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martedì 3 febbraio 2009

Anticipazioni su un'intervista a Mons. Fellay

Annuncio dell’intervista di Mons. Fellay con Samuel Pruvot e Gérard Leclerc che verrà pubblicata sulla rivista francese “Famille Chrétienne” il giorno 7 febbraio: qui il link.

Doverosamente traduciamo e postiamo
:

L’appuntamento è per le 9,30. Ci viene incontro un frate. Sarà lui che ci riporterà alla stazione di Zug in fine mattinata. L’abate don Thouvenot ci porta un pò in giro per la proprietà con un fotografo di AFP che ci ha raggiunto. Purtroppo la nebbia ci nasconde le prospettive più ampie ma si tratta indubbiamente di un piccolo paradiso. [..] Mons. Fellay arriva in parlatorio sorridente, con il nostro questionario preliminare in mano.
E qui, voglio comunicare le mie impressioni. Forzatamente soggettive. Ma dobbiamo dire insieme a Samuel, che l’impressione è stata molto favorevole. Non siamo sicuramente di fronte ad un fanatico. Il nostro interlocutore è una persona dolce, si esprime con un atteggiamento di disponibilità totale, accettando le eventuali obiezioni cercando di rispondere ad esse con cura ed in modo esauriente. In precedenza avevo parlato con lui due volte, a Parigi. La mia sensazione è che l’uomo sembra notevolmente maturato, senza dubbio sotto il peso delle responsabilità, con la consapevolezza di chi si trova davanti a Dio con un’ eredità che gli si è incagliata addosso insieme alla gravità di una situazione di esclusione per chi si continua a dichiarare fedele alla Chiesa di sempre. Quando gli domandiamo se non è consapevole del rischio di trovarsi fuori dalla Chiesa universale, annuisce. Capisco a questo punto come Bernard Fellay si sia buttato in questa impresa di riconciliazione con Roma, probabilmente in avanguardia rispetto ai suoi militanti, ma consapevole che la situazione di divisione non potrà prolungarsi ancora per molto. [..]
In parlatorio, domina la foto di Benedett0 XVI di fronte a quella di Mons. Lefebvre. Non ci si può sbagliare. Il successore del vescovo ribelle non vuole rinnegare nulla, non intende abbandonare le esigenze di una Chiesa che non è entrata in compromesso col mondo. Da ciò tutte le sue domande, i suoi dubbi che dovrà esporre a Roma insieme a tutte le loro esigenze. [..]
La nostra voglia di sapere è grande : rivedere tutte le parti più importanti del Vaticano II. Ma siamo costretti alla moderazione. Ad ogni modo cerchiamo di evocare i capitoli più problematici. Il nostro ospite ribadisce la sua formula ormai risaputa. Di fronte al Concilio Vaticano II la Fraternità pone alcune riserve ma non intende ricusare il Concilio in blocco. Considera ancora come, dietro all’elaborazione di molti testi, sia presente un tipo di cultura impregnata uniformemente di « modernismo », rigettando in questo modo gli approfondimenti di tanti eminenti studiosi di esegesi, patristica, liturgia? No assolutamente, monsignore rifiuta di mettere tutto nel mucchio, nella sola categoria del modernismo. Tutto ha da essere approfondito con discernimento al fine di dissipare ogni equivoco.
Al discorso di Benedetto XVI sull’ermeneutica del Concilio che deve essere interpretata secondo la Tradizione e non in una logica di rottura, egli aderisce completamente, facendo rimarcare con un sorriso, come non si parli mai dei “partigiani” della rottura che persistono invece, nonostante tutto, nelle loro opinioni. [..] L’ecumenismo ? Ma certamente, ci possono essere ricchezze presso i « fratelli separati » testimonianza di una comune eredità evangelica ma non si deve cadere nella tentazione di una federazione tra Chiese sorelle. Noi vogliamo la vera, autentica unità che suppone l’accettazione dell’unica Tradizione. Non dico che non ci debba essere dialogo, che non si possa discutere. Ma la buona volontà vale per tentare di discernere fra le problematiche, trovare un linguaggio che non ci esponga al rischio di confusioni o peggio di malintesi. Abbiamo inoltre previsto di affrontare la questione del giudaismo ma non nel clima di polemiche che lo ha reso così drammatico in questi ultimi giorni. Si tratta di ritornare a Nostra Aetate e al rapporto tra le due Alleanze, alle affermazioni di Paolo nell’Epistola ai Romani. [..]
Ho avuto la sensazione, anzi, la certezza di come l’attuale polemica lo abbia profondamente segnato, e di come la stessa abbia segnato tutta la sua comunità. Ci dirà, fuori dell’intervista, della sorpresa avuta, quando invece riteneva che l’atto del Pontefice avrebbe creato un clima di pace, nell’essere improvvisamente e bruscamente fatto scivolare in una situazione tanto difficile. Essere associato in quel modo al più grande dei crimini, essere denunciato dal mondo intero come complice di menzogna, tutto questo va al di là di ogni possibile sopportazione.
E tutto ciò non poteva che far riflettere molto seriamente Bernard Fellay e suoi. [..] Hanno invece riaffermato i giudizi che la Chiesa romana aveva emesso prima e durante la Seconda Guerra mondiale riguardo l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei. Hanno riconfermato la dichiarazione dell’allora Sant’Uffizio che condannava l’antisemitismo in maniera precisa, così come le parole di papa Pio XI, che affermò: « Spiritualmente, non possiamo che definirci semiti ». Citandole Mons. Fellay risulta inesatto per la verità. Ma la sua definizione errata è particolarmente bella: « Noi ci definiamo semiti nel cuore ».
Ci fa poi qualche confidenza sui modi che troverà per gestire l’affare Williamson. Fra parentesi, si tratterà di approfondire la psicologia piuttosto barocca d’un uomo che scrive al Vaticano per chiedere perdono riguardo i suoi « propositi imprudenti » e che cita il Libro di Giobbe, che dà il consiglio su come trattare colui che ha agito male « lo si getta nell’acqua ».
So bene quale enorme sospetto giri intorno alla Fraternità sulla piaga dell’antisemitismo che non potrà essere riassorbita in pochi giorni. In quanto a me, non vedo per quale ragione dovrei dubitare della parola di un uomo che mi dichiara come la morte di un innocente e a maggior ragione di un popolo è un crimine che grida contro il Cielo e che si tratta di un tremendo abominio.
Altri argomenti sono stati affrontati quali l’inevitabile libertà religiosa che è all’origine del più grave disaccordo tra Mons. Lefebvre e il Concilio. Se ne è parlato. Mons. Fellay non nega che la Storia propone nel suo scorrere opportunità differenti, insieme a differenti rapporti fra la Chiesa e lo Stato sovrano. Quello che rifugge con grande energia è la mutazione che porterebbe la Chiesa verso una concezione che risulterebbe contraria alla Chiesa stessa facendola rinunciare al Regno di Cristo sulle realtà temporali. In questo ambito troviamo una certa ostinazione che viene dalla dottrina e dall’insegnamento di un Pio XI, non so se è poco. Certamente nell’applicazione concreta, le cose sono un po’ più complicate e non possiamo dirci ad una conclusione ma al contrario agli inizi di lunghe messe a punto anche di natura filosofica. [..]
Non sono in grado di affermare se Benedetto XVI riuscirà nell’impresa che si è proposto. Ancora meno sono in grado di giudicare quella di Bernard Fellay, la quale è, secondo me « profetica » in rapporto a quanti lo seguono. Finirò con una riflessione che m’è venuta grazie a Balthasar. Nel quadro apostolico che egli disegna nel suo libro “Il complesso antiromano” dove questo compatriota di Mons. Fellay [sono entrambi svizzeri n.d.t.] propone la figura di Giacomo faccia a faccia con Pietro, Paolo e Giovanni. Una figura legata alla tradizione, quasi una tradizione ostinata. Certamente con Giacomo, cugino di Gesù la tradizione è quella giudaica. Ma c’è comunque una certa affinità, una parentela, con la fedeltà a quanto si è ricevuto a quello che è stato trasmesso loro. Situazioni e riferimenti differenti ma, come in certi paradossi, potenzialmente fecondi.
Per quale ragione non ci può essere uno spazio per questa tradizione nella ambito di una Chiesa indivisa. Sarebbe un riconoscere tutti i carismi, quello dell’Istituzione con Pietro della missione con Paolo, della mistica con Giovanni e quelli di un certo tipo di ostinazione nella tradizione con Giacomo. E’ un po’ la grazia che vogliamo augurarci.

2 commenti:

  1. Mons. Fellay non è la FSSPX e la sue decisioni, trattandosi della "salus animarum" non possono vincolare la coscienza dei fedeli. Ormai è in piena apostasia modernista anche lui.
    Preghiamo perché la FSSPX possa finalmente approdare al sedevacantismo, unica risposta cattolica al problema dell'ora presente.

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  2. Sede vacante? Suvvia, come si fa ad essere così ciechi da non vedere che questo è il momento in cui la Provvidenza da a tutti - alla Fraternità San Pio X e soprattutto a tutta la Chiesa cattolica - la possibilità di fare un passo importante per riconciliare cattolicesimo e tradizione, al di là di tutto quel che è avvenuto nel passato, ad opera soprattutto di chi ha troppo enfatizzato alcune affermazioni conciliari. Come si fa a non vedere che forse potrebbero non esserci altre occasioni? Preghiamo per il Papa Benedetto XVI, perché il Signore Gesù gli consenta di portare a termine la sua missione, a partire dalla sua ermeneutica del Concilio!

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