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sabato 4 febbraio 2023

La S. Messa Tradizionale non è mai stata abrogata #summorumpontificum

Pubblichiamo di seguito un interessante articolo di Peter Kwasniewski QUI su New Liturgical Mouvement, in cui inter alia si afferma che: «[...] dal momento che le norme liturgiche, non essendo vere e proprie 'leggi', non possono essere abrogate ma solo surrogate - il precedente nel successivo».
Sull'argomento dell'articolo vedere anche QUI su MiL.
Questa traduzione è stata realizzata grazie alle donazioni dei lettori di MiL.
Luigi

Verbale della Commissione di cardinali che consigliò a Giovanni Paolo II di abolire le restrizioni sul Messale antico
PETER KWASNIEWSKI, New Liturgical Mouvement, lunedì 09/01/2023

La maggior parte delle persone che hanno letto della riforma liturgica e della rinascita del Rito Romano tradizionale si sono imbattute in riferimenti alla commissione cardinalizia istituita da Papa Giovanni Paolo II nel 1986 per valutare diverse questioni, tra cui se Paolo VI avesse abrogato il Missale Romanum preconciliare promulgando il proprio messale nel 1969.
Poiché al giorno d'oggi circolano molte informazioni errate sul vecchio e sul nuovo messale, alcune delle quali tristemente diffuse dal Vaticano, ritengo importante pubblicare qui su NLM la traduzione di un testo italiano scritto dal Cardinale Dario Castrillón-Hoyos e recuperato dal sito "clerus.org", cioè il sito della Congregazione per il Clero prima che passasse a "clerus.va". Il testo italiano è ancora presente, anche se è possibile scoprirlo solo se si dispone dell'URL (qui), datato ottobre 2008. Di seguito è riportato uno screenshot [vedere in fondo al post, n.d.t.] per mostrare dove l'ho trovato, nel caso in cui venga tolto dopo la comparsa del presente articolo. (Per lo stesso motivo ho copiato in un file anche il testo italiano completo. Non vorremmo perdere questa preziosa testimonianza storica).

Sua Eminenza discute non solo del Summorum Pontificum ma anche del lavoro della commissione del 1986 che ha preparato la strada al Summorum Pontificum; cita a lungo i verbali di questa commissione. È davvero notevole quanto di questo epocale Motu Proprio del 2007 fosse già presente in nuce nel 1986. Per quanto ne so, pochissimi conoscono questo testo, che non è solo un prezioso documento storico, ma una testimonianza di principi che un giorno saranno nuovamente rivendicati sotto una guida migliore.

Risposte del Cardinale Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei ad alcune domande

Poiché la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha ricevuto frequenti domande sulle ragioni del Motu Proprio Summorum Pontificum, alcune delle quali si basano sulle prescrizioni del documento Quattuor Abhinc Annos inviato dalla Congregazione per il Culto Divino ai Presidenti delle Conferenze Episcopali il 3 ottobre 1984, il Presidente della stessa Commissione, Sua Eminenza il Card. Dario Castrillon Hoyos, ha ritenuto opportuno dare le seguenti risposte:

Domanda: È lecito fare riferimento alla Lettera Quattuor Abhinc Annos per regolare le questioni relative alla celebrazione della Forma Straordinaria del Rito Romano, cioè secondo il Messale Romano del 1962?

Risposta: Evidentemente no. Infatti, con la pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, terminano le prescrizioni per l'uso del Messale del 1962, precedentemente emanate dalla Quattuor Abhinc Annos e, successivamente, dal Motu Proprio del Servo di Dio Giovanni Paolo II Ecclesia Dei Adflicta. Infatti, lo stesso Summorum Pontificum, all'articolo 1, afferma esplicitamente che "le condizioni per l'uso di questo Messale stabilite dai precedenti documenti Quattuor Abhinc Annos ed Ecclesia Dei sono sostituite". Il Motu Proprio enumera le nuove condizioni. Pertanto, non si può più fare riferimento alle restrizioni stabilite da questi due documenti, per la celebrazione secondo il Messale del 1962.

Domanda: Quali sono le differenze sostanziali tra l'ultimo Motu Proprio e i due documenti precedenti in materia?

Risposta: La prima differenza sostanziale è certamente che ora è lecito celebrare la Messa secondo il Rito Straordinario senza bisogno di un permesso speciale, chiamato "indulto". Il Santo Padre Benedetto XVI ha stabilito, una volta per tutte, che il Rito Romano è costituito da due Forme, alle quali ha voluto dare i nomi di "Forma Ordinaria" (la celebrazione del Novus Ordo, secondo il Messale di Paolo VI del 1970) e "Forma Straordinaria" (la celebrazione del Rito Gregoriano, secondo il Messale del B. Giovanni XXIII del 1962), e ha confermato che questo Messale del 1962 non è mai stato abrogato. Un'altra differenza è che nelle Messe celebrate senza il popolo, qualsiasi sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare che religioso, può usare l'uno o l'altro Messale (art. 2). Inoltre, nelle Messe senza popolo o con il popolo, spetta al parroco o al rettore della chiesa, dove si intende celebrare, dare il permesso a tutti quei sacerdoti che presentano il "Celebret" dato dal loro Ordinario. Se questi negano il permesso, il Vescovo, secondo il Motu Proprio, deve fare in modo che il permesso venga concesso (cfr. articolo 7).

È importante sapere che già una Commissione Cardinalizia ad hoc del 12 dicembre 1986, formata dagli Eminentissimi Cardinali Paul Augustin Mayer, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, Agostino Casaroli, Bernardin Gantin, Joseph Ratzinger, William W. Baum, Edouard Gagnon, Alfons Stickler e Antonio Innocenti, era stata istituita per volontà del Santo Padre, allo scopo di esaminare le possibili misure da adottare per rimediare all'accertata inefficacia dell'indulto pontificio Quattuor Abhinc Annos sul ripristino della cosiddetta Messa Tridentina nella Chiesa latina con il Messale Romano dell'Edizione Tipica del 1962, emanato dalla Congregazione per il Culto Divino con Prot. n. 686/84 del 3 ottobre 1984. Questa Commissione aveva proposto al Santo Padre Giovanni Paolo II, già allora, a questo scopo, alcuni elementi sostanziali che sono stati [solo] ripresi nel Motu Proprio Summorum Pontificum.

Permettetemi di fare una sintesi dei verbali che presentano gli interventi degli Eminentissimi Cardinali per capire come i documenti successivi riflettano sostanzialmente la visione raggiunta da tale importante Commissione Cardinalizia poco dopo la Quattuor Abhinc Annos. Infatti, nei verbali si afferma che:

"La preoccupazione, il desiderio e la mente del Santo Padre [Giovanni Paolo II] sono la promozione della concordia interna nella Chiesa e l'edificazione dei fratelli al suo interno".

"Ciò va realizzato anche attraverso la primaria ricostruzione della comunione nella pratica della lex orandi, come la sana attuazione della riforma liturgica, rispettando doverosamente le legittime esigenze dei gruppi minoritari che spesso si distinguono non solo per la piena ortodossia teorica ma anche per l'autentica esemplarità nella pratica di una vita cristiana intensamente vissuta e di un sincero e devoto attaccamento alla Sede Apostolica".

"Pertanto, è necessario un impegno di coscienza da parte di tutti - vescovi, sacerdoti e fedeli - per rimuovere lo scandaloso arbitrio che una malintesa 'creatività' ha prodotto, dando luogo alle cosiddette 'Messe selvagge' e ad altre profanazioni che hanno ferito molti dei suddetti fedeli allontanandoli dalla facile accettazione della riforma liturgica e dei nuovi libri rituali, compreso il Messale, che erroneamente sono apparsi, purtroppo e proprio a causa di tale diseducativa desacralizzazione, quasi come la causa di essa".

Nella stessa Commissione si proponeva che:

"Si ribadisca, da parte del Dicastero competente, che il Papa desidera la pacificazione interna tra tutti i fedeli delle Chiese locali attraverso la concreta attuazione della concessione fatta con l'indulto".

"I vescovi eseguiranno la volontà del Sommo Pontefice ponendosi spiritualmente in armonia con le sue intenzioni [di concedere generosamente l'indulto]".

"Si deve dare una risposta adeguata, da parte dei vescovi, a coloro che volevano scoraggiare l'attuazione dell'indulto presentandolo come un motivo di divisione invece che di ricostruzione. La risposta non doveva essere polemica ma pastorale, spiegando, con delicatezza e pazienza, la lettera e lo spirito dell'indulto".

Inoltre, è stato affermato con autorità che:

"Il vero problema in questione non sembra essere tanto il conflitto artificiale che l'indulto intende risolvere, quanto piuttosto quello che sta a monte di esso e che ne è stato la vera causa, cioè il conflitto tra la giusta attuazione della riforma liturgica e gli abusi tollerati prodotti da una fantasia incontrollata. Pertanto, oltre all'indulto, è necessario un livello di intervento molto più generale da parte della Santa Sede per eliminare il suddetto abuso abituale che deforma la riforma liturgica conciliare".

"L'indulto, così com'è, da un lato dà l'impressione che la Messa latina, cosiddetta 'Tridentina', fosse una realtà inferiore e di secondo piano, che è stata ripristinata solo per tollerante commiserazione nei confronti di chi l'ha richiesta, e, dall'altro, dà l'impressione, proprio con tutte le pesanti condizioni che contiene, che la Santa Sede stessa la consideri tale e non l'avrebbe concessa se non fosse stata costretta a farlo".

"È necessario ribadire e chiarire ai vescovi la vera volontà del Santo Padre, che consiste, non negativamente in una concessione di tolleranza, ma positivamente in una vera e propria iniziativa pastorale presa non per placare la reazione agli abusi ma per ricomporre il disaccordo in riconciliazione".

"È necessario rimuovere tutte le condizioni contenute nell'Indulto, per eliminare l'impressione dei vescovi che la Santa Sede non lo voglia e l'impressione da parte dei fedeli di chiedere qualcosa di quasi appena tollerato dalla Santa Sede".

Negli interventi delle Eminenze riunite è emerso che:

"Uno era favorevole a concedere l'indulto a tutti i fedeli e ai sacerdoti che volessero usufruirne in aedificationem [per l'edificazione] e senza strumentalizzazioni anticonciliari".

"È necessario chiarire ai Vescovi che l'indulto corrisponde a una volontà del Papa che deve essere osservata, ed è necessario chiarire ai fedeli che devono chiedere rispettosamente l'attuazione della volontà del Papa, in modo che i Vescovi, di fronte a richieste rispettose, non abbiano più motivo di rifiutare".

"Bisognerebbe chiedersi se, per favorire la riconciliazione, sia davvero necessario chiedere il consenso del vescovo per celebrare la Santa Messa in latino".

"Come mentalità generale, sarebbe opportuno attenuare la severità delle condizioni limitative dell'indulto ed eliminare le condizioni aggiuntive per i vescovi".

"Per quanto riguarda la limitazione a gruppi particolari, dato che l'indulto è stato concepito per loro, essa dovrebbe essere mantenuta, ma iuxta modum, cioè, da un lato, non intendendo per 'gruppi' solo tre o quattro persone e, dall'altro, non vietando che altre persone [non facenti parte del gruppo originario] possano unirsi ai gruppi che hanno preso l'iniziativa nella pratica della concessione ottenuta".

Nella stessa Commissione è stato sottolineato che:

"Non c'è alcuna difficoltà a consentire le letture in lingua volgare".

"Per quanto riguarda l'uso facoltativo del [nuovo] Lezionario, ci sono state delle riserve, temendo che possa sorgere una certa confusione a causa della non perfetta corrispondenza tra i calendari dei due Messali, mentre non si è vista alcuna difficoltà nel permettere l'uso dei Prefazi del nuovo Messale".

"Le condizioni aggiunte dai Vescovi e quelle relative a[ll'uso di] chiese e gruppi non parrocchiali contenute nell'Indulto dovrebbero essere rimosse".

"Con la premessa che il latino, in quanto espressione di unità, non può e non deve scomparire dalla Chiesa, e desiderando che i Vescovi siano 'aiutati' più che troppo 'rispettati' nelle loro prerogative, è necessario venire loro incontro riducendo la complessa casistica che condiziona l'indulto a criteri di maggiore semplicità; si potrebbe così anche eliminare l'impressione che, con quelle condizioni, la Santa Sede abbia voluto far capire di aver concesso l'indulto solo obtorto collo. Inoltre, così facendo, si poteva evidenziare la coerenza evolutiva delle misure correttive pontificie, ovviando ai loro elementi contraddittori".

Citando poi il n. 23 della Sacrosanctum Concilium "riguardante i criteri da osservare per conciliare tradizione e progresso nella riforma liturgica, e il n. 26 dello stesso documento conciliare, a proposito delle norme che devono presiedere a tale riforma, come derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia, si proponeva (a) di insistere, nell'eventuale documento di revisione dell'indulto, sull'oggettività e non sull'arbitrarietà dell'attuazione della riforma liturgica; (b) di rendere altrettanto chiaro come sia l'uso della lingua latina sia l'uso di una o dell'altra edizione del Messale Romano debbano essere considerati nell'ambito di questa logica; (c) di concedere, almeno nelle grandi città, che nei giorni di festa ci sia una Santa Messa in latino con libera scelta dell'una o dell'altra edizione tipica (1962 o 1980) del Messale Romano".

"È stato proposto, inoltre, di estendere la concessione dell'Indulto anche agli Ordinari, ai Superiori Generali religiosi, ai Provinciali e ad altri".

"Sulla necessità o meno dell'assenso del Vescovo per la celebrazione della Santa Messa in latino, è stato ricordato che Paolo VI aveva detto che, per se, il Sacerdote, privatamente, dovrebbe celebrare in latino, poiché la concessione fatta per l'uso delle lingue vernacolari è solo di ordine pastorale, per permettere ai fedeli di comprendere il contenuto del rito e, quindi, di partecipare meglio".

"È stata ribadita la necessità di lasciare libera l'opzione dell'uso dell'uno o dell'altro Messale per la celebrazione della Santa Messa in latino".

"Riguardo al tipo di intervento [da auspicare - cioè quello che alla fine è diventato Summorum Pontificum], si opterebbe per un nuovo documento papale in cui, facendo il punto sull'attuale situazione reale della riforma liturgica, si stabilisca chiaramente la suddetta libertà di scelta tra i due Messali in latino, presentando l'uno come uno sviluppo e non come una giustapposizione dell'altro ed eliminando l'impressione che ogni Messale sia il prodotto temporaneo di ogni epoca storica.

"Facendo riferimento alle precedenti preoccupazioni espresse, è stata ribadita la necessità di assicurare la [presentazione della] prova della linearità logica di sviluppo dei documenti della Chiesa e la libera opzione tra i due Messali per la celebrazione della Santa Messa, ed è stato proposto di sottolineare che non possono essere considerati se non nella misura in cui l'uno è uno sviluppo dell'altro, dal momento che le norme liturgiche, non essendo vere e proprie 'leggi', non possono essere abrogate ma solo surrogate - il precedente nel successivo".

Di tutto questo è stata fatta una relazione al Santo Padre [Giovanni Paolo II].



4 commenti:

  1. Si un pochino è stata abrogata...una nuova legge sostituisce la precedente. Tanto è vero che alcuni sacerdoti un po' pigri o anziani che non volevano celebrare la nuova messa avevano un permesso per celebrare la vecchia. Così stanno le cose.

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  2. Si perpetua l'errore. Quella che chiamate Messa tradizionale è la Messa tridentina, modalità storicamente collocata di celebrare l'Eucaristia. Il comando di Gesù di ripetere la Cena in memoria di Lui rimane per sempre, voi lo confondete abitualmente con le modalità con le quali per quattro secoli è stata celebrata.

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    1. Quattro secoli?!? Ma lei è ignorante o mente sapendo di mentire?!? Pio V ha codificato riti già consolidati sotto Gregorio Magno

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  3. Né mai lo potrà essere da parte di un vero Sommo Pontefice della Chiesa cattolica romana.

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