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mercoledì 28 gennaio 2009

Comunità di S. Egidio: ottimo revocare le scomuniche

Intervista a Andrea Riccardi, fondatore della comunità di S. Egidio (impegnata nel dialogo ecumenico e nella mediazione di molti conflitti nel mondo), nel Corriere della Sera del 26, via il Papa Ratzinger blog. Interessante la constatazione che il rientro dei lefebvriani li aiuterà nei fatti a vincere tentazioni di chiusura settaria e a superare certe attitudini: a giudicare dal maturare progressivo delle reazioni alle frasi di Williamson, all'interno della stessa Fraternità, sembrerebbe che l'analisi di Riccardi colga già nel segno.

«Il Concilio Vaticano II resta sempre il grande orizzonte della Chiesa. Ricordo una battuta che mi fece una volta Giovanni Paolo II: il cardinale Ratzinger è l' ultimo grande teologo del Concilio». Lo storico Andrea Riccardi, studioso della Chiesa e fondatore della Comunità di Sant' Egidio, nota un «grande polverone» intorno alla «grande opera» di Benedetto XVI, la «mano tesa» ai lefebvriani verso «il processo di ricomposizione dello scisma». Parole di chi ha dedicato la vita al dialogo e il 17 gennaio ha partecipato con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni all' unico incontro dell' anno tra ebrei e cattolici, organizzato a Roma dal Centro Bené Berith. La revoca della scomunica ai quattro vescovi non c'entra con il fatto che uno di loro neghi la Shoah e l' esistenza delle camere a gas, hanno spiegato in Vaticano. Però non aiuta i buoni rapporti con gli ebrei, no? «Guardi, premesso che il negazionismo è un' abiezione, un abisso di stupidità e di settarismo... E premesso che un vescovo negazionista non me lo figuro, soprattutto dopo che due Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sono stati ad Auschwitz pronunciando parole decisive...». ...Premesso questo? «...Faccio notare che se la ricomposizione dell'unità andasse avanti, probabilmente avrebbe un effetto positivo, proprio riguardo ai negazionisti». E quale, professore? «È evidente che il gesto del Papa non intende né avallare le posizioni di un vescovo né introdurre questi pensieri surrettiziamente nella Chiesa. Al contrario, l'ambiente dove circolano queste idee, se circolano, sarebbe sottratto diciamo così ad una deriva settaria e inserito nel sentire più vasto della Chiesa». A quale ambiente pensa, in particolare? «Bè, per esempio al seminario dove insegna questo Williamson. Far parte della Chiesa vuol dire accettarne il magistero ma anche camminare con essa e con il Papa. E poi, insomma, la revoca di una scomunica non è un decreto di lode! Non è che l' abbiano fatto legato pontificio...». Certo che un vescovo negazionista... «Purtroppo ce ne sono stati altri capaci di esprimere posizioni aberranti. Ricordo una discussione con un vescovo arabo sui "Protocolli dei Savi di Sion"...». Un classico dell' antisemitismo, il famoso documento falso sul complotto ebraico? «Proprio. E questo mi diceva: i "Protocolli" si sono avverati. Io gli risposi che non era un' opinione degna di un vescovo. Ma, vede, la Santa Sede ha i suoi strumenti davanti a opinioni così devastanti. Quando tutto fosse sanato, con la Fraternità, allora sono convinto che con la dovuta autorevolezza interverrà». E adesso? «La decisione di revocare queste scomuniche è un passo in un processo di ricomposizione dello scisma. È una grande opera di Benedetto XVI che sente come suo dovere di Papa cercare l' unità. Ora ci saranno altri passi necessari. Tutto il problema della Fraternità e della sua posizione nella Chiesa sarà oggetto di riflessione, e d' altronde questi quattro vescovi sono senza giurisdizione, senza titolo, la situazione è ancora fluida. Tra l' altro mi viene un sospetto». Quale? «Che dichiarazioni così aberranti possano essere uno strumento interno al mondo tradizionalista per sabotare il processo di superamento dello scisma messo in campo da Benedetto XVI. Alla fine, però, credo che questo polverone ci abbia dato un' occasione: rassicurare che queste opinioni, nella Chiesa cattolica, non hanno corso».

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