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venerdì 24 ottobre 2025

Dal convegno di Pax Liturgica: una toccante testimonianza personale, un excursus sulla situazione in Asia e la conclusione #sumpont2025

Pietra Bertolazzi
Pietra Bertolazzi di San Paolo del Brasile ci ha raccontato, con toni molto personali e toccanti e rispondendo a numerose domande, il suo cammino di conversione dallo spiritualismo, una sorta di religione diffusa nel suo Paese, al cattolicesimo più autentico, attraverso il contatto con la Messa di sempre.

Quindi Padrea João Silveira, portoghese, ci ha presentato la situazione della Messa tradizionale in Asia. 

Ha esordito ricordando che la liturgia della Chiesa è un tesoro prezioso e come tale è doveroso condividerlo. E non è una conoscenza per iniziati, come pensavano gli gnostici, ma è per tutti, da tramandare (tradere=traditio=tradizione) di generazione in generazione.

Partendo dalla Corea del Sud, dove il cattolicesimo è giunto in tempi relativamente recenti, ossia nel XVIII secolo. Nonostante il martirio del clero (di origine cinese), i cattolici rimasero pur senza sacerdoti. Nel XIX secolo giunsero i missionari cattolici e numerosi furono i martiri: le persecuzioni continuarono fino alla caduta dell'Impero coreano all'inizio del Novecento. E così la memoria delle persecuzioni è ancora ben viva e fervente è la Fede. Molti pregano sulle reliquie dei martiri.

P. Silveira

La cultura coreana, non senza influenze confuciane, rispetta grandemente le gerarchie e gli anziani. I vescovi, che sono anche anziani, sono pressoché ieratici e inavvicinabili. La comunione è normalmente in bocca; non ci si inginocchia però, perché è considerato gesto occidentale, preferendo gli inchini.

Per molti decenni in Corea non vi sono state Messe tradizionali pubbliche. La prima fu nel 2009 a Seoul prima di una conferenza di Mosenbach, che servì quella Messa. 

L'arcivescovo di Seoul non consente la celebrazione del vetus ordo per cui nella capitale c'è solo la Frat. S. Pio X e la Messa antica diocesana è fuori città.

Padre João ha poi raccontato di come la Messa in latino consenta di costruire i ponti e abbattere i muri (linguistici) della liturgia in vernacolo. E lo ha sperimentato in Sri Lanka e a Goa (India). Ha raccontato come sia più complicato il sacramento della confessione: i fedeli cingalesi si presentavano con un elenco numerato bilingue (in lingua e locale e in inglese) con una lista di 40 peccati e sostanzialmente si limitavano a indicare i numeri corrispondenti a quanto dovevano confessare. I missionari hanno sempre dovuto essere creativi...

A Goa, celebrando nella cappella di san Francesco Saverio, evangelizzatore dell'Asia, ha avuto la mistica esperienza che alcuni fedeli, tra cui una suora certo non tradizionalista, hanno sostenuto di aver avuto visioni del santo: dopo tanto tempo lo stesso rito celebrato a suo tempo da san Francesco Saverio veniva nuovamente celebrata nella sua cappella.

In Vietnam il governo comunista impedisce le missioni straniere e questo limita le possibilità per le fraternità tradizionaliste alle quali, per giunta, sono contrari anche i vescovi locali.  Ma è stato possibile al nostro viaggiatore di celebrare nelle case.

Christian Marquant
A Timor Est, venuto a celebrare, ha trovato una delle visioni più terrificanti: una suora con chitarra in mano e un power point! Invece ha dovuto adattarsi e la chitarra fortunatamente è stata usata con discrezione e il power point per 'proiettare' i testi in latino. Insomma, anche il diavolo non è così brutto come lo si dipinge...

Il giovane arcivescovo di Dili, che è anche cardinale, ha raccontato personalmente al visitatore che specie gli anziani pregano ancora in latino. Tuttavia a Timor Est non ci sono Messe tradizionali.

La conclusione è stata, come di consueto, di Christian Marquant. Il quale ha ricordato che Leone XIV ha dichiarato di non avere avuto ancora occasione di confrontarsi con fedeli legati alla Tradizione. Ebbene, noi siamo qui: è vero che dagli anni Sessanta siamo stati cacciati dalla Chiesa, ma noi, come orfani messi alla porta (da ultimo anche con la soppressione della Commissione Ecclesia Dei), siamo qui a bussare. Dateci fiducia: noi siamo cattolici e bisogna che il Papa lo sappia. 

Almeno non usano più la scusa abituale: voi non esistete. Non possono più negare che sì, esistiamo.

E con il canto corale del Christus vincit, da parte dell'uditorio numeroso (più degli altri anni) in piedi, si è concluso l'incontro 


Enrico 

 

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