Post in evidenza

Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

domenica 2 agosto 2009

Papa Paolo VI. Di felice memoria?

Il Papa Ratzinger blog ha pubblicato ieri due allocuzioni del Papa Montini, la prima del 24 maggio 1976, la seconda del 27 giugno 1977. Ne riportiamo qui gli estratti che ci sembrano significativi, poiché trattano della liturgia e in particolare della ricezione della riforma (il testo integrale potete leggerlo sul Papa Ratzinger blog, ai link sopra riportati).
Paolo VI fu un papa profetico? Sì, nel senso che seppe andare contro il mondo proclamando la verità, come è compito dei profeti sin dall’Antico Testamento, in almeno due circostanze: il Credo del Popolo di Dio e la
Humanae Vitae. Se però dovessimo stare esclusivamente a quello che leggeremo nei due discorsi sotto riportati, dovremmo ammettere che, come profeta, qui non ne azzecca nemmeno mezza.
Paolo VI fu un papa audace, dal titolo di una recente monografia di Tornielli? Oh, se consideriamo che, primo (e speriamo ultimo) papa nella storia, estirpò dalla Chiesa una liturgia millenaria per sostituirla con una protesi plastica; che promosse quelle centrali burocratiche che sono le conferenze episcopali; che riformò gli ordini sacri; la curia romana (rendendo preminente la Segreteria di Stato anziché, com’era sempre stato, il S. Uffizio, quasi che le questioni in senso lato ‘politiche’ siano più importanti, nella Chiesa, della retta dottrina); l’elezione dei pontefici; la durata della carica episcopale; le prerogative pontificie, ecc. ecc.: beh, certamente fu un papa audacissimo, anche se non nel senso positivo che Tornielli dà all’aggettivo.
E’ lecito ai fedeli un giudizio storico su un pontefice? Certamente: il cattolicesimo sprona all’uso del senso critico, è
fides quaerens intellectum e non principio di autorità; ma resta dovuto il rispetto alla persona e alla carica e l’obbedienza al Magistero infallibile. Del quale però non fanno certamente parte gli atti di governo o liturgici come quelli sopra elencati. Noi ribadiamo il giudizio, espresso più diffusamente in una pagina permanente del nostro sito, per cui Papa Montini si trovò, suo malgrado, nocchiero (per molti aspetti inadatto) in gran tempesta. E cercò di salvare l’essenziale, ossia l’ortodossia della Chiesa, dimenticando che senza l’alimento di una liturgia senza ambiguità anche la dottrina, pur sulla carta solennemente ribadita, lentamente si perde nel sensus fidelium. Va riaffermata, quindi, l’integrità e la retta intenzione di quel Papa, che ha avuto la sventura di non essere amato né dagli uni (che lo considerarono e lo considerano l’eversore della liturgia) né dagli altri (che lo giudicarono non abbastanza progressista). Ma sull’avvedutezza e sulla lungimiranza delle scelte, molto sarebbe da opinare.
Ma torniamo ai testi che seguono. Paolo VI intende dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Da un lato deplora gli abusi liturgici e dottrinali, ma l’obbiettivo chiaro delle due intemerate papali, di inaudita violenza (almeno negl'irenici tempi postconciliari), ha un nome e cognome: Marcel Lefebvre. Paolo VI pronunzia una appassionata (e in fondo interessata: ne era lui l'autore) difesa delle riforme; la stessa condanna degli abusi non è che strumentale all'esaltazione di quel nuovo prodotto confezionato sotto il suo pontificato. Giudichino dunque i lettori, col senno di poi, queste parole. Le sottolineature e i commenti in rosso, ovviamente, son nostri.

Lunedì, 24 maggio 1976
Venerati Fratelli Nostri,
[..]
Il Concistoro, dicevamo, è un momento particolarmente grave e solenne per la vita della Chiesa, che si svolge nel tempo: e noi non possiamo lasciar passare questa occasione, che ci porta a contatto con voi, senza trattare in presenza vostra aspetti e questioni che ci stanno molto a cuore e che riteniamo di grande importanza; senza farvi parte dei sentimenti che nutriamo nell’intimo. Sono sentimenti di gratitudine e di gioia, da una parte, ma anche di preoccupazione e di pena dall’altra.

1) Il primo sentimento nasce da quell’ottimismo innato – fondato sulle promesse indefettibili di Cristo (Cfr. Matth. 28, 20; Io. 16, 33) e sulla constatazione di fenomeni sempre nuovi e consolanti - che noi abitualmente nutriamo in cuore: è la vitalità, la giovinezza della Chiesa, di cui abbiamo tanti segni. Ne abbiamo avuto la prova nel recente Anno Santo, che tuttora irradia il suo influsso nel nostro spirito. L’essenza della vita cristiana sta nella vita spirituale, in questa vita soprannaturale ch’è dono di Dio: e noi abbiamo il più grande conforto nel vederla svilupparsi in tanti Paesi, nella testimonianza della fede, nella Liturgia, nella preghiera riscoperta e rigustata, nella gioia custodita nella chiarità dello sguardo spirituale e nella purezza del cuore. Noi vediamo inoltre svilupparsi sempre più e più l’amore dei fratelli, inseparabile dall’amore di Dio, che ispira l’impegno crescente di tanti nostri figli, e la loro solidarietà profonda con i poveri, con gli emarginati, con gli indifesi.
Noi vediamo le linee tracciate dal recente Concilio dirigere e sostenere lo sforzo continuo di adesione al Vangelo di Cristo, in uno sforzo di autenticità cristiana, nell’esercizio delle virtù teologali. Noi vediamo con commossa ammirazione il fiorire delle iniziative missionarie e, soprattutto, abbiamo non indubbi segni che, dopo una battuta d’arresto, anche il settore più delicato e grave come quello delle vocazioni sacerdotali e religiose, ha una indubitabile ripresa in vari paesi [!]. Noi vediamo in tutti i continenti molti giovani rispondere generosamente e concretamente alle consegne del Vangelo, e dimostrare sforzo di coerenza assoluta tra l’altezza dell’ideale cristiano e il dovere di tradurlo in pratica.
Sì, venerati Fratelli nostri, veramente lo Spirito è all’opera in tutti i campi, anche in quelli che parevano più inariditi!

2) Ma vi sono anche motivi di amarezza, che non vogliamo certo velare né minimizzare: e nascono specialmente dal rilievo di una polarità, spesso irriducibile in certi suoi eccessi, che manifesta in campi diversi una immaturità superficiale, ovvero una ostinazione caparbia, in sostanza una sordità amara verso gli appelli a quel sano equilibrio, conciliatore delle tensioni, partiti dalla grande lezione del Concilio, sono ormai più di dieci anni.

a) Da una parte, ecco coloro che, col pretesto di una più grande fedeltà alla Chiesa e al Magistero, rifiutano sistematicamente gli insegnamenti del Concilio stesso, la sua applicazione e le riforme che ne derivano, la sua graduale applicazione a opera della Sede Apostolica e delle Conferenze Episcopali, sotto la nostra autorità, voluta da Cristo. Si getta il discredito sull’autorità della Chiesa in nome di una Tradizione, di cui solo materialmente e verbalmente si attesta rispetto; si allontanano i fedeli dai legami di obbedienza alla Sede di Pietro come ai loro legittimi Vescovi; si rifiuta l’autorità di oggi, in nome di quella di ieri. E il fatto è tanto più grave, in quanto l’opposizione di cui parliamo non è soltanto incoraggiata da alcuni sacerdoti, ma capeggiata da un Vescovo, da Noi tuttavia sempre venerato, Monsignor Marcel Lefebvre.
È tanto doloroso il notarlo: ma come non vedere in tale atteggiamento - qualunque possano essere le intenzioni di queste persone - porsi fuori dell’obbedienza e della comunione con il Successore di Pietro e quindi della Chiesa?
Poiché questa, purtroppo, è la conseguenza logica, quando cioè si sostiene essere preferibile disobbedire col pretesto di conservare intatta la propria fede, di lavorare a proprio modo alla preservazione della Chiesa cattolica, negandole al tempo stesso un’effettiva obbedienza. E lo si dice apertamente! Si osa affermare che il Concilio Vaticano II non è vincolante; che la fede sarebbe in pericolo altresì a motivo delle riforme e degli orientamenti Post-conciliari, che si ha il dovere di disobbedire per conservare certe tradizioni. Quali tradizioni? È questo gruppo, e non il Papa, non il Collegio Episcopale, non il Concilio Ecumenico, a stabilire quali, fra le innumerevoli tradizioni debbono essere considerate come norma di fede! Come vedete, venerati Fratelli nostri, tale atteggiamento si erge a giudice di quella volontà divina, che ha posto Pietro e i Suoi Successori legittimi a Capo della Chiesa per confermare i fratelli nella fede, e per pascere il gregge universale (Cfr. Luc. 22, 32; Io. 21, 15 ss.), che lo ha stabilito garante e custode del deposito della Fede.
E ciò è tanto più grave, in particolare, quando si introduce la divisione, proprio là dove congregavit nos in unum Christi amor, nella Liturgia e nel Sacrificio Eucaristico, rifiutando l’ossequio alle norme definite in campo liturgico. È nel nome della Tradizione che noi domandiamo a tutti i nostri figli, a tutte le comunità cattoliche, di celebrare, in dignità e fervore la Liturgia rinnovata. L’adozione del nuovo «Ordo Missae» non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo. Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino [sì invece, ben diversamente: ché il Santo Pontefice aveva lasciato sussistere tutti i riti che accampassero un'antichità di almeno due secoli; che dire allora della Messa di sempre, che di secoli ne ha come minimo quindici?]
La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno.

Parecchie volte, direttamente, per tramite di nostri collaboratori e di altre persone amiche, abbiamo richiamato l’attenzione di Monsignor Lefebvre sulla gravità dei suoi atteggiamenti, l’irregolarità delle principali sue presenti iniziative, l’inconsistenza e spesso falsità delle posizioni dottrinali sulle quali egli basa gli uni e le altre, e il danno che da essi proviene alla Chiesa intera.

È con profonda amarezza ma con paterna speranza che noi ci rivolgiamo una volta di più a questo nostro Confratello, ai suoi collaboratori e a quelli che si sono lasciati trascinare da essi. Oh, certo, noi crediamo che molti di questi fedeli, almeno in un primo momento, erano in buona fede: comprendiamo anche il loro attaccamento sentimentale [!!!] a forme abituali di culto o di disciplina che per lungo tempo erano stati per essi di sostegno spirituale e nei quali avevano trovato nutrimento spirituale. Ma abbiamo fiducia ch’essi sapranno riflettere con serenità, senza partito preso, e vorranno ammettere che troveranno oggi il sostegno e il nutrimento che cercano, nelle forme rinnovate che il Concilio Ecumenico Vaticano II e Noi stessi abbiamo decretato come necessario, per il bene della Chiesa, il suo progresso nel mondo contemporaneo, la sua unità. Noi dunque esortiamo, ancora una volta, tutti questi nostri fratelli e figli, li supplichiamo di prendere coscienza delle profonde ferite che, altrimenti, causano alla Chiesa, di nuovo li invitiamo a pensare . . .
È con profonda amarezza ma con paterna speranza che noi ci rivolgiamo una volta di più al nostro Confratello Monsignor Marcel Lefebvre, ai suoi collaboratori; li invitiamo a pensare ai moniti gravi di Cristo su l’unità della Chiesa (Cfr. Io. 17, 21 ss.) e sull’obbedienza dovuta al legittimo Pastore da Lui preposto al gregge universale, come segno dell’obbedienza dovuta al Padre e al Figlio (Cfr. Luc. 10, 16). Noi li attendiamo con cuore aperto, con le braccia pronte all’abbraccio: sappiano ritrovare in umiltà e edificazione, per la gioia del Popolo di Dio, la via dell’unità e dell’amore!

b) Dall’altra parte, in direzione opposta quanto a posizione ideologica, ma ugualmente causa di profonda pena, vi sono coloro che, credendo erroneamente di continuare nella linea del Concilio, si sono messi in una posizione di critica preconcetta e talora irriducibile della Chiesa e delle sue istituzioni. Perciò, con altrettanta fermezza dobbiamo dire che non ammettiamo l’atteggiamento:

- di quanti si credono autorizzati a creare la loro propria liturgia, limitando talora il Sacrificio della Messa o i sacramenti alla celebrazione della propria vita o della propria lotta, oppure al simbolo della loro fraternità; o praticano abusivamente l’intercomunione;

- di quanti minimizzano l’insegnamento dottrinale nella catechesi o la snaturano secondo il gusto degli interessi, delle pressioni o delle esigenze degli uomini, secondo tendenze che travisano profondamente il messaggio cristiano, come già abbiamo indicato nell’Esortazione Apostolica «Quinque iam anni», 1’8 dicembre 1970, a cinque anni dalla fine del Concilio (Cfr. AAS 63 (1971) 99);

- di quanti fingono d’ignorare la Tradizione vivente della Chiesa, dai Padri fino agli insegnamenti del Magistero, e reinterpretano la dottrina della Chiesa, e lo stesso Vangelo, le realtà spirituali, la divinità di Cristo, la sua risurrezione o l’Eucaristia, svuotandole praticamente del loro contenuto e creando in tal modo una nuova gnosi e introducendo in certo modo nella Chiesa il «libero esame»; e ciò è tanto più pericoloso quando si tratta di coloro che hanno l’altissima e delicata missione di insegnare la Teologia cattolica [ottima la condanna, sulla carta. Ma quanti di questi fomentatori di eresie installati in cattedre cattoliche, furono effettivamente sanzionati e allontanati in quegli anni montiniani?];

- di quanti riducono la funzione specifica del ministero sacerdotale;

- di quanti dolorosamente trasgrediscono le leggi della Chiesa, o le esigenze etiche da essa richiamate;

- di quanti interpretano la vita teologale come una organizzazione della società di quaggiù, anzi la riducono ad un’azione politica, adottando a questo scopo uno spirito, metodi, e pratiche contrarie al Vangelo; e si giunge a confondere il messaggio trascendente di Cristo, il suo annuncio del Regno di Dio, la sua legge d’amore tra gli uomini, fondato su l’ineffabile paternità di Dio, con ideologie che essenzialmente negano tale messaggio sostituendolo con una posizione dottrinale assolutamente antitetica, propugnando un connubio ibrido tra due mondi inconciliabili, com’è riconosciuto dagli stessi teorici dell’altra parte.

Cristiani simili non sono molto numerosi, è vero, ma fanno molto rumore, credendo troppo facilmente d’interpretare le necessità di tutto il popolo cristiano o il senso irreversibile della storia. Non possono, così facendo, richiamarsi al Concilio Vaticano II, perché la sua interpretazione e la sua applicazione non si prestano ad abusi di sorta; né appellarsi alle esigenze dell’apostolato per avvicinare i lontani o gli increduli: l’apostolato vero è inviato dalla Chiesa per testimoniare su la dottrina e la vita della Chiesa stessa. Il lievito deve essere diffuso in tutta la pasta, ma deve rimanere lievito evangelico. Altrimenti si corrompe anch’esso col mondo.
[..]



DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI IN OCCASIONE DEL CONCISTORO PER LA NOMINA DI QUATTRO CARDINALI [tra i quali: Joseph Ratzinger]

Lunedì, 27 giugno 1977
[..]

Un punto particolare della vita della Chiesa attira oggi di nuovo l’attenzione del Papa: i frutti indiscutibilmente benèfici della riforma liturgica. Dalla promulgazione della Costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» è avvenuto un grande progresso, che risponde alle premesse poste dal movimento liturgico dello scorcio finale del sec. XIX, e ne ha adempiute le aspirazioni profonde, per cui tanti uomini di Chiesa e studiosi hanno lavorato e pregato. Il nuovo Rito della Messa, da noi promulgato dopo lunga e responsabile preparazione degli organi competenti, e nel quale sono stati introdotti, accanto al Canone Romano, rimasto sostanzialmente immutato, altre eulogie eucaristiche, ha portato frutti benedetti: maggiore partecipazione all’azione liturgica; più viva consapevolezza dell’azione sacra; maggiore e più ampia conoscenza dei tesori inesauribili della Sacra Scrittura; incremento del senso comunitario nella Chiesa.

Il corso di questi anni dimostra che siamo nella via giusta. Ma vi sono stati, purtroppo - pur nella grandissima maggioranza delle forze sane e buone del clero e dei fedeli - abusi e libertà nell’applicazione. È venuto il momento, ora, di lasciar cadere definitivamente i fermenti disgregatori, ugualmente perniciosi nell’un senso e nell’altro, e di applicare integralmente nei suoi giusti criteri ispiratori, la riforma da Noi approvata in applicazione ai voti del Concilio.

- Ai contestatori che, in nome di una mal compresa libertà creativa, hanno portato tanto danno alla Chiesa con le loro improvvisazioni, banalità, leggerezze - e perfino con qualche deplorevole profanazione -Noi chiediamo severamente di attenersi alla norma stabilita: se questa non venisse rispettata, ne potrebbe andare di mezzo l’essenza stessa del dogma per non dire della disciplina ecclesiastica, secondo l’aurea norma:«lex orandi, lex credendi». Chiediamo fedeltà assoluta per salvaguardare la «regula fìdei». Siamo certi che, in quest’opera, ci sovviene l’instancabile, oculata, paterna azione dei Vescovi, responsabili della fede e della preghiera nelle singole diocesi [qualche nome? Weakland, Suenens, Hume]

- Ma con pari diritto ammoniamo coloro che contestano e si irrigidiscono nel loro rifiuto sotto il pretesto della tradizione, affinché ascoltino com’è loro stretto dovere, la voce del Successore di Pietro e dei Vescovi, riconoscano il valore positivo delle modificazioni «accidentali» introdotte nei sacri Riti (che rappresentano vera continuità, anzi spesso rievocazione dell’antico nell’adattamento al nuovo), e non si ostinino in una chiusura preconcetta, che non può essere assolutamente approvata. Li scongiuriamo, in nome di Dio: «Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo» (2 Cor. 5, 20).
[..]
Ed esprimiamo ancora, col cuore pieno di tristezza, la sofferenza che ci procurano le illegittime ordinazioni, che un nostro Fratello nell’episcopato recidivamente ha conferito ieri e si accinge a conferire e che noi deploriamo fermamente. Agendo così, egli accentua la sua opposizione personale alla Chiesa e la sua azione di divisione e di ribellione su temi di estrema gravità, nonostante le nostre pazienti esortazioni e la sospensione incorsa con l’interdizione formale a persistere nei suoi propositi contrari alla norma canonica. Sono così posti dei giovani al di fuori del ministero autentico, che sarà loro proibito di esercitare dalla legge sacrosanta della Chiesa: sono trascinati i fedeli, che li seguiranno, in un’attitudine di turbamento, se non addirittura di rivolta fortemente pregiudizievole ad essi stessi e alla comunione ecclesiale. Quali ne siano i pretesti, ciò costituisce una ferita inferta alla Chiesa, una di quelle che San Paolo condannava così severamente. Noi supplichiamo quel nostro Fratello: voglia porre attenzione alla frattura che egli opera, al disorientamento che arreca, alla divisione che introduce, con gravissima responsabilità. I nostri Predecessori alla cui disciplina egli presume di appellarsi, non avrebbero tollerato tanto a lungo, quanto noi pazientemente abbiam fatto, una disobbedienza altrettanto ostinata quanto dannosa. Vi chiediamo di pregare con noi lo Spirito Santo affinché illumini le coscienze.
[..]

83 commenti:

  1. GRAZIE , grazie amici di Messa in latino, per la chiarezza ed il coraggio della vostra introduzione a questi due brani di Paolo VI. C'è un pericolo oggi: voler mischiare la tradizione, salvaguardata da decenni con grandi sofferenze da alcuni, obbedienti al Signore, con la linea ufficiale del Vaticano, che di pasticci ne ha fatti tanti in questi anni, e potrebbe farne ancora. Dobbiamo sempre considerare che la confusione degli ecclesiastici, di qualsiasi livello siano, uccide le anime. Quanti si sono persi, preti e laici, perchè in questi anni hanno obbedito al Vaticano, alla sua approssimazione continua, che in una cosa sola è stato costante: nello smantellamento del vero spirito cristiano, per seguire effimere mode del momento. No , Paolo VI non fu profeta...anche se si fermò, grazie a Dio, sulla soglia
    un povero prete

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Notare dal discorso come Lefebvre viene apostrofato direttamente, mentre gli appunti ad altri sono generici (tra l'altro il beneamato Rahner, ovviemente, non è citato)

    Quoto, dal discorso queste parole che, oggi, mi fanno rabbrividire:

    "Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.

    La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno.
    "

    Che dire, se non chiedersi da quale parte fossero i profeti di sventura, scambiata per la "nuova primavera della Chiesa" (inconsapevoli?). solo il Signore lo sa.

    RispondiElimina
  4. X LA REDAZIONE: Catechismo del Popolo di Dio o Credo del Popolo di Dio?

    Antonello

    RispondiElimina
  5. RIPOSTA A MATIAS AUGÈ - 1

    Leggo in ritardo, grazie alla segnalazione di un amico, un commento ancor una volta a me riservato dal prof. Don MATIAS AUGÈ. Finisce che monto in superbia per tanta e sì dotta attenzione, addirittura in home page.
    Ecco quel che scrive il cattedratico liturgista il 6 luglio u.s.

    Il Messale del 1962 e la Costituzione "Sacrosanctum Concilium"
    COSA DOVREBBE RECEPIRE IL MESSALE ROMANO DEL 1962
    IN FEDELTA’ ALLA COSTITUZIONE SACROSANCTUM CONCILIUM?

    “Nella strenua difesa del Messale del 1962, non sono pochi coloro che sottovalutano le decisioni della Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II, fino ad affermare: “Se il Concilio lo ha voluto riformare [il Messale del 1962] non è certo perché il messale in sé avesse delle pecche teologico-dottrinali, ma perché, inseguendo il mito d'una malintesa ‘actuosa partecipatio’, al quale aveva già risposto abbondantemente la sapienza liturgica di Pio XII, voleva introdurre la lingua vernacola nelle letture e in qualche canto” (Dante Pastorelli: blog “Messa in latino”, 2 luglio 18.32). Si tratta di un modo quanto mai sbrigativo di valutare le intenzioni e le decisioni del Concilio.” (seguono articoli della “Sacrosanctum Concilium” coi suggerimenti per la revisione ei riti)
    ------------------
    In un certo senso, don Augé non ha tutti i torti, anzi, avrebbe piena ragione se quel mio commento al post “Recensione a Mosebach”, in risposta ad alcune sue osservazioni, non avesse avuto altro fine che affrontare un’analisi della “Sacrosanctum Concilium” e se non andasse inquadrato nel pensiero che via via ho esposto in queste pagine ed anche alla luce della mia affermazione successiva, che non vien citata, in cui specificavo, pur soffermandomi soprattutto sul latino, che le esigenze avanzate dai padri del Vaticano II erano state accolte nel messale del 1965 con opportune modifiche a quello del 1962 ed oltre queste non avevan inteso andare. Questo messale, non foss’altro che per motivi di età, me lo son rigirato fra le mani con sufficiente attenzione, a suo tempo, avendo seguito il rito rinnovato per un paio d’anni. Non è un buon metodo esegetico estrapolare una frasettina ed attribuirle il valore d’una convinzione o valutazione dominante ed assoluta. Bastava, in fondo, chieder chiarimenti. Ma una prima pagina, ohibò! Se io, da un post di don Augé in cui, a titolo esemplificativo, s’affermasse che “senza tener conto degli errori o dei limiti del Messale di Paolo VI che male l’applica, la “Sacrosanctum Concilium” resta validissima”, estrapolassi solo “errori e limiti del Messsale di Paolo VI” e dichiarassi l’Augé un critico del Novus Ordo o un pentito del Novus Ordo, sarei credibile?
    Tengo a precisare, tuttavia, che, pur nella mia pochezza, conosco bene le intenzioni liturgiche del Concilio, e non m’adonto affatto se mi vengon rammentate giacché non m’arrogo la preparazione del contraddittore. Però, gli ricordo che so leggere e non da ieri. E so leggere ancor oggi, magari con gli occhiali.

    Molto sbrigativamente, è vero, ho accennato, in quel mio occasionale, estemporaneo commento, che non è un post ufficiale della redazione, inserito in una discussione vivace tra amici, agli obbiettivi del concilio in campo liturgico, perché mi premeva aprir una finestra su alcuni altri argomenti: la fede eucaristica pienamente espressa nel rito di S. Pio V, l’assenza di errori dottrinali e teologici nel venerando messale romano che non eran la motivazione a proceder ad una sua revisione (non all’invenzione d’altro rito), la volontà di Paolo VI di eliminare le pietre d’inciampo sulla via del dialogo protestante da cui potevan esser derivate, accentuate da Bugnini e compagni di “Consilium” e loro collaboratori e successori, l’ambiguità d’un Offertorio non sacrificale e l’introduzione di Canoni in cui non si fa cenno alla Transustanziazione. E questo era il punto principale a cui volevo aggiunger qualche chiosa, dato che l’Augé definiva ridicolo sostener che alcuni Canoni ponevan in ombra la Transustanziazione. E ridicolo non v’è, ma solo la nuda e cruda verità.

    RispondiElimina
  6. RIPOSTA A MATIAS AUGÈ - 2

    Nel V Canone (Svizzero) si chiede al Padre di mandare lo Spirito su pane e vino perché “il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il Suo Corpo ed il Suo Sangue”: come si realizzi questa presenza non si dice. Ed era tanto equivoco, quel Canone, l’ho ricordato, che il card. Medina Estevez, il quale me ne scrisse, lo modificò nell’edizione tipica in latino del 2003, sostituendo il virgolettato con la conclusiva formula interamente cattolica propria degli altri Canoni: “affinché diventino il Corpo e il Sangue…” Revisione necessaria, giacché quest’infelice preghiera, che non è ancora stata modificata nelle edizioni in lingue nazionali, aveva suscitato vaste reazioni, ed il noto teologo p. Enrico Zoffoli lo aveva definito, senza mezzi termini, “eretico”.
    Nella Preghiera Eucaristica II della Conciliazione s’invoca Dio perché mandi lo Spirito a santificare i doni: a qual fine? Silenzio. Dove si parla di Transustanziazione? Non ho sostenuto che non avvenga questa sublime conversione, perché c’è l’intenzione del sacerdote (si spera) di far quel che la Chiesa vuol si faccia, ma che non è esplicitata e, pertanto, induce all’errore ed alla perdita del senso del sacro. Ecco come la Presenza Reale vien messa in ombra.
    Quindi, senz’altro per mia colpa, per non aver, cioè, circostanziatamente espresso il mio pensiero su di un tema toccato marginalmente e frettolosamente, vengo presentato come una specie d’esponente d’una corrente teologica – fo per dire - che mira a sminuir gl’intendimenti autentici della “Sacrosanctum Concilium”. Troppa grazia, don Augé, ma io non ne ho la statura e non m’interessa sminuir proprio niente. Anzi, a dirla tutta, anche se in genere preferisco sorvolare, ritengo che certe formulazioni generiche sono alla base dei successivi disastri liturgici. E sorvolo soltanto perché nei documenti del Vaticano II c’è ben altro da chiarire, da interpretare della luce della Tradizione o da rivedere. A cominciar dalla sua “nota”.
    Ed allora, per meglio spiegarmi davanti agli amici del blog, mi permetto di buttar giù alcune considerazioni, senza la minima pretesa di sistematicità.

    L’innovazione più vistosa, che fa apparir il rito del 1965 assai diverso da quello del 62, è indiscutibilmente l’introduzione della lingua nazionale al posto del latino, lingua sacra per eccellenza sino a Giovanni XXIII: introduzione, qua di fatto, se non di diritto, obbligatoria (l’Istr. “Inter Oecumenici” 54 dispone che sia ammessa la lingua nazionale “soprattutto” per…), là più facoltativa: facoltativa sì, nelle intenzioni del concilio e del legislatore, ma divenuta ben presto per prassi comunemente obbligatoria. Penso che almeno questo sia pacifico anche per don Augè. Ed è anche, a mio modesto avviso di semplice fedele, tale innovazione, la più importante, perché attraverso di essa se ne veicolano altre che, in caso contrario, non avrebbero avuto l’utilità pastorale che l’ecumenica assise si poneva come obbiettivo. Solo con l’introduzione della lingua nazionale, infatti, si pensava potesse realizzarsi quel che allora si volle intender (e fraintendere) come partecipazione attiva e piena al Sacrificio da parte dei fedeli: che senso avrebbe potuto aver il ripristino della preghiera universale o la proclamazione in latino, volti al popolo e non al Signore, di passi biblici più ampi ed abbondanti, dell’Epistola e del Vangelo, mentre il sacerdote è alla sede o all’ambone (novità anche questa)? E come sarebbe stato possibile ai fedeli “ignoranti”, magari al povero chierichetto, legger Antico e Nuovo Testamento sempre nella lingua di Roma? E solo in tal modo, ancor si pensava, potevan “apparire” più evidenti la specifica natura delle varie parti della Messa e la loro connessione. E ripeto “apparire”, cioè esser visibili a primo impatto: perché questa intima e razionale connessione, questa specifica natura delle varie parti della Messa nel rito precedente eran sostanza che senza difficoltà poteva esser offerta al popolo con opportuna catechesi, come avveniva quand’io ero un bimbetto delle elementari.

    RispondiElimina
  7. RIPOSTA A MATIAS AUGÈ - 3

    Ricapitolando, in Lingua “vernacula” (non tratto volutamente delle messe solenni ma solo della messa letta “cum populo”) nel rito del 1965 POSSONO (ma nei fatti DEVONO) esser proclamate le varie letture bibliche, l’Epistola, il Vangelo, la Preghiera Universale, mentre PUÒ esser usata tale lingua per Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei, Introito, Colletta, Graduale, Alleluja, Tratto, Sequenza, Antifona all’Offertorio, quella alla Comunione ed il Post-communio, ed anche il Confiteor e quel che resta dopo la drastica sforbiciata all’eccelso salmo penitenziale. E si continua con saluti, acclamazioni, il dialogo al Prefazio, l’Oremus, il Dominus vobiscum, il Pater (che si recita dal popolo assieme al celebrante) e Libera nos, il Domine, non sum dignus ecc.
    Risulta chiaro, allora, il senso della mia affermazione: nella “mens” dei padri del Vaticano II (o di chi per essi?) la volontà di introdurre la lingua nazionale a sostituzione seppur parziale del latino inglobava ed implicava una serie di cambiamenti non solo linguistici nel rito.
    La “Sacrosanctum Concilium”, quindi, suggerisce sì anche qualcos’altro, ma nel rispetto della sostanza dei riti che nel Messale del 1965 fu mantenuta.


    Per por termine al presente lacunoso excursus (scrivo sul filo della memoria, e con qualche briciolo d’appunti sul PC campagnolo e non ho voglio d’addentrarmi in ricerche in internet, per cui, ove ci fossero errori sarei lieto mi venissero segnalati), un cenno ad altre direttive del concilio relative, ad es., all’omelìa, ad una revisione e semplificazione dell’Ordinario, con eliminazione di ciò che si riteneva inutile duplicato o ormai obsoleto, ma il tutto in termini assai vaghi e generici.
    E così, semplificazione dietro semplificazione, nell’applicazione della presunta volontà conciliare, furono aboliti: il salmo Judica me Deus, l’ultimo Vangelo, le preghiere leonine (inutili? E’ inutile dichiararsi indegno di celebrar il Sacro Mistero del Sacrificio Divino? Via…L’ultimo Vangelo dava forse fastidio agli Ebrei? E la preghiera a S. Michele Arcangelo dava fastidio a… Satana?), molte genuflessioni (anche all’Incarnatus est!), molti segni di croce (Adjutorium, e alla fine di Gloria, Credo, Introito, Sanctus, Libera nos), e poi i tanti e profondamente simbolici baci liturgici, il sollevamento della pianeta all’elevazione, il suono del campanello al Sanctus, la tradizionale formula della comunione (Corpus Domini Nostri….) ridotta a Corpus Christi, il segno di croce che fa il sacerdote con la particola prima di depositarla sulla lingua dei fedeli in ginocchio ecc.
    Si rompe il silenzio che invita alla concentrazione, perché varie preghiere son lette ad alta voce, compresi la Secreta, il Libera nos, la dossologia alla fine del Canone ecc. Inoltre l’Istruzione “Inter Oecumenici” spalanca la porta alla celebrazione verso il popolo.

    La razionalistica operazione chirurgica non fu indolore ed il prodotto non risultò certo particolarmente esaltante per bellezza, profondità, misticismo, senso del sacro com’era il messale precedente. Ma l’essenziale della Messa, specie nella parte sacrificale, restò intatto: nessuno può accusar questo Messale, che impoverisce senz’altro il rito, di oscurar qualche verità.
    Se ci si fosse fermati a questa riforma non ci sarebbero stati grossi problemi nella Chiesa. Ma poi venne il Messale del 1967 e successivamente il capolavoro di Paolo VI. Alla luce del quale si cominciò a guardar anche al Messale del 1965 che venne visto in funzione dell’ultimo, la prima tappa, pertanto, verso la formulazione d’un rito completamente o quasi nuovo, in discontinuità con la Tradizione: e per questo anche chi, come mons. Lefebvre, l’aveva accettato, ritenendolo ormai soltanto una tappa per la riforma finale indigeribile, tornò al Messale del 1962. E Giovanni Paolo II con l’indulto e Benedetto XVI con il Summorum Pontificum, saltano a pie’ pari i messali del ’67-’65 ed approvano soltanto l’uso del messale tradizionale rivisto da Giovanni XXIII. Il che deve pur significar qualcosa.

    RispondiElimina
  8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  9. Chiedo scusa alla Redazione ed agli amici lettori per lo spazio occupato. Credo, tuttavia, che il mio commento s'inserisca nel dibattito sui discorsi di Paolo VI,
    pur partendo dalla volontà di chiarire la mia posizione sulla prima riforma liturgica "conciliare".

    Concordo con l'analisi della Redazione ed aggiungo che non solo certi cattivi maestri non furono sanzionati, ma che addirittura furono richiamati a Roma alcuni d'essi che erano stati in precedenza allontanati dai loro incarichi.
    Sull'argomento si vedano i libri di mons. Spadafora, specie La Nuova Esegesi. Chi ne è in possesso può confermar con citazioni e particolari in modo preciso, perché io non posso farlo per il noto motivo del mio temporaneo volontario esilio contadino.

    RispondiElimina
  10. beati voi che avete la pazienza di stare dietro PAOLO

    VI ........

    RispondiElimina
  11. Certo che quando leggo:

    

L’essenza della vita cristiana sta nella vita spirituale, in questa vita soprannaturale ch’è dono di Dio: e noi abbiamo il più grande conforto nel vederla svilupparsi in tanti Paesi, nella testimonianza della fede, nella Liturgia, nella preghiera riscoperta e rigustata, nella gioia custodita nella chiarità dello sguardo spirituale e nella purezza del cuore.
    ...
    Abbiamo non indubbi segni che, dopo una battuta d’arresto, anche il settore più delicato e grave come quello delle vocazioni sacerdotali e religiose, ha una indubitabile ripresa in vari paesi.


    

Mi dico che effettivamente l`ottimismo era re ed era cieco!


    Effettivamente Paolo VI rimproverava :

    Si osa affermare che il Concilio Vaticano II non è vincolante; che la fede sarebbe in pericolo altresì a motivo delle riforme e degli orientamenti Post-conciliari,

    

Ciò che abbiamo sotto gli occhi oggi ci mostra purtroppo che chi osava fare quelle affermazioni non aveva tutti i torti, al contrario!


    È poi più che evidente che Paolo VI ha voluto la riforma liturgica come l`ha costruita Bugnini, suo protetto, è chiaro che per lui l`antico rito doveva appartenire al passato che il nuovo veniva a sostituire l`antico....che era concesso solo a sacerdoti infermi o anziani che celebrassero sine populo e con previa autorizzazione!!
    

Quando poi leggo:



    Ma abbiamo fiducia ch’essi sapranno riflettere con serenità, senza partito preso, e vorranno ammettere che troveranno oggi il sostegno e il nutrimento che cercano, nelle forme rinnovate che il Concilio Ecumenico Vaticano II e Noi stessi abbiamo decretato come necessario, per il bene della Chiesa, il suo progresso nel mondo contemporaneo, la sua unità.

    

Non so quale progresso nel mondo sperava Paolo VI, ma penso che non ci sia bisogno di grandi commenti per dire che la Chiesa oggi non è unita, non è serena, non sembra aver trovato sostegno e nutrimento nelle forme rinnovate del Vaticano II, ma è in crisi, è confusa, è in uno stato di apostasia dilagante.

    RispondiElimina
  12. Quoto LUISA e sottolineo ancor una volta che l'interdizione di celebrar la S.Messa secondo il Rito Romano Antico, anche alla luce del Motu Proprio Summorum Pontificum, era priva di valore giuridico.
    La volontà di proseguire sulla via della tradizione liturgica, quindi, non si configurava come atto contra legem.

    RispondiElimina
  13. scusate !!!!!!!

    vi ricordate la tragedia di ALDO MORO !!!


    ebbene PAOLO VI si offri per aver libera la persona di MORO .

    atto nobilissimo .......... se lo avesse fatto uno di noi , l' uomo .

    ricordate forse nella storia una cosa simile da parte di un PONTEFICE !?!?!?!?

    RispondiElimina
  14. Secondo te, le BR avrebbero scambiato Moro con me o te?
    Ed anche, col Papa?

    RispondiElimina
  15. Mi scuso presso i lettori, se riprendo fedelmente ciò che ho già scritto su Rinascimento sacro.

    Ringrazio Il Signore di averci dato il 19 qprile 2005 Benedetto XVI come Pastore della Sua Chiesa!



    Dalla LETTERA DI PRESENTAZIONE DEL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

    "

Quanto all’uso del Messale del 1962, come forma extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare l’attenzione sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso.
    
...

    Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto.




    http://magisterobenedettoxvi.blogspot.com/2007/07/la-lettera-di-presentazione-del-motu.html

    RispondiElimina
  16. è ovvio non è questo quello che intendo dire .


    ....... ma avrebbe potuto farlo un alto personaggio ......

    RispondiElimina
  17. Era Moro l'uomo-simbolo da abbattere. Nessuno, allora, poteva sostituirlo.

    RispondiElimina
  18. Anch'io, come tanti, avevo preso sul serio le parole di Paolo VI.
    Non capivo il perché, ma stavo male.
    Solo da pochi anni ho cominciato a rendermi conto della natura del malessere che avvertivo.
    Così ho scoperto che la mia crisi era lo specchio della crisi della Chiesa, crisi nel senso inteso da Romano Amerio in Iota Unum.
    I testi proposti oggi dalla Redazione non fanno che convincermi sempre più delle buone ragioni di Monsignor Levebfre.
    Grazie in particolare a Dante Pastorelli e a Luisa (che da quello che scrive ha percorso un commino parallelo al mio).

    RispondiElimina
  19. si certo ....... ho voluto solo dire se un pontefice puo , come era

    intenzione di PAOLO VI , offrirsi per la vita di un altro ....


    ma lo ha fatto per ALDO MORO .......

    RispondiElimina
  20. A volte l'ignoranza supera solo la tracotanza: scusate ma le Conferenze episcopali sono state istituite già dall'ultimo papa tradizionale Pio XII (la CEI è del 1952). Altro che Paolo VI e Concilio Vaticano II!!
    Per favore, fate attenzione e siate un po' più umili. Non state facendo un gran servizio alla Chiesa dileggiando il magistero autentico e seminando dubbi tra il popolo di Dio.

    RispondiElimina
  21. -E' un gesto straordinario quello di offrire sè stessi per salvare la vita di una persona. Chiunque essa sia.
    Io ricordo un Santo a caso. San Kolbe.
    Non facciamo i farisei che si sono scandalizzati dinanzi a Gesù che si lasciava baciare i piedi da una puttana.
    Risparmiamocele. E pensiamo a noi stessi.


    -Detto questo, su un argomento che non c' entra niente con il topic dell' articolo, mi riprometto di intervenire qui sotto nello specifico.

    Saluti

    RispondiElimina
  22. Il problema non son le conferenze episcopali in sé in quanto organismi d'incontro, discussione, coordinamento ed indirizzo pastorale, ma le conferenze burocratizzate e che per la falsa nozione di collegialità usurpano il potere docente proprio del singolo vescovo, il quale, all'interno dell'organismo, cede - salvo casi eccezionali - alla volontà della maggioranza.
    Pio XII non si faceva metter i piedi in testa da nessuno.

    RispondiElimina
  23. non una questione di essere fariseo o meno ...... PADRE KOLBE è ha fatto un atto di martirio .......

    io ancora chiedo ... può un pontefice fare quello che proponeva PAOLO VI ....... e nella storia della CHIESA si conoscono casi simili !?!?!?

    scusa CC ma conosco bene i miei limiti ed i miei difetti che NON SONO POCHI ... E NON C' DA SCIALARE al riguardo ...... !?!?!?

    RispondiElimina
  24. se non sbaglio paolo VI richiamo nelle varie Universita' ed incarichi formativi quei docenti allontanati per problemi di ortodossia da Pio XII.

    Solo questo mi basterebbe per farmi un'idea.

    La verita' dove sta'? e' una domanda che ancora oggi possiamo lanciare nel vuoto.

    RispondiElimina
  25. se poi non volete dare una risposta pace

    , visto che quello che chiedo è fuori luogo ...

    RispondiElimina
  26. Redazione possiamo avere notizie sulla riduzione allo stato laicale di quel tal francescano schiavonico medjugoriano che...

    RispondiElimina
  27. intendasi l'ex p. Tomislav Vlasic

    RispondiElimina
  28. Ad Antonello: grazie della correzione.

    A don Tiddi, rispondendo schematicamente (e grazie degli insulti!):

    - c'è una crisi inaudita nella Chiesa, da pochi decenni (Giovanni Paolo II parlò di 'apostasia silenziosa')

    - è compito di ogni cristiano cercare di far qualcosa, ciascuno nel suo piccolo, per contrastare la crisi; e per farlo, è ovviamente indispensabile indagarne le cause

    - è sotto gli occhi di tutti che la crisi - liturgica, dottrinale, di fede - trova radice nei fatti degli anni '60 e '70, quando un'ondata riformatrice ha attraversato la Chiesa (le riforme del tempo di Paolo VI superano grandemente, per ampiezza e portata, quelle di tutti i pontefici degli ultimi 4 secoli messi insieme)

    - noi abbiamo difeso la retta intenzione di Paolo VI, che non era certo massone, come talora risibilmente si legge, né un reazionario come sostiene (con impunita acredine ben peggiore delle nostre puntuali critiche) la Scuola di Bologna. Nelle sue encicliche Papa Montini fu un grande, anzi grandissimo Papa (il merito è ingigantito dal fatto che seppe andare in ciò contro lo 'spirito dei tempi).

    - Ma negli atti di governo (che non sono magistero autentico) i guasti che creò sono ancora un grave fardello per la Chiesa. Pensiamo solo, oltre a quanto scritto nel post, a moltissime sue nomine episcopali...

    - Infine: i dubbi, nel Popolo di Dio, non li ha seminati certo questo blog, ma forse anti cattivi maestri che Paolo VI, proprio nei discorsi riportati, critica genericamente senza nemmeno nominarne uno e, soprattutto, senza poi intervenire concretamente.

    RispondiElimina
  29. A Vittorio: per favore stiamo alle questioni che Paolo VI solleva nei suoi discorsi. Aldo Moro lasciamolo in pace.

    All'ultimo anonimo: la questione del frate di Medjuogorie è completamente off topic. A dirvela tutta, poi, tutta la faccenda delle apparizioni non ci interessa granché. Speriamo solo che Roma si decida al più presto a far luce sull'intera questione. Fine di questo argomento.

    RispondiElimina
  30. Ringrazio la Redazione e ritengo che sia stato un bene affrontare l'argomento del Concistoro segreto del 1976 e di quello del 1977. Soprattutto dopo aver trattato della bolla Quo primum do S. Pio V.

    Gli strilli d'aquila alla Don Tiddi non fanno che denunciare la gravita' della situazione e le soperchiere cui deve ricorrere un clero che non vuole affrontare sinceramente i problemi.

    Dell'allocuzione del 1977 mi ha colpito in particolare questa frase:

    "per il bene della Chiesa, il suo progresso nel mondo contemporaneo, la sua unità".

    In buona sostanza Paolo VI identifica il bene della Chiesa nel suo progresso nel mondo contemporaneo (le magnifiche sorti e progressive), ma non era stato detto voi non siete del mondo e per questo il modno vi odia (o secondo Paolo VI si tratta di un altro mondo o questo negli anni 60 e' cambiato misteriosamente in meglio, ad esempio promuovendo il divorzio, l'aborto e la liberta' sessuale). E l'unita'. Puo' esistere unita' se non nel deposito della fede? Nell'auspicare l'unita' ritiene che un rito modificato (o rivoluzionato) sarebbe andato bene ai rivoluzionari e ai protestanti? L'errore madornale consiste nell'attribuire ai protestanti una qualche ragione per cui ci si dovrebbe avvicinare a loro dal punto di vista liturgico o dottrinale. Il protestantesimo e' stato ispirato da satana per la dannazione delle anime. Tuttavia per quanto concerne i molteplici elementi di verita' e santificazione (essenzialmente il battesimo e il riconoscimento di Cristo), famo a capisse (come dicono dalle mie parti). E' come l'uomo che sta per annegare ma ha ancora una mano fuori dall'acqua con cui puo' ancora aggrapparsi al braccio di chi gli affre la sua sola possibilita' di salvezza, e voi tutti sapete che questa e' solo ed unicamente la S. Chiesa Cattolica.

    Insomma le Parole del Papa suscitano piu' dubbi di quanti ne risolvono.

    Infine ci sono le realta' e i risultati concreti. Molte cose nel Rito di Paolo VI, allontanano l'attenzione dalla Presenza Reale, soprattutto nelle piccole prassi quotidiane.
    Ad esempio, attualmente alla fine della Messa il parroco dopo la Comunione e prima della benedizione suole dare gli "avvisi". Nel VO cio', ove necessario avveniva prima dell'omelia. Il che sembra logico perche' e' il momento stabilito perche' il sacerdote parli ai fedeli presenti.
    Attualmente invece anche i parroci piu' fanfaroni e superficiali fanno un momento di raccoglimento dopo la "Liturgia della Parola", evidenziando cosi' come per loro sia questo il momento piu' intangibile della Messa. Personalmente, trovo aberrante che, dopo aver fatto la Comunione, il fedele invece di essere lasciato in preghiera e pia meditazione per ringraziare di tale sublime dono, debba sentire le ultime nuove, inclusi il giorno e l'ora della catechesi per gli adulti. Penso che nel VO niuno mai avrebbe l'ardire di fare una cosa del genere tra la Comunione e l'ultimo Vangelo, dopo l'ite missa est, o prima del postcommunio.
    All'estero, mi e' capitato che il parroco proiettasse un video per pubblicizzare l'annuale dinner dance parrocchiale, vacendo vedere le strepitose immagini della festa dell'anno prima.
    E devo dire che l'omelia era stata quasi tradizionalista.

    Infine, ci sara' stata una ragione se le ultime parole di Paolo VI sono state tratte da S. Paolo
    "bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi"...

    FdS

    RispondiElimina
  31. Sono totalmente d'accordo con quanto scritto da Dante Pastorelli; d'altra parte basta leggersi con cognizione di causa "Iota unum" e anche "Eresia dell'informe". A proposito, ma cosa credono certi intellettuali (sic!) cattolici (sic!) che i documenti conciliari forse non li abbiamo mai letti? In Latino e in volgare li abbiamo letti!
    Per Grazia di Dio abbiamo Benedetto XVI: oremus pro Pontifice nostro!

    RispondiElimina
  32. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  33. Piccola correzione per
    Antonio Fais:
    Tarquinio Prisco fu il 5° re di Roma
    (dopo di lui Servio Tullio).
    La precisazione ovviamente non diminuisce la suggestione emanata dal ritorno dell'infausto ordinale "sesto".

    RispondiElimina
  34. E Tarquinio il superbo fu il settimo.

    RispondiElimina
  35. Voi credete di individuare il disastro, ma inconsciamente lo rappresentate.
    Che colpa ha la riforma conciliare?

    La maggiore è invece la incapacità di ridire il Santo Vangelo al mondo di oggi; preferire gli anatemi invece che farsi anatema per il bene di tutti; siamo nell'anno di Paolo e si ignora il dettato paolino, e anche il magistero innovatore di chi ha preso il suo Nome.
    La riforma conciliare ha tolto le sicurezze umane, è come un Esodo, non dalla fede, ma dalla religione (o, se questo termine, no vi aggrada, dalla cattiva religiosità).
    Il tradizionalismo oggi equivale a quegli Ebrei che rimpiangevano le cipolle d'Egitto, mentre il clericalismo post-conciliare che si appropria delle riforme e le parassita, di chi cioè non vuole la fede dei puri di cuore, ricorda tanto quelli del vitello d'oro.
    Perchè non ammettere che il dialogo con il mondo è un'opportunità da cogliere per veicolare la verità del Vangelo evitando inutili irrigidimenti (chi dice apostasia silenziosa, dovrebbbe riflettere sullo scisma silenzioso dei buoni cristiani anatemizzati da tanti farisei, che magari esaltano altri scismi come status necessitatis: obbrobrio).
    Questo no significa accondinscendere al mondo (clericali e anche tradizionalisti accondiscendono di più), ma ponendosi in ascolto dell'uomo di buona volontà, anche spesso no cristiano esplicito ma anonimo. Chi si rifugia in una religione o rito che sa solo di arcaico o di ritualismo sterile sa quel che fa?
    No proietta forse le proprie nevrosi e insicurezze?
    Il mondo e gli uomini di buona volontà ci chiedono di annunziare la salvezza con un linguaggio credibile, vivibile, dicibile e comprensibile anche da chi vive nel secolo e senza categorie sacrali.
    Questa è la sfida e l'opportuno da non perdere.
    Pace e bene.

    RispondiElimina
  36. Come vedete, ce l'ho tanto anche con quel Mercenaro, che da quando l'ho sbuggiardato, se ne sta zitto.
    Contenti?

    RispondiElimina
  37. Inopportuno,
    prima di rispondere appropriatamente, appena avrò un attimo di tempo, non posso esimermi dal dire che ha battuto il record delle castronerie e dei luoghi comuni che circolano negli ambiti progressisti e in un particolare contesto che non so se definire eretico o settario, ma ne riparleremo

    RispondiElimina
  38. Non nego di leggere Inopportuno con parecchia attenzione.
    Secondo me avrebbe le capacità per muovere una vera obiezione al comportamento del mondo "tradizionale".
    Però, come dicevano a scuola i professori, non si applica.
    E' un peccato, perchè secondo me, da Cattolico vicino al mondo tradizionale, e fedele della messa della FSSPX, di obiezioni al mondo tradizionale ce ne sono alcune che lasciarebbero davvero senza possibilità di replica anche i migliori.

    RispondiElimina
  39. Lasciamo perder le nevrosi che spesso si manifestan nel periodare sgangherato e schizzato e nel contenuto monotonamente ripetuto. Se la riforma liturgica avesse tolto la sicurezza umana che vien dalla fede ad un solo cattolico, sol per questo sarebbe da condannare.
    E invece quel ch'è derivato da questa riforma liturgica o dal suo presunto spirito, è l'abbondar delle sicurezze: s'è tanto sicuri di salvarsi che non si parla più di Novissimi, di peccato, di penitenza redentiva, di purezza, di sacrilegio ecc. ecc. Ed in modo evidente queste somme sicurezze si manifestan nell'affollarsi di fedeli alla S. Comunione mentre i confessionali son deserti.

    RispondiElimina
  40. E chi ha mai sostenuto che il "mondo tradizionale" è senza limiti?

    RispondiElimina
  41. Di certo non lei esimio Prof. Pastorelli.
    Il mio era un discorso generale.

    RispondiElimina
  42. Faccio alcune considerazioni sul testo.

    1)Prima di tutto mi soffermo sulle parole di Paolo VI sulla messa nuova.

    "Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.

    La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno."

    -Da questo passaggio si evince una cosa fondamentale

    A)Come già dissi altre volte, la questione dell' abrogazione o meno della Messa "Tridentina" fu tutt' altro che questione banale.
    A sentire alcuni "tradizionalisti" e non solo, sembra che Benedetto XVI abbia espresso nel MP una banalità.
    Direi che questo stralcio di discorso di Paolo VI dimostra per l' ennesima volta come le precisazioni del MP furono tutt' altro che banali.
    La Messa "Tridentina", salvo casi di necessità, fu , DE FACTO, "scomunicata".

    2)L' intero testo di Paolo VI è estremamente severo nella forma e nella sostanza.
    E ciò non fa altro, ahimè, che evidenziare ancora una volta, la totale "ideologicità" di quelle argomentazioni "tradizionaliste" che sostengono la non volontà di vincolare dei papi conciliari e post-conciliari.

    RispondiElimina
  43. Rinvio alla lettera del duca Caffarelii che ho altrove pubblicato.

    La Commissione cardinalizia istituita da Giov. Paolo II nell'86si espresse chiaramente sull'inesistenza dell'abrogazione: il problema era evidentemente soprattutto di natura giuridica. Non si comprende perché le argomentazioni che sostenevano il responso di questa commissione, costituita anche da eminenti esperti canonisti, non sian
    mai state rese pubbliche nella loro interezza, ch'io sappia.
    A questo responso si appella anche Papa Ratzinger.
    Credo che l'argomentazione più più solida sia stata che un uso immemorabile non può esser interdetto senza espressa menzione: e Paolo VI non menzionò mai l'uso immeorabile.
    Supposizione, è ovvio, ma fondata.

    Ricordo che mons. Perl, una volta, in discussione scritta con me, disse che "un papa bolla e l'altro sbolla". Mah...

    RispondiElimina
  44. Inopportuno, quando ti degni di lasciar da parte gli slogan, e ci spieghi il tuo verbo in modo concreto e "con un linguaggio credibile, vivibile, dicibile e comprensibile anche da chi vive nel secolo"? Anche noi viviamo nel secolo...

    RispondiElimina
  45. Devo dire che oggi il nostro Inopportuno mi e' sembrato piu' peniseroso del solito, forse per il clima estivo.
    C'e' poco da dire quando si crede in un'ermeneutica della rottura per cui tutto prima era sbagliato, formalistico, farisaico. Caro Inopportuno, Cristo Signore criticava la devozione dei farisei per un guscio ormai vuoto, un sepolcro imbiancato, non ha mai inteso applicare tale discorso all'adorazione del Verbo incarnato "in spirito di Verita'" (da non confondere con quello "incartato" dei musulmani, parimenti da respingere perche' falso). Pertanto non puoi applicare in via di similitudine al venerando ed imperituro Rito di S. madre Chiesa il discorso di Nostro Signore ai farisei. Parimenti sbagliato e' il riferimento al fariseo e al pubblicano. Il fariseo esce con un peccato in piu' perche' in realta' non ha pregato Dio ma celebrato se stesso. Non riguarda la forma della preghiera.
    Il Rito tridentino rappresenta in realta' un patrimonio indisponibile della Chiesa come il matrimonio e' sacramento indisponbile dei coniugi.

    A monte di tutto cio' mi sembra che ci sia un'inguarbile, quasi invidiabile fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive", in una falsa ed apparente nuova pentecoste.
    Come se non ci fosse mai stata la riforma protestante, la rivoluzione americana, quella francese, il risorgimento italiano, la rivoluzione messicana, quella spagnola, i giovani turchi (presso i quali era stato accreditato il delegato apostolico Roncalli) e via elencando.
    Per il corrente mese suggerisco la lettura della bolla In eminenti di Clemente XII e dell'enciclica Humanum genus di Leone XIII.

    FdS

    RispondiElimina
  46. inopportuno dice
    farsi anatema per il bene di tutti;

    Oh, questa è proprio bellina!
    Che vorrà mai dire?
    A qual punto e luogo inopinato, tremendo e fascinoso saremo portati a "farci anatema" per il bene di tutti, un luogo che Nostro Signore non aveva ancora rivelato ai suoi Discepoli nell'anno 33...
    e che ci sarà finalmente svelato oggi
    da una "nueva" esegesi biblica, quella che vide sorgere la sua gloriosa star all'orizzonte spagnolo della Chiesa (Nueva Iglesia) nell'anno di grazia 1964, confermata nella sua "magnifica" missione nel formidabile 1968?
    Son ansiosa di saperlo, perchè da poco ho dovuto scoprire che secondo
    certi "nuevi" teologi
    la Verità è figlia del tempo!
    E la vera identità della Chiesa
    Cattolica è stata definita solo dopo il Concilio e i poveri sciocchi cattolici che credevano che la Verità fosse immutabile, oggi finalmente cominceranno a giubilare per le sue continue metamorfosi che rifonderanno la Chiesa dalle fondamenta, "purificando" la loro memoria da tutto il ciarpame che le impediva la navigazione al soffio creativo dello Spirito(conciliare)!
    Giubilate fedeli, sciogliete le vele della Barca ad ogni vento di dottrina:
    andiamo tutti a farci anatema!
    Questo sì che spiega la ben nota
    (e ben compresa?!?) parola di S. Paolo:
    FARSI TUTTO A TUTTI!
    Per amore del Gregge la Chiesa
    dovrà farsi TUTTA anatema: questa dunque era la soluzione del travaglio che la agita da 41 anni, soluzione totale, senza più residui di attaccamenti idolatrici al passato!

    Che l'"esodo" continui, fino a compimento dell' anatema totale e definitivo (che forse voleva Nostro Signore?!?) !

    (O Divino Logos, che sei venuto tra i tuoi, che allora non ti accolsero, e oggi continuano a rigettarti o a ricoprirti di maschere orripilanti e beffarde, dove sei?
    Qui è notte fonda, soccorrici, Signore, Luce del mondo, Verità eterna!)

    Fedele frastornata

    RispondiElimina
  47. La riforma conciliare ha tolto le sicurezze umane, è come un Esodo, non dalla fede, ma dalla religione...
    !-!-!

    Ma certo!
    E perchè non vederlo anche come un "togliere le ancore" e andare alla deriva, andando dove ci porta il vento di primavera, dimenticando le (vecchie) rotte consolidate?
    Questo mistificatorio uso dell'Esodo, addirittura dalla Religione (e da quale, di grazia?),
    questo voler paragonare il Magistero bimillenario alle cipolle d'Egitto (!), con tutta la sua retta dottrina della Grazia e dei Sacramenti, nonchè la sua antica Liturgia,
    non è altro che l'argomento-chiave usato abitualmente nelle catechesi Neocatecumenali per strappare dalla coscienza dei poveri fedeli incerti o ignari le poche certezze residue e "plasmarli" secondo il verbo kikiano!
    E' ora per tutti di aprire gli occhi, ma Inopportuno (ahimè) fa una gran fatica a vigilare sulle proprie affermazioni...

    (per tutte le rimanenti mistificazioni, rovinose per i fedeli oggi già tanto confusi, aspetto l'intervento chiarificatore, competente ed esaustivo di Mic!)

    RispondiElimina
  48. "Oltre al suo importante legame con l'intera dottrina sociale della Chiesa, la Populorum progressio è strettamente connessa con il magistero complessivo di Paolo VI e, in particolare, con il suo magistero sociale. Il suo fu certo un insegnamento sociale di grande rilevanza: egli ribadì l'imprescindibile importanza del Vangelo per la costruzione della società secondo libertà e giustizia, nella prospettiva ideale e storica di una civiltà animata dall'amore. Paolo VI comprese chiaramente come la questione sociale fosse diventata mondiale e colse il richiamo reciproco tra la spinta all'unificazione dell'umanità e l'ideale cristiano di un'unica famiglia dei popoli, solidale nella comune fraternità. Indicò nello sviluppo, umanamente e cristianamente inteso, il cuore del messaggio sociale cristiano e propose la carità cristiana come principale forza a servizio dello sviluppo. Mosso dal desiderio di rendere l'amore di Cristo pienamente visibile all'uomo contemporaneo, Paolo VI affrontò con fermezza importanti questioni etiche, senza cedere alle debolezze culturali del suo tempo."

    Benedetto XVI, Caritas in veritate (paragrafo 13)

    RispondiElimina
  49. L'ultimo Anonimo mi ricorda quelli che in ogni documentano spulciano solo quello che può riguardarli, facendo Cicero pro domo sua ed enfatizzando solo quello che gli conviene

    Ci sono anche tanti altri documenti stupendamente cattolici di Paolo VI: basta leggere la "Misterium Fidei"; mentre le ambiguità del concilio risultano, ad esempio, presenti con tutta evidenza nell'Istruzione "Eucaristicum mysterium" (basta leggere il n.8)

    Dovendo esprimere un giudizio, non si può focalizzare l'attenzione solo su una frase dell'ultima enciclica di Benedetto XVI: c'è un pontificato intero che presenta molte luci, ma anche alcuni punti oscuri

    RispondiElimina
  50. Voi credete di individuare il disastro, ma inconsciamente lo rappresentate.
    Che colpa ha la riforma conciliare?


    certo, noi rappresentiamo il disastro per chi, insieme ai suoi seguaci, sulla riforma conciliare ha basato TUTTA la sua autoproclamazione di Rifondatore della vera Chiesa

    La maggiore è invece la incapacità di ridire il Santo Vangelo al mondo di oggi; preferire gli anatemi invece che farsi anatema per il bene di tutti; siamo nell'anno di Paolo e si ignora il dettato paolino, e anche il magistero innovatore di chi ha preso il suo Nome.

    se "farsi anatema" per il bene di tutti significa accettare l'errore e lasciare che conviva continuando a dispiegare i suoi nefasti effetti, non credo che stiamo interpretando nel senso giusto gli insegnamenti di San Paolo ed è strano che questo nome sia così ricorrente... San Paolo rappresentante del "carisma" versus Pietro "Istituzione", come se la Chiesa non fosse tutta carismatica! Lo stesso Paolo spesso citato in modo martellante proprio con il suo “tanti sono i Carismi ma Uno Solo il Corpo”…” I Carismi son per Unire”… Unire? Il vostro elitarismo e tutto quanto vi è annesso e connesso davvero realizza quella comunione pastorale, invocata dal Papa nell'incontro di gennaio, ma inesistente nel vostro DNA di 'eletti' 'separati' anche nelle celebrazioni parcellizzate a porte chiuse e con lo stile che conosciamo? La divisione non la crea il nostro "essere disastro", siamo noi a doverla purtroppo constatare nel disastro generale, che comunque è nelle mani del Signore, mentre l'unica arma che abbiamo è la nostra vita in Lui nella Sua Chiesa, la nostra conversione continua, la nostra speranza, la nostra attesa

    La riforma conciliare ha tolto le sicurezze umane, è come un Esodo, non dalla fede, ma dalla religione (o, se questo termine, no vi aggrada, dalla cattiva religiosità). Il tradizionalismo oggi equivale a quegli Ebrei che rimpiangevano le cipolle d'Egitto, mentre il clericalismo post-conciliare che si appropria delle riforme e le parassita, di chi cioè non vuole la fede dei puri di cuore, ricorda tanto quelli del vitello d'oro.

    tremendo questo profluvio di immagini bibliche per dire cose che non stanno né in cielo né in terra, slogan di evidente conio manipolatorio, affermazioni apodittiche senza alcun elemento di supporto, vere solo perché escono da bocche ispirate da chi ha il monopolio dello spirito Santo(!?) che cercherò di smontare una per una:

    1. La riforma conciliare ha tolto le sicurezze umane, è come un Esodo, non dalla fede, ma dalla religione (o, se questo termine, no vi aggrada, dalla cattiva religiosità).

    premesso che noi non viviamo una religione, ma la fede in una Persona, CHI E' che stabilisce qual è la cattiva religiosità e per quali motivi, quali sono le ragioni per cui questa dovrebbe risiedere al di fuori della portata della "riforma conciliare"?

    A me sembra che "la riforma conciliare", anziché togliere le sicurezze umane ne abbia innescate di nuove quali "la nuova Pentecoste" e "le magnifiche sorti e progressive" applicate alla Chiesa, ma non a quella in cui mi riconosco. Esodo? Occorrerebbe dire da cosa e verso cosa! Il fatto è che invece, chi è nutrito dalla Rivelazione cristiana, l'Esodo lo ha già abbandonato da un pezzo e vive nel Signore Morto e Risorto per noi nel mondo della Risurrezione, ma quella che non bypassa la Croce, né la Sua in espiazione dei nostri peccati né la nostra, che è la nostra offerta al Padre in Lui

    Rimpiangiamo "le cipolle d'Egitto" o la nostra Terra Promessa che ci è stata strappata di sotto i piedi?

    Perchè non ammettere che il dialogo con il mondo è un'opportunità da cogliere per veicolare la verità del Vangelo evitando inutili irrigidimenti

    parla di "dialogo col mondo" chi vive in un "universo parallelo" costruito dalle certezze che gli vengono inculcate e che con il "mondo" non inteso in senso Giovanneo, ma nel senso dell'"altro con cui entrare in relazione", non dialoga ma o lo fagocita o lo respinge!

    RispondiElimina
  51. .... segue

    (chi dice apostasia silenziosa, dovrebbbe riflettere sullo scisma silenzioso dei buoni cristiani anatemizzati da tanti farisei, che magari esaltano altri scismi come status necessitatis: obbrobrio).

    anche qui slogan, ma resta da stabilire chi sono i " buoni cristiani anatemizzati" e chi sono i "farisei" e dove realmente è e in cosa consiste lo scisma... a me pare che entrambi lo collochiamo in 'luoghi', persone e situazioni opposte

    Questo no significa accondinscendere al mondo (clericali e anche tradizionalisti accondiscendono di più), ma ponendosi in ascolto dell'uomo di buona volontà, anche spesso no cristiano esplicito ma anonimo.

    bello! il "cristianesimo anonimo di Rahner, no?
    La consapevolezza, il discernimento, l'adesione piena al Signore possono forse implicare accondiscendenza al mondo o impedire l'ascolto delle buone volontà? O è solo la "riforma conciliare", che ha levato le ancore dalla Tradizione e non si sa dove sta andando, che lo rende possibile? Lo rende forse possibile il tuo Cammino che "non si studia ma si fa" mentre realizza la 'realtà altra' che rappresenta e promette, ma che non conosce il "Progetto di Dio" e la Rivelazione Apostolica della quale rifiuta i dogmi per sostituirli con i suoi, indiscutibili e coriacemente portati avanti?

    Chi si rifugia in una religione o rito che sa solo di arcaico o di ritualismo sterile sa quel che fa?
    No proietta forse le proprie nevrosi e insicurezze?


    premesso che chi può parlare così è evidente che non sa di COSA sta parlando e non fa altro che esprimere un pregiudizio, puoi definire
    -Ritualismo quella che noi chiamiamo, ed è realmente, LA Santa e Divina Liturgia Cattolica Romana,
    -"sterile" il Sacrificio di Cristo ri-presentato al Padre e parlare di
    -arcaismo' a proposito di una antichità solenne e profonda e VIVA,
    -proiezione di nevrosi e insicurezze l'amore, la gioia, la gratitudine, e il nutrimento tangibile e autentico, che implica Trasfomazione continua, di chi lo conosce e lo cerca e lo vive?

    Il mondo e gli uomini di buona volontà ci chiedono di annunziare la salvezza con un linguaggio credibile, vivibile, dicibile e comprensibile anche da chi vive nel secolo e senza categorie sacrali.

    un linguaggio senza "categorie sacrali" è un linguaggio solo umano, antropocentrico, autocentrato, e non può essere per 'uomini di buona volontà', che sono i veri cercatori e Adoratori in spirito e verità. C'è una inesorabile quanto probabilmente ignota eco kantiana in tutto questo. Ci vorrebbe una maggior conoscenza dei vari Padri che introducono in questa realtà sublime, soprattutto quello non più di moda nei Seminari: il doctor Angelicus, ad esempio

    Questa è la sfida e l'opportuno da non perdere.
    Pace e bene.


    la sfida e l'opportuno da non perdere è un modello come il Santo Curato d'Ars suggerito dal Papa per i Sacerdoti, che non può non avere conseguenze -del tutto inedite di questi tempi- sui fedeli, che purtroppo vanno assuefacendosi ai 'fasi profeti' da un lato e ai 'cattivi maestri' dall'altro

    RispondiElimina
  52. Alla libreria vaticana ho trovato un aureo libretto dal titolo "Paolo VI e l'Eucarestia".
    Silloge di riflessioni e discorsi del Papa sull'argomento.
    Molto interessante.
    FdS

    RispondiElimina
  53. GRANDE MIC.
    Quoto ogni affermazione ed ammiro la tua santa pazienza.

    RispondiElimina
  54. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  55. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  56. Il mondo e gli uomini di buona volontà ci chiedono di annunziare la salvezza con un linguaggio credibile, vivibile, dicibile e comprensibile anche da chi vive nel secolo e senza categorie sacrali.

    riflettevo ancora a come viene centrata l'attenzione su noi e sulle modalità del nostro linguaggio e non sui contenuti VIVENTI che esso deve veicolare agli "uomini di buona volontà" che attendono l'annuncio di Salvezza;

    ma se non sappiamo dire la Salvezza CHI e come ce la dona,
    -salvezza da cosa : il male il peccato, che non sono inesorabili, ma Qualcuno li ha vinti e noi in Lui,
    -salvezza per che cosa: il Progetto del Padre, nel Figlio per mezzo dello Spirito di Cristo Risorto presente nella Sua Chiesa, escludendo che qualcuno ne possa rivendicare il monopolio per definizione autoproclamata e per finalità che allontanano da questo Progetto perché distruggono la dignità della persona
    -salvezza con chi: insieme alle altre 'pietre vive' ben compaginate, che implica una comunitarietà ben al di là -anche nello spazio e nel tempo, pur comprendendola- della comunità concreta di immediata appartenenza

    Se non sono questi i CONTENUTI VIVENTI in noi, nemmeno tutte le lingue degli uomini e degli angeli sarebbero credibili, vivibili, dicibili

    Inoltre credo che centrare così l'attenzione sulle modalità del linguaggio, che chi parla dal cuore certamente ogni volta trova diverse a seconda del bisogno, sottovaluti l'Azione dello Spirito -al di là delle nostre povere parole- in chi ascolta

    Sono felice che Dante Pastorelli condivida le riflessioni dell'altro post:

    non è pazienza, Dante, è testardaggine

    RispondiElimina
  57. La testardaggine nel presentare il bene e la vera strada è santa pazienza.
    E come non potrei condividwre anche quest'altro commento, anch'esso scaturito dall'anima e filtrato da una lucida ragione?

    RispondiElimina
  58. nessuno sa nulla dell'uso dell' Ephod al posto della Croce Pettorale da parte di Paolo VI?

    RispondiElimina
  59. Credo che l'abbiam visto tutti.

    RispondiElimina
  60. A Fais ed Eumathes.Sei,sei,sei=la Bestia.Complimenti alla Redazione per il Suo parlar chiaro(risposta a don Tiddi del 2 agosto)!Eugenio

    RispondiElimina
  61. Grazie. E grazie Mic per l'articolata spiegazione. Vien quasi da ringraziare Inopportuno per aver dato involontaria occasione ad una così articolata replica.

    RispondiElimina
  62. La situazione della fede cattolica è sotto gli occhi di tutti (o di chi vuol vedere): non è critica ...è disastrosa. A mio avviso quando Paolo VI parla , vedi Canone Romano, di essenzialità non considera che anche la forma fa parte del contenuto. Un conto è il C. R. del Messale tridentino e un conto quello attuale che spoglio. Ecco diciamo che la Messa paolina è una Messa inaridita, spoglia. C'è l'ssenziale: il tronco. Manca il resto. Il peccato del Vat. II è l'ottimismo degli anni '60 e già oggi è datato. la riforma andava fatta, certo, ma non con le forbici.

    RispondiElimina
  63. Che tristezza mi mette ogni volta sentire la voce e leggere gli scritti di questo personaggio così deprimente. I fatti hanno ampiamente dimostrato ,ancora egli vivente , che aveva pienamente torto. Eppure lui, mentre la Chiesa sprofondava, se la prendeva ancora con Mons. Marcel Lefebvre.
    Forse tra alcuni secoli nei testi di storia si leggerà : "GiovanBattista Montini, l'uomo che realizzò il sogno di Lutero......distruggere il Papato e la Chiesa Cattolica."

    RispondiElimina
  64. Se non ricordo male Lutero soleva dire...: "SE CADE LA MESSA , CADE IL PAPATO !!!!"

    RispondiElimina
  65. Paolo VI non ha distrutto né il Papato né la Chiesa Cattolica che, essendo di istituzione divina, da nessuno, neppur una sequela lunga di papi, può distruggere.
    Paolo VI è figura complessa, introversa, contraddittoria, che non si può liquidare con qualche aggettivo oltraggioso come spesso si fa, né con un'esaltazione acritica.
    Sul suo pontificato, a mio avviso, ci son larghe ombre, però ricordiamoci che ha difeso la vera morale cattolica sia pur per pressione di grandi uomini di fede come Ottaviani (Humanae vitae), la vera nozione di Eucaristia, di Transustanziazione, di Presenza Reale (Mysterium fidei) e di tutti gli articoli del Credo (Credo del popolo di Dio). Lo Spirito Santo lo assistito fortemente in alcuni momenti fondamentali del suo pontificato, ed in altri gli ha impedito di commettere errori irreparabili: la sua Messa non è, infatti, eretica o invalida.
    Su qusto anhe mons. Lefebvre era perfettamente d'accordo.

    RispondiElimina
  66. Lui ha creato un vulnus nella Dottrina. Di fatto le sue riforme hanno fatto male alle Chiesa. Si è innescato un processo di autodemilizione. Mentre prima ci si fidava ciecamente del Papa , poichè ogni sua decisione era fatta per il bene della Chiesa, oggi quanti sarebbero disposti ad affermare lo stesso principio? Non di certo Lei caro Dante in quanto se lei credesse che Paolo VI abbia fatto tutto ciò che ha fatto per il bene della Chiesa , allora non spenderebbe il suo tempo oggi per sostenere il ritorno di una Liturgia che Montini ha espressamente e solennemente voluto abrogare per sempre. E' questo il dramma dei Tradizionalisti essere per la Tradizione e di fatto scontrarsi con l'autorità dei Papi che l'hanno calpestata.

    RispondiElimina
  67. Dante non ha torto(e come potrebbe?sarebbe un dramma peggiore a quello successo con Montini)ma non ha torto nemmeno Filippo.Decisamente no!La firma di Montini,papa,si trova su una serie di documenti(conciliari e non)che innovano taluni aspetti DEFINITI dalla Tradizione.(Il fatto che altri atti non innovino,allegato a "merito",S I C !,non cambia nulla:Fenaroli ammazzo' la moglie ma risparmio' la figlia!Ed anche la portinaia!E allora?)E' inutile girarci intorno.Con cio' si crea,e' vero, un'antinomia tra cio' che si giura vero(super hanc petram,ecc.) e cio' che si constata successo?E allora che facciamo?Modifichiamo la realta' a livello mitico per conciliarla con un principio precedentemente enunciato?E' possibile?E' corretto?E'onesto?E quand'anche!Se ne uscirebbe fuori?NON CREDO PROPRIO!(Voce dal sen sfuggita............)Il fatto che se ne parli da quarant'anni la dice lunga sulla natura di patacca di questa,appunto, autentica patacca.E come ne usciamo dalla vicenda Liberio-Atanasio?Qui c'e' un papa che ti scomunica un vescovo perche' antiariano.Le scomuniche sono atti da "dottore privato"?Non lo credo proprio.E allora?E' giusto accollare ,a chi osserva un fatto REALMENTE ACCADUTO, la responsabilita' derivante dall'antinomia evidenziata tra un principio e la sua palesemente distorta applicazione,messa in opera da terzi?In pratica dare a Filippo la colpa dei guai derivanti dall'aver messo in luce un'antinomia creata dal mal operare di Montini.Ma cio' e' PAZZESCO!Ma questo e' un terrorismo culturale peggiore di quello di Stalin,Mao e Pol Pot!E' piu':e' un mostruoso crimine contro l'unica cosa sacra a tutti gli esseri pensanti da sempre e ovunque:la LOGICA!Non e' colpa ne' di Filippo,ne' di Pincopallo se Montini ha varato atti eterodossi,perche' tali sono(basterebbero ad abundantiam il "sussiste",con o senza chiose previe e postume,e l'antisillabo), NONOSTANTE la sua investitura a pontefice AVREBBE DOVUTO SCONGIURARE in qualche modo QUESTA EVENIENZA!Cosa dice la Pastor Aeternus?"Ai successori di Pietro e' stato promesso lo Spirito Santo non perche' per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina,ma perche' con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli,cioe' il deposito della fede".AMEN.Eugenio

    RispondiElimina
  68. Mi sembra che in tutto quel che ho scritto sul blog sia espresso abbastanza chiaramente il mio pensiero, come la mia sofferenza per aver vissuto tutta la crisi nella Chiesa post concilio.
    Ho parlato di larghe ombre sul pontificato di Paolo VI e non rinnego le mie affermazioni e riguardo alla liturgia immeserita ed in qualche modo equivoca e foriera di interpretazioni errate, e riguardo ai testi conciliari ch'egli ha approvato anche se qualcuno ha cercato di por rimedio.
    Ma, come ho detto, lo Spirito Santo che lo ha assistito nel Magistero infallibile, gli ha anche impedito di far danni ancor più devastanti di quelli che conosciamo: il concilio PASTORALE non ha cambiato la dottrina IMMUTABILE, perché non poteva cambiarla. La sua validità è da riconoscer lì dove la dottrina tradizionale è ribadita, il resto è tenebra che che si scioglierà.

    RispondiElimina
  69. Gli e' che,in questo gran quaro, ci vorrebbe un Papa lucido e netto come te,caro Dante!(non e' un complimento,ma una costatazione).Eugenio

    RispondiElimina
  70. Via, non scherziamo. Il Papa c'è e conosce assai bene la situazione dottrinale e liturgica della Chiesa.
    A parte alcuni provvedimenti, tipo Motu Proprio, non mi sembra che in questi anni di pontificato la situazione sia granché migliorata. M'attendevo di più specie sulla base del severo discorso ai conclavisti.
    Questo potrebbe ancora rivelarsi un grande pontificato: spero che non resti soltanto di transizione.

    RispondiElimina
  71. Questo topic contro Paolo VI mi ha molto amareggiato. Io credo davvero che la memoria di Paolo VI sia venerata e venerabile e spero presto di vederlo beatificato.
    Condivido in toto anche il contenuto dei testi che avete riportato.
    Obbedire solo quando mi piace è troppo comodo.

    Luigi Murtas

    RispondiElimina
  72. Quando si parla di Paolo Vi ci si dimentica spesso che lui era il Papa e quindi gli si deve obbedienza, anche se non capiamo.

    Inoltre, se era Papa, era perchè, nonostante le sue umane debolezze, Qualcuno lo ha appositamente scelto per stare lì. Quanto, leggendo un libro di Storia, dicono "ci fosse stato un altro Papa". Però c'era lui e pensare ad alternative è peccare contro lo Spirito Santo (peccato stramortale)! 

    RispondiElimina
  73. Quel punto interrogativo dopo: "di felice memoria" è un inqualificabile affronto alla memoria di un grande pontefice, oltre che un'offesa al precetto della carità che è al di sopra di tutto. Alla redazione vorrei chiedere: quell'elenco di vescovi è una nuova lista di proscrizione? Forse anche questo rientra nella "tradizione"?

    RispondiElimina
  74. Che tristezza questo sito! E pensare che avete il coraggio di atteggiarvi a salvatori della Chiesa Cattolica! Vergognatevi e se potete domandate perdono al Buon Dio ed agli uomini. Forse abbiamo tutti bisogno di ritornare ad una sincera e approfondita lettura della Parola di Gesù, che ne dite? O il suo è un insegnamento troppo rivoluzionario e inaccettabile per voi?

    RispondiElimina
  75. Redazione di Messainlatino.it30 settembre 2010 alle ore 17:22

    Nessuno qui si atteggia a "salvatore della Chiesa". Cerchiamo solo di dare il nostro contributo alla ricostruzione di quella che ci sembra, per tanti versi, una vigna devastata.
    Non abbiamo nulla di cui vergognarci, e nulla di cui chiedere perdono a Dio, salvo i peccati che ordinariamente commettiamo in quanto uomini.
    Credi che l'insegnameno di Gesù sia "inaccettabile" per noi? Ma siamo cattolici! Con tutti i nostri umani difetti. E quel "rivoluzionario" è un aggettivo ambiguo e molto pericoloso.
    Di una lettura sincera ed approfondita della Paola di Dio abbiamo sempre bisogno tutti. Ovviamente secondo l'interpretazione della Chiesa.
    Se il sito ti rattrista così tanto, non visitarlo più. Va' con Dio.

    Francesco

    RispondiElimina
  76. Era quanto avevo già deciso di fare; di seguire dei fanatici pieni di sicumera non ci penso proprio. E poi si parla del fondamentalismo islamico! Ritenete più importante seguire dei precetti "liturgici" piuttosto che amare il prossimo come ci comanda Gesù! Statemi bene!

    RispondiElimina
  77. Ma non c'era anche mons. Ravasi in quest'elenco di Vescovi da voi considerati quasi eretici? L'avete tolto perchè il santo padre l'ha creato cardinale di santa romana chiesa? Siate meno drastici nei vostri giudizi, perchè i nostri pensieri spesso non sono i pensieri di Dio. Io ringrazio il santo padre per questa nomina.

    RispondiElimina
  78. Sostituire non significa eliminare.
    Semplicemente esiste ciò che c'era prima ed in sua vece c'è un qualcosa oggi!
    Dal calcio: il sostituto del portiere titolare e' riserva del medesimo. Ergo il VO è titolare ed il NO è riserva!
    Ermeneutica della continuità!
    MD

    RispondiElimina
  79. Semper sub sextis...Sempre sotto il numero sei Roma fu perduta!

    RispondiElimina
  80. Il tradimento dei chierici:Tu quoque Paule?

    RispondiElimina
  81. semper fidelis a vittorio3 novembre 2011 alle ore 09:17

    Bé a dire il vero a dare la vita per un uomo, anzi per tutti, c'è ne uno più grande di qualsiasi Papa é Nostro Signore che l'ha data per me e per te, poveri peccatori. Quindi che stupidaggini vai dicendo, caro fratello. Cerca di far funzionare il cervello e anche un pò il cuore e abbi rispetto per il Papa, qualsiasi esso sia.

    RispondiElimina
  82. Il rispetto per un Papa non significa che non si possa criticare quanto un Papa ha fatto, escluso beninteso le verità di fede; d'altra parte un Papa è pur sempre "figlio del suo tempo" e, quindi, esposto all'influenza del modo di pensare del tempo in cui sta vivendo. Inoltre ogni uomo, anche il Papa, è influenzato dal suo carattere e può essere più o meno ottimista o pessimista per moltissime ragioni (malattie, esperienze negative o positive, ecc.).
    In quel tempo, ad esempio, dal punto di vista politico moltissimi pensavano che l'ideologia social-comunista fosse sul punto di trionfare; chi avesse detto, allora, che negli anni '90 l'URSS si sarebbe dissolta sarebbe stato considerato degno di un ricovero in una clinica per malattie mentali (cioè considerato un povero malato).
    Quanto alla lingua in cui si celebra la Messa devo dire che, probabilmente, la scelta della lingua volgare sia stata, in un certo senso, tardiva e inopportuna (almeno col senno di poi). Proprio nel momento in cui la gente si sposta da un Paese all'altro continuamente trova, nei vari Paesi Messe celebrate in lingue che, magari, non conosce. Paradossalmente una misura presa per fare in modo che la gente potesse seguire maggiormente la Messa può provocare problemi a chi si sposta da un Paese all'altro. Si noti che mi pare che gli Ebrei dicano le loro preghiere fondamentali in ebraico, anche se la pronuncia può far inorridire uno studioso dell'ebraico. A mio parere i Padri conciliari, o chi per Essi, hanno sottovalutato la preparazione e l'intelligenza dei Fedeli, ritenendoli, più o meno una massa di ignoranti. Anche qui, un'idea, forse vera cinquant'anni prima, fu sviluppata tardi e questa pare essere una costante di tanti ecclesiastici e tanti Cattolici, forse figlia di un'eccessiva prudenza nell'accogliere idee nuove (il liberalismo, quando non era più novità, il marxismo, quando aveva già dimostrato i suoi evidenti limiti, ecc.).
    Su altri aspetti non mi pronuncio perché non ho le conoscenze teologiche necessarie; ad esempio non trovo scandaloso che l'altare sia girato da una o dall'altra parte visto che il Catechismo dice che: Dio è in Cielo, in Terra, in ogni luogo. Mi pare uno dei tanti simboli che io, anche come disabile, trovo poco importanti; mi farebbe più piacere che nelle Chiese fossero eliminate le Barriere architettoniche, ma capisco che è più semplice, ed economico, fare una bella omelia sulla disabilità piuttosto che eliminare una scala che simboleggia la difficoltà del nostro cammino terreno. Tuttavia so anche che in altri Paesi che ho frequentato; come gli USA, le Chiese non hanno barriere architettoniche.
    Quanto all'eliminazione dei canti e inni tradizionali, proprio le mie frequentazioni degli Stati Uniti mi hanno portato a vedere che, in altri Paesi i canti tradizionali sono ancora eseguiti spesso traendoli dalla tradizione dei vari componenti della comunità (bellissimi canti inglesi, spagnolo- messicani, irlandesi, ecc.). Quindi gli "atroci", almeno musicalmente, canti italiani post-conciliari, sono figli della generale poca considerazione della musica da parte di noi italiani e non del Concilio.
    Infine devo dire che trovo molto brutto che tanti Cattolici e, soprattutto, organi di informazione Cattolici (es.: L'Avvenire, TV2000, ecc.) per ossequiare servilmente l'attuale Pontefice non trovino di meglio che cercare di demolire l'opera e la figura di Papa Benedetto XVI e anche Giovanni Paolo II esaltando in modo acritico l'operato di Paolo VI e anche di Giovanni Paolo I (che, poveretto, poté fare pochissimo perché presto chiamato a sé dal Signore).

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione