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giovedì 25 aprile 2013

“ Non conosco quell’uomo “ ( ma solo dopo che è stato massacrato dai mass media …)

Il nostro è uno strano paese !
Se  qualcuno  grida su internet : “ All’untore ! all’untore ! ” tutti , persino gli antichi datori di lavoro, fanno finta di non aver mai visto il malcapitato dichiarando per iscritto :  " non conosco quell'uomo " . 
Abbiamo notato “ qualcosa” di strano nella  “ caccia all’untore”  iniziata dal blog del vaticanista Andrea Tornielli dopo la pubblicazione su  Il Foglio  ( il 19 aprile scorso ) di un articolo che analizzava, con garbato tatto, alcune  aspirazioni innovative di Papa Francesco  sul futuro governo della Chiesa.
Grazie all'incipit della critica tornielliana : " Tra i critici più sistematici e puntuali del pontificato del nuovo Papa Francesco va annoverato..." le agenzie di stampa straniere avevano attinto la "notizia" di aver scovato un oppositore dell'attuale pontificato. " All'untore ! All'untore!"
Va subito premesso  che l'articolo  non tratta di morale, ne' di dogmi di fede e neppure dei curricula dei  Chierici    ... si può   dissentire - totalmente o in parte -  sul  suo contenuto o su alcuni pindarici riferimenti alla storia della Chiesa .
Nel nome della suprema onestà intellettuale se ne impone tuttavia la lettura integrale  invece che fidarsi, come  diversi di noi avevano fatto in primo momento, delle preventive stroncature giornalistiche pappagallescamente riprese poi dalle  agenzie di stampa.
MiL  rende noto l'intero articolo del Maestro Mattia Rossi anche per aiutarci a comprendere se l'Autore è un individuo  pericoloso perchè quando si alza dalla consolle dell’Organo si tramuta in una specie di Dott. Jekyll ...
" E il meschino calunniato/Avvilito, calpestato/Sotto il pubblico flagello/Per gran sorte va a crepar". ( G. Rossini- Il Barbiere di Siviglia libretto  di Cesare Sterbini . Aria :  La calunnia è un venticello- atto 1 -)


" Quella che è stata salutata come il primo segnale verso la tanto bramata riforma della Curia, la nomina da parte di Francesco di una commissione di otto “saggi” – i quali, per inciso, non hanno mai avuto esperienza alcuna della Curia: una sorta di “grillismo” vaticano (ma, a proposito, sapranno i cardinali riformator-curiali trovare i bagni del Vaticano?) –, porta con sé una novità epocale: mai, nella storia della Chiesa, un Sommo Pontefice si era avvalso di un organo consultivo. 
Da più parti, nel mondo tradizionalista, è stato messo in evidenza come anche quest’ultimo atto di Papa Francesco vada nell’esatta direzione di ennesimo tentativo demolizione del concetto di papato – inteso come divina istituzione di un “primus super pares” – in favore di una collegialità episcopale all’interno della quale il Papa, che diventa nientemeno che il “vescovo di Roma” e basta, è un “primus inter pares”. 
Certo, il Papa rimarrebbe come decisionista ultimo, è vero, epperò è altrettanto vero che tale nuovo organismo viene a rappresentare una palude di sabbie mobili per la stabilità della gerarchia apostolica e del primato petrino. 
La fonte legittimatrice di tale dottrina di collegialità orizzontale è il numero 22 della costituzione “Lumen gentium” partorita dal Concilio Vaticano II: “L’ordine dei Vescovi (…) insieme col suo Capo il Romano Pontefice, e mai senza questo Capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa”
Secondo le più innovatrici interpretazioni di tale passo (che, si dice, fece piangere amaramente Paolo VI), appunto, il Papa non dovrebbe più conservare un primato verticale sugli altri vescovi, ma solamente un primato orizzontale, onorifico, nel quale egli sarebbe un vescovo e le varie conferenze episcopali altro non sarebbero che organi consultivi. 
Ora, è evidente che con la creazione della commissione degli otto cardinali, esplicitamente chiamati per “affiancare” il “vescovo di Roma” nel governo della Curia, non si fa altro che istituzionalizzare i sospetti che arrivano da destra circa la nuova teoria di collegialità. 
E lo ha anche dichiarato, sul Corriere della Sera di lunedì, monsignor Marcello Semeraro, segretario del gruppo degli otto, il quale ha definito il neonato consiglio “uno strumento che si aggiunge, in aiuto al Pontefice”, “un piccolo sinodo di comunione che riunisce vescovi di tutto il continente (…) Non c’è solo collegialità, c’è comunione”. 
Se i timori di quanti paventano un ridimensionamento, più che della Curia, del papato, saranno fondati, lo si potrà definire solamente nel tempo. Intanto, la dottrina cattolica è quella del Magistero di sempre. 
Il Papa è papa, sì, perché è vescovo di Roma, ma proprio perché Roma, da sempre, sin dal cristianesimo primitivo, conserva un primato di universalità, 
Egli è Papa perché regge l’Orbe cattolico con un governo assoluto. 
Il Papato, al netto della scomparsa del triregno, è un’istituzione monarchica assoluta di derivazione divina, prima di essere “una comunione” con il collegio episcopale. 
Se la de-sacralizzazione dell’istituzione, con il consiglio degli otto, portasse il papato a una banalissima democrazia episcopale rappresentativa con il vescovo di Roma quale portavoce, avrebbe, come già evidenziava De Mattei (Il Foglio del 28 marzo scorso), tremende ricadute teologiche: “il Papa prima di essere un uomo è un’istituzione divina: prima di essere il Papa è il papato”. 
 Mattia Rossi 

© IL FOGLIO, 19 aprile 2013 ".