Diamo qui sotto le due definizioni; l’originale era questa:
N. 27 [versione 1969]: “La cena del Signore, o messa, è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Vale perciò eminentemente per questa assemblea locale della Santa Chiesa, la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII, 20)”.
Ed ecco la seconda definizione (le sottolineature sono nostre):
N. 27 [versione 1970]: “Alla messa, o cena del Signore, il popolo di Dio si raduna sotto la presidenza del sacerdote che rappresenta il Cristo, per celebrare il memoriale del Signore o sacrificio eucaristico. Per conseguenza per questa assemblea locale della Santa Chiesa vale la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII 20). In effetti, alla celebrazione della messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce, il Cristo è realmente presente nell’assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola sostanzialmente e in maniera ininterrotta sotto le specie eucaristiche“.
La differenza dei due testi è capitale: nulla più, nulla meno che una differenza di religione.
Purtroppo, sulla definizione originale (“che non contiene alcuna delle premesse dogmatiche essenziali alla Messa e ne costituiscono pertanto la vera definizione, sicché una tale omissione volontaria significa il loro “superamento” e, almeno in pratica la loro negazione”, secondo l’Esame Critico di Ottaviani e Bacci), su quella definizione è costruito l’intero messale paolino. E quel messale resta immutato.
Ma la vittoria dei Cardinali sul paragrafo 27 è la dimostrazione che: 1) è pienamente lecita la critica là dove fede e tradizione siano in gioco; 2) è pienamente lecita la richiesta di correzione dei testi che diano adito a tali critiche; 3) tali critiche e richieste di correzione non sono soltanto legittime ma utili.
Non si cesserà quindi di criticare, nelle forme dovute, il messale paolino, costruito, da capo a fondo sull’articolo 27 qual era nella sua forma originale.
Ma, più essenzialmente, non si cesserà di reclamare la conservazione della vera Messa cattolica, quella tridentina, e di celebrarla o farla celebrare ovunque, sine intermissione.
da: «Una Voce Notiziario», 2 (1970), pp. 3-4.
Ma Gesù, che non aveva il Messale di Trento, come faceva? E tutti i 1570 anni di cristianesimo prima della "Quo primum tempore" di Pio V (che promulga il messale riformato a norma del concilio Tridentino) come hanno fatto? Sono stati senza una messa valida? E quei riti che Trento stesso a conservato perché "più antichi di 200 anni", come l'ambrosiano ad esempio, ancora oggi non sono "vera messa" perché non passano da Trento?
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