Il potere della prudenza: Leone è mansueto ma deciso. I primi 100 giorni del pontificato
I primi cento giorni del pontificato di Leone XIV visti dall'interno, con le testimonianze di persone vicine, sono sostanzialmente quelli che si sono visti da fuori, nelle cancellerie, nelle redazioni dei giornali, nelle diocesi e nell'opinione pubblica. Un giovane bosniaco, giorni fa, spiegava: Robert F. Prevost "è un papa tradizionale, non tradizionalista ma moderno, un’antenna dei tempi che viviamo. Convince e dà sicurezza”. È proprio quanto si evince dall'agire del pontefice in questi tre mesi: una persona mite e metodica, sicuro e certo, capace di trasmettere, appunto, sicurezza e certezza. In lui traspare, nelle sue decisioni e gesti, un magistero disciplinatamente certificato nel testo e nulla è improvvisato o interpretabile. Tutto indica, allo stato attuale, che Leone sente un grande bisogno di essere capito bene, cosa che ritiene necessaria per il bene della Chiesa.
I giudizi più impegnativi su Papa Prevost sono prematuri
anche perché non ha preso ancora quelle decisioni dirimenti che nelle nomine dei collaboratori più stretti profilano priorità e stile di governo. Ora impiega molto del suo tempo per individuare le priorità e le persone adeguate. Ci tiene molto alla prudenza. Compiti e precedenze sembrano essere i criteri fondamentali per le scelte che prepara entro la fine dell’anno. I numerosi vescovi nominati in questi 100 giorni sono un’anticipazione dei suoi nuivi metodi di governo.Questo agire attento e
meditato, senza impulsività e nemmeno cedimenti alle suggestioni della stampa,
che rispetta come ha detto diverse volte ma dalla quale si tiene rigorosamente
lontano, ha fatto credere a qualche membro dell'attuale gerarchia vaticana che
si può condizionare il pontefice mettendolo di fronte a fatti consumati. Sembrerebbe
che ci sono prelati che confondono la sobrietà e la prudenza di Leone XIV con
la debolezza e l’indecisione. Nulla di più sbagliato. In oltre due anni alla
guida del Dicastero per i Vescovi (2023- 2025), il cardinale Prevost ha conosciuto
le articolazioni curiali nonché i profili personali di molti ecclesiastici,
oggi molto utili per dare al primato pietrino affidabilità e slancio
collegiale. Il papa in tre mesi ha indicato di volere dai vertici della Curia
linearità e trasparenza nonché abbandono del protagonismo e dell’alterigia. Fra
le tante affermazioni di governo importanti di papa Prevost c’è una già
risolutiva indirizzata ai cardinali riuniti nella Cappella Sistina il 9 maggio
scorso. A loro il Papa disse che occorre rammentare sempre “un impegno
irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità:
sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e
glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di
conoscerlo e amarlo.” Sono riflessioni che riassumono ciò che il papa pensa e
vuole dalla Chiesa chiamata a presiedere tre mesi fa,
E in questi mesi, il più
grande scopo realizzato sta fondamentalmente nel clima di pacificazione e
serenità che Leone XIV ha trasmesso e fatto condividere, senza nemmeno
affrontare apertamente questa reale e delicata questione, evitando così di
trasformarla in una sorta di urgenza drammatica e di per sé insidiosamente
divisiva. Lui stesso per primo ha scelto come stile della sua missione una
mansuetudine pastorale che ha molto colpito i cristiani e anche i non credenti.
“È cambiato il clima”, è una frase molto ricorrente in queste settimane, dentro
e fuori dal Vaticano. Nel centinaio di allocuzioni sino ad oggi è visibile la
grande cura del linguaggio, delle frasi e delle singole parole, così come l’uso
dei silenzi. In Leone XIV anche i silenzi fanno parte delle note musicali della
sua comunicazione che oltre a rifuggire dalle enfatizzazioni e dalle
interpretazioni ambivalenti, fa capire che tutto può essere affrontato ma con
metodo, nei tempi dovuti e con un lavoro di preparazione lungimirante, a “piccoli
passi ma solidi”. E ciò senza perdere di vista l’orizzonte, che come ha fatto
capire Papa Prevost a più riprese, è la cornice di ogni cosa: la missione della
Chiesa nel mondo, che certamente non è sociologica o geopolitica, compiti ed
esigenze che spetta ad altri, più preparati e detentori dei poteri necessari
che la Chiesa non ha nel mondo odierno. Leone XIV nel voler mantenere viva la
memoria di Francesco, molto di più e meglio di quanti sotto l’ombra del
pontefice argentino hanno vissuto e prosperato, non ha avuto dubbi nel
distinguersi, in particolare nell’ambito degli eventi internazionali, o delle
crisi regionali, così come con i primi Rescriptum
improntati a ristabilire legalità.
Da subito Leone ha
abbracciato come riferimento identitario la pace, “il primo saluto del Cristo
Risorto” sottolineò l’8 maggio scorso, con voce ferma, per poi spiegare: “Anch’io
vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le
vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la
terra. La pace sia con voi! (…) Una pace disarmata e una pace disarmante, umile
e perseverante.”
L’ottica della pace di
papa Prevost non è geopolitica come è stato interpretato sovente nel caso di
papa Francesco al punto di farlo apparire ciò che non era: un leader politico e
una guida delle masse. Questo equivoco tutto da indagare seriamente probabilmente
troverà la sua spiegazione fuori dalla Chiesa. Leone ha espresso posizioni
diverse a quelle del passato sull’invasione russa dell’Ucraina, sulla guerra
decennale in Medio Oriente, in particolare sulle sofferenze inenarrabili del
popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania e sul riarmo che spesso - ha
lamentato Leone - si finanzia a scapito
dei dividendi di pace che possono dare cibo, salute, scuola e cultura. “La pace
non è una tregua fra due conflitti”, e deve essere sempre “disarmata e
disarmante”. Il pontefice lega la scelta del suo nome Leone alla famosa
enciclica “Rerum novarum” che introdusse la Chiesa in “un cambiamento d’epoca”
con sfide enormi come accade anche oggi e di fronte alle quali “la Santa Sede
non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri
e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e
a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi
per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza
tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole
società.”
Papa Leone è consapevole delle
difficoltà dell’essere stato chiamato a fare il Vescovo di Roma dopo Francesco,
con il quale condivide diversamente molto. Sa di avere davanti questioni,
inaggirabili, delle vere strettoie che vanno chiarite e risolte con la massima
condivisione possibile. Ogni papa ha avuto un suo metodo e ciò, alla fine, ha
sempre determinato lo stile di governo. Questi 100 giorni confermano che Leone
XIV ha scelto un suo metodo: chiarezza inequivocabile e sobrietà.
L’appuntamento cardine è la sua prima enciclica prevista per la fine dell’anno.
(L. Badilla – Pubblicato su “Il Domani”, 19 agosto 2025)
