Santa Messa e Santa dottrina sono unite inscindibilmente, un asserto che Padre Roger-Thomas Calmel non soltanto conosceva, ma visse coerentemente, fino alla fine della sua luminosa vita religiosa, come benissimo espone Cristiana de Magistris nel suo articolo apparso su Conciliovaticanosecondo.it e che sotto riproponiamo.
Il domenicano Padre Calmel scrisse pagine memorabili circa la volontà di continuare a celebrare la Santa Messa di San Pio V. Eppure, nonostante la sua aperta resistenza ad obbedire alle nuove direttive liturgiche, non furono prese misure canoniche contro di lui, così, mentre gli altri confratelli si adeguavano al nuovo rito, Padre Calmel venne isolato, in modo tale che la sua voce fosse soffocata.
Attuali più che mai diventano oggi le parole e gli insegnamenti, pieni di Fede e di amore per la Chiesa di Cristo, di Padre Calmel: il caso dei Francescani dell’Immacolata, spiritualmente crocifissi, soprattutto a causa della Santa Messa in Vetus Ordo, rimanda al travaglio che il domenicano francese visse nel 1969 e che risolse proprio rifiutando di celebrare nel nuovo rito.
Il Vetus Ordo, che molti sacerdoti hanno continuato a celebrare compiacendo il Signore, pur disobbedendo alle autorità ecclesiastiche, non potrà mai tramontare poiché è il ripresentare, realmente sul’Altare, il Calvario di Cristo e del Suo Santo Sacrificio. Tuttavia continua ad essere pietra di inciampo e a dare scandalo a coloro che vedono nella Tradizione liturgica e dottrinale un nemico da perseguitare, nonostante il rito antico sia stato liberalizzato dal Papa oggi emerito. Anzi, Benedetto XVI ne ha tessuto le lodi con le parole, con gli scritti, con i gesti.
«O Timòteo», disse San Paolo, «custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede» (I Tim 6, 20). I Francescani dell’Immacolata, quelli non ribelli a Padre Stefano Maria Manelli, rappresentano tanti Timòteo ai quali, oggi, migliaia di fedeli chiedono di resistere per il bene loro, per il bene della Chiesa, per il bene delle anime, per il bene del mondo. Scriveva il Venerabile e Arcivescovo Fulton John Sheen (1895-1979):
«La Messa non è un nuovo Sacrificio ma una rappresentazione dello stesso supremo Sacrificio del Calvario. Ci sono due momenti nella storia: il primo, quando il Sacrificio è atteso (è il tempo “avanti Cristo”), e il secondo, quando il Sacrificio è compiuto e offerto (è il tempo “dopo Cristo”).
La Messa, quindi, non è una sostituzione della Croce. Al contrario, i meriti che acquistiamo partecipando alla Messa sono i medesimi di quelli che avremmo ottenuto se fossimo stati presenti sul Calvario.
E ciò perché esiste un solo Sacrificio, quello del Sacerdote e Vittima insieme: sulla Croce e nella Messa è la stessa e unica Persona che s’immola. Prima della venuta del Figlio di Dio, c’erano molti sacrifici offerti per i peccati. Gli uomini ben comprendevano d’esser indegni di stare alla Presenza di Dio. Togliendo la vita ad un animale o distruggendo un oggetto, con funzione sostitutiva, essi punivano e purificavano se stessi. In quasi tutti i popoli, oltre ai Giudei i quali ebbero il gran vantaggio della Rivelazione divina, v’erano sacerdoti che offrivano vittime in sacrificio. Ma quando Nostro Signore offrì l’eterno Sacrificio, fu al contempo Sacerdote e Vittima, Offerente e Offerta. Il sacerdote e la vittima non erano più separati, come avveniva prima. Sulla Croce, quindi, Gesù fu ritto come Sacerdote e prostrato come Vittima perché offrì Se stesso» (H.D. Rops, Questa è la Messa, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 2009, pp. 13-14).
Fino a quando Dio Giudice tollererà la persecuzione da parte degli uomini di Chiesa a quei figli che non vogliono rinnegare la Santa Messa che Gli rende vera Giustizia e vera Gloria?
Scrive splendidamente Cristiana de Magistris: «Nonostante l’aperta resistenza di padre Calmel contro le innovazioni liturgiche, da Roma non giunse mai alcuna sanzione. La logica del padre domenicano era troppo serrata, la sua dottrina troppo ortodossa, il suo amore alla Chiesa e alla sua perenne tradizione troppo leale perché lo si potesse attaccare. Non si intervenne contro di lui poiché non lo si poteva. Allora si avvolse il caso nel più omertoso silenzio, al punto che il teologo domenicano – noto, in parte, al mondo tradizionale francese – è pressoché sconosciuto nel resto dell’orbe cattolico». Ma conosciuto agli occhi di Dio… e questo, per lui, fu sufficiente.
Cristina Siccardi
Contro-rivoluzione liturgica
Il caso “silenziato” di Padre Calmel
di Cristiana de Magistris da Conciliovaticanosecondo.it
Religioso domenicano e teologo tomista di non comune spessore, direttore di anime apprezzato e ricercato su tutto il suolo francese, scrittore cattolico d’una logica stringente e d’una chiarezza inequivocabile, padre Roger-Thomas Calmel (1914-1975) negli anni ruggenti del Concilio e del post-concilio si distinse per la sua azione controrivoluzionaria esercitata – attraverso la predicazione, gli scritti e soprattutto l’esempio – sia sul piano dottrinale sia su quello liturgico.
Ma su un punto ben preciso la resistenza di questo figlio di san Domenico raggiunse l’eroismo: la Messa, poiché è sulla redenzione operata da Cristo sul Calvario e perpetuata sugli altari che si fonda la Fede cattolica. Il 1969 fu l’anno fatidico della rivoluzione liturgica, lungamente preparata e infine imposta d’autorità ad un popolo che non l’aveva chiesta né la desiderava.
La nascita della nuova Messa non fu pacifica. A fronte dei canti di vittoria dei novatores, vi furono le voci di chi non voleva calpestare il passato quasi bimillenario di una Messa che risaliva alla tradizione apostolica. Questa opposizione ebbe il sostegno di due cardinali di Curia (Ottaviani e Bacci), ma rimase del tutto inascoltata.
L’entrata in vigore del nuovo Ordo Missae era fissata per il 30 novembre, prima domenica d’Avvento, e le opposizioni non tendevano a placarsi. Lo stesso Paolo VI, in due udienze generali (19 e 26 novembre 1969), intervenne presentando il nuovo rito della Messa come volontà del Concilio e come aiuto alla pietà cristiana.
Il 26 novembre il Papa disse: “Nuovo rito della Messa: è un cambiamento, che riguarda una venerabile tradizione secolare, e perciò tocca il nostro patrimonio religioso ereditario, che sembrava dover godere d’un’intangibile fissità, e dover portare sulle nostre labbra la preghiera dei nostri antenati e dei nostri Santi, e dare a noi il conforto di una fedeltà al nostro passato spirituale, che noi rendevamo attuale per trasmetterlo poi alle generazioni venture. Comprendiamo meglio in questa contingenza il valore della tradizione storica e della comunione dei Santi. Tocca questo cambiamento lo svolgimento cerimoniale della Messa; e noi avvertiremo, forse con qualche molestia, che le cose all’altare non si svolgono più con quella identità di parole e di gesti, alla quale eravamo tanto abituati, quasi a non farvi più attenzione. Questo cambiamento tocca anche i fedeli, e vorrebbe interessare ciascuno dei presenti, distogliendoli così dalle loro consuete devozioni personali, o dal loro assopimento abituale. …”. E proseguiva dicendo che bisogna comprendere il significato positivo delle riforme e fare della Messa “una tranquilla ma impegnativa palestra di sociologia cristiana”.
“Sarà bene – avvertiva Paolo VI nella medesima udienza – che ci rendiamo conto dei motivi, per i quali è introdotta questa grave mutazione: l’obbedienza al Concilio, la quale ora diviene obbedienza ai Vescovi che ne interpretano e ne eseguiscono le prescrizioni…”. Per sedare le opposizioni al Papa non rimaneva che l’argomento di autorità. Ed è su questo argomento che si giocò tutta la partita della rivoluzione liturgica.
Padre Calmel, che con i suoi articoli fu assiduo collaboratore della rivista Itinéraires, aveva già affrontato il tema dell’obbedienza, divenuto nel post-concilio l’argomento di punta dei novatores. Ma, egli affermava, è esattamente in virtù dell’obbedienza che bisogna rifiutare ogni compromesso con la rivoluzione liturgica: “Non si tratta di fare uno scisma ma di conservare la tradizione”. Con sillogismo aristotelico faceva notare: “L’infallibilità del Papa è limitata, dunque la nostra obbedienza è limitata”, indicando il principio della subordinazione dell’obbedienza alla verità, dell’autorità alla tradizione. La storia della Chiesa ha casi di santi che furono in contrasto con l’autorità di papi che non furono santi. Pensiamo a sant’Atanasio scomunicato da papa Liberio, a san Tommaso Becket sospeso da papa Alessandro III. E soprattutto a santa Giovanna d’Arco.
Il 27 novembre 1969, tre giorni prima della data fatidica in cui entrò in vigore il Novus Ordo Missae, padre Calmel espresse il suo rifiuto con una dichiarazione d’eccezionale portata, resa pubblica sulla rivista Itinéraires.
“Mi attengo alla Messa tradizionale – dichiarò –, quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo, conformemente ad un uso plurisecolare. Rifiuto dunque l’Ordo missae di Paolo VI.
Perché? Perché, in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente, permessa o voluta dal Papa attuale, e che riveste, per il momento, la maschera dell’Ordo Missae del 3 aprile 1969. È diritto di ogni sacerdote rifiutare di portare la maschera di questa rivoluzione liturgica. E stimo mio dovere di sacerdote rifiutare di celebrare la messa in un rito equivoco.
Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante – come sostengono i due cardinali (Bacci e Ottaviani) e come dimostrano solide analisi teologiche – allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno. Come accettare di rendersene complici?
Mi chiederete: mantenendo, verso e contro tutto, la Messa di sempre, hai riflettuto a che cosa ti esponi? Certo. Io mi espongo, per così dire, a perseverare nella via della fedeltà al mio sacerdozio, e quindi a rendere al Sommo Sacerdote, che è il nostro Giudice supremo, l’umile testimonianza del mio ufficio sacerdotale. Io mi espongo altresì a rassicurare dei fedeli smarriti, tentati di scetticismo o di disperazione. Ogni sacerdote, in effetti, che si mantenga fedele al rito della Messa codificata da San Pio V, il grande Papa domenicano della controriforma, permette ai fedeli di partecipare al santo Sacrificio senza alcun possibile equivoco; di comunicarsi, senza rischio di essere ingannato, al Verbo di Dio incarnato e immolato, reso realmente presente sotto le sacre Specie. Al contrario, il sacerdote che si conforma al nuovo rito, composto di vari pezzi da Paolo VI, collabora per parte sua ad instaurare progressivamente una messa menzognera dove la Presenza di Cristo non sarà più autentica, ma sarà trasformata in un memoriale vuoto; perciò stesso, il Sacrificio della Croce non sarà altro che un pasto religioso dove si mangerà un po’ di pane e si berrà un po’ di vino. Nulla di più: come i protestanti. Il rifiuto di collaborare all’instaurazione rivoluzionaria di una messa equivoca, orientata verso la distruzione della Messa, a quali disavventure temporali, a quali guai potrà mai portare? Il Signore lo sa: quindi, basta la sua grazia. In verità, la grazia del Cuore di Gesù, derivata fino a noi dal santo Sacrificio e dai sacramenti, basta sempre. È perciò che il Signore ci dice così tranquillamente: “Colui che perde la sua vita in questo mondo per causa mia, la salverà per la vita eterna”.
Riconosco senza esitare l’autorità del Santo Padre. Affermo tuttavia che ogni Papa, nell’esercizio della sua autorità, può commettere degli abusi d’autorità. Sostengo che il papa Paolo VI ha commesso un abuso d’autorità di una gravità eccezionale quando ha costruito un nuovo rito della messa su una definizione della messa che ha cessato di essere cattolica. “La messa – ha scritto nel suo Ordo Missae – è il raduno del popolo di Dio, presieduto da un sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore”. Questa definizione insidiosa omette a priori ciò che fa la Messa cattolica, da sempre e per sempre irriducibile alla cena protestante. E ciò perché per la Messa cattolica non si tratta di qualunque memoriale; il memoriale è di tal natura che contiene realmente il sacrificio della Croce, perché il Corpo e il Sangue di Cristo sono resi realmente presenti in virtù della duplice consacrazione. Ora, mentre ciò appare così chiaro nel rito codificato da San Pio V da non poter esser tratti in inganno, in quello fabbricato da Paolo VI rimane fluttuante ed equivoco. Parimenti, nella Messa cattolica, il sacerdote non esercita una presidenza qualunque: segnato da un carattere divino che lo introduce nell’eternità, egli è il ministro di Cristo che fa la Messa per mezzo di lui; ben altra cosa è assimilare il sacerdote a un qualunque pastore, delegato dai fedeli a mantenere in buon ordine le loro assemblee. Orbene, mentre ciò è certamente evidente nel rito della Messa prescritta da San Pio V, è invece dissimulato se non addirittura eliminato nel nuovo rito.
La semplice onestà quindi, ma infinitamente di più l’onore sacerdotale, mi chiedono di non aver l’impudenza di trafficare la Messa cattolica, ricevuta nel giorno della mia ordinazione. Poiché si tratta di essere leale, e soprattutto in una materia di una gravità divina, non c’è autorità al mondo, fosse pure un’autorità pontificale, che possa fermarmi. D’altronde, la prima prova di fedeltà e d’amore che il sacerdote deve dare a Dio e agli uomini è quella di custodire intatto il deposito infinitamente prezioso che gli fu affidato quando il Vescovo gl’impose le mani. È anzitutto su questa prova di fedeltà e d’amore che io sarò giudicato dal Giudice supremo. Confido che la Vergine Maria, Madre del Sommo sacerdote, mi ottenga la grazia di rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco. Tuus sum ego, salvum me fac (sono tutto vostro, salvatemi)”.
Di fronte a un testo di tale spessore e ad una presa di posizione così categorica, tutti gli amici e i sostenitori di padre Calmel tremarono, attendendo da Roma le più dure sanzioni. Tutti, tranne lui, il figlio di san Domenico, che continuava a ripetere: “Roma non farà niente, non farà niente…”. E difatti Roma non fece nulla. Le sanzioni non arrivarono. Roma tacque davanti a questo frate domenicano che non temeva nulla se non il Giudice supremo a cui doveva render conto del suo sacerdozio.
Altri sacerdoti, grazie alla dichiarazione di padre. Calmel, ebbero il coraggio di uscire allo scoperto e di resistere ai soprusi di una legge ingiusta e illegittima. Contro coloro che raccomandavano l’obbedienza cieca alle autorità, egli mostrava il dovere dell’insurrezione. “Tutta la condotta di santa Giovanna d’Arco mostra che ella ha pensato così: Certo, è Dio che lo permette; ma ciò che Dio vuole, almeno finché mi resterà un esercito, è che io faccia una buona battaglia e giustizia cristiana. Poi fu bruciata […]. Rimettersi alla grazia di Dio non significa non far nulla. Significa invece fare, rimanendo nell’amore, tutto ciò che è in nostro potere […]. A chi non abbia meditato sulle giuste insurrezioni della storia, come la guerra dei Maccabei, le cavalcate di santa Giovanna d’Arco, la spedizione di Giovanni d’Austria, la rivolta di Budapest, a chiunque non sia entrato in sintonia con le nobili resistenze della storia […] io rifiuto il diritto di parlare di abbandono cristiano […] l’abbandono non consiste nel dire: Dio non vuole la crociata, lasciamo fare ai Mori. Questa è la voce della pigrizia”.
Non si può confondere l’abbandono soprannaturale con una supina obbedienza. “Il dilemma che si pone a tutti – avvertiva padre Calmel – non è di scegliere tra l’obbedienza e la fede, ma tra l’obbedienza della fede e la collaborazione con la distruzione della fede”. Tutti noi siamo invitati a fare “nei limiti che ci impone la rivoluzione, il massimo di ciò che possiamo fare per vivere della tradizione con intelligenza e fervore. Vigilate et orate”.
Padre Calmel aveva compreso perfettamente che la forma di violenza esercitata nella “Chiesa post-conciliare” è l’abuso di autorità, esplicato esigendo un’obbedienza incondizionata. Alla quale i chierici e molti laici si piegarono senza tentare alcuna forma di resistenza. “Questa assenza di reazione – notava Louis Salleron – mi pare tragica. Perché Dio non salva i cristiani senza di essi, né la sua Chiesa senza di essa”.
“Il modernismo fa camminare le sue vittime sotto il vessillo dell’obbedienza – scriveva il religioso domenicano–, ponendo sotto sospetto di orgoglio qualunque critica delle riforme, in nome del rispetto che si deve al papa, in nome dello zelo missionario, della carità e dell’unità”.
Quanto al problema dell’obbedienza in materia liturgica, padre Calmel osservava: “La questione dei nuovi riti consiste nel fatto che sono ambivalenti: essi perciò non esprimono in modo esplicito l’intenzione di Cristo e della Chiesa. La prova è data dal fatto che anche gli eretici l’usano con tranquillità di coscienza, mentre rigettano e hanno sempre rigettato il Messale di san Pio V”. “Bisogna essere o sciocchi o paurosi (o l’uno e l’altro insieme) per considerarsi legati in coscienza da leggi liturgiche che cambiano più spesso della moda femminile e che sono ancora più incerte”.
Nel 1974 in una conferenza diceva: “La Messa appartiene alla Chiesa. La nuova Messa non appartiene che al modernismo. Mi attengo alla Messa cattolica, tradizionale, gregoriana, poiché essa non appartiene al modernismo […]. Il modernismo è un virus. È contagioso e bisogna fuggirlo. La testimonianza è assoluta. Se rendo testimonianza alla Messa cattolica, occorre che io mi astenga dal celebrarne altre. È come l’incenso bruciato agli idoli: o un grano o nulla. Dunque, nulla”.
Nonostante l’aperta resistenza di padre Calmel contro le innovazioni liturgiche, da Roma non giunse mai alcuna sanzione. La logica del padre domenicano era troppo serrata, la sua dottrina troppo ortodossa, il suo amore alla Chiesa e alla sua perenne tradizione troppo leale perché lo si potesse attaccare. Non si intervenne contro di lui poiché non lo si poteva. Allora si avvolse il caso nel più omertoso silenzio, al punto che il teologo domenicano – noto, in parte, al mondo tradizionale francese – è pressoché sconosciuto nel resto dell’orbe cattolico.
Nel 1975, padre Calmel si spegneva prematuramente, coronando il suo desiderio di fedeltà e di resistenza. Nella sua Dichiarazione del 1969 aveva chiesto alla Santissima Vergine di “rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco”. La Madre di Dio esaudì il desiderio di questo figlio prediletto che morì senza aver mai celebrato la Messa nuova per rimaner fedele al supremo Giudice al quale doveva rispondere del suo sacerdozio.
I domenicani han chiuso la bocca anche a padre GUERARD DES LAURIERS...e non solo a lui, votati alle più spericolate interpretazione di quel concilio nefasto non hanno più vocazioni .Dio punisce la superbia, fra cinquant'anni non saranno che quattro gatti come gli Umiliati nel XVI secolo.
RispondiEliminaAnche i progressisti, al conclave dello scorso marzo, dovevano essere rimasti in "quattro gatti"... E poi abbiamo visto com'è andata.
EliminaGli ordini nascono e muoiono, come tutto ciò che è umano. La fissità della realtà è una delle chimere degli integralisti.
EliminaRicordiamocelo bene: Dio non salva i cristiani senza di essi, né la sua Chiesa senza di essa.
RispondiEliminaParole terribili!
EliminaPovero Paolo VI! Cerca di giustificare il nuovo rito e la (mai avvenuta) abrogazione dell'antico con una presunta abitudine ai gesti ed alle parole che si ripetevan da secoli e che quindi non richiamavan più l'attenzione dei fedeli. E ciò contro tutti i suoi predecessori in particolare Pio XII (assai vicina nel tempo la Mediator Dei). Ma se questa giustificazione fosse valida, perché non chiedere ai cristiani orientali di rinunciare al greco antico, allo slavone; perché non chiedere agl'islamici di usar l'arabo moderno e non quello del Corano, agl'induisti di mandare al diavolo il sanscrito e ai buddisti il pali?
RispondiEliminaArticolo che fa riflettere...
RispondiEliminaforse proprio perche' CONTRO Pio XII, che lo spedi' a Milano su due piedi, non lo nomino' cardinale e non lo ricevette mai piu'.
RispondiEliminaRosa
... o forse perché non gli piaceva il mignolo sinistro di Pio V! Cerchiamo di essere seri.
EliminaTutto tragivamente antiveduto
RispondiEliminaViene da piangere dalla emozione il leggere qualcosa di Catolico como le cose dette da questo sacerdote.
RispondiEliminaHo letto questo articolo : non mi identifico con questa " linea ".
RispondiEliminaLo scrivo pur essendo stato uno dei primi resistenti liturgici dell'epoca di Paolo VI .
Ma una frase così : " ...il desiderio di questo figlio prediletto che morì senza aver mai celebrato la Messa nuova per rimaner fedele al supremo Giudice al quale doveva rispondere del suo sacerdozio" mi trova dissidente perchè ho assistito alla morte di decine e decine di Sacerdoti di Cristo veramente fedeli al Sacedozio che , avendo accettato in spiruito di obbedienza, la croce della riforma liturgica hanno presentato al cospetto della Divina Maestà anche questa corona di spine per il bene di tutta la Sua Santa Chiesa.
Benedetto XVI con la pubblicazione del Motu Proprio " Summorum Pontioficum" ha tentato di aprire la strada verso un tipo di pace liturgica nel nome del, bene della nostra comune madre : la Chiesa.
Tant'è , lo attesta l'articolo precedente " oscurato " da questo post,, anche in questo 'Anno del Signore 2014 ci sarà al termine del Pellegrinaggio del Summorum Pontificum la Santa Messa Pontificale nella Papale Basilica di San Pietro.
Solo Dio conosce l'intimo dei cuori e non sta a noi giudicare perchè quel sacro spazio ci è stato concesso.
Prevediamo che quella dimostrazione di affetto nei confronti del mondo della tradizione da parte della Santa Sede non sarà l'unica per questo anno..Mi domando se certa " dura " purezza possa davvero giovane alla spiritualità così bene espressa dalla Liturgia Tradizionale .
L'esperienza insegna che quando gli ultras (i duri e puri) e i moderati (i pragmatici e prudenti) giocano di concerto per sfiancare e disorientare l’avversario ( i nemici della Chiesa ), la vittoria non è lontana. Invece, quando gli ultras non fanno che criticare i moderati, quest’ultimi finiscono per allearsi con le forze dell’ordine per cacciare via gli ultras. Vogliamo giocare di concerto o continuare ad alimentare le divisioni e divertire i nesmici di Cristo e della Chieaa ?
La leggende dice che quando Costantinopòoli stava per cadere in manio ai crudeli islamici all'interno delle mura stessero litugando per pseudo motivi teologici.
Mi aspetto ora il solito massacro da parteb dei duri e dei puri ... a tutti rivolgo il mio saluto in Cristo !
Ma perché chi dice cose veramente cattoliche deve essere sempre tacciato di essere un "duro e puro"? Non ci sto, checché se ne dica il nuovo rito è un qulcosa di artificiale e costruito a tavolino, il vecchio rito, guarda caso mai tollerato dai protestanti, esprime invece la sedimentazione millenaria dei Riti della Chiesa Cattolica! E non morirà mai come molti vorrebbero!!! Gesù è stato Pietra d'Inciampo per il quieto vivere ed il "volemose bene" ed anche il Vetus Ordo lo è stato, lo è e lo sarà sempre!!!
EliminaGent. Carradori,scindiamo il lato soggettivo da quello oggettivo.Questi degni sacerdoti che hanno deciso di celebrare il NO,offrendo a Dio quello che ritenevano il martirio dell'obbedienza,si sono in buona fede sbagliati(forse per carenze teologiche,per fraintendimento del concetto di obbedienza,ben evidenziato invece da un teologo quale p. Calmel,o forse anche perchè-non è impossibile,l'aveva paventato S Pio X,-già infiltrati inconsapevolmente di modernismo).Infatti ,oggettivamente,risulta che a quell'obbedienza non erano tenuti,essendo nel pieno diritto di continuare a celebrare nel Rito di sempre mai abrogato.E ,se non si fossero in buona fede sbagliati,sarebbe stato meglio per tutti noi,poveri fedeli per anni e anni sbandati e confusi.
EliminaSe io,come madre,ho sempre cucinato cibi buoni e sani,,e improvvisamente,per mia insindacabile decisione,inizio a propinare frittureindustriali,merendine infarcite di grassi,niente verdura e frutta,ecc.,che li per lì tengono in vita,ma poi inevitabilmente porteranno alla malattia,come ritenere buona la mia decisione?Non avranno i miei figli il diritto di richiedere il ripristino di una sana cucina?Anzi,se non lo facessero si comporterebbero in modo irrazionale,barattando un bene minore(il quieto vivere con la mamma,forse anche per un certo inconfessato gusto per cibi adulterati ma più nuovi e saporiti)con quello maggiore della loro sopravvivenza.Esempio terra terra,ovvio che qui si parla di un bene incomparabilmente maggiore
EliminaUn piccolo ,ma bello e consolante,libro di p. Calmel di costo molto contenuto,si può trovare sul sito della Fraternità S Pio X
Elimina@ Murmex Spero di avere risposto sotto. Grazie
EliminaIl libretto (per la verità un quaderno) è molto bello e disponibile in ogni centro di Messa e priorato della Fraternità S. Pio X. Potete anche cogliere l'occasione per assistere alla S. Messa. Prima di ogni celebrazione, un sacerdote è disponibile per le confessioni.
EliminaIndirizzi e orari qui: www.sanpiox.it
Caro prof. Carradori, era stesso Benedetto XVI che ha dato ragione a sacerdoti come P. Calmel. Ha scritto nella sua lettera "Summorum Pontificum": Messa tradizionale non era proibita, ma era sempre lecito la celebrare. Appare dunque, che P. Calmel e preti come lui non erano disobbedienti.
RispondiEliminaAndris Amolins
Gentile Signor Amolins, io non ho scritto nulla sull'obbedienza o sulla disobbedienza del P.Calmel non è mio costume ( chi sono io per giudicare ? ) e la cosa non mi interessa.
EliminaMi trovo però concorde con quanto ha scritto Anonimo delle 12,37 ( taglio solo un aggettivo che non mi piace troppo ) : " Stiamo attenti a non combattere le balle moderniste con altre balle tipo quelle confezionate da certi pseudotradizionalisti per giustificare le loro azioni ...e che col loro fanatismo autolesionista e la loro pseudoscolastica razionalista hanno fatto più danno alla causa della Tradizione di tutti i papi ambigui e tutti i vescovi e teologi modernisti degli ultimi 50 anni. P. Calmel di santa memoria non lo si onora accostandolo ad argomenti anti-papali. Ne sarebbe indignato e mortificato."
Onoriamo duqnue la memoria del degno Religioso nel solco della tradizione immutabile della Chiesa e con il comune "sentire cum Ecclesia".
Posizioni come quelle di Padre Calmel si sono dimostrate perdenti nella Chiese ed oggi sono sostenute solo dall'ala più integralista del Cattolicesimo o da sette come quella lefebvriana.
RispondiEliminaChi ha deciso che sono perdenti??? Integralisti poi di cosa? Di credere ancora nella Presenza Reale?? "Ma mi faccia il piacere!!!!!" Direbbe Totò!
EliminaAl solito Il Nuovo vuole fare, negativamente, il primo della classe .. e fa male perchè bene o male, pochi o tanti, belli o brutti coloro che nella Chiesa si abbeverano con devozione al culto tradizionale ci sono e vanno rispettati ( come ha detto - e scritto - Papa Benedetto XVI ) . Nella Chiesa c'è posto per tutti !
EliminaAlessandro III sospese San Tommaso Becket?? Ma siamo matti? Fu il Papa che lo canonizzò confermando quasi tutte le scomuniche e sospensioni che il santo inflisse al re e ai suoi vili vescovi di corte. Similmente, Papa (San) Liberio non scomunicò Atanasio. Infatti andò in galera per difenderlo e il popolo di Roma, edificato da tanta fermezza, si dette a sommosse cacciando l'antipapa Felice e costringendo Costanzo a richiamarlo dall'esilio. La disputa è semmai se egli abbia o no sottoscritto l'eresia, il che è dubbio e probabilmente falso, visto che le uniche voci contemporanee che ebbero accesso alle carte sono di parte ariana o filo-imperiale. Non per caso Liberio fu nel Martirologio assieme ad Atanasio per oltre 1000 anni prima di venirne tolto per scrupoli dovuti all'incertezza delle fonti.
RispondiEliminaStiamo attenti a non combattere le balle moderniste con altre balle tipo quelle confezionate da certi pseudotradizionalisti per giustificare le loro azioni irresponsabili e che col loro fanatismo autolesionista e la loro pseudoscolastica razionalista hanno fatto più danno alla causa della Tradizione di tutti i papi ambigui e tutti i vescovi e teologi modernisti degli ultimi 50 anni. P. Calmel di santa memoria non lo si onora accostandolo ad argomenti anti-papali. Ne sarebbe indignato e mortificato.
Scusi,anonimo,ma vescovi e teologi modernisti sono proprio quelli che hanno POSTO LA SCURE ALLA RADICE STESSA DELLA FEDE ,secondo le autorevolissime parole di S Pio X.E aggiungiamoci pure le ambiguità papali.E lei ritiene che abbiano fatto più male le "azioni irresponsabili"(quali?),il "fanatismo autolesionista",la pseudoscolastica razionalista"(prego dare esempi ) di quattro gatti,come spesso si sentono definire gli amanti della Tradizione,ovvero i Cattolici tout court?
EliminaL'esser parte minoritaria non significa esser parte perdente. Gesù fu pressoché solo sulla Croce. Fu un perdente? E così i martiri. La folla pagana applaudiva quando venivan arsi per far luce agl'anfitetatri, al colosseo, o venivan sbranati dai leoni.
RispondiEliminaNuovo, qualcosa di serio una volta tanto potresti anche dirla.
A parte il fatto che potevi risparmiarti l'ultima frase ma negli esempi che porti ci troviamo di fronte a fenomeni in crescita, le posizioni di padre Calmel si sono sostenute per anni con la forza ma nel momento del confronto si sono miseramente spente. Se non si capisce questo ci si rifugia solo nella nostalgia.
EliminaMa in questi ultimi cinquant'anni gli ordini religiosi si sono ridotti a larve per mancanza di vocazioni, i seminari sono vuoti, il numero dei fedeli che vanno a messa regolarmente in un paese come la Francia è crollato dal 40 al 3%, e anche altrove siamo su queste grandezze, chi va a messa in maggioranza non crede più nella presenza reale e pensa che le nozze gay siano da fare... Padre Calmel potrà anche essere stato inascoltato, ma per dire che aveva torto a predire i cattivi frutti delle riforme postconciliari bisogna foderarsi gli occhi di prosciutto.
EliminaConcordo con Anonimo delle 15:27. I frutti cattivi delle riforme post conciliari furono profetizzati anche altri spiriti illuminati, sia ecclesiastici che laici.
EliminaGent Carradori,io parlerei piuttosto dei frutti cattivi del pastorale concilio stesso;è la radice che è guasta,il resto viene di conseguenza ineluttabile
RispondiElimina@ Murmex Un Concilio della Chiesa, legittimamente convocato, svolto e pubblicato dal Sovrano Pontefice, è un atto del Magistero .
EliminaGli Atti del Sacrosanto concilio Vaticano II, corredati dalle note previe, non sono in contrasto con la Tradizione millenaria della Chiesa.
Come potrebbe un Papa, che gode dell'infallibilità quando si pronuncia ex cathedra, avallare posizioni che non sono in armonia con la Santa Tradizione ?
La radice del Sacrosanto Concilio non è guasta ma sono guasti e putridi i suoi frutti perchè al momento della fioritura del Concilio sono stati avvelenati dal veleno modernista.
"Vorrei adesso aggiungere ancora un terzo punto: c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo, è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, era un Concilio della fede che cerca l’intellectus, che cerca di comprendersi e cerca di comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e domani, mentre tutto il Concilio – come ho detto – si muoveva all’interno della fede, come fides quaerens intellectum, il Concilio dei giornalisti non si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica diversa. Era un’ermeneutica politica: per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa". Benedetto XVI 14 febbraio 2013 http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130214_clero-roma_it.html
Gent. Carradorio,ci sono studi serissimi sul colpo di mano compiuto da esponenti della nouvelle theologie,(già condannata).con violazione immediata della legalità conciliare e rigetto dei lavori preparatori romani (gli schemi considerati troppo tradizionali)Rimando a quelli.C'è anche un libro molto interessante del prof Radaelli(un cui testo è stato adottato per alcuni anni alla Lateranense dal prof Livi)in cui si dimostra con argomenti tomistici come la forma (mai vista in 2000 anni)PASTORALE,o meglio falsamente pastorale(la pastorale non può essere scissa dal Dogma,o peggio CONTRADDIRLO)sia stato il mezzo per introdurre NOVITA' in maniera subdola.Tali novità non potevano naturalmente essere introdotte in maniera formalmenhte DOGMATICA,l'avrebbe impedito DIO.I Papi Giov.XXIII e Paolo VI hanno dichiarato più volte questa pastoralità,che configura un insegnamento DI TERZO GRADO,NON DOGMATICO(a differenza del primo e del secondo grado,infallibili).Ecco,gent.Carradori,il colossale inganno,di cui tante persone in buona fede come lei non si rendono conto,continuando a ritenere l'amore alla Tradizione(dottrinale e liturgica) un fatto di buon gusto personale.Secondo lei,c'è posto per tutti :dalla sacra e divina Liturgia al rito creato dal pittore spagnolo arguello,dall'adorazione dell' UNICO VERO DIO alle abominazioni di Assisi.Non continuiamo a incolpare solo i media,che fanno il loro sporco lavoro:se il Magistero fosse chiaro,della chiarezza della Verità(Si-si,no-no)ossia DOGMATICO,non ci sarebbe spazio per le strumentalizzazioni(e aggiungo neanche per le lodi e gli inchini di cui ora sono prodighi).Lei considera un sant'uomo il p. Calmel;ma non si accorge che afferma qualcosa che invece,secondo la sua mente,sign Carradori,dovrebbe farla inorridire,cioè che PAOLO VI HA ABUSATO DELLA SUA AUTORITA'con la promulgazione del conc.e la riforma liturgica?E dove c'è abuso,prevaricazione dell'autorità che distugge invece di conservare,contro il mandato divino,nonc'è infallibilità(ricprdiamo che questa è garantita a condizioni ben precise di insegnamento DOGMATICO)e obbligo di obbedienza
EliminaMolto interessante.
EliminaNon credo affatto che certe posizioni si siano spente miseramente. Sono il sale della terra e prima o poi rifioriranno. Inoltre ricordiamoci del pusillus grex.
RispondiEliminaAggiungo che poi,l'inganno è stato fatto proprio da larghissima parte dell'episcopato,cioè proprio da chi era stato protagonista del conc.e avrebbe dovuto vigilare sulla sua retta interpretazione(se fosse vero che tutto il problema sta nell'interpretazione,e non nell'oggettiva ambiguità dei testi,VOLUTI TALI proprio per aprire alle novità)e ,purtroppo,anche da Papi(sempre ovviamente in forma non dogmatica,la sola,alle condizioni che sappiamo,garantita infallibile).Per quanto avvolti nelle tenebre di un mistero di iniquità,questa dei diversi piani di magistero mi sembra l'unica spiegazione su come Papi abbiano insegnato dottrine dubbie,sviato tante anime,aperto ai nemici della Chiesa e bastonato campioni d'ortodossia,cercato di abolire la vera adorazione di Dio,nel Santo Sacrificio della Messa,trasformandolo in un rito protestantizzato,(questo tentativo ,riuscito di FATTO,è stato grazie a Dio DI DIRITTO scongiurato da Benedetto XVI,che ha dichiarati l'antico rito MAI ABOLITO,sebbene abbiano da tutti i pulpiti cercato di farcelo credere)Gent Carradori,ma si rende conto che il criterio ermeneutico lo troviamo nel Vangelo(Dall'alobero cattivo solo frutti cattivi)?E mi astango dall'elencarli tutti,questi frutti,colgo solo l'occasione per rimandare al blog Chiesa e post concilio,dove appare l'appello alla resistenza contro chi vuole istituzionalizzare la corruzione dei piccoli,nel silenzio assordante della Gerarchia(tranne i Vescovi del Triveneto)
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