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giovedì 8 novembre 2012

Musica Sacra: il prof. Fagiolo (Fondazione D. Bertolucci) scrive per MiL: La riforma liturgica? Fu soltanto ideologica.

Un illustre lettore, il prof. Enzo Fagiolo, uno dei soci fondatori della Fondazione Domenico Bartolucci, nonchè Vicepresidente della medesima) ci scrive questa riflessione, documentata e ricca di citazioni, per cercare di informare su come si è giunti al N.O., basato su presupposti ideologici e non certo sul desiderio, di per se leggittimo, che il popolo, che ora subisce, capisse meglio e partecipasse.
Questo dotto articolo si aggiunge con autorevolezza e competenza ad altri che abbiamo dedicato all'argomento (sullo sfacelo) della Musica dopo la riforma Liturgica.
Appare evidente quindi che la mala-riforma, basata su fondamenti errati, ha provocato il deterioramento del bel canto sacro. Con diminuzione, se non perdita, della fede da parte dei -pochi e superstiti- fedeli delle parrocchie.
Ringraziamo il professore per aver voluto scrivere queste sue sapienti righe in esclusiva per MiL.
Roberto

MUSICA SACRA, RIFORMA E ABUSI LITURGICI

Recenti articoli, anche su questo sito, evocano l’ostilità contro la musica liturgica che portò, al drastico ridimensionamento del repertorio, all’abolizione delle gloriose scholae cantorum e dell’organo e all’ introduzione di modi da discoteca, etc.
I tentativi di emarginazione della musica liturgica ispirata alla tradizione, iniziarono, in modo subdolo, nella fase preparatoria del Concilio con l’esclusione dalla relativa Commissione di insigni maestri, il direttore perpetuo della Cappella Musicale Pontificia (Sistina), mons. Bartolucci, ora cardinale, e della Cappella Lateranense mons. Virgili, i quali, non solo non furono convocati ma poi falsamente accusati di non avere aderito all’invito a partecipare! Furono smentiti in una dichiarazione sulla rivista di musicologia ‘ Cappella Sistina’ fondata nel 1964, dove musicisti di chiesa e storici della musica, analizzarono, in modo spesso critico, i progetti di riforma. La Segreteria di Stato, pretese che la rivista si facesse promotrice solo delle ‘idee nuove’, ma la direzione preferì interrompere le pubblicazioni nel 1967.
L’iter poco edificante della riforma è ormai noto dagli scritti di vari studiosi, tra i quali, il ben noto volume di N. Giampietro: Il cardinale Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica, edito dall’Ateneo benedettino S. Anselmo di Roma, ambiente tutt’altro che tradizionalista, che nella sua chiesa sull’Aventino aveva sistemato l’altare versus populum già negli anni 50 del secolo scorso. Si leggano anche gli articoli del card. Stichler nei quali dimostra la divergenza tra il NO e i decreti conciliari.
Gli studiosi seri giudicano falsi e pretestuosi i precedenti storici invocati per giustificare la riforma; in un articolo del 2008, Lo studio e la storia della Messa Romana, sulla rivista ‘Ecclesia Orans’ dello stesso Ateneo, S. Parenti scrive: “L’impressione è che le ricerche storiche, molte delle quali promosse dal movimento liturgico, fossero finalizzate alla riforma, realizzata dopo il Vaticano II. Ne discenderebbe che la storia è stata studiata più per individuare (su base storica!) cosa cambiare…. una storia ripetuta e datata non del tutto immune da qualche deformazione ideologica”. Il p. E. Papinutti, testimone privilegiato perché allora organista in S. Pietro, ha scritto, sotto il titolo ‘Musica e Concilio’, una serie di documentati articoli su ‘Rinascita Gregoriana’ che portano il sopratitolo ‘In Memoriam’: “ Sono stati celebrati i funerali di una certa musica sacra… sarà conservata la memoria delle tristi vicissitudini passate dalla musica prima, durante e dopo il Concilio”.
Il primo bersaglio dei riformisti fu proprio la Cappella Sistina, custode della tradizione gregoriana e polifonica della Chiesa Cattolica di rito latino, e il suo Direttore Perpetuo, defenestrato nel 1997. Dagli anni settanta fu proibito di eseguire musiche polifoniche anche se alternate al gregoriano cantato dal popolo (il Maestro scrisse alcune Messe tra le quali la IV De Angelis a sei voci su richiesta di Paolo VI), esclusione da alcune celebrazioni pontificie anche se la partecipazione era prevista da regolamento, comporre su testi improvvisati, ‘trovati’ all’ultimo momento dal maestro delle cerimonie, etc. Nel volume: ‘Domenico Bartolucci e la musica sacra del Novecento’, curato dallo scrivente, sono riportati molti particolari e le testimonianze dello stesso maestro: “Il 4 novembre 1959, per l’anniversario dell’incoronazione di papa Giovanni, molto amante della tradizione, celebrò il pontificale il card. Montini; la Cappella Sistina cantò la ‘Missa papae Marcelli’. Terminato il rito incontrai il card. Montini, il quale si compiacque della magnifica esecuzione che per lui era stata una meditazione, un nutrimento spirituale. Poi aggiunse:Caro maestro, perché non ci dà tanta bella musica pastorale per canto del popolo?’ Risposi: ’Non è quella che ha ascoltato la musica che interpreta perfettamente i testi sacri e ne riversa il significato nell’animo dei fedeli?La partecipazione del popolo è stato uno dei pretesti per la distruzione della vera musica liturgica. Continua Bartolucci: “Il popolo cantava a gran voce il Credo, il Te Deum , il Veni Creator, il Libera me Domine, il Tantum ergo etc, un canto forte e severo, affondante le sue radici nel gregoriano e nelle laudi, tutto s’è perso!; il popolo s’è fatto star zitto, gli si è gridato in faccia che cantava male, che il suo canto era indegno della casa di Dio …La nuova liturgia è nata con una malcelata avversione alla musica. Si è aperta la porta al dilettantismo, al cattivo gusto, alla faciloneria. Occorre dire che a questa liturgia sta bene questa musica! ”.
I cosiddetti ‘abusi liturgici’ non potevano non avere come inventore il famigerato regista della riforma. Ancora Bartolucci: “Il card. Dell’Acqua, vicario per Roma, mi telefonò perché intervenissi ad una riunione insieme al M° Virgili per discutere sulla Messa con le chitarre. L’ineffabile Bugnini, che ne era il fautore e il propagandista, con un discorso dolce, domandò il permesso di portare il rito con chitarre e batteria, dalla chiesa di S. Alessio sull’Aventino, ritenuta fuori mano, nella chiesa di S, Ignazio. Su nostro parere contrario il permesso fu negato”. Il p. Gasparri, allora prefetto dell’Oratorio dei Filippini presso Chiesa Nuova, tempio storico della musica sacra cattolica, a chi, scandalizzato, gli chiedeva ragione dell’esecuzione in tale ambiente di una ‘Messa rock’, rivelò che era stata voluta ‘dall’alto’. Si tentò anche di nascondere le subdole manovre rivoluzionarie: “Forse alcuni sono preoccupati per le future applicazioni della Costituzione sulla Sacra Liturgia accolta dai padri conciliari. Rileggano costoro le pagine di questo ammirabile testo: ‘Il tesoro della musica sacra sarà coltivato e conservato con la più grande cura”, disse Paolo VI all’Istituto gregoriano di Parigi il 6 giugno 1964. Tutti hanno potuto constatare poi come sia stato conservato! Belle e giuste le parole dei relatori del recente Convegno di Verona, ma il NO permette il ritorno della vera musica sacra? Che cosa è rimasto dei testi del VO ( Introito, Graduale, Offertorio, etc.) che i grandi musicisti hanno rivestito di note e di fede? Sono stati sostituiti dallo strimpellatore di turno del Salmo responsoriale e dal continuo vociare. Siamo nel periodo della Commemorazione dei defunti: se si fa un esame del NO relativo si capirà fino a che punto la fede sul mistero della morte sia stata rinnegata. Non ci sono più testi musicabili che evochino veramente il giudizio e la misericordia di Dio!
Gli ‘abusi’ appaiono, pertanto, connaturati con la riforma. La Messa o è ‘ il santo ed immacolato sacrificio’ in persona Christi o è l’assemblea che si autodefinisce ‘santa’ che si riunisce per la ‘santa cena’ commemorativa dove non esiste più il sacerdozio ministeriale. E poiché quest’ultima sembra la dottrina propria del NO che, di conseguenza, quasi tutti professano, l’assemblea avrebbe tutto il diritto di autogestirsi e ‘creare’, anche canti, secondo luoghi e circostanze, fino alla profanazione. Stesso discorso per i cosiddetti ‘adeguamenti liturgici’, manomissione della struttura architettonica di presbiteri storici.
I frequentatori della Messa tradizionale sono considerati una setta (da perseguire) alla ricerca di una distinzione culturale e il motu proprio una strana idea del papa contro il Concilio. Alla fine dello storico concerto polifonico diretto da Bartolucci nella Cappella Sistina nel 2006, papa Benedetto disse: “Un autentico aggiornamento della musica sacra non può non avvenire che nel solco della grande tradizione del canto gregoriano e della polifonia sacra”. Ma il suo auspicio sembra essere considerato dalla maggioranza solo il desiderio di un melomane.
I sovversivi sono passati attraverso le piccole ’aperture’ del decreto conciliare, da attuare però con cautela e in circostanze particolari; il NO fece il resto. All’indomani della promulgazione del nuovo Messale, Roma apparve tappezzata di manifesti, dove in primis veniva denunciato questo fatto, con l’invito ai fedeli di affidarsi solo a sacerdoti di sicura fede. Parole che prevedevano lucidamente quanto sarebbe accaduto. La revisione del NO dovrà venire sotto la spinta di un movimento di popolo guidato da sacerdoti e da laici di vera fede, come è sempre avvenuto nella Chiesa nei momenti di difficoltà, che corregga le deviazioni della Chiesa attuale e che aiuti papa Benedetto il quale, intelligenti pauca, dovrebbero capire alcuni ambienti tradizionalisti piuttosto irrispettosi ed ingrati nei suoi riguardi, fa intendere in vari modi che sta dalla parte della tradizione e che allo stato attuale non potrebbe fare di più.

Enzo Fagiolo