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martedì 3 marzo 2009

I diari del card. Antonelli sulla riforma liturgica postconciliare.

Abbiamo dato notizia alcuni giorni orsono (v. qui) della prossima uscita dell'edizione in inglese, con prefazione di mons. Ranjith Patabedinge don, del libro di mons. Giampietro dedicato alla figura del card. Ferdinando Antonelli, Segretario della Congregazione dei riti nell'immediato postconcilio e membro del famigerato consilium che redasse il nuovo messale (Nicola GIAMPIETRO, Il card. Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, Studia Anselmiana,1998). Per meglio presentare la figura di questo cardinale e, soprattutto, per dare ai lettori importanti informazioni rinvenibili in quel libro, inerenti i racconti del card. Antonelli circa quei momenti cruciali per la liturgia cattolica, pubblichiamo di seguito una presentazione redatta dalla benemerita associazione foggiana Fede, Cultura e Società (LINK)


Il Cardinale Giuseppe Ferdinando Antonelli nacque il 14 luglio 1896. Il 25 luglio 1914, a 18 anni, veste l’abito francescano. Il 25 luglio 1922 diventa sacerdote. Presso l’Antonianum, fu professore di Storia ecclesiastica antica e di Archeologia. Fu professore di Liturgia presso l’Istituto Internazionale dei Padri Carmelitani Scalzi e all’Apostolicum. Il 22 febbraio 1930 viene nominato Consultore della Sacra Congregazione dei Riti per la sezione storica, di cui, nel 1935 diviene Relatore Generale. Nel 1948 fu nominato membro della Pontificia Commissione per la riforma liturgica, compito che assolse fino al 1960. Durante il Concilio Vaticano II fu Perito e Segretario della Commissione Conciliare della Sacra Liturgia (con nomina il 4 ottobre 1962): la commissione che preparò lo schema della Sacrosanctun Concilium da presentare ai Padri conciliari. Il 27 febbraio 1964, fu nominato Membro del Consilium ad exequendam Constitutionem de S. Liturgia. Il 26 gennaio 1965 venne nominato Segretario della Sacra Congregazione dei Riti.

Risultano molti suoi scritti de re liturgica, come anche due manuali di Liturgia preparati dall’Antonelli per gli allievi. Si tratta di una figura non solo di alto profilo e di grande competenza liturgica, ma anche di grande comunione con la Chiesa: fu nominato Vescovo il 21 febbraio 1966 e ordinato dallo stesso Papa Paolo VI il 19 marzo successivo. Sette anni più tardi, sempre Papa Paolo VI, sotto il cui pontificato è avvenuta la riforma liturgica, nel Concistoro del 5 marzo 1973, lo creava Cardinale. Il libro di Nicola Giampietro sul Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970 (pubblicato dal Pontificio Ateneo S. Anselmo, con la prefazione di Aimé Georges Martimort) è uno strumento prezioso per avere, dall’interno, informazioni chiare e sicure su come si è sviluppata la riforma liturgica grazie alla splendida figura di questo Cardinale che aveva una grande competenza liturgica, era molto stimato da Papa Paolo VI e partecipò in prima persona sia ai lavori per la stesura della Sacrosanctum Concilium, sia ai lavori del su indicato Consilium che aveva il compito di applicare la riforma.


CHE COS’È IL CONSILIUM



Tutte le riforme si attuano per Decreto, così la Costituzione Liturgica del Concilio è stata seguita dall’Istruzione Inter Oecumenici che indica le norme pratiche di attuazione (op. cit., p. 223). Il 25 gennaio 1964, Papa Paolo VI con il Motu proprio Sacram Liturgiam istituiva una Commissione che aveva il compito principale di attuare nel modo migliore le prescrizioni presenti nella Sacrosanctun Concilium. Il nuovo organismo detto Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, era composto anzitutto dai Cardinali Giacomo Lercaro (presidente), Paolo Giobbe e Arcadio Larraona; il segretario era il P. Annibale Bugnini. C’erano poi 200 consultori tra cui 6 protestanti: il dr. Georges, il canonico Jasper, il dr. Shepard, il dr. Konneth, il dr. Smith e fr. Max Thurian i quali per esplicita testimonianza di Mons. W.W. Baum (oggi cardinale) non furono semplici osservatori ma ebbero un ruolo attivo nella creazione della nuova messa (cfr. intervista al Detroit News del 27/06/1967). Delle prime adunanze di questo Consilium si parla nel diario dell’Antonelli e si deduce che egli prese parte attiva al momento progettuale e decisionale (op. cit., p. 225). Si ritiene di dover nominare dei consultori: "Non saranno pochi. Più ancora i Consiliari che dovranno esaminare gli schemi. I nomi dei Consultori non saranno pubblicati".


1^ ADUNANZA Al termine della prima adunanza l’Antonelli annota: "Non sono entusiasta dei lavori. Mi dispiace del come è stata cambiata la Commissione: un raggruppamento di persone, molte incompetenti, più ancora avanzata nelle linee della novità. Discussioni molto affrettate. Discussioni a base di impressioni: votazioni caotiche. Ciò che più mi dispiace è che i Promemoria espositivi e i relativi quesiti sono sempre su una linea avanzata e spesso in forma suggestiva. Direzione debole. Spiacevole il fatto che si riaccende sempre la questione dell’art. 36 § 4. Mons. Wagner era inquieto. Mi dispiace che questioni, forse non tanto gravi in sé, ma gravide di conseguenze, vengano discusse e risolte da un organo che funziona così. La Commissione o il Consilium è composto di 42 membri" (op. cit., pp. 228-229).


2^ ADUNANZA I rilievi dell’Antonelli rivelano il clima nel quale si lavorava. Si viene a sapere che non c’erano solo discussioni su determinati problemi, ma che si facevano anche degli esperimenti liturgici veri e propri (op. cit., p. 230).


3^ ADUNANZA "Dispiace lo spirito che è troppo innovatore. Dispiace il tono delle discussioni troppo sbrigativo e tumultuario talvolta. Dispiace che il Presidente non abbia fatto parlare, domandando a ciascuno il parere" (op. cit., p. 230).


5^ ADUNANZA Si proponeva di togliere il Confiteor dalla S. Messa. Dopo un intervento dell’Antonelli si decide che ci deve essere un atto penitenziale nella Messa e all’inizio. Si discute sul Kyrie e Gloria, sulla Liturgia Verbi e sull’offertorio. "Mi dicono che per l’offertorio è stato rilevato come il passo dei Proverbi 9, 1-2, sia cosa artificiale. Ma questo è proprio il sistema deprecato di Durando de Mende, di prendere cioè dei passi della Scrittura solo perché vi ricorre la parola di un rito. Nella Sapienza, i vini e i cibi sono i consigli e la dottrina che derivano dalla Sapienza, che cosa ha da vedere con l’Eucaristia?" A conclusione della quinta sessione l’Antonelli esprime un giudizio preoccupato: "Lo spirito non mi piace. C’è uno spirito di critica e di insofferenza verso la S. Sede che non può condurre a buon termine. E poi tutto uno studio di razionalità nella liturgia e nessuna preoccupazione per la vera pietà. Temo che un giorno si debba dire di tutta questa riforma quello che fu detto della riforma degli inni al tempo di Urbano III: accepit latinitas recessit pietas; e qui accepit liturgia recessit devotio. Vorrei ingannarmi" (op. cit., pp. 233-234).


6^ ADUNANZA "Nelle ordinazioni si decide, con poca maggioranza, che i concelebranti impongano solo le mani (la materia) senza dire la formula (la forma). A mio modo di vedere la questione è grave e non si può permettere quanto è stato proposto da Dom Botte" (op. cit., pp. 234-236).


7^ ADUNANZA "A questa Sessione, per la prima volta, hanno partecipato osservatori delegati di chiese protestanti". In merito all’ordinazione sacerdotale l’Antonelli osserva con sorpresa che, nell’allocuzione del Vescovo agli ordinandi, che è nuova, tra gli uffici del sacerdote non è citato il suo impegno principale: offrire il sacrificio eucaristico. Osserva che anche l’espressione usata dal Vescovo subito dopo per indicare agli ordinandi cosa devono fare "è una formula vaga e non si può accettare. Bisogna ammettere chiaramente che il sacerdote ha il preciso ufficio di offrire il sacrificio eucaristico". Dopo un altro incontro di studio il Padre Antonelli annota: "Ho l’impressione che il corpo giudicante, che in questo caso erano i 35 Padri del Consilium presenti, non fossero all’altezza. C’è poi un elemento negativo: la fretta di andare avanti con urgenza" (op. cit., pp. 236-237)].


8^ ADUNANZA Nell’adunanza del 19 aprile 1967, Paolo VI intervenne personalmente e parlando del cammino in corso dell’attuazione della riforma liturgica, Paolo VI si disse amareggiato, perché si facevano esperimenti capricciosi nella Liturgia e più addolorato ancora di certe tendenze verso una desacralizzazione della Liturgia. Però ha riconfermato la sua fiducia al Consilium. E non si accorge il Papa che tutti i guai vengono dal come sono state impostate le cose in questa riforma del Consilium. "È pessimo il sistema delle discussioni: a) gli schemi spesso vengono prima della discussione. Qualche volta, e in cose gravissime, come quella delle nuove anafore, è stato distribuito uno schema la sera, per discuterlo l’indomani. b) Il Card. Lercaro non è l’uomo per dirigere una discussione. Il P. Bugnini ha solo un interesse: andare avanti e finire. c) Peggiore il sistema delle votazioni. Ordinariamente si fanno per alzata di mano, ma nessuno conta chi l’alza e chi no, e nessuno dice tanti approvano e tanti no. Una vera vergogna. Non si sa quale maggioranza sia necessaria, se dei due terzi o quella assoluta. Altra mancanza grave è quella che manca un verbale delle adunanze". Viene deciso di rivedere la struttura e l’ordinamento del Consilium.


Ecco cosa tra l’altro - l’Antonelli scrive al Papa: "a) è molto diffusa, in gran parte del clero e dei fedeli, una notevole inquietudine per queste continue mutazioni. b) Questo stato di instabilità favorisce gli arbitri e abbassa sempre più il rispetto sacro delle leggi liturgiche. c) Gli esperimenti è necessario che siano pochi, limitati nel tempo e riservati a pochissimi ambienti qualificati, con persone responsabili. Esperimenti in vasta scala e la larghezza, forse con la quale sono stati permessi, ha fatto sì che non pochi sacerdoti, un pò dovunque, si ritengano autorizzati a tentare le cose più stravaganti, con il pretesto che si fanno ad experimentum. d) È cosa nuova che un organo della S. Sede prepari da sé il suo statuto e lo approvi e che il Papa soltanto lo confermi. e) Nella nomina dei componenti il Consilium, compresi i Cardinali, come dei suoi Consultori e dei suoi organismi, per i quattro quinti la scelta è fatta dallo stesso Consiglio di Presidenza e al Papa spetta solo la conferma (è chiaro che se vuole può non confermare, ma in pratica è la scelta che determina). Il Papa così può scegliere direttamente e nominare solo una quinta parte, compresi, ripeto, i Cardinali. Questo sistema non ha precedenti nella storia, perché anche dopo Trento e il Vaticano I, terminato il Concilio, fu la Santa Sede che tornò ad avere piena autonomia" (op. cit., pp. 237-242).


RILIEVI FINALI SUL CONSILIUM

In uno scritto relativo a tutto il 1967, Mons. Antonelli espone le sue impressioni sulla situazione interna ed esterna al Consilium: 1) Confusione. Nessuno ha più il senso sacro e vincolante della legge liturgica. I cambiamenti continui, imprecisi e qualche volta meno logici, e il deprecabile sistema, secondo me, degli esperimenti, hanno rotto le dighe e tutti, più o meno, agiscono ad arbitrio; 2) c’è stanchezza. Si è stanchi delle continue riforme e si desidera da tutti di arrivare ad un punto fermo; 3) negli studi di più vasta scala continua il lavoro di desacralizzazione e che ora chiamano secolarizzazione; 4) da qui si vede che la questione liturgica si inserisce però a sua volta in una problematica molto più vasta, e in fondo dottrinale; 5) la grande crisi perciò è la crisi della dottrina tradizionale e del magistero (op. cit., pp. 242-243). L’Antonelli fa emergere il suo disappunto per le varie prese di posizione nei confronti della riforma liturgica perché pone la liturgia a fondamento della formazione cristiana e quindi si aspettava che la riforma liturgica venisse applicata seriamente con una certa calma e ponderato equilibrio (op. cit., p. 247).


LA VERA RIFORMA DEL CONCILIO?

Nei suoi appunti l’Antonelli ci aiuta a vedere quali erano i punti sui quali i Padri si basarono per stilare la Costituzione liturgica. Dopo averne fatto l’elenco dettagliato egli, nei suoi appunti, sottolinea in rosso il problema della lingua volgare, quasi a significare l’importanza dell’argomento e i contrasti che ha generato. Si tratta di due valori in conflitto. Il latino è certamente la lingua della liturgia latina da circa 1600 anni; è un segno e coefficiente anche di unità; è anche tutela della dottrina, non tanto per l’indole della lingua quanto perché si tratta ormai di una lingua che non è più soggetta a mutazioni; molti testi d’incomparabile bellezza non potranno mai avere nella traduzione la stessa efficacia; al latino finalmente è legato un patrimonio preziosissimo, quello melodico, gregoriano, polifonico. Dall’altra parte è fuori di dubbio che se vogliamo riportare i fedeli, tutti i fedeli, ad una partecipazione diretta, cosciente e attiva, bisogna rivolgersi a loro nella lingua che essi parlano. La Costituzione ha scelto l’unica soluzione possibile in tali casi: la soluzione del compromesso: per certe parti, come il Canone, resta il latino; per le altre, quelle soprattutto che più direttamente si rivolgono al popolo, con le letture, la restauranda oratio fidelium, si introduca il volgare (op. cit., p. 206).


DOVEROSA INFORMAZIONE

Enciclopedia Wikipedia: Annibale Bugnini (14/6/1912- 3/7/1982) dal 1948 al 1960 fu segretario della Commissione per la riforma generale della Liturgia istituita da Papa Pio XII.. Dal 1964 fu segretario della Commissione liturgica istituita da Papa Paolo VI per l’applicazione della riforma conciliare. Dal 1969 al 1975 fu segretario della Congregazione per il Culto Divino. Fu nominato vescovo il 6/1/1972. Egli fu sostenuto dal Pontefice nell’attività di promozione della riforma liturgica fino al 1975, malgrado le forti opposizioni e i pesanti attacchi personali nei suoi confronti. Alcuni settori cattolici lo accusarono di essere un massone e di volere distruggere la Chiesa con la sua riforma. Tali accuse furono così gravi da spingere lo stesso Osservatore Romano ad una smentita il 10 ottobre 1976. Tuttavia Bugnini figura nella lista di Mino Pecorelli con la data di iniziazione 23 aprile 1963, il numero di codice 1365/75 e il nome di codice BUAN. Il 4 gennaio 1976, inaspettatamente, nonostante fosse il padre della riforma liturgica, fu inviato quale pronunzio apostolico in Iran. Il titolo ricevuto, in verità, rappresentava un artificio per mascherare la circostanza che il Bugnini era sostanzialmente allontanato da Roma, senza alcun apparente motivo. Nel suo libro, La Riforma liturgica , egli stesso ammette che la sua caduta in disgrazia fu dovuta a questa accusa, cioè al credito che godettero a Roma le voci della sua presunta affiliazione (A. BUGNINI, La riforma liturgica, 1948-1975, CLV Ed. Liturgiche, Roma, 1983, pp. 13 e 279). Il Papa aveva voluto la riforma liturgica, ma non era più disponibile ad accettare una creatività liturgica permanente e istituzionalizzata. Significative le parole del canonico Andrea Rose, consultore del Consilium ad exequendam: "Mons. Aimé Georges Martimort non era molto d’accordo con Bugnini. Egli lo criticava tutte le volte che era assente. Mi diceva: Questo Bugnini fa ciò che vuole! Bugnini ha scritto interi libri per giustificare la sua riforma. Quando arrivai a Roma e andai a salutare Martimort, egli mi raccontò tutte le manovre che Bugnini aveva messo in atto per far passare tutto quello che voleva" (Nouvelles Certitudes, XI, Luglio-Settembre 2002). Vi è ormai un’ampia documentazione delle sue sbianchettature sulle deliberazioni dei Padri in Commissione o dei tradimenti del testo originale nelle traduzioni dal latino (Pietro Siffi, La Messa di San Pio V, Marietti I Rombi, 2007, p. 21).

15 commenti:

  1. Stavolta l'avete fatta fuori dal vasino.

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  2. L'anonimo è scocciato,
    non ho capito nulla del libro ma ho capito tutto di lui.
    Mi spiega perchè cavolo hanno subito nascosto il libro?
    Paura, vero?
    Per fortuna il diavolo fa le pentole ma non i coperchi:
    c'è internet.

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  3. il termine esatto per definire il marasma liturgico post conciliare è propio questo: riforma bugbiniana. Questo è il suo vero titolo e questo sarà il suo disonore quando, passata la sbornia postconciliare, agli uomini di chiesa cadranno (o qualcuno toglierà) le cateratte e si guarderà alla liturgia con gli occhi della fede e del vero spirito liturgico, anziché con la lente d'ingrandimento dell'ideologia e dell'utopia.
    Nel frattempo tutti ci ridono dietro (dai protestanti agli ortodossi) per questa bella liturgia che mons. Bugnini ci ha donato, con la complicità di Paolo VI, che sarà stato animato dalle più nobili intenzioni, ma l'ha veramente fatta fuori dal vasino, per dirla con la stessa finesse dell'intervento precedente.

    filomeno

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  4. p.s. Paolo VI non è il solo responsabile: chi oggi fa di tutto (ma propio di tutto, anche cose inimmaginabili)per imporre questa liturgia e impedire la fruizione della liturgia di sempre non è meno responsabile.

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  5. Mons. Bugnini ha le sue colpe, ma che abbia fatto tutto da solo mi sembra improbabile. Se guardiamo però agli anni in cui operò quella scalcinata commissione liturgica, quante cose si fanno chiare... 1967, 1968, 1969... No, non erano proprio gli anni adatti per attendere serenamente a un compito difficile come una riforma liturgica!

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  6. Internet:una garanzia,come dice Hagrid.Hanno nascosto il libro perche' sanno che fu tutta opera delle tenebre.....A proposito,sempre grazie ad Internet abbiamo avuto notizia del libro "pasque di sangue" scritto dal Prof.Toaff,figlio del Gran Rabbino di Roma e docente in una universita' dello Stato d'Israele.Li' si dimostra la fondatezza degli omicidi rituali.Vi ricordate-sempre durante il benedetto Concilio della discordia-quando Montini si fece un vanto di aver eliminato e proibito il culto di san Saturnino,ancora peraltro vivissimo a Trento?Ci voleva un Ebreo,figlio di rabbino,per dirci che ci eravamo,come su tante altre cose,sbagliati.Il libro e' stato subito ritirato dal commercio e a Toaff hanno distrutto la macchina,sgozzato il cane,provato a bruciare la casa,minacciato i figli,ecc.Evviva la liberta' nata dalla Rivoluzione francese!Evviva il Concilio Vaticano Second!Amen

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    1. Queste sono vere e proprie baggianate indegna di una persona che sa lettere i testi. Dove sono le prove storiche di tali teorie idiote ? Storicamente il vostro s saturnino non è mai esistito. Queste stupidaggini dovrebbero chiudere l argomento.

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  7. Caro Filomeno,i protestanti(ce ne sono di seri),per non parlare degli ortodossi,ci ridono addosso per quello straccio di paraliturgia da circo barnum che ci ha donato Paolo VI(il papa dai lati oscuri.........),ma ci sputano addosso per come trattiamo le piu' elementari verita' della Fede.Dire che siamo all'apostasia e' come dire ad un malato terminale di AIDS che ha il raffreddore.Se tornasse Papa Pacelli-l'ultimo vero Papa,e questo lo sanno tutti,anche i piu' sinistrorsi, anche se non tutti lo confessano-e vedesse come sono riusciti a distruggere tutto,si butterebbe subito da castel Sant'Angelo come Tosca.

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  8. Bugnini non era il solo massone li' in Vaticano.Era in compagnia di Personaggi molto ma molto piu' in alto.Fu mandato a Teheran non perche' massone ma perche' si era fatto scoprire di esserlo (l'episodio della cartella dimenticata dopo la riunione....)e c'era il serio pericolo che venisse scoperta tutta la congrega.Come mai Montini firmava tutto,obbedendo,per poi sfogare puntualmente in privato il proprio dispiacere?Delle due l'una:o era un ipocrita(cosa peraltro possibilissima....)oppure non poteva disobbedire(cosa piu' probabile.........).Passeranno altri anni e forse decenni ma la verita',nota a tante persone specie a Roma ed in Vaticano,verra' a galla come l'olio,ed allora capiremo tutto:quidquid latet apparebit,nihil inultum remanebit(dal Dies Irae,abolito nel nuovo rito dopo il Concilio).

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  9. Le memorie del card. Antonelli (da non confondersi coll' omonimo ex arcivescovo di Firenze)non dovevano esser lette perché svelavano alcune, non tutte, le trame che portarono al Novus Ordo: per questo furon fatte sparire.
    Del resto accade ai libri sgraditi: l'editrice Mursia fu costretta a ritirare dal commercio un libro sugli Ebrei e la Guerra, in difesa di Pio XII, opera di un professore di pontificia università, V. Mattioli.
    Di nomi, per quanto riguarda prelati affiliati alla massoneria, ne son circolati tanti, e non solo nelle liste di Pecorelli. Mons. Villa via via ne ha parlato in aluni suoi libri sull'argomento, divulgativi ma informati, e mai è stato querelato: Casaroli, Baggio, Poletti, Willebrands, Villot, ecc. ecc.
    Ma quanto credito si può dare a queste liste, che pure portano le sigle e il numero di matricola?
    Non so. Di sicuro c'è solo l'elenco degli ecclesiastici affiliati alla Massoneria del 700-800 pubblicati a don Ennio Innocenti in "Inimica Vis", elenco che gli fu dato dal gran maestro Gamberini.
    Quindi come faceva Lefebvre che in questte cose era molto cauto, è preferibile parlar di spirito massonico penetrato nella Chiesa, senza additar persone come aderenti alla associazione, se non se ne hanno prove certe. Il padre paolino Esposito è senz'altro massone, avendolo lui stesso dichiarato. E nessuno l'ha scomunicato!

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  10. I "liberi muratori" per statuto se ne stanno nascosti, ma non è poi così difficile riconoscerli all'interno della società. Nove volte su dieci per esempio quelli che sbraitano più forte di "laicità dello stato" sono liberi muratori. Nella Chiesa però è altro affare...

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  11. Non per fomentare scandali, ma rammento chiaramernte come, nell'occasione della morte di Paolo VI, il "giornale radio" (non rammento più se della rete 1 o 2) ebbe esplicitamente ad affermare come, in gioventù, il defunto pontefice avesse sporadicamente avuto a frequentare la Loggia "Arnaldo da Brescia".

    A mia memoria (e già all'epoca la cosa molto mi stupì), a tale rilievo non seguì alcuna richiesta di rettifica. Ora, mi domando e dico:" E' possibile la frequentazione di una Loggia per parte di un non affiliato?".

    Cordialmente.

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  12. La famiglia materna di papa Montini, Alghisi, era notoriamentre affiliata alla massoneria. Mons. Villa, credo, ha pubblicato la tomba di famiglia con su scolpiti segni massonici.Il magistrato Carlo Alberto Agnoli, in "La massoneria alla conquista della Chiesa" riporta, fra le altre cose, gli elogi funebri dal gran maestro Gamberini rivolti a Giovanni XXIII e Paolo VI che avevan fatto cader la condanna della massoneria.
    Anche Ives Mausaudon del grand'oriente di Francia e Cavaliere di Malta esaltava l'opera di riavvicinamento tra massoneria e Chiesa.
    Il card. Siri, come si legge in Il "Papa non eletto" di Benni Lai affermava con sicurezza che di massoni in Vaticano ce n'eran parecchi.
    Ovviamente, le dichiarazioni dei gran maestri van prese con le pinze perché possono esser pura millanteria. Come le voci di una affiliazione massonica di Roncalli quando era nunzio a Teheran.
    Ma come dicevo altrove, è lo spirito massonico entrato nella Chiesa che interessa. Ai Papi affiliati alla Massoneria non credo.

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  13. Che Roncalli fosse chiaramente massone,lo dicono i documenti della Massoneria,del Quai d' Orsay e del nostro Ministero degli Esteri.Lo sanno le cancellerie dei Paesi balcanici in cui presto' servizio.Nel famoso romanzo di Roger Peyrefitte(ex diplomatico)"les cles de sainte pierre",si fa un elenco dei "papabili" dopo Pio XII,che allora era vivo e vegeto,e,al nome di Roncalli,allora nunzio a Parigi, si dice "no,perche' massone".Peyrefitte,che conosceva perfettamente Roncalli,parla della sua affiliazione alle Logge anche nell'altro romanzo "les fils de la lumiere",interamente dedicato alla Framassoneria.Questi libri,diffusissimi,non sono mai stati smentiti.Rispondo ad IMERIO:e' assolutamente impensabile la frequentazione dei lavori di una loggia da parte di un non affiliato,se non la prima ed unica volta in cui si viene nominati apprendisti.A mente di quanto concordemente ripetuto da una Parte e dall'Altra del Tevere,era massone,di grado non inferiore al 30°,il segretario di Stato di Montini,Villot.

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  14. Per favore, evitiamo di scadere nel complottismo. Soprattutto quando è basato su prove tanto inconsistenti (i libri di Peyrefitte non sono stati smentiti? E che bisogno c'era di farlo? E soprattutto, se qualcuno accusa ingiustamente chiunque altro di essere - a scelta - massone, pedofilo o miscredente, mi dite come si fa a dimostrare il contrario?).

    Bugnini riferisce egli stesso che fu allontanato da Paolo VI in quanto questi si era convinto che l'arcivescovo fosse massone. Se lo credeva un Papa, siamo probabilmente legittimati a pensarlo anche noi. Ma negli altri casi, occorre molta, molta prudenza.

    E soprattutto, lasciamo in pace i Papi. Specie se elevati alla gloria degli altari.

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La Redazione