Nell'attuale cultura europea il concetto di libertà di opinione ha acquisito, anche, purtroppo in campo cattolico, venature tipicamente illuministriche ed ideologiche. In nome della difesa della libertà "di tutti" si cerca di impedire che coloro che diffondono idee ritenute in contrasto con la questa libertà le possano esprimere. Questo ha una innata valenza antireligiosa e, soprattutto, anticattolica, poiché la Fede romana ha la certezza delle Verità che proclama e questo viene percepito dai relativisti come dogmatismo intollerante, da combattere in ogni sua espressione.
In questo quadro si inserisce il caso "de Mattei - Acqui Storia", apparso sui maggiori quotidiani italiani: dal "Corriere della sera" a "il Giornale", da "la Repubblica" a "Libero". Il Premio Acqui Storia, giunto quest'anno alla 44ª edizione (la cerimonia di premiazione si svolgerà ad Acqui Terme il 22 ottobre p.v.), è diventato il più importamte riconoscimento dedicato alla storia, non soltanto a livello nazionale, ma in Europa ed è diviso in tre sezioni: storico-scientifica, storico-divulgativa e romanzo storico. Il presidente del Premio, Guido Pescosolido, si è dimesso in maniera polemica contro la scelta di premiare il saggio storico-scientifico Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau) del Professor Roberto de Mattei, Cattolico con la C maiuscola e vicepresidente del Cnr (Consiglio nazionale ricerche). Motivazione: "Si tratta di un'opera di un militante", eppure, ha dichiarato: "rispetto tutte le idee"... Rocco Buttiglione, ex ministro della Cultura, ha accusato Pescosolido di continuare una "persecuzione personale" ai danni di de Mattei. Ogni studioso legge e interpreta gli eventi sulla scorta del proprio bagaglio culturale; ma ciò non esclude di realizzare opere serie e rigorose, senza manipolazioni, nel rispetto dell'oggettività dei fatti.
Sul "Corriere della Sera" (3-x-2011) de Mattei ha scritto: "Io sono lontanissimo da Giuseppe Alberigo e da Alberto Melloni come orientamento culturale, ma riconosco che hanno svolto sul Vaticano II un lavoro scientifico di prim'ordine. Poi il loro giudizio sul Concilio è opposto al mio, ma questa è normale dialettica tra storici d'indirizzo diverso". Proprio Melloni sul "Corriere della sera" ha riconosciuto il valore storiografico e critico dell'opera di de Mattei. Ha dichiarato ("il Giornale" 3-x-2011) l'assessore alla Cultura di Acqui Terme, al quale compete l'organizzazione del Premio: "Il saggio di de Mattei non è stato votato in base a considerazioni ideologiche, tanto è vero che i giurati del premio appartengono a scuole scientifiche e tradizioni culturali diverse".
Abbiamo intervistato il Professor Roberto de Mattei.
Professore, dopo essere entrato tra i finalisti del premio Pen Club il Suo volume Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, ha vinto il Premio Acqui , il più prestigioso premio storico italiano. Anche in questo caso le polemiche non sono mancate, con le dimissioni addirittura del presidente della Giuria…
Il Premio Acqui Storia è stato attribuito al mio libro esclusivamente per il suo valore scientifico, indipendentemente da valutazioni ideologiche di qualsiasi natura, come ha spiegato l’assessore Carlo Sburlati, ma il prof. Guido Pescosolido, presidente della giuria, non appena si è delineata la possibilità di un mio successo, si è dimesso. Avrebbe potuto esprimere un voto contrario, come si usa in questo genere di premiazioni, mentre con le sue dimissioni e le successive dichiarazioni ai giornali ha voluto dare al suo gesto il significato di una protesta contro la mia posizione di “cattolico militante” (così mi ha definito sul “Corriere della Sera”). Osservo che qualsiasi cattolico è, o dovrebbe essere, “militante”, come membro della Chiesa, che così si definisce proprio perché sulla terra combatte. Ma ciò che i “liberali” come Pescosolido non accettano, fino al punto di rovesciare il tavolo su cui giocano, è che “cattolici militanti” possano ottenere pubblici riconoscimenti od occupare istituzioni di rilievo. Gli si può concedere la libertà di espressione solo a condizione che la esprimano nella semiclandestinità dei circoli tradizionalisti, in una condizione di sostanziale dhimmitudine. Ci troviamo di fronte a una chiara espressione di “totalitarismo liberale”.
In che senso parla di “totalitarismo”?
Il totalitarismo è caratterizzato dal divieto di fare domanda, perché esige non degli uomini, ma delle macchine, che agiscano in maniera meccanica, privi di criteri di giudizio, secondo la volontà dei superiori in cui si annullano. Il totalitarismo è estraneo al Cristianesimo, che conosce certamente l’obbedienza al superiore, ma sempre scelta, mai imposta, come accade nei regimi totalitari. Il Medioevo non fu mai totalitario, perché il sovrano si piegava alla legge naturale e divina e alle tradizioni e ai costumi del regno. Fu la Rivoluzione francese che impose a ogni cittadino un’obbedienza alla Rivoluzione, svincolata da ogni criterio trascendente. Fu la Rivoluzione francese che introdusse la legge dei “sospetti”, matrice di ogni totalitarismo. In base a questa legge si veniva arrestati e condannati non per degli oggettivi crimini, ma per quelli che il sospettato avrebbe potuto commettere, in seguito alla sua educazione, alle sue amicizie, alle sue simpatie ideologiche. Lo stesso principio guidò le “purghe” staliniane: la condanna veniva decretata non verso chi avesse violato la legge, ma verso chiunque non manifestasse piena adesione, cieco entusiasmo, obbedienza servile nei confronti della Rivoluzione comunista e del suo capo. Questa mentalità totalitaria ispira la pratica del “politicamente corretto” delle società democratiche. Vi sono alcuni temi che non possono essere trattati, pena non la detenzione fisica, ma l’isolamento psicologico e morale del “sospettato”. La stessa mentalità è penetrata all’interno della Chiesa, in alcuni suoi esponenti, laici ed ecclesiastici: essa oggi si manifesta attraverso il divieto di porre domande sul Concilio Vaticano II.
Si riferisce alle critiche rivolte al suo libro anche in alcuni ambienti cattolici ?
Nessuno storico può immaginare che la propria opera sia ricevuta senza discussione o controversie; ma queste discussioni avvengono, generalmente, sul piano in cui lo storico si situa: quello dei fatti che racconta. Non avrei immaginato che il mio libro fosse stato invece rifiutato da alcuni in nome di quegli stessi pregiudizi ideologici da cui Benedetto XVI invita a liberarci. Così è stato: su alcuni giornali cattolici il mio libro è stato accusato di essere “tendenzioso” e quindi inaccettabile perché da esso sembra emergere un giudizio negativo nei confronti del Concilio Vaticano II. Il Concilio, è stato scritto e ripetuto, è un atto supremo e infallibile della Chiesa e come tale non può essere messo in discussione: chi lo discute si mette, per ciò stesso, al di fuori della Chiesa.
Con questo incredibile sofisma non solo il mio studio, ma qualsiasi libro, articolo o affermazione che, rispondendo all’appello di Benedetto XVI nel suo discorso del 20 dicembre 2005, voglia porre delle questioni relative al Concilio, o al post-Concilio, viene immediatamente messo a tacere, sotto pena di scomunica se non canonica, psicologica, morale e mediatica. Chi pone sul tappeto domande sul Vaticano II viene “sospettato” di scisma ed eresie, escluso dai salotti buoni ecclesiastici, isolato nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni. Chi invece, in nome del Concilio Vaticano II, avanza tesi audaci e spregiudicate, talvolta eretiche o prossime all’eresia, viene invitato alla mensa ecclesiastica, trattato con il massimo del rispetto, considerato un interlocutore degno di ogni attenzione.
Non la sorprende che queste critiche siano venute soprattutto da cattolici “neoconservatori”?
È vero. Le critiche più forti sono venute in effetti da ambienti cattolici che non vorrei chiamare “neoconservatori”, perché mi sembrerebbe far torto ai veri conservatori, ma piuttosto “neocentristi” o “neoconciliari”. Sono quei cattolici che per imporre la propria egemonia, brandiscono il “Magistero” contro la Tradizione della Chiesa, proponendosi poi come gli unici interpreti di tale effimero e magmatico Magistero, pur mai infallibile e mai definitorio. Un’altra loro caratteristica è il complesso di inferiorità nei confronti della cultura laicista, che giudicano sempre più “autorevole” e “scientifica” di quella “tradizionalista”. Sono dei minimalisti, o se si preferisce dei “catacombalisti”, perché accettano, in ultima analisi, il loro destino catacombale.
La Sua opera pare contrapporsi in maniera netta anche alla vulgata “tradizionale” sul Concilio Vaticano II, incarnata dalla cosiddetta Scuola di Bologna. Si può parlare di un’incrinatura definitiva dell’omogeneità pressoché assoluta della lettura “bolognese” dell’Assise pastorale?
La “scuola di Bologna”, dopo la morte di Giuseppe Alberigo, è rappresentata oggi da Alberto Melloni e pochi altri allievi, mentre si sta formando invece una nuova scuola, che mi piace definire “romana”, in omaggio a quella grande scuola teologica di cui mons. Brunero Gherardini è oggi insigne rappresentante. Il termine Roma, ovviamente non è geografico, a differenza di quello di Bologna, ma esprime la fedeltà di questi autori al perenne insegnamento della Cattedra di Pietro. A questa scuola “romana” ascriverei l’eccellente libro appena uscito di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro. La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi, Perché si risveglierà (Vallecchi), un volume che ha il merito di sviluppare, in maniera brillante e accessibile al grande pubblico, temi importanti, come quello della Rivoluzione del linguaggio del Concilio Vaticano II.
Come reagiscono gli studenti universitari a queste nuove indagini storiografiche? Ci sono laureandi e laureati che desiderano approfondire il solco da Lei tracciato?
Saranno soprattutto i giovani a sviluppare e approfondire i temi sollevati dal mio libro. Ci sono ancora molti archivi da esplorare, penso soprattutto a quelli dei Paesi dell’Est, e molti diari da portare alla luce, come quelli dei cardinali Felici e Ottaviani, di cui è certa l’esistenza, ma ancora secretati. Il vero problema però più che l’acquisizione di nuovi documenti è la discussione su quanto è conosciuto. Questa discussione il Papa l’ha aperta, l’ha sollecitata, la apprezza, come hanno confermato alcuni suoi atti successivi al discorso del 2005: mi riferisco al Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui ha restituito libera cittadinanza al Rito Romano antico, e alla remissione della scomunica ai 4 vescovi consacrati da mons. Marcel Lefebvre. A questa discussione ho inteso dare un contributo, scrivendo una storia che, come tale, si ponesse sul piano dei fatti, cercasse la verità di quanto nel Concilio era accaduto, perché, finalmente, discutendo di esso, si sapesse di cosa si parla, e lo sapessero soprattutto i giovani, coloro che sono nati dopo il Vaticano II e che lo considerano spesso come un evento mitico, più che come un fatto storico. È soprattutto per i giovani che il mio libro è stato scritto, per aiutarli a pensare, a discutere, a situarsi nella prospettiva suggerita da Benedetto XVI.
Pensa di dedicare altri studi al XXI Concilio ecumenico della Chiesa cattolica?
Uscirà a novembre, per l’editore Lindau, un mio nuovo libro sulla Tradizione della Chiesa, in cui non mancherò di rispondere ai problemi storiografici e teologici sollevati dai critici della mia storia del Concilio.
Questa incrinatura dell’edificio conciliare, che alcuni hanno definito il trionfo della Rivoluzione nella Chiesa, prelude, a Suo parere, ad un suo crollo? E, se così fosse, in che tempi?
Il Concilio Vaticano II, considerato come evento storico, e al di là di una pur necessaria valutazione teologica dei suoi documenti, è stata una vera e propria rivoluzione, non a torto definita l’89 della Chiesa cattolica. Come ogni rivoluzione esso ha costruito un edificio destinato a crollare. Ciò avverrà bruscamente, e il nostro compito è quello di non lasciarci travolgere dalle rovine, che non saranno quelle della Chiesa, ma di uomini e di strutture di Chiesa.
Crede che la Tradizione, dopo l’ubriacatura del mito dell’aggiornamento, possa ritornare ad avere il suo giusto spazio nella Chiesa?
La Tradizione non è il passato, è il deposito perenne e sempre vivo, della Fede e dei costumi della Chiesa. Il suo ruolo emergerà, a mio parere, con sempre maggior forza, come è naturale che avvenga nelle epoche di crisi. L’ “ermeneutica della continuità” richiamata da Benedetto XVI, non può essere intesa altro che come un’interpretazione del Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione, ovvero alla luce dell’insegnamento divino-apostolico che perdura in tutti i tempi e mai si interrompe. Nella Chiesa infatti, la “regola della Fede” non è né il Concilio Vaticano II, né il Magistero vivente contemporaneo, ma la Tradizione, ovvero il Magistero perenne, che costituisce, con la Sacra Scrittura, una delle due fonti della Parola di Dio e fruisce della speciale assistenza soprannaturale dello Spirito Santo.
In questo quadro si inserisce il caso "de Mattei - Acqui Storia", apparso sui maggiori quotidiani italiani: dal "Corriere della sera" a "il Giornale", da "la Repubblica" a "Libero". Il Premio Acqui Storia, giunto quest'anno alla 44ª edizione (la cerimonia di premiazione si svolgerà ad Acqui Terme il 22 ottobre p.v.), è diventato il più importamte riconoscimento dedicato alla storia, non soltanto a livello nazionale, ma in Europa ed è diviso in tre sezioni: storico-scientifica, storico-divulgativa e romanzo storico. Il presidente del Premio, Guido Pescosolido, si è dimesso in maniera polemica contro la scelta di premiare il saggio storico-scientifico Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau) del Professor Roberto de Mattei, Cattolico con la C maiuscola e vicepresidente del Cnr (Consiglio nazionale ricerche). Motivazione: "Si tratta di un'opera di un militante", eppure, ha dichiarato: "rispetto tutte le idee"... Rocco Buttiglione, ex ministro della Cultura, ha accusato Pescosolido di continuare una "persecuzione personale" ai danni di de Mattei. Ogni studioso legge e interpreta gli eventi sulla scorta del proprio bagaglio culturale; ma ciò non esclude di realizzare opere serie e rigorose, senza manipolazioni, nel rispetto dell'oggettività dei fatti.
Sul "Corriere della Sera" (3-x-2011) de Mattei ha scritto: "Io sono lontanissimo da Giuseppe Alberigo e da Alberto Melloni come orientamento culturale, ma riconosco che hanno svolto sul Vaticano II un lavoro scientifico di prim'ordine. Poi il loro giudizio sul Concilio è opposto al mio, ma questa è normale dialettica tra storici d'indirizzo diverso". Proprio Melloni sul "Corriere della sera" ha riconosciuto il valore storiografico e critico dell'opera di de Mattei. Ha dichiarato ("il Giornale" 3-x-2011) l'assessore alla Cultura di Acqui Terme, al quale compete l'organizzazione del Premio: "Il saggio di de Mattei non è stato votato in base a considerazioni ideologiche, tanto è vero che i giurati del premio appartengono a scuole scientifiche e tradizioni culturali diverse".
Abbiamo intervistato il Professor Roberto de Mattei.
Professore, dopo essere entrato tra i finalisti del premio Pen Club il Suo volume Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, ha vinto il Premio Acqui , il più prestigioso premio storico italiano. Anche in questo caso le polemiche non sono mancate, con le dimissioni addirittura del presidente della Giuria…
Il Premio Acqui Storia è stato attribuito al mio libro esclusivamente per il suo valore scientifico, indipendentemente da valutazioni ideologiche di qualsiasi natura, come ha spiegato l’assessore Carlo Sburlati, ma il prof. Guido Pescosolido, presidente della giuria, non appena si è delineata la possibilità di un mio successo, si è dimesso. Avrebbe potuto esprimere un voto contrario, come si usa in questo genere di premiazioni, mentre con le sue dimissioni e le successive dichiarazioni ai giornali ha voluto dare al suo gesto il significato di una protesta contro la mia posizione di “cattolico militante” (così mi ha definito sul “Corriere della Sera”). Osservo che qualsiasi cattolico è, o dovrebbe essere, “militante”, come membro della Chiesa, che così si definisce proprio perché sulla terra combatte. Ma ciò che i “liberali” come Pescosolido non accettano, fino al punto di rovesciare il tavolo su cui giocano, è che “cattolici militanti” possano ottenere pubblici riconoscimenti od occupare istituzioni di rilievo. Gli si può concedere la libertà di espressione solo a condizione che la esprimano nella semiclandestinità dei circoli tradizionalisti, in una condizione di sostanziale dhimmitudine. Ci troviamo di fronte a una chiara espressione di “totalitarismo liberale”.
In che senso parla di “totalitarismo”?
Il totalitarismo è caratterizzato dal divieto di fare domanda, perché esige non degli uomini, ma delle macchine, che agiscano in maniera meccanica, privi di criteri di giudizio, secondo la volontà dei superiori in cui si annullano. Il totalitarismo è estraneo al Cristianesimo, che conosce certamente l’obbedienza al superiore, ma sempre scelta, mai imposta, come accade nei regimi totalitari. Il Medioevo non fu mai totalitario, perché il sovrano si piegava alla legge naturale e divina e alle tradizioni e ai costumi del regno. Fu la Rivoluzione francese che impose a ogni cittadino un’obbedienza alla Rivoluzione, svincolata da ogni criterio trascendente. Fu la Rivoluzione francese che introdusse la legge dei “sospetti”, matrice di ogni totalitarismo. In base a questa legge si veniva arrestati e condannati non per degli oggettivi crimini, ma per quelli che il sospettato avrebbe potuto commettere, in seguito alla sua educazione, alle sue amicizie, alle sue simpatie ideologiche. Lo stesso principio guidò le “purghe” staliniane: la condanna veniva decretata non verso chi avesse violato la legge, ma verso chiunque non manifestasse piena adesione, cieco entusiasmo, obbedienza servile nei confronti della Rivoluzione comunista e del suo capo. Questa mentalità totalitaria ispira la pratica del “politicamente corretto” delle società democratiche. Vi sono alcuni temi che non possono essere trattati, pena non la detenzione fisica, ma l’isolamento psicologico e morale del “sospettato”. La stessa mentalità è penetrata all’interno della Chiesa, in alcuni suoi esponenti, laici ed ecclesiastici: essa oggi si manifesta attraverso il divieto di porre domande sul Concilio Vaticano II.
Si riferisce alle critiche rivolte al suo libro anche in alcuni ambienti cattolici ?
Nessuno storico può immaginare che la propria opera sia ricevuta senza discussione o controversie; ma queste discussioni avvengono, generalmente, sul piano in cui lo storico si situa: quello dei fatti che racconta. Non avrei immaginato che il mio libro fosse stato invece rifiutato da alcuni in nome di quegli stessi pregiudizi ideologici da cui Benedetto XVI invita a liberarci. Così è stato: su alcuni giornali cattolici il mio libro è stato accusato di essere “tendenzioso” e quindi inaccettabile perché da esso sembra emergere un giudizio negativo nei confronti del Concilio Vaticano II. Il Concilio, è stato scritto e ripetuto, è un atto supremo e infallibile della Chiesa e come tale non può essere messo in discussione: chi lo discute si mette, per ciò stesso, al di fuori della Chiesa.
Con questo incredibile sofisma non solo il mio studio, ma qualsiasi libro, articolo o affermazione che, rispondendo all’appello di Benedetto XVI nel suo discorso del 20 dicembre 2005, voglia porre delle questioni relative al Concilio, o al post-Concilio, viene immediatamente messo a tacere, sotto pena di scomunica se non canonica, psicologica, morale e mediatica. Chi pone sul tappeto domande sul Vaticano II viene “sospettato” di scisma ed eresie, escluso dai salotti buoni ecclesiastici, isolato nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni. Chi invece, in nome del Concilio Vaticano II, avanza tesi audaci e spregiudicate, talvolta eretiche o prossime all’eresia, viene invitato alla mensa ecclesiastica, trattato con il massimo del rispetto, considerato un interlocutore degno di ogni attenzione.
Non la sorprende che queste critiche siano venute soprattutto da cattolici “neoconservatori”?
È vero. Le critiche più forti sono venute in effetti da ambienti cattolici che non vorrei chiamare “neoconservatori”, perché mi sembrerebbe far torto ai veri conservatori, ma piuttosto “neocentristi” o “neoconciliari”. Sono quei cattolici che per imporre la propria egemonia, brandiscono il “Magistero” contro la Tradizione della Chiesa, proponendosi poi come gli unici interpreti di tale effimero e magmatico Magistero, pur mai infallibile e mai definitorio. Un’altra loro caratteristica è il complesso di inferiorità nei confronti della cultura laicista, che giudicano sempre più “autorevole” e “scientifica” di quella “tradizionalista”. Sono dei minimalisti, o se si preferisce dei “catacombalisti”, perché accettano, in ultima analisi, il loro destino catacombale.
La Sua opera pare contrapporsi in maniera netta anche alla vulgata “tradizionale” sul Concilio Vaticano II, incarnata dalla cosiddetta Scuola di Bologna. Si può parlare di un’incrinatura definitiva dell’omogeneità pressoché assoluta della lettura “bolognese” dell’Assise pastorale?
La “scuola di Bologna”, dopo la morte di Giuseppe Alberigo, è rappresentata oggi da Alberto Melloni e pochi altri allievi, mentre si sta formando invece una nuova scuola, che mi piace definire “romana”, in omaggio a quella grande scuola teologica di cui mons. Brunero Gherardini è oggi insigne rappresentante. Il termine Roma, ovviamente non è geografico, a differenza di quello di Bologna, ma esprime la fedeltà di questi autori al perenne insegnamento della Cattedra di Pietro. A questa scuola “romana” ascriverei l’eccellente libro appena uscito di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro. La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi, Perché si risveglierà (Vallecchi), un volume che ha il merito di sviluppare, in maniera brillante e accessibile al grande pubblico, temi importanti, come quello della Rivoluzione del linguaggio del Concilio Vaticano II.
Come reagiscono gli studenti universitari a queste nuove indagini storiografiche? Ci sono laureandi e laureati che desiderano approfondire il solco da Lei tracciato?
Saranno soprattutto i giovani a sviluppare e approfondire i temi sollevati dal mio libro. Ci sono ancora molti archivi da esplorare, penso soprattutto a quelli dei Paesi dell’Est, e molti diari da portare alla luce, come quelli dei cardinali Felici e Ottaviani, di cui è certa l’esistenza, ma ancora secretati. Il vero problema però più che l’acquisizione di nuovi documenti è la discussione su quanto è conosciuto. Questa discussione il Papa l’ha aperta, l’ha sollecitata, la apprezza, come hanno confermato alcuni suoi atti successivi al discorso del 2005: mi riferisco al Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui ha restituito libera cittadinanza al Rito Romano antico, e alla remissione della scomunica ai 4 vescovi consacrati da mons. Marcel Lefebvre. A questa discussione ho inteso dare un contributo, scrivendo una storia che, come tale, si ponesse sul piano dei fatti, cercasse la verità di quanto nel Concilio era accaduto, perché, finalmente, discutendo di esso, si sapesse di cosa si parla, e lo sapessero soprattutto i giovani, coloro che sono nati dopo il Vaticano II e che lo considerano spesso come un evento mitico, più che come un fatto storico. È soprattutto per i giovani che il mio libro è stato scritto, per aiutarli a pensare, a discutere, a situarsi nella prospettiva suggerita da Benedetto XVI.
Pensa di dedicare altri studi al XXI Concilio ecumenico della Chiesa cattolica?
Uscirà a novembre, per l’editore Lindau, un mio nuovo libro sulla Tradizione della Chiesa, in cui non mancherò di rispondere ai problemi storiografici e teologici sollevati dai critici della mia storia del Concilio.
Questa incrinatura dell’edificio conciliare, che alcuni hanno definito il trionfo della Rivoluzione nella Chiesa, prelude, a Suo parere, ad un suo crollo? E, se così fosse, in che tempi?
Il Concilio Vaticano II, considerato come evento storico, e al di là di una pur necessaria valutazione teologica dei suoi documenti, è stata una vera e propria rivoluzione, non a torto definita l’89 della Chiesa cattolica. Come ogni rivoluzione esso ha costruito un edificio destinato a crollare. Ciò avverrà bruscamente, e il nostro compito è quello di non lasciarci travolgere dalle rovine, che non saranno quelle della Chiesa, ma di uomini e di strutture di Chiesa.
Crede che la Tradizione, dopo l’ubriacatura del mito dell’aggiornamento, possa ritornare ad avere il suo giusto spazio nella Chiesa?
La Tradizione non è il passato, è il deposito perenne e sempre vivo, della Fede e dei costumi della Chiesa. Il suo ruolo emergerà, a mio parere, con sempre maggior forza, come è naturale che avvenga nelle epoche di crisi. L’ “ermeneutica della continuità” richiamata da Benedetto XVI, non può essere intesa altro che come un’interpretazione del Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione, ovvero alla luce dell’insegnamento divino-apostolico che perdura in tutti i tempi e mai si interrompe. Nella Chiesa infatti, la “regola della Fede” non è né il Concilio Vaticano II, né il Magistero vivente contemporaneo, ma la Tradizione, ovvero il Magistero perenne, che costituisce, con la Sacra Scrittura, una delle due fonti della Parola di Dio e fruisce della speciale assistenza soprannaturale dello Spirito Santo.
Cristina Siccardi
A modesto mio avviso la risposta all'ultima domanda è molto confusionaria, oltre che erronea.
RispondiEliminaPerchè mai ? Il Pof. De Mattei mi sembra abbia usato termini comprensibili e logica chiara, per niente confusionaria, nella sua risposta. E dove sarebbe l'errore, di grazia ?
RispondiEliminaNon c'è il rischio che il professor De Matteis confonda la Tradizione con le tradizioni e dia a ciò che è storicamente determinato e caduco unn valore assoluto? Credo che applicando la definizione classica di Tradizione (Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus) poche delle dottrine teologiche sostenute nei secoli potrebbero corrispondervi.
RispondiEliminaScusatemi l'aggiunta. Nella scena finale del "conciliarissimo" film "Fratello Sole, sorella Luna" è messo in bocca a papa Innocenzo III ( in realtà il papa del "De contemptu mundi" ) un discorso estremamente significativo di questo sbilanciamento rovinoso: "Abbiamo guardato TROPPO ALLA PECCAMINOSITA' DELL'UOMO e non ALLA SUA NATURALE BONTA'" Basta fare mente locale per capire che qui si scivola a tutta velocità verso una delle eresie più micidiali: il Pelagianesimo.
RispondiEliminaPadre Livio Fanzaga di Radio Maria è accusato di parlare ossessivamente di Satana; ma, a parte il fatto che è un uomo lieto ed entusiasta, se proprio nella battaglia contro Satana consiste la Redenzione?
Le mie congratulazioni al professor de Mattei per il meritatissimo riconoscimento per il suo documentato, illuminante saggio. Un grazie anche a Carlo Sburlati, coraggioso assessore alla Cultura di Acqui e "dominus" del premio (molto bella la sua intervista sul "Giornale" di oggi). Di lui ricordo un bellissimo saggio di anni fa, edito da Volpe, su Corneliu Z. Codreanu, che contribuì alla mia cultura politica e storica. E' di persone così che l'Italia e la Cattolicità hanno oggi bisogno.
RispondiEliminaOspite. Non è questione di essere attaccati alla tradizione in nome di un estetimo arcaizzante o di una moraleggiante-moralistica fedeltà alle parole d'ordine pronunciate in passato. Si tratta di capire qual è il pericolo principale, il pericolo dei pericoli. Satana e i suoi angeli, oppure il ritardo economico e di distribuzione dei beni? Si cerca in primo luogo la SALVEZZA oppure il PROGRESSO? Il mondo è un giardino da coltivare e migliorare, come se fosse ( ancora ) l'Eden, oppure è ( anche e soprattutto ) una valle di lacrime? Notare che l'espressione si trova nella "Salve Regina". Si parla di esilio nel mondo, gemiti, lacrime, sospiri, del bisogno di un'Avvocata che ci tiri fuori dai guai ( il pericolo... della condanna all'ergastolo ).
RispondiEliminaIl cristiano sta attaccato al dogma non perchè esso appartiene a un passato glorioso, in cui le cose andavano meglio ("I treni arrivavano in orario" "Si stava meglio quando si stava meglio", ma perchè i dogmi rappresentano la struttura del rapporto tra Dio e l'Umanità nel suo fondamenti e nel suo processo in vista del retto cammino verso il futuro ultimo: l'Apocalisse, che non vuol dire "Distruzione del mondo" se non per spostanento semantico, ma "Rivelazione". Qui chiedo aiuto a chi ne sa: apocalisse solo come rivelazione del futuro a Giovanni ancora vivente oppure rivelazione finale della gloria di Dio, o le due cose insieme?
<span>apocalisse solo come rivelazione del futuro a Giovanni ancora vivente oppure rivelazione finale della gloria di Dio, o le due cose insieme?</span>
RispondiEliminaTutte e due le cose insieme, ed anche molte altre!
Un plauso al Professor De Mattei, vittima del "poltically correct", del perbenismo bigotto e del curialismo inconcludente. Pescosolido si è dimesso? Bene, "il re è morto, viva il re"...
RispondiEliminaLa "Tradizione" è "viva", e come tale è incarnata anche nel Magistero contemporaneo vivente.
RispondiEliminaL'opposizione ideologica al libro di De Mattei è un'insensatezza, degna dell'ormai consueta intolleranza laicista. Chi esce dal coro della cultura unica, fosse anche il Papa (cfr. veto degli studenti e di alcuni docenti all'intervento papale alla Sapienza), viene sistematicamente boicottato. Non c'è bisogno di sottoscrivere i contenuti del libro di De Mattei (ma io li sottoscrivo nella quasi totalità) per comprendere che si tratta di un ottimo saggio, ben condotto e ben argomentato. I membri della commissione che, per intenderci, si sono comportati alla hpoirot hanno inzaccherato anzitutto se stessi.
RispondiEliminaBabbu nostru chi ses in is celus, fai che il Cagliari segni un gol per ogni libro di de Mattei (ecco che ne annuncia ancora un altro!), Gherardini, Agnoli, Palmaro, Gnocchi, Siccardi, Bertocchi, Cantoni, Cavalcoli, Introvigne sul Concilio e l'anticoncilio. Lo scudetto è assicurato
RispondiEliminaTutto il plauso a De Mattei, ma per la carità del Cielo: Sburlati sta al Cattolicesimo come Carlo Marx al liberismo economico. Ve lo scrive un acquese, che sa di ciò che parla... Pensate solo che la serata del premio è presentata - per volere dello Sburlati - dall'arcinoto sodomita Cecchi Paone, che mai dimentica di sbeffeggiare le autorità religiose presenti. Pregate piuttosto per la nostra Diocesi, retta da un Vescovo pio ma debole: tra i primi - venti e più anni fa, da cancelliere a Torino - a celebrare la S.Messa more antiquo; e prigioniero, adesso, di un establishment diocesano ipermodernista. Mons. Micchiardi, che vestiva eroicamente la talare nella Torino di Pellegrino, deve contare su un clero sbracato e liturgicamente incolto; e chissà se lui - che ama la storia e si occupò molti anni fa della figura di Pio IX - potrà intervenire alla serata di premiazione o gli sarà consigliato di rimanere in episcopio...
RispondiEliminaIntervista documentata ed esaustiva.
RispondiEliminaUna domanda a Silente, e grazie della risposta. Possibile avere indicazioni bibliografiche più precise sul saggio del professore de Mattei dedicato a Cornelio Codreanu?
Gentile prof De Mattei, ma come fa a scriverle e, soprattutto, a frmarle certe cose?
RispondiEliminaCome può lei assumere che richiamarsi al Magistero della Chiesa come solo interprete Autentico delle Scritture e della Tradizione sia una cosa spregevole? Lei, che è uno storico, dovrebbe ben sapere che scritti e testimonianze anche ragguardevoli del passato vanno da essere interpretate dallo storico, la cui interpretazione non giungerà mai ad alcun livello di oggettività come, per inciso, ci ricorda il famoso detto che la storia è sempre scritta dai vincitori e non dai vinti.
Lei tra tutti, primo tra tutti, dovrebbe sapere che la nozione di infallibilità o di inerranza non può mai essere data ad uno scritto o a una testimonianza e che, quindi, si sbaglia il protestante che cerca nella Sola Scriptura la Verità di Dio, e si sbaglia il tradiprotestante che cerca nella Sola Traditio quell'oggettività: eppure mai le stesse Scritture si sono arrogate questo potere ( cf la 2P) come mai la Tradizione stessa. Ben lo sapeva Gesù stesso che non ci lasciò nessuno scritto a che mandava i Suoi discepoli insegnare di "memoria".
Caro professore, l'inerranza e a volte l'infallibilità sono state garantite solo agli Apostoli che annunciano proprio quando annunciano: questa à la Parola molto concreta che ci interpella oggi. Obbedienza e dovuto ossequio dell'intelligenza al Magistero della Chiesa Docente, composta del Papa e dei Vescovi in unione con lui è il solo luogo dove si realizza la comunione tra 'esperienza personale e la Verità di Dio che ci parla, oggi.
Allora ben vengano i suoi libri che studiano in dettaglio le dinamiche che hanno presieduto allo sviluppo del S.S. Concilio Ecumenico Vaticano II, ma il risultato di quel Concilio è e sarà sempre quel che ha voluto lo Spirito Santo, anche e soprattutto, quando la qualità degli uomini colle loro debolezze, povertà ed intrighi di basso conio hanno cercato di influenzarlo.
Non scriva quindi quell'ultima sua frase che non le fa onore intellettualmente parlando ("<span>la “regola della Fede” non è né il Concilio Vaticano II, né il Magistero vivente contemporaneo, ma la Tradizione,")</span> e se la cancelli, perchè essa mostra solo una cosa e cioè che per quanto lei abbia studiato tanti libri in vita sua si è dimenticato di leggere il Catechismo di Trento, quello di San Pio X, e il CCC. Ubi Petrus Ibi Ecclesia. I.P.
Ma che dice questo Dematteius?
RispondiEliminaIl totalitarismo clericale preconciliare è caratterizzato dal divieto di fare domanda, perché esige non degli uomini, ma delle macchine, che agiscano in maniera meccanica, privi di criteri di giudizio, che non siano quelli dogmatici, secondo la volontà dei superiori in cui si annullano. Il totalitarismo non è estraneo al cattolicesimo prconciliare, ma è estraneo al Cristianesimo, che conosce certamente l’obbedienza alla voce dello Spirito anche contro quella dei superiori; l'obbedienza umana deve essere proposta sempre e sempre scelta, mai imposta, come accade nei regimi clericali. Il Medioevo fu totalitario e clericale, perché il sovrano si doveva piegava alla legge ecclesiastica e i laici erano sottomessi ai chierici. Fu la Rivoluzione francese a liberare dal clericalism, dall'oscurantismo e dalla superstizione. Certo ci fu il Terrore, ma questo fu un episodio limitato e che non va sovraccaricato. Non bisogna confondere la rivoluzione democrtica francese, con lo stalinismo, tipico dell'involuzione russa degli ideali democratico-rivoluzionari, che riproose il clericalismo cesaropaistico precedente in nuove forme: Stalin è più figlio dell'Ortodossia reazionaria che della socialdemocrazia. Il virus del totalitarismo clericale oggi si pesprime nel neoconservatorismo delle bombe intelligenti e nell'avversione al Concilio Vaticano II°, nell'avversione alla riforma liturgica, e nella persecuzione dei teologi dissidenti, teologi della liberazione in primo luogo.
Caro Impallomeni, come dicevo sopra, il testo non è di de Mattei, ma di Carlo Sburlati, assessore alla Cultura di Acqui e organizzatore del premio Acqui Storia. Ecco le indicazioni: Carlo Sburlati, Codreanu il Capitano, Giovanni Volpe Editore, Roma 1970. E' piuttosto difficile che lo trovi nei normali circuiti. Tuttavia, presso qualche libreria antiquaria, o on line...Comunque, una lettura altamente consigliabile.
RispondiEliminaMa che dice costui?: il Magistero "giudice" della Tradizione? E' viceversa, viceversa, viceversa: è il Magistero che non può contraddire la Tradizione, che è la pietra di paragone del Magistero stesso. La frase di de Mattei "<span>la “regola della Fede” non è né il Concilio Vaticano II, né il Magistero vivente contemporaneo, ma la Tradizione," è un compendio di somma dottrina cristiana.</span>
RispondiEliminaministrante sta a chierichetto come politicante sta a politico .
RispondiEliminaHai sbagliato sito....
<span>"l'espressione si trova nella "Salve Regina""</span>
RispondiEliminaA proposito di espressioni, il vescovo della mia diocesi sta cambiando l'atto di dolore eliminando la parte sul castigo, è così fastidiosa!
Non mi stupirei che un giorno voglia cambiare anche il Credo nella parte "e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e morti", che fastidio quel giudicare!Dio NON può giudicare, è solo Amore mi ripeton continuamente i progressives della parrocchia.
Ma non cè due senza tre!Perchè non togliere la valle di lacrime nella Salve regina?La valle di lacrime è incompatibile con l'ottimismo beota.
Carissimo Silente d'accordo tout court!!!!
RispondiElimina<span>La frase di de Mattei "<span>la “regola della Fede” non è né il Concilio Vaticano II, né il Magistero vivente contemporaneo, ma la Tradizione," è un compendio di somma dottrina cristiana.</span>
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Quello che mi spaventa è vedere il sonno della ragione che continua a generare mostri. Un nome a caso .....l'innonimabile simon mago simulato cireno cui sopra, il quale si permette a giudicare e di criticare un ottimo e intellettualmente onesto Professor De Mattei.
Cose dell'altro mondo ....
Noto la presenza di sole offese senza nessna dimostrazione delle vostre affermazioni, ch erimangono come vostro usuale apodittiche e senza sostrato alcuno. Fate a pugni colla realta, sempre. :) Ubi Petrus Ibi Ecclesia. I.P.
RispondiEliminail premio acqui generlamente ha una tendenza liberale moderata; quast'anno la giuria era frmata da storici di orientamento liberalconservatore, ed è un bene che coloro che sono uniti dall'opposizione a questo regime culturale si premino fra loro. cominciamo a utillizzare gli stessi metodi che usano i distruttori della civiltà.
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