Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

martedì 1 dicembre 2009

Musica sacra "rottamata": tutta colpa della riforma liturgica


Ecco una lettera del giornalista Alessandro Zangrando, apparsa su Gente Veneta del 28 novembre scorso. Oltre ad essere più che condivisibile, essa attesta l'esistenza di un vivo dibattito in corso tra i lettori del giornale. Finalmente, qualche interrogativo sul miserando stato della liturgia cattolica inizia a farsi largo anche tra il vasto pubblico. Se poi aggiungiamo che si tratta del settimanale del Patriarcato di Venezia, fa il paio con quello pubblicato ieri sul New York Times.


Gentile Direttore, ho seguito con interesse il dibattito in corso su Gente Veneta sulla musica in chiesa e sui canti liturgici. Premetto che parlo a titolo personale. La gran parte degli interventi non sembra cogliere la centralità del problema, e cerca solo di rispondere alla semplice domanda: chitarre sì o no?

E così leggiamo risposte emotive, che abbiamo sentito mille volte: "Le chitarre mi vanno bene perché mi permettono di pregare" oppure il solito "quello che conta è il cuore, non la forma della preghiera" (se conta solo il cuore, tanto vale non andare a Messa...). Il problema della musica e della musica sacra (le tipologie vanno distinte: perché nelle liturgie odierne si sentono musiche sacre e non) merita un maggiore approfondimento.

Partiamo con un breve cenno sulle famose chitarre. Le chitarre in chiesa non hanno niente a che vedere con la nobile tradizione delle composizioni ed esecuzioni per chitarra (ricordate la serenata all’inizio del Barbiere di Siviglia?), ma la loro presenza si riduce quasi sempre a un noioso strimpellamento (preferisco allora ascoltare Star Guitar dei Chemical brothers...).

Passiamo al tema dell’utilizzo dell’organo. Gli organisti si lamentano: non ci fanno suonare, suoniamo poco, siamo sottoutilizzati ecc. Il problema è strutturale e non dipende dalla mancanza di spazio nella liturgia. E neppure dalla scarsa sensibilità di una parte del clero. Il problema è la stessa liturgia attuale, che, celebrata interamente ad alta voce, non lascia momenti di silenzio. Di conseguenza l’organo non riesce a ricoprire il ruolo che gli compete, se non allungando a dismisura i tempi della liturgia e interrompendo la celebrazione per aggiungere le parti musicali.

Gli organisti intervenuti su Gente Veneta avrebbero dovuto sottolineare proprio la rottura avvenuta in seguito alla riforma liturgica (fine anni Sessanta). Nel rito precedente si trovava una struttura liturgica che si fondeva armonicamente con la musica. Molte parti della Messa erano recitate in silenzio e in quei momenti si facevano strada le note. Pensiamo alle toccate per l’elevazione o ai mottetti eucaristici (la scuola francese ha pagine bellissime). Se invece il Canone è detto ad alta voce, l’organo è costretto a tacere.

Qual è il risultato della riforma liturgica? La grande tradizione della musica sacra è stata rottamata, dal giorno alla notte. Fu pensata per una liturgia che non c’è più e quindi non è eseguibile all’interno della nuova Messa. Dopo il 1969 è cambiata la lingua, sono scomparse molte preghiere. Via il Graduale, sostituito dal salmo responsoriale. Amputato l’Offertorio e tagliata l’antifona.

Si può cantare un introito gregoriano se l’introito non esiste più? Si può eseguire un Kyrie di Palestrina se la formulazione del Kyrie stesso è stata modificata? Si può cantare il Credo in assemblee abituate a recitarlo ad alta voce assieme al sacerdote? Si può suonare il Requiem se è scomparso il Dies Irae? La risposta è ovviamente no.

Nella nuova liturgia l’idea di festa e convivialità ha sostituito la dottrina del sacrificio. Di conseguenza è venuto meno il respiro solenne, anche nella musica. Ed ecco le chitarre. Tralasciamo i complessi problemi teologici che si aprono.

Preferisco sollevare una questione culturale. Andrea e Giovanni Gabrieli, Merulo, Grandi, Monteverdi, Cavalli, Rovetta, Bassano. Chi salverà la loro musica? L’educazione al bello parte da qui. Nella musica... è a qualcosa d’altro che l’uomo rende il suo omaggio... Il suo entusiasmo è per qualcosa che la musica, o tutto ciò che è bello al mondo, ha destato dentro, ha scritto don Giussani. Riflettiamoci sopra.



Alessandro Zangrando



fonte: sito della rivista GVonline.it (link) ove si può leggere tra l'altro la risposta della redazione e inserire dei commenti.

16 commenti:

  1. Sono completamente daccordo con l'articolo.
    Sono parola da incorniciare.
    don Bernardo

    RispondiElimina
  2. Tutto vero. La Chiesa dopo il 1969 ha rinunciato a educare al Bello intere generazioni, per la maggior parte dei cui componenti l'unica chance di essere minimamente istruiti in tal senso stava proprio nella liturgia. E il bello non è un'aggiunta, un orpello formalistico di cui si può anche fare a meno: è un'esigenza fondamentale dell'uomo, una via privilegiata di accesso al creatore di tutto. Al Bello si è sostituito l'utile, quando va bene il "carino", l'orecchiabile. E' come se invece di cibo agli affamati fossero state distribuite gomme da masticare.

    RispondiElimina
  3. D'accordo su tutta la linea, specialmente dopo aver ascoltato la Messa in latino su Radio Maria.

    La musica nella Messa in rito antico contribuisce a portare verso Dio, non a riempire spazi vuoti; ha poi un fascino che incrementa nell'animo ill senso del mistero che si perpetua sull'altare, cosa che, pur con tutta la buona volontà, non raggiunge la musica sacra moderna.
    Per me si tratta di musiche che vanno bene per oratorio, ascolto fuori dalla Santa Messa, ma non in grado di solennizzare e palesare il mistero di un Dio che si ridona a noi nella Santa Eucarestia.

    RispondiElimina
  4. A proposito di quanto scritto in questo articolo sulla 'disoccupazione' degli organisti, ricordo quanto mi disse il mio maestro di organo riguardo allo studio della musica negli anni 60-80. Mi disse che in quel periodo i giovani diplomati in conservatorio come lui trovavano tantissime occasioni per dare lezioni private, dato che c'era una richiesta di educazione musicale quasi superiore all'offerta. Azzardo un'interpretazione dicendo che la rinascita economica e culturale del dopoguerra abbia spinto molti genitori, anche di famiglie umili a fare tesoro della loro fascinazione per la musica e delle loro nuove possibilita' finanziarie, e ad incoraggiare i loro figli ad intraprendere questo tipo di studi. Dopo gli anni 80 troviamo invece i figli dei 'post 68', e questo potrebbe spiegare il motivo della caduta vertiginosa delle vocazioni musicali.

    RispondiElimina
  5. civiltà trasgressiva1 dicembre 2009 alle ore 11:56

    Bravo Borghi, per la piccola sintesi storica riguardo al crollo del gusto musicale dopo il '68 (al solito...):
    tutto per il principio neo-(dis)educativo di "libertà da ogni limite", arte di "rottura", trasgressività in ogni campo, ecc.
    confermo la sua diagnosi, essendo protagonista di quella generazione ancora educata al Bello e alla musica seria e vera, dopo la quale siamo stati invasi da tutti gli "sperimentalismi" possibili e non-, in una società ormai sommersa dal permissivismo imperante, su tutti i fronti, morale, culturale, artistico ( e liturgico...: ma che strano iter parallelo, non vi pare? ci sarà un preciso motivo a monte di tutte queste concordanze di "abbattimenti" programmati di edifici illustri della civiltà, nei suoi fondamenti remoti culturali e religiosi, non solo coincidenze temporali!).
    Vediamo sempre più chiaramente come tutto questo disastro, di cui oggi possiamo contemplare le macerie, risalga appunto alla 'rivoluzione culturale' che ci urlarono nelle orecchie in ogni strada, piazza e scuola 41 anni fa, e che si riassumeva in un rifiuto essenziale, supremo, blasfemo, che tutte le ribellioni a venire portava in germe dentro di sè:
    il rifiuto del principio di Autorità
    (in ogni campo: familiare, sociale, scolastico...ecclesiale, morale, religioso), espresso perfettamente dall'urlo empio verso il Cielo del poeta Prevert:

    "Padre nostro, che sei nei cieli,
    restaci!"
    (molti qui ricorderanno quella "poesia", emblema del rifiuto epocale di Dio e, con Lui, di ogni padre e paternità in questa vita terrena, come un figlio ribelle che si sbarazza definitivamente di quel legame che lo protegge, ma pare impedirgli la vera libertà: di nuovo il peccato di Adamo, -faccio a modo mio, non ho bisogno che tu mi insegni, invento regole nuove- sbandierato come programma su tutto il pianeta Terra e perseguito come fonte di vera felicità, basta ricordare il "libero amore" e il 'vietato vietare'...e l'approdo è questo relativismo intellettuale e morale che "droga" la ragione dei nostri figli appena nascono, avallato dagli stessi genitori!)
    Questo, a mio avviso, è l'inizio storico e la fonte di tutti i travagli e lo strappo delle radici che la società e la Chiesa stanno attraversando fin dai primi anni '60 (io credo proprio dal Concilio...)

    In sintesi: anche l'artista rifiuta ogni scuola ed ogni autorità intellettuale che nei secoli aveva tracciato la strada da seguire, diretta verso quelle mete chiamate Bello, Vero, Bene.
    Riparte da capo, anche a costo di reinventare la ruota, o di perdersi nella perversione, alla ricerca voluta del brutto e dell'orrido, per spirito di contraddizione (trasgressione, "uscire dagli schemi" ecc...) col fine di colpire, stupire, urtare e anche ferire la sensibilità, il pudore e comunque coltivare il sottobosco dei bassi sentimenti, anzichè elevare i sensi e l'anima a Dio, fonte di ogni cosa bella
    (ma qui il Papa ha detto cose elevatissime, che conviene ascoltare con cuore aperto...per ricostruire dalle fondamenta devastate un'intera civiltà semi-distrutta!)

    Memoranda

    RispondiElimina
  6. Si può cantare un introito gregoriano se l’introito non esiste più? Si può eseguire un Kyrie di Palestrina se la formulazione del Kyrie stesso è stata modificata? Si può cantare il Credo in assemblee abituate a recitarlo ad alta voce assieme al sacerdote? ....
    Nella nuova liturgia l’idea di festa e convivialità ha sostituito la dottrina del sacrificio.

    Alla luce di tutto questo, che è realtà di fatto, vissuta da due generazioni, e crescendo ora la terza in essa "plasmata", (grazie anche al solerte CNC che inizia a fagocitare gli "educandi" fin dalla nascita, meglio di Sparta...), poichè appare impossibile tornare indietro, a causa di un netto "taglio di radici",
    io continuo a chiedermi, senza più speranza di una risposta realista (e del resto anche il sig. Ex Aedibus ieri manifestava pessimismo annunciando molti decenni, anzi secoli di "stagnazione"):

    come si può immaginare tra questo rito NO e quello VO una "reciproca fecondazione" ? mi appare sempre più un'ipotesi impraticabile: conciliare o fondere due nature diversissime e incompatibili....
    (salvo il fatto che a Dio niente è impossibile)

    RispondiElimina
  7. sono un organista e debbo trovarmi d'accordo su molto ma non su tutto. nella mia parrocchia, per quanto il novus ordo sia restrittivo, grazie all'interessamento del parrocco, stiamo tentando di inserire alcuni momenti del vetus ordo: il postcommunio, l'ite... suonato e non cantato, il momento di chiamata iniziale. non solo, stiamo facendo una verifica di tutti i canti, e mi sono imposto per eliminare quelli più patetici o adatti al fuoco del campeggio. certo, non è che possiamo volgere il novus nel vetus ordo, comunque basta un po' d'impegno e le cose posson molto migliorare...e finisco col dire che ancora non ho finito.

    RispondiElimina
  8. Carissimo anonimo delle 13.52....io ho tentato di fare ciò che hai fatto per più di dieci anni e...seppur il parroco fosse molto "disponibile" culturalmente, ti posso assicurare che tutto ciò è oggettivamente impossibile a coniugarsi!!! Perciò, dopo un pò d'anni, mi son deciso a fare unicamente il mio mestiere dove lo posso fare in maniera integra e senza compromessi di carattere liturgico-culturale-partecipativo-pastorale.

    Invito tutti i colleghi organisti innanzitutto a frequentare la Messa di sempre. Ben presto vi renderete conto che la vostra arte potrà essere a servizio di Dio e della CHiesa senza le solite scuse e limitazioni assurde che si riscontrano ovunque nel NOM.

    RispondiElimina
  9. vi racconto..cosa succede nella mia parrocchia in istria..per tutte le festivita' di Natale..dal Kyrie..Gloria...alleluia...in sostituzione cantano le canzonette di natale...hanno stravolto re regole della Santa Messa...alle volte sembra ad assistere ad un concerto...Quando finira' questo incubo???

    RispondiElimina
  10. come si può immaginare tra questo rito NO e quello VO una "reciproca fecondazione

    mi chiedo solo in che cosa e come il NO possa fecondare il VO, questa possibilità di idea di "reciprocità" mi fa tremare

    RispondiElimina
  11. @MIC
    Faccio un'ipotesi: se in previsione di una "riforma della riforma" si decidesse di adottare nel VO la medesima Liturgia della Parola (Lettura AT, Salmo, Lettura NT, Vangelo) e il medesimo lezionario del VO sarebbe così scandaloso? Voglio dire, penso che questa sarebbe una "fecondazione" positiva, no?
    Poi se non ricordo male, il Confiteor del VO non fa riferimento ai peccati di omissione, mentre il NO sì. Anche questa potrebbe essere una "fecondazione" positiva, no?
    Anche una vicendevole sistemazione delle memorie VO/NO penso sarebbe una positiva "reciproca fecondazione", o no?

    RispondiElimina
  12. sulla fecondazione di cui parli tu, Filippo Burighel, a parte qualche perplessità sul lezionario che porta variazioni anche all'anno liturgico, non avrei obiezioni, se non sottolineare quanto sia positiva l'essenzialità delle letture che meglio aiuta ad una memorizzazione, meditazione e ruminazione, lasciando ad altri momenti (al di fuori del Rito) la frequentazione della Scrittura per la necessaria conoscenza e conseguente nutrimento, anche per ridimensionare quell'eccessiva enfasi sulla "mensa della Parola" che toglie molta attenzione e sottolineatura all'indicibile momento della Consacrazione e della comunione eucaristica!

    RispondiElimina
  13. Allora, visto che nel VO si recita già il salmo Iudica Me, ci si potrebbe limitare solo alle due Letture e al Vangelo del lezionario NO. In questo modo sarebbe solo una lettura in più, che non penso alteri eccesivamente l'equilibrio Parola/Celebrazione del VO come è oggi.
    Per quanto riguarda l'uso del lezionario NO più in generale, lei nota giustamente che comporterebbe una variazione del Calendario Liturgico rispetto a quello del VO. E' anche vero che se NO e VO sono due usi "generali" del medesimo Rito (non sono "particolari" come l'Ambrosiano o i Riti Orientali) è effettivamente strano che abbiano calendari diversi, quindi una "omogeneizzazione" penso sia necessaria prima o poi.
    In questo caso, nulla vieta di sperare che il calendario tradizionale "fecondi" quello attuale. :-)

    RispondiElimina
  14. Modificare il lezionario del VO non è così semplice, perché è una macchina perfetta e rodata nei secoli, pardon millenni. Alle letture corrisponde una serie di richiami nelle altre parti del proprium che ne amplificano l'eco, invitano a meditarne e ad approfondirne gli aspetti fondamentali (questo fra l'altro non avviene sempre nel NO, dove a volte le letture sembrano messe lì perché era necessario inserirne un certo numero).

    RispondiElimina
  15. I post riguardano la musica e non altri particolari sulla possibile fusione VO e NO!!!!!

    RispondiElimina
  16. ma la decadenza della musica sacra è stata causata dalla riforma liturgica (vedi titolo)...!!

    ergo: come ripristinarla in una Messa che deve ancora subire la "riforma della riforma"?
    (la logica non è un punto immobile, ma segue un percorso...o no?) !!!

    RispondiElimina