Thomas S. Eliot
«(Entra il Terzo Sacerdote, preceduto da un accolito che porta lo stendardo di Santo Stefano)
Il Terzo Sacerdote
Un giorno da Natale,
il dì di Santo Stefano,
Stefano Primo Martire...
Il Coro dei Sacerdoti
– Sederunt principes, et adversum me loquebantur,
et iniqui persecuti sunt me.
– Beati immaculati in via, qui ambulant in lege Domini...
(Entra il Secondo Sacerdote, preceduto da un accolito che porta lo stendardo di San Giovanni Apostolo.)
Il Secondo Sacerdote
Dal dì di Santo Stefano,
un altro giorno, il giorno
di San Giovanni Apostolo.
Il Coro dei Sacerdoti
– In medio Ecclesiae aperuit os ejus,
et implevit eum Domini spiritu sapientiae et intellectu.
– Bonum est confiteri Domino:
et psallere nomini Tuo, Altissime...
(Entra il Primo Sacerdote, preceduto da un accolito che porta lo stendardo dei Santi Innocenti.)
Il Primo Sacerdote
Da San Giovanni Apostolo,
un giorno, il giorno dei Santi Innocenti...
Il Coro dei Sacerdoti
Ex ore infantium, Deus,
perfecisti laudem propter inimicos Tuos...
Il Secondo Sacerdote
Dal dì degli Innocenti, un altro giorno:
oggi, dopo Natale, il quarto giorno...
Il Coro dei Sacerdoti
Gaudeamus omnes in Domino,
diem festum celebrantes...»
*
San Tommaso di Canterbury (Thomas Becket) fu sgozzato nella sua cattedrale, fra le grida di terrore del clero e dei fedeli, il 29 dicembre 1170, a opera di quattro sicari inviati dal re d’Inghilterra Enrico II: il santo arcivescovo era colpevole di non essersi piegato alle pretese cesaropapiste del sovrano.
Il grande Thomas Stearns Eliot (1888-1965), americano ma naturalizzato inglese, convertito all’anglo-cattolicesimo, si ispirò alla vicenda per uno dei capolavori della letteratura novecentesca, il dramma “Murder in the Cathedral”, rappresentato per la prima volta nel 1935. Il compositore Ildebrando Pizzetti ne trasse il libretto per l’opera “Assassinio nella cattedrale” e lo musicò con intensa emozione (1958), attingendo a esiti di forte spiritualità.
A me sembra idea davvero originale scandire il trascorrere dei giorni dopo Natale, in attesa di un esito drammatico che tutti temono e che su tutto incombe, utilizzando antifona e versetto dell’Introito delle messe del 26, 27, 28 e 29 dicembre.
Ma gli “echi tridentini” nel dramma di Eliot non finiscono qui. Due altri esempi vorrei presentare.
L’emozione si fa angosciosa nel momento in cui – nella scena che precede immediatamente il martirio – un coro di preti dietro le quinte intona la sequenza dei morti, il “Dies irae”; e intanto il Coro femminile in scena si abbandona a immagini (della morte e dell’inferno) che fanno davvero tremare:
«(...) Gli agenti dell’inferno scompaiono,
le presenze umane si ritraggono
e si dissolvono in polvere nel vento,
dimenticate, immemorabili. Rimane soltanto
il bianco volto piatto della Morte,
silenziosa serva di Dio.
E dietro il volto della Morte il Giudizio
e dietro il Giudizio il Vuoto, più orrido
delle frenetiche forme dell’inferno;
inesistenza, assenza, separazione da Dio;
l’orrore del viaggio senza sforzo
verso il territorio deserto che non è territorio,
ma solo assenza, inesistenza, il Vuoto (...)
Non è la cosa chiamata morte che temiamo,
ma ciò che oltre la morte non è morte.
Chi allora potrà implorare per me, chi allora
ci sarà a intercedere per me, nell’estrema mia angustia?».
“Quid sum, miser, tunc dicturus,
quem patronum rogaturus
cum vix iustus sit securus?”
«Morto sul legno, mio Salvatore,
non fare che sia vano il tuo dolore»
“Quaerens me sedisti lassus,
redemisti crucem passus:
tantus labor non sit cassus”
«Salvami dalla paura a cui mi arrendo:
polvere sono e alla polvere tendo»
“Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis”.
- Nel finale del dramma il canto in sottofondo del “Te Deum” sostiene ed illumina la trepidazione del Coro femminile, che contemplando il cadavere insanguinato di Becket si volge a Dio con accenti palesemente ispirati al “Cantico” di Francesco d’Assisi:
«Noi ti lodiamo, Dio, per la tua gloria che si dispiega in tutte le creature della terra, nella neve, nella pioggia, nel vento, nella tempesta; in tutte le tue creature, nei cacciatori come nelle prede. Perché tutte le cose esistono solo in quanto Tu le vedi, solo in quanto Tu le conosci; tutte le cose esistono solo nella Tua luce e la Tua gloria è proclamata anche da colui che Ti nega; le tenebre proclamano la gloria della luce. (...)»
[Per il primo esempio ho preferito riportare il testo del libretto d’opera; ma l’idea di utilizzare l’introito della Messa per scandire i giorni che passano è già nel dramma originale. Il secondo e il terzo esempio sono tratti dalla traduzione italiana del dramma di Eliot, a cura di Tommaso Giglio e Raffaele La Capria, edita da Bompiani (Milano, 1985). (Nel secondo esempio, l’accostamento fra i versi di Eliot e alcune particolari strofe del “Dies irae” è iniziativa mia). Fra le esecuzioni discografiche dell’opera, straordinaria mi sembra quella della Deutsche Grammophon diretta nel 1960 da Karajan, con un cast assolutamente meraviglioso, ma in lingua tedesca. In Internet si trovano riferimenti a esecuzioni (anche in dvd) molto più recenti. Io consiglio di partire da qui:
Giuseppe
Mi pare interessante citare cosa scriveva T. S. Eliot nel 1948 ("Appunti per una definizione della cultura"): "Se consideriamo il mondo occidentale, dobbiamo riconoscere che la principale tradizione culturale è quella corrispondente alla Chiesa di Roma. Solamente negli ultimi quattrocento anni un'altra se ne è manifestata, e chiunque abbia il senso di dove stia il centro e dove la periferia, dovrà ammettere che la tradizione occidentale è latina, e che questo vuol dire Roma. Innumerevoli ne sono le testimonianze nell'arte, nel pensiero e nel costume; e tra queste dobbiamo includere l'opera di tutti gli uomini nati ed educati in una società cattolica, quali fossero le loro personali credenze. Da questo punto di vista, la separazione dell'Europa settentrionale, e dell'Inghilterra in particolare, dalla comunione con Roma, rappresenta una diversione dalla principale corrente della cultura". Le grandi menti vedono le cose in anticipo, no?
RispondiEliminaGrazie, un ottimo spunto per l'approfondimento anche su Pizzetti che conoscevo solamente in modo superficiale.
RispondiEliminaA.H.
Che bravi siete !
RispondiEliminaIo ho studiato la partitura di Assassinio nella Cattedrale di Pizzetti.
La eseguimmo con Nicola Rossi Lemeni a Macerata all'Arena Sferisterio nel corso della Stagione Lirica del 1977 ( http://www.sferisterio.it/?p=2212 )
Il grande basso, che ovviamente interpretava la parte di San Thomas Becket, rilasciò ai giornali che era completamente d'accordo con le tesi dell'Arcivescovo Lefebvre.
Anzi lo invitò alla prima rappresentazione in Arena.
Purtroppo il pubblico fu assai ridotto ( come anche il clero).
Non seppero apprezzare la bellezza dell'opera e dei interpreti ( fra cui il maestro del Coro, prestato dalla Scala il Maestro Romano Gandolfi ).
L'Arcivescovo Lefebvfre non venne, nonostante l'invito da parte del grande Artista.
Grazie per avermi riportato indietro nel tempo : eravamo ragazzi ma avevamo le idee chiare...
Grazie !
Andrea Carradori