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giovedì 15 aprile 2021

Peron, Fidel, Francesco e il populismo gesuita: un volume di Loris Zanatta

«"Democrazia", come riferimento astratto, non può sostituirsi in maniera soddisfacente all'autorità divina. La mentalità moderna è scivolata nell'eresia della democrazia, cioè nel disastroso errore della vox populi vox Dei, come se il Popolo, inteso in astratto, fosse divino, e che la verità derivi dalle urne. [...] l'eresia secondo cui la volontà del popolo sia la volontà divina»
(Russell Amos Kirk).

Il libro l'ho letto alcune settimane fa e l'ho trovato molto interessante anche se, in alcuni punti, molto duro con il regnante pontefice.
Luigi

PERON, FIDEL, BERGOGLIO: IL POPULISMO GESUITA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 22 marzo 2021

Un saggio di Loris Zanatta indaga accuratamente e dettagliatamente sui ‘populismi gesuiti’ latino-americani. Ben riconoscibile il filo ideologico che lega Peron, Castro, Chavez e Bergoglio. [...]

LORIS ZANATTA, “IL POPULISMO GESUITA – PERON, FIDEL, BERGOGLIO”, EDITORI LATERZA

Il pontificato di Jorge Mario Bergoglio (ormai sono passati otto anni da quel 13 marzo in Piazza San Pietro e ancora abbiamo scolpito nella memoria il commento immediato e lapidario – che ci era parso a quel momento un po’ azzardato - del collega Giuseppe Di Leo … “Vedrai…questo rivoluzionerà la Chiesa”) è certo contrassegnato da una lunga serie di contraddizioni, derivate un po’ dal carattere assai umorale dell’inquilino di Santa Marta, dall’altra dall’habitat mentale acquisito negli anni argentini.

Per cercare di comprendere le ragioni profonde di un comportamento spesso e oggettivamente non lineare (per noi ricco di luci sì, ma abbondante anche di ombre), è bene mettersi in testa che papa Francesco vede il mondo dall’emisfero sud, al contrario dell’Occidente.

E’ uscito qualche tempo fa un saggio agile, di facile lettura e di grande sostanza, che aiuta a porsi in tale condizioni. Scritto da Loris Zanatta (docente di Storia dell’America latina presso l’Università di Bologna), è edito da Laterza Editori e si intitola in modo tanto significativo quanto apparentemente provocatorio: “Il populismo gesuita – Peron, Fidel, Bergoglio”. E Chavez? Non temete, dentro c’è un capitolo assai ampio dedicato anche al dittatore venezuelano. E, riguardo a Peron, non si ignora l’importanza di Evita, “uragano mistico”.

L’introduzione si apre con una doppia domanda di fondo: “Esiste un ‘populismo gesuita’? L’America Latina è la sua terra d’elezione?” . L’Autore non ha dubbi: “Sì, esiste e permea la storia latino-americana”. Insomma “il ‘populismo gesuita’ ha confini sfumati, ma è una realtà assai concreta, la cui portata trascende tali limiti”. In sintesi ” è un filo antico e robusto che attraversa la storia latino-americana, (…) è il filo della cristianità ispanica, della visione del mondo che plasmò per secoli l’America Latina”. Nella storia recente si è manifestato attraverso peronismo, castrismo, chavismo, che tutti hanno avuto/hanno “legami speciali con la Compagnia di Gesù”, l’ordine cui appartiene Jorge Mario Bergoglio, che approdò al ‘populismo gesuita’ “sulle ali del peronismo”, diversamente da chi lo fece suo attraverso una teologia della liberazione di impronta marxista.

Zanatta, esperto riconosciuto delle vicende latino-americane, ricostruisce nei primi due capitoli la genesi storica del ‘populismo gesuita’. Furono dapprima i missionari gesuiti - parte integrante della Conquista spagnola benedetta da Papi e re cattolici – che trasfusero nel continente la loro visione del mondo. E le reducciones nel Paraguay del Settecento la concretizzarono, con la creazione di un’organizzazione sociale e di governo etico-cristiana, in cui la vita era regolata da una sorta di ‘comunismo evangelico’. Irruppero però nello stesso Settecento le idee illuministiche che si manifestarono – specie nel secolo seguente – con i regimi liberali, i quali tuttavia non riuscirono a cancellare (solo li erosero) i presupposti religiosi dell’ ispanidad catolica. Tanto che successivamente “il grosso del nazionalismo ispanico” fu cattolico e lottò in particolare “contro il protestantesimo anglossassone”, per il corporativismo contro la democrazia liberale, “con la croce e la spada contro i partiti e il Parlamento”.

Juan Domingo Peron

Il regime di Juan Domingo Peron fu, secondo Zanatta, la prima incarnazione moderna del ‘populismo gesuita’: “Come i gesuiti nelle antiche missioni – scrive l’Autore - lo Stato doveva plasmare il popolo, unirlo, moralizzarlo, evangelizzarlo. Il peronismo voleva ‘restaurare l’argentinità’, la cui essenza era ‘il più puro sentimento cristiano’ “. Le scuole gesuitiche erano considerate “gli organi educativi per eccellenza”, contro l’ateismo marxista e l’individualismo liberale, per l’applicazione delle encicliche sociali, “della dottrina cattolica fondata sull’armonia tra le classi” con uno Stato paternalistico garante della giustizia sociale.

Interessante il ritratto che Zanatta fa di Evita Peron, che si ispirava al gesuita e ideologo peronista Hernan Benitez: “Il suo mondo manicheo fu la più genuina espressione del ‘populismo gesuita’ argentino: tutto era per lei ‘noi’ e ‘loro’, amico o nemico; da un lato ‘gli oligarchi e il capitalismo materialista’, le ‘forze del male’; dall’altro ‘lo spirito’ peronista, (…) l’antica diatriba contro i Lumi della cristianità ispanica”. Per tale visione del mondo “il povero era ciò che rimaneva del popolo puro che il liberalismo secolare aveva corrotto. ‘Popolo di Dio’ o ‘proletariato’ era perciò il levatore della ‘redenzione’ o ‘rivoluzione’, del moto che, invocando il piano di Dio’ o le ‘leggi della storia’ l’avrebbe condotto alla terra promessa”.

Fidel Castro

E qui passiamo a Fidel Castro, che aveva ben studiato i discorsi di Peron ed era un suo ammiratore. Zanatta non ha dubbi: “Come e più degli altri ‘populismi gesuiti’ il castrismo ambì a restaurare un ordine organico, una comunità di fede, il Regno di Dio in terra “. Del resto i gesuiti avevano cresciuto Castro “a messa quotidiana, storia sacra e ritiri ignaziani”. Lui, Fidel, “ne assorbì lo zelo missionario”, perché “come loro era un cercatore d’assoluto”. Del resto durante la Rivoluzione Castro “aveva ricevuto l’appassionato aiuto del clero e dell’Azione cattolica: molti militanti passarono dalle sacrestie al regime, dalla fede cattolica a quella comunista”. E perché no? rileva Zanatta, “se Dio era per Castro “l’idea suprema di bene e di giustizia”?

Osserva ancora l’Autore: “La fede castrista si chiamava comunismo come quella peronista si chiamava justicialismo. Chiamala come vuoi, disse Castro anni dopo a Hugo Chavez, suo discepolo: ‘cristianesimo, bolivarismo’, è la stessa cosa”. E Fidel “era un fondatore di religioni, il capo di una religione politica (…) il custode della dottrina”. Da ciò lo scontro con la Chiesa: ne seguirono persecuzioni, espulsioni, scomuniche. E anche una – sostiene Zanatta – “scontata riconciliazione”, perché “il popolo comunista era in realtà il popolo cattolico; a suo modo anche il regime”. E il suo lider “un tipico anticapitalista cattolico”, il cui ‘populismo gesuita’ cubano “inaridì le fonti del progresso e irrorò la pianta della povertà”.

Hugo Chavez

In Venezuela il chavismo è pure un ‘populismo gesuita’, con tutti i tratti tipici del fenomeno. Hugo Chavez – in cui a suo tempo padre Arturo Sosa Abascal (oggi papa nero) intravvide il “fulgore messianico”, un atteggiamento di entusiasmo che condivideva con tanti gesuiti venezuelani – mirava a “fondare l’unanimità politica sull’unanimità di fede, a governare gli uomini per mezzo della sua religione, della sua versione di cristianesimo”. Si riteneva “strumento della volontà divina”, fondando “un ordine teocratico”, dove “i principi del ‘populismo gesuita’ sotterravano quelli della democrazia liberale”. Eppure la furia anticapitalista di Chavez ha prodotto “ciò che voleva estirpare: povertà e disuguaglianza”.

Jorge Mario Bergoglio

Finalmente eccoci a Jorge Mario Bergoglio, nella cui storia e nella cui formazione c’è la Chiesa argentina, vincente sul liberalismo. Dio, patria e popolo è la triade dominante nell’Argentina peronista, quella in cui il giovane Bergoglio “forgiò la sua mentalità”. Precisa Zanatta: “Il peronismo di Bergoglio non era un’opzione politica, ma la naturale proiezione secolare della sua fede”. E annota più oltre: “L’identificazione con la cristianità peronista e la ‘cultura’ del popolo mise Bergoglio al riparo dalla sbornia marxista di tanti sacerdoti e teologi”. E’ vero che in Argentina la ‘teologia del popolo’ prevalse su quella della liberazione.

Per Jorge Mario Bergoglio “la democrazia di tipo liberale era frutto di una ‘cultura’ estranea al popolo latinoamericano. (…) Democrazia era la ‘giustizia sociale’, non il modo di organizzare i poteri, di esercitare la rappresentanza, di tutelare i diritti”.

Preminente in Bergoglio l’idea del popolo, una categoria “storica e mitica”, prepolitica: il popolo è quello tipico dei ‘populismi gesuiti’, perché è “colmo di pietà” e nella sua “allegria semplice” prega per “Cristo crocifisso”. Ma il popolo è minacciato di disgregazione dalla modernità liberale: agli occhi del papa argentino “il bicchiere della modernità è sempre mezzo vuoto, mai mezzo pieno: vede gli ‘scartati’, mai gli ‘inclusi’; i ‘poveri’, ma i tanti che alla povertà, un tempo universale, sfuggono; vede gli infermi e non i sani, gli analfabeti e non gli istruiti”.

Per Jorge Mario Bergoglio “l’Occidente è come tale ciò che ‘schiaccia e omogeneizza i popoli”. Qui Zanatta inserisce il tema dei migranti, centrale nel pontificato di papa Francesco e rileva: “Se l’Occidente ha perso la fede, nulla è meglio di una robusta immissione di popolo incontaminato e impregnato di valori religiosi per sanarlo. Tali sono i migranti: la più potente forza per riconquistare il mondo secolare, lo strumento delle ‘periferie’ per convertire il ‘centro’ “. Punge qui l’Autore: “Per questo non tutti i migranti suscitano uguale premura nel Papa. Rare e tiepide sono le sue parole sull’immensa diaspora venezuelana, stentorei i silenzi sui cubani morti durante le avventurose fughe dall’isola”.

Se poi passiamo alle concezioni economiche di Bergoglio, risalta il suo “La ricchezza va distribuita”. Però, annota Zanatta, “come la ricchezza di cui esige la distribuzione si crei, non è oggetto della sua predicazione”. Piuttosto per lui “non importa che i ‘poveri’ salgano sulla scala della prosperità, ma che i ‘ricchi’ ne scendano”. “Decrescita” è la parola chiave: “Bisogna “rallentare la marcia, ritornare indietro prima che sia tardi”.

Per concludere: la tradizione cattolica ispanica ha prodotto i ‘populismi gesuiti’ (da non confondere con l’intera Chiesa Cattolica e nemmeno con l’intera Compagnia di Gesù, di cui però sono certo figli). I ‘populismi gesuiti’, che nascono nelle ‘periferie’ e combattono il ‘centro’, mirano al riscatto del popolo dalle “élite corrotte”. I regimi ‘populisti gesuiti’ “ambiscono a creare l’ordine perfetto, il Regno di Dio in terra”, fondando uno “Stato etico” che “evangelizza e converte, catechizza e reprime”. I ‘populismi gesuiti’ pretendono l’unanimità del popolo, sono gerarchici, sono corporativi, nazionalisti (anche sognando la ‘Patria Grande’ latino-americana). E, fondamentale, vogliono concretizzare la ‘giustizia sociale’.

Il saggio di Zanatta offre poi tante altre riflessioni di sicuro valore e che per ragioni di spazio abbiamo ignorato. Motivo in più perché chi è interessato lo legga con calma e lo metta sul comodino così da assaporarlo sera dopo sera.