tutti i costi!

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  18. Marion è divenuto membro dell'Academie succedendo a Lustiger, e, come tradizione dell'Academie, ne ha fatto l'encomio. Ecco spiegato semplicemente l'arcano. Non si tratta né di ambiguità né di fumisterie. Cerchiamo di non vedere sempre complotti... E rimbocchiamoci le maniche quando c'è da farlo. Ho già lamentato più volte in passato il fatto che molti che si stracciano le vesti per la decadenza della Chiesa, della liturgia ecc. ecc., compreso qualcuno che scrive qui, erano vivi e vegeti quando il meccanismo si metteva in moto e operava danni a tutto spiano. Che hanno fatto per impedirlo? Facile lamentarsi a cose fatte, dopo aver lasciato ai giovani come me il disastro attuale.

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