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giovedì 2 maggio 2024

Il contrasto al “cambiamento climatico” è un “imperativo categorico”: parola della CEDU #300denari

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) con la
sentenza del 9 aprile 2024 resa dalla c.d. Grande Camera, accogliendo il ricorso promosso da un’associazione svizzera (la Verein KlimaSeniorinnen Schweiz, ovverosia l’“Associazione donne anziane della Svizzera”), i cui membri si dichiarano «preoccupati per le conseguenze del riscaldamento globale sulle loro condizioni di vita e di salute», ha condannato la Confederazione Svizzera per c.d. “inazione climatica”. In particolare, è stato rimproverato che la Svizzera non avrebbe agito tempestivamente per adottare misure adeguate a contrastare il problema del cambiamento climatico antropico, così violando il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 della Convenzione EDU) e il diritto di accesso al tribunale (art. 6, par. 1 della Convenzione EDU).

La CEDU (che nel recente passato ha condannato la Polonia in quanto la normativa nazionale non consente l’aborto dei bambini affetti da Sindrome di Down e, in precedenza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso promosso dalla madre di Alfie Evans) con la sentenza in esame segna un rilevante cambio di passo nel rapporto con gli Stati che hanno ratificato la Convenzione EDU, mirando a conformare con la forza del potere giurisdizionale e al di fuori di qualsiasi processo democratico l’agire di uno Stato sovrano rispetto a tematiche controverse sul piano scientifico e che, in ogni caso, esorbitano il perimetro di detta Convenzione.

Al riguardo, si segnala l’autorevole commento del Prof. Avv. Mauro Ronco* pubblicato per il Centro Studi Rosario Livatino (disponibile qui e meritevole di attenta lettura) che rimarca le molteplici criticità ravvisabili nel percorso motivazionale della CEDU, chiarendo che «come tutte le sentenze ideologiche, che assumono come spunto una situazione su cui il Giudice intende manifestare la sua posizione politica e non, invece, esprimere un doveroso giudizio fondato su regole, gli effetti della decisione sono destinati a favorire l’implementazione dei ricorsi delle associazioni ambientaliste contro gli Stati. (…) Invece di favorire un’equa e razionale determinazione degli obblighi degli Stati tramite trattati internazionali in cui ciascuna parte rappresenta le sue legittime istanze, la sentenza costituisce un diktat unilaterale di un giudice che si fa indebitamente legislatore».

Si conferma la tendenza degli organismi giurisdizionali sovra-nazionali o pan-europei (in particolare, CEDU e Corte di Giustizia dell’Unione Europe) a piegare le “clausole generali” presenti in trattati o convenzioni (ne è plastico esempio l’abusato “stato di diritto” per condannare i – non graditi – governi della Polonia e dell’Ungheria) in funzione degli orientamenti politico-ideologici che l’intellighènzia al potere ritiene di perseguire.



* Professore emerito di Diritto Penale nell’Università di Padova. È stato Professore onorario di Diritto Penale nell’Università di Innsbruck (Austria). È avvocato dal 1974. Presidente degli Avvocati di Torino nel quadriennio 2006-2010. Già componente del Consiglio Superiore della Magistratura negli anni 2001-2002.




Filippo

 

2 commenti:

  1. Ormai bisogna avere il prosciutto sugli occhi per non capire che la questione ambientale è urgente ed imperativa.
    Ci vuole unità globale così come è stato fatto per il contrasto alla pandemia.
    Tutto il resto, sono chiacchiere inutili che fanno perdere solo tempo.

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    Risposte
    1. E chi è vegano e non crede alla questione ambientale cosa ha sugli occhi?

      Elimina

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