di Rodolfo Papa*
[..] si può scoprire che il cammino dell’arte si muove dentro il campo di un possibile che è implicito fin dall’inizio, come se tutte gli sviluppi fossero in qualche modo compresi nelle forme già date. Potremmo dire che gli artisti quando “inventano”, attingendo alla propria creatività, rimangono sempre fedeli a quel che l’arte implicitamente mette loro a disposizione e cioè tutto il suo “possibile”. Accade come nel linguaggio, che ha tante forme e una lunga storia, ma sia le forme sia la storia sono linguistiche, perché stanno dentro le possibilità aperte dal linguaggio stesso. Volendo utilizzare un’immagine geometrica, potremmo dire che l’andamento dell’arte non è una linea retta, che implicherebbe un costante progresso, e neanche una sinusoide, che implicherebbe cicli obbligati di crisi e di sviluppo, ma piuttosto una linea mista irregolare, corrispondente ad un andamento vitale, fatto di innovazioni e continuità.
Ogni reale innovazione, infatti, poggia sulla tradizione: come scrisse papa Stefano I “nihil innovetur nisi quod traditum est”. Dovremmo guardare anche alla storia dell’arte, nella prospettiva dell’“ermeneutica del rinnovamento nella continuità” applicato da Benedetto XVI alle interpretazioni del Concilio.
La crescita dell’arte implica una appropriazione della tradizione passata e un rinnovamento, entrambi compiuti in prima persona. Tutti i grandi artisti hanno sempre consigliato di apprendere dai maestri del passato, prima di compiere le proprie innovazioni. Si comincia ad imparare copiando le grandi opere e poi, imparato il linguaggio, si comincia a parlare e a inventare nuove parole. Basti guardare al rapporto di continuità e superamento vissuto da Caravaggio nei confronti di Michelangelo, la cui pittura viene rivissuta e risemantizzata con rispetto e con audacia. Leonardo affermava “tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro”, collocando l’arte in un rapporto di continuità tra allievo e maestro, in modo che chi impara cerchi di fare meglio di chi insegna.
L’arte, dunque, come ogni ambito propriamente “umanistico”, cioè volto alla promozione dell’humanum, cresce in maniera non meccanica e non patisce l’ossessione di rincorrere l’accumulazione delle novità, quanto piuttosto è volto alla ricerca del fare meglio e del migliorare se stessi. Non è fuori luogo, dunque, concludere con una riflessione sulla educazione, proposta da Benedetto XVI nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione del 21 gennaio 2008: «A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell'ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell'uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale».
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* Rodolfo Papa è storico dell’arte, docente di storia delle teorie estetiche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, Roma; presidente della Accademia Urbana delle Arti. Pittore, membro ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Autore di cicli pittorici di arte sacra in diverse basiliche e cattedrali. Si interessa di questioni iconologiche relative all’arte rinascimentale e barocca, su cui ha scritto monografie e saggi; specialista di Leonardo e Caravaggio, collabora con numerose riviste; tiene dal 2000 una rubrica settimanale di storia dell’arte cristiana alla Radio Vaticana.
Bello questo post sull'arte. In tema: nessuno mi pare si sia soffermato su un aspetto correlato all'argomento, che in questi giorni avrebbe potuto diventare d'attualità. La sistgemazione di altare e presbiterio all'interno della Sagrada Familla. Da quello che ho visto in Tv mi pare che tutto sia nel più puro stile post-vat II: orridi sedil in legno per il ?presidente', altare anonimo, niente retablo, niente altari laterali, pochissime immagini (tutto il contrario della facciata) Insomma credo tutto l'opposto di quello che posso pensare un grande rielaboratore della tradizione come gaudì avrebbe potuto immaginare, proprio in Catalogna, terra di immagini sacre per eccellenza. Qualcuno sa segnalarmi se c'è stato un dibattito in merito?
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