L'influente blog cattolico tradizionalista Messainlatino.it ha vinto una causa legale contro Google dopo che il sito web era stato bloccato dal gigante tecnologico con l'accusa di aver violato la politica aziendale contro l'incitamento all'odio.
LifeSiteNews ha incontrato il direttore del blog, Luigi Casalini, che ha spiegato come il caso metta in luce le gravi carenze della governance online e i pericoli della censura basata su algoritmi, sostenendo che la sentenza del tribunale costituisce un precedente fondamentale per la libertà digitale in Europa e oltre.
- Caro
Luigi Casalini, grazie anzitutto per questa intervista. Life Site News si era occupata del caso del blog
Messainlatino.it, il quale - lo ricordiamo - era stato bloccato lo scorso
11 luglio 2025 senza chiare motivazioni. Adesso che il vostro blog ha
vinto la causa legale contro il colosso tech, vogliamo fare con te il
punto della situazione.
Google ha giustificato la rimozione di MiL in base alla sua “Hate
Speech Policy”, senza però indicare alcun contenuto specifico. Cosa vi ha
rivelato questa esperienza sul modo in cui le Big Tech definiscono e applicano
il cosiddetto discorso d’odio, soprattutto in relazione ai contenuti religiosi?
Caro Gaetano, anzitutto grazie per darci oggi l’occasione di raccontare la nostra vicenda al pubblico internazionale e grazie a LifeSiteNews per l’attenzione dimostrata. Il blog Messainlatino.it è da anni il principale punto di riferimento ufficioso (non siamo vaticanisti né giornalisti) del mondo cattolico tradizionale, in Italia ma non solo. Siamo stati bloccati, lo scorso luglio 2025, ricevendo una semplice email di tre righe, per giunta anonima, in cui si notificava una presunta violazione della policy di Google contro l’hate speech, il discorso d’odio.
Tuttavia,
il contenuto preciso di questa violazione non ci è stato indicato dalla
piattaforma. Non è stato né qualificato, né quantificato, né descritto. Come è
emerso in seguito, Google ha agito così in contrasto al Digital Service Act,
ossia la normativa europea che disciplina, tra le altre cose, la libera
espressione online.
Vorrei
sottolineare il fatto che l’email fosse priva di firma. Questo significa che il
blocco è provenuto da un algoritmo, non da un controllore reale. Così facendo,
tuttavia, Google ha interrotto un servizio di informazione gradito e richiesto
da tantissimi lettori: al momento del blocco, avevamo pubblicato già almeno
23.000 post! Non abbiamo neanche ricevuto un messaggio di preavviso. Quindi
direi che la gravità risiede nel fatto che tutto è delegato ad un algoritmo
incapace di giudicare davvero, rischiando così di cancellare in un istante il
lavoro portato avanti da persone reali nel corso di molti anni.
- La vostra
vittoria legale sarà verosimilmente descritta come un precedente per la
libertà digitale in Europa. Dal tuo (o vostro) punto di vista, quale
principio ha affermato il tribunale che potrebbe ora proteggere altri
media religiosi o conservatori dalla censura arbitraria?
Grazie
per questa domanda, perché è davvero importante. Oggi la censura ha colpito Messainlatino.it.
Ma noi siamo stati sostenuti legalmente e mediaticamente e, anche grazie a
questa generosità e sensibilità, abbiamo vinto contro un big tech come Google.
Considera che abbiamo ricevuto il sostegno da testate italiane e
internazionali, oltre che suscitato un’interrogazione presso il Parlamento
Europeo condotta dall’on. Inselvini e presso il Parlamento Italiano condotta
dall’on. Maddalena Morgante. Domani
potrebbe capitare ad altri, che magari non dispone di mezzi necessari per
vincere contro il Golia di turno, nonostante la chiarezza - questo mi sembra di
poterlo dire - delle leggi europee circa la presenza e la libertà di parola
online.
So che riviste di giurisprudenza hanno
richiesto di studiare il nostro caso. Quindi sicuramente la vicenda di Messainlatino.it
ha fatto e sta facendo scuola. Sarà compito dei giurisperiti capire cosa la
nostra vicenda potrà insegnare per prevenire scabrosi eventi del genere, dove
un algoritmo impersonale può togliere improvvisamente e indiscriminatamente la
parola (parliamoci chiaro: il lavoro e la libertà economica) a potenzialmente
migliaia di persone.
Vorrei aggiungere un’altra
cosa. Google si è mostrata arrogante, ma così facendo si è comportata anche in
maniera piuttosto sciocca. Forse ha confidato troppo nelle proprie dimensioni.
Poteva sbloccare il nostro sito, senza arrivare ad affrontare necessariamente
una causa legale, ma Google ha ritenuto di essere superiore alle leggi.
Queste
realtà sono, tra l’altro, così tentacolari che abbiamo avuto difficoltà
addirittura a capire dove trovare il nostro interlocutore. Prima ci siamo
rivolti alla sede italiana di Google, la quale ci ha invece detto di rivolgerci
alla sede di Dublino, Irlanda. A Dublino volevano dirottarci verso la sede
madre negli States. Almeno, se apriamo un blog su una piattaforma italiana,
sappiamo a chi rivolgerci se sorge qualche controversia. Quando abbiamo inviato
la prima diffida, Google ci ha del tutto ignorati. Quando abbiamo avviato la
causa, Google si è opposto ingaggiando cinque avvocati. In tre mesi, abbiamo
vinto la causa, oserei dire - mi si perdoni forse il paragone ardito - citando
san Paolo: sperando contro ogni speranza.
Queste
realtà multinazionali sono senza volto, impersonali ad un livello veramente
inquietante. Il tuo avversario è un algoritmo, ma come ci si comporta contro un
algoritmo? Nessuno lo sa di preciso.
Va
inoltre sottolineato che diversi hater ci hanno contattato rivendicando la
responsabilità della chiusura del blog. Dichiarano di averci segnalato come
“omofobi”. Al di là dell’effettiva rilevanza di tali segnalazioni, ciò che
desta preoccupazione è che basterebbe l’intervento di chi non condivide le
nostre idee per innescare l’algoritmo censorio.
- MiL è
stato rimosso dopo la pubblicazione di un’intervista con il Vescovo
Strickland. Ritieni che questo episodio rifletta una crescente ostilità
verso l’insegnamento cattolico tradizionale negli spazi digitali? E se sì,
perché credi che ciò accada?
Grazie. Questo è molto
importante. Google ci ha comunicato in seguito, a causa avviata, che il
procedimento di blocco è scattato per un post in cui abbiamo pubblicato la
traduzione italiana di una lettera del vescovo Strickland, in cui si asseriva,
a proposito del diaconato femminile, che “sebbene le donne abbiano sempre
occupato un posto di rilievo nella Chiesa, come martiri, mistiche e sante, la
loro dignità non si accresce imitando i ruoli maschili, ma vivendo appieno la
missione unica data loro da Dio”.
Google si è impuntato
sull’accezione della parola unique, volendola interpretare come sinonimo
di “ridotta” o “limitata”, quando è chiaro - il magistrato lo ha messo in
evidenza - che il significato è nell’accezione di “singolare” o “privilegiata”.
Considera che questo post particolare con la lettera tradotta di Strickland non
è mai stato ripristinato, anche dopo la vittoria legale e il ritorno del blog
online.
Tutto
questo ci fornisce un campanello di allarme, perché se questo è hate speech,
allora ogni qualvolta postiamo una citazione del Magistero pontificio o
addirittura della Sacra Scrittura compiamo un atto di hate speech. In effetti,
Google ci ha persino contestato un post, pubblicato successivamente al
ripristino del blog, in cui noi abbiamo detto che il diaconato femminile è
inammissibile in base a documenti del Concilio Vaticano II, della Sacra
Scrittura e del Catechismo della Chiesa cattolica. Praticamente la dottrina dei
cattolici è bandita.
- Durante
il blackout, avete ricevuto il sostegno di diversi politici italiani ed
europei, oltre che di diverse testate, anche internazionali. Vedi una
rinnovata consapevolezza, anche nelle istituzioni laiche, che la libertà
religiosa e la libertà di espressione siano oggi battaglie convergenti
nell’era digitale?
Sì,
almeno lo speriamo. Vorrei fare due riflessioni. Abbiamo ricevuto un sostegno
enorme da parte delle testate giornalistiche. Paradossalmente, i giornali che
ci hanno difeso e sostenuto sono per la larga maggioranza testate laiche. Le
testate cattoliche che hanno deciso di darci voce sono poche, e tra queste c’è
Life Site News. Molte importanti testate cattoliche hanno invece deciso di non
occuparsene, malgrado le nostre richieste. Credo che tutto ciò faccia
riflettere.
In
secondo luogo, vorrei ricordare che il vicepresidente degli USA, J. D. Vance,
lo scorso 14 febbraio 2025, tenne un discorso ormai divenuto famoso durante la
Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera. In quel contesto accusò
l’Unione Europea di una “ritirata della libertà di parola” e di reprimere le
voci dissenzienti. Che ci siano problemi di questo tipo in casa nostra è
certamente vero, ma vorrei ricordare che questo tipo di vessazione subita da
Messainlatino.it è provenuto da una società con sede negli Stati Uniti
d’America. Forse bisognerebbe stare più attenti anche a ciò che avviene entro i
propri confini?
Vorrei,
infine, fare un appello ai legislatori nazionali e sovranazionali: chiarite il
significato di hate speech. Una dottrina religiosa, anche se netta in certi
temi, non può essere considerata discorso d’odio. C’è il rischio che tale
interpretazione violi i diritti fondamentali, come la vicenda del nostro blog
dimostra ampiamente.
- Guardando
al futuro, quali lezioni ti senti di condividere con giornalisti,
influencer, editori o più genericamente creatori di contenuti cattolici di
tutto il mondo per tutelare la loro presenza online — sia dal punto di
vista tecnico che morale — dopo la vostra esperienza con Google?
Un
avvertimento è necessario: siamo tutti esposti a un grave rischio. Le normative
nazionali e persino quelle sovranazionali sembrano irrilevanti di fronte al
potere delle grandi piattaforme come Google, Meta e altre. I loro algoritmi
operano con ampia libertà e bastano poche segnalazioni provenienti da lobby
ostili alle nostre idee per ottenere il blocco, o addirittura la rimozione,
della nostra presenza online. Uno scenario che ha i tratti di una vera
distopia.
Ai
creator cattolici mi sento di dare un consiglio preciso: se subite censura,
difendetevi e fate riferimento anche alla nostra sentenza, ormai diventata un
precedente importante. Google è stata condannata a risarcire le spese
processuali: una cifra minima per un colosso di quelle dimensioni, ma comunque
una vittoria significativa. Inoltre, suggerisco di orientarsi verso piattaforme
più piccole, magari nazionali, che garantiscano condizioni meno squilibrate a
favore dell’hoster e con cui sia più semplice interagire in caso di contenzioso
legale. Infine, sarebbe auspicabile incoraggiare imprenditori cattolici a
sviluppare nuove piattaforme online: il mercato sembra offrire spazio e
opportunità.

