La Latin Mass Society d’Inghilterra e Galles ha rilasciato il 1° novembre 2008 un comunicato stampa col quale informa della risposta della Pontificia Commissione Ecclesia Dei in merito alla possibilità per i Vescovi di intervenire sul calendario tradizionale.
Spieghiamo meglio: tempo addietro la Conferenza Episcopale anglo-gallese aveva deciso di spostare alcune feste che cadono in giorni feriali, come l’Epifania (che in Gran Bretagna non è festa civile), l’Ascensione e il Corpus Domini, alla domenica più vicina; i Vescovi dissero inoltre che il provvedimento doveva applicarsi anche alle Messe in forma straordinaria, affermando di aver avuto dall’Ecclesia Dei espresso riconoscimento del loro potere in tal senso e che pertanto quelle feste non potevano più celebrarsi nei giorni previsti dal calendario tradizionale.
Poiché però la risposta dell’Ecclesia Dei non venne resa pubblica, la Latin Mass Society, sospettosa a buon diritto (come si vedrà), sottopose un dubium alla stessa Ecclesia Dei per appurare se davvero i Vescovi potessero proibire la celebrazione delle suddette feste nei giorni tradizionali, o se invece il loro potere si riducesse solo (cosa che nessuno dubita) a quello di togliere il carattere precettivo a quelle feste, nel senso che il fedele non è più obbligato, ad es., ad andare a Messa il 6 gennaio, ma può assolvere il precetto dell’Epifania recandosi a Messa nella domenica più vicina.
La risposta dell’Ecclesia Dei ha dato ragione alla Latin Mass Society: trovate il testo completo qui, mentre noi riportiamo in traduzione gli elementi essenziali:
Premesso che la questione è tuttora allo studio e che il responso non pregiudica ulteriori diverse chiarificazioni, allo stato la Commissione precisa:
L’uso dei libri liturgici del 1962 implica il diritto ad usare il calendario da essi previsto.
Ancorché, ai sensi del can. 1246 § 2 c.j.c. la Conferenza Episcopale, con l’approvazione della S. Sede, possa legittimamente trasferire le feste di precetto, resta comunque lecito celebrare la Messa e l’Officio di quelle feste nei giorni indicati dal calendario dei libri liturgici del 1962, con la precisazione che, in ossequio alla legittima decisione della Conferenza Episcopale, non vi è obbligo di recarsi a Messa in quel giorno.
Pertanto, in accordo con i nn. 356-361 delle Rubricae Generales Missalis Romani del 1962, è appropriato celebrare la festività la domenica cui è stata trasferita dalla Conf. Episcopale, come è sempre stata l’abitudine in molti Paesi.
F.to Mons. Camille Perl, Vicepresidente
L’uso dei libri liturgici del 1962 implica il diritto ad usare il calendario da essi previsto.
Ancorché, ai sensi del can. 1246 § 2 c.j.c. la Conferenza Episcopale, con l’approvazione della S. Sede, possa legittimamente trasferire le feste di precetto, resta comunque lecito celebrare la Messa e l’Officio di quelle feste nei giorni indicati dal calendario dei libri liturgici del 1962, con la precisazione che, in ossequio alla legittima decisione della Conferenza Episcopale, non vi è obbligo di recarsi a Messa in quel giorno.
Pertanto, in accordo con i nn. 356-361 delle Rubricae Generales Missalis Romani del 1962, è appropriato celebrare la festività la domenica cui è stata trasferita dalla Conf. Episcopale, come è sempre stata l’abitudine in molti Paesi.
F.to Mons. Camille Perl, Vicepresidente
Il Presidente della Latin Mass Society nota che l’importanza di tale chiarimento è nel riconoscimento che il calendario tradizionale non può essere modificato o alterato da decisioni episcopali, ma resta un diritto dei fedeli legati alla forma straordinaria, ai quali è quindi concessa la libertà di decidere autonomamente se desiderano attenersi alla data tradizionale oppure se recarsi a Messa la domenica successiva.
Analoga ratio di autoresponsabilità e di libertà concessa ai fedeli della Messa antica è ravvisabile nel responso dell’Ecclesia Dei del 22 settembre 2008, finora inedita e che qui pubblichiamo in copia, e inerente un caso speculare a quello sopra visto: i fedeli chiedevano se fosse possibile celebrare la sera del 2 novembre la Commemorazione dei Defunti in forma straordinaria: poiché quest’anno il 2 novembre cadeva di domenica, secondo il vecchio calendario la celebrazione si sarebbe dovuta spostare al lunedì 3 novembre; il che avrebbe rappresentato nel caso specifico un problema, essendo possibile solo di domenica avere la partecipazione di coro e strumentisti per accompagnare la liturgia con la Messa da Requiem di Mozart.
Analoga ratio di autoresponsabilità e di libertà concessa ai fedeli della Messa antica è ravvisabile nel responso dell’Ecclesia Dei del 22 settembre 2008, finora inedita e che qui pubblichiamo in copia, e inerente un caso speculare a quello sopra visto: i fedeli chiedevano se fosse possibile celebrare la sera del 2 novembre la Commemorazione dei Defunti in forma straordinaria: poiché quest’anno il 2 novembre cadeva di domenica, secondo il vecchio calendario la celebrazione si sarebbe dovuta spostare al lunedì 3 novembre; il che avrebbe rappresentato nel caso specifico un problema, essendo possibile solo di domenica avere la partecipazione di coro e strumentisti per accompagnare la liturgia con la Messa da Requiem di Mozart.
La risposta dell’Ecclesia Dei, a firma del Vicepresidente, è positiva (va detto peraltro che la Messa era prevista in ora vespertina della domenica 2 novembre), con la precisazione che "sembra logico che la celebrazione della ‘Commemoratio omnium fidelium defunctorum’ sia comune per le due forme del Rito Romano" e che "il proposito di celebrare la Messa di Requiem solennemente la sera del 2 novembre va certamente nel senso giusto". Queste ultime osservazioni possono impensierire chi tema un futuro intervento sul calendario tradizionale, ma nel medio periodo sarà inevitabile ed anche opportuna qualche forma di armonizzazione tra i due calendari. Si tratterà anche di un segno di successo del motu proprio: finché c’erano poche "riserve indiane" tradizionaliste, come ai tempi dell’Indulto, non sussisteva certo il problema pratico di coordinare i calendari.
In ogni caso, quello che conforta è che la prassi della Commissione Ecclesia Dei si muove nel senso più saggio, ossia di non imporre ma di consentire: sicché si può fondatamente sperare che, anche se qualche festa fosse in futuro armonizzata col nuovo calendario (e non è detto che non siano le feste del nuovo calendario ad essere spostate in accordo con quello antico, come sarebbe ad es. auspicabile per la festa di Cristo Re), sia garantita la possibilità, per chi lo desidera, di continuare ad attenersi alle vecchie usanze: cosa che sarà facilmente esperibile nelle chiese dedicate esclusivamente all’usus antiquior, ma appare difficile, e forse nemmeno opportuna, nelle realtà parrocchiali in cui convivono celebrazioni in forma ordinaria e straordinaria.
Certo che, se la la liturgia bugnioniana sparirà (intenzione per la quale non smetto di preagre) il problema diverrà relativo
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