
Grazie ad Aldo Maria Valli per questa utile intervista al Maestro Aurelio Porfiri sulla crisi della musica sacra.
Luigi C.
27-11-25, di Redazione
L’intervento di Leone XIV sulla musica sacra, in cui ha richiamato musicisti e operatori liturgici allo studio del Magistero e alla responsabilità di favorire la partecipazione del popolo di Dio, ha riacceso il dibattito sullo stato della musica liturgica contemporanea. In questo contesto, il maestro Aurelio Porfiri — compositore, direttore di coro e studioso riconosciuto nel panorama internazionale — offre una lettura critica e argomentata delle parole del papa, allargando la riflessione ai nodi più profondi che segnano oggi la vita musicale della Chiesa.
Nel corso dell’intervista emergono temi sensibili e tutt’altro che secondari: la mancata applicazione della costituzione sulla sacra liturgia “Sacrosanctum Concilium”, la crisi dei cori parrocchiali, il progressivo indebolimento della cultura artistica e il peso di un clericalismo che spesso ostacola reazioni adeguate al degrado liturgico. Pur senza rinunciare alla franchezza, Porfiri indica anche spiragli e possibili vie di rinnovamento, invitando a una consapevolezza più alta della missione della musica sacra e della responsabilità di chi la serve.
Quella che segue è una conversazione che invita a interrogarsi, senza timori reverenziali, sulle scelte compiute negli ultimi decenni e sul cammino necessario per restituire alla liturgia la sua dignità sonora e spirituale.
Maestro Porfiri, in occasione del giubileo dei cori e delle corali il papa ha raccomandato: “Studiate attentamente il Magistero, che indica nei documenti conciliari le norme per svolgere al meglio il vostro servizio. Soprattutto, siate capaci di rendere sempre partecipe il popolo di Dio, senza cedere alla tentazione dell’esibizione che esclude la partecipazione attiva al canto di tutta l’assemblea liturgica. Siate, in questo, segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio. Vigilate affinché la vostra vita spirituale sia sempre all’altezza del servizio che svolgete, così che esso possa esprimere autenticamente la grazia della Liturgia”. Come commenta queste parole?
Io direi che coloro che devono studiare attentamente il magistero sono proprio i vescovi che non hanno certamente vigilato sulla retta applicazione della “Sacrosanctum Concilium”.
Dopo la furia devastatrice postconciliare non servono discorsi che non affrontano direttamente il problema. Occorre chiedersi: come mai siamo arrivati a questo punto? Dove abbiamo sbagliato?
Non è facile per la gerarchia ammettere questo tipo di errori…
Eppure, se volessero, lo potrebbero fare. Si guardi il motu proprio “Immota manet” sulla diocesi di Roma, in cui si è ristabilito il settore centro dopo che solo un anno fa esso era stato diluito negli altri settori. Si sono accorti che era una decisione non giusta, e lo dice uno che a Roma centro è nato. Perché non avere il coraggio di dire, in modo analogo: la liturgia ha preso una piega che non volevamo?
Oggi i più non sembrano interessati alla grande cultura e alla grande arte. Non ha questa impressione?
Ho l’impressione che viviamo in un deserto culturale, nondimeno credo sia importante tenere accesa la fiaccola. Le cose che sono buone rimangono buone a prescindere, anche se si è seguiti da pochissime persone. Il giusto, il vero, non si decide a maggioranza. Quella della bellezza non è una democrazia, ma un’aristocrazia. Qualcosa che menti privilegiate fanno anche a servizio degli altri.
In Italia è difficile reagire al degrado liturgico e musicale. Come mai?
Perché, pur essendo oramai un paese post cristiano, siamo ancora intrisi di clericalismo, una forma di rispetto che giustamente è dovuta al clero che compie la funzione per cui è stato ordinato, ma è dovuta meno a chi usa il suo status per diffondere l’errore e favorire la sciatteria liturgica. Quando necessario, bisogna reagire!
Alcuni fanno affidamento sul tale sacerdote, il tale vescovo, il tale cardinale. Può bastare?
Se ci sono sacerdoti, vescovi o cardinali che fanno il loro dovere, bene, è sempre lodevole e ce ne dobbiamo rallegrare. Ma bisogna anche pregare perché non si insinui nelle loro buone intenzioni il virus pericoloso del protagonismo, una tentazione che purtroppo è forte in chi viene molto lodato ed è come una pietra tombale sulle buone cose che altrimenti potrebbero compiere.