Luigi C.
125ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA LORO PREGHIERA PER LA DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI ALL'ARCIDIOCESI DI PARIGI
La scorsa settimana, avevo accennato che avrei raccontato della visita del cardinale Arthur Roche, prefetto del Dicastero per il Culto Divino, a Parigi, il 1º febbraio, quando è intervenuto al convegno annuale dell'Istituto Superiore di Liturgia, sul tema “ La formazione nella e attraverso la liturgia”, e il 2 febbraio, giorno in cui ha presieduto alla messa celebrata nella cappella carmelitana dell'Istituto Cattolico, eventi di cui Paix Liturgique ha dato ampia informazione nella sua Lettera 1003 (Paix Liturgique France).
La conferenza era sotto stretta sorveglianza, perché gli organizzatori temevano che i “sostenitori” della messa tradizionale si facessero avanti per chiedere il dialogo come avevano fatto l'11 maggio, durante le Giornate nazionali straordinarie del SNPLS, alle quali il cardinale Roche decise poi di non comparire.
Eppure, gli interventi del cardinale durante il convegno rappresentano la sua posizione in una sorta di dialogo indiretto, nella misura in cui egli ha sviluppato una difesa e un'illustrazione della nuova liturgia diretta implicitamente contro i sostenitori della liturgia tradizionale e verso le nuove e classicissime generazioni di chierici e di seminaristi, gli stessi che si sono radunati a Parigi lo scorso novembre.
Il cardinale Roche e gli uomini che lo circondano e lavorano per lui, gli stessi che hanno steso Desiderio desideravi, la lettera apostolica del 2022 sulla “formazione liturgica del popolo di Dio”, e la sua conferenza del 1° febbraio, sono ciò che chiamiamo “fondamentalisti Paolo VI”, che sognano un Nuovo Ordo quanto più dignitoso possibile.
Come ci spiega la Lettera di Paix Liturgique da cui adesso traggo spunto, si è trattato quindidi un discorso molto “di destra”, se lo consideriamo nell'universo della riforma di Paolo VI. Arthur Roche fa una “lettura” di Desiderio desideravi, spiegando che la migliore formazione alla liturgia si ottiene soprattutto attraverso la buona pratica liturgica, il che suppone che ne esiste una cattiva. Nella sua conferenza, si avvalse ampiamente di Romano Guardini, teologo tedesco di origini italiane, divenuto uno dei pensatori di destra del Movimento Liturgico, che era stato anche uno dei maestri di Joseph Ratzinger a Monaco.
La cosa più interessante sono state le osservazioni di Roche sulla partecipazione, facendo notare che vi sono due scuole di pensiero su questo argomento, una che sostiene la partecipazione-agitazione e l'altra la partecipazione puramente spirituale. Il cardinale segue Guardini che, in realtà, si è schierato dalla parte della partecipazione spirituale ma in un modo un po' contorto, tedesco: la vera partecipazione è una “interiorità rivelata” o un “silenzio rivolto all'esterno”. Tutto questo per arrivare a questa perla: Arthur Roche arrivò a citare un episodio che Romano Guardini considerava esemplare di cosa sia la vera partecipazione: in un santuario della Sicilia, negli anni Trenta, cioè sotto l'antica liturgia, aveva assistito alla consacrazione degli Oli Santi nel primo mattino del Giovedì Santo; la folla popolare si limitava a guardare ma la sua intensa partecipazione è stata innescata, come un movimento interiore profondissimo, dall'ascolto di un inno liturgico antichissimo capace di sollevare gli animi. Perché partecipare è meravigliarsi!
Senonché, se la vecchia liturgia aveva di fatto la capacità di meravigliare il popolo, la nuova liturgia, dal suo canto, per quanto “dignitosa” e “ben celebrata”, infatti non stupisce più nessuno. Del resto, la celebrazione del giorno successivo, nella cappella carmelitana, nonostante gli sforzi per renderla “dignitosa” (Gloria VIII, che il pubblico dei professori di liturgia non ha potuto cantare, probabilmente perché li faceva male alla gola, Pater in latino) è stata invece penosamente piatta . Niente che possa stupire i seminaristi classici, che preferiscono l’originale del VOM alla copia scadente del “celebre” NOM. Purtroppo per il cardinale Roche, sta di fatto che la versione “dignitosa” della nuova liturgia quasi non esiste, e resta comunque insipida e non attrae (l’immensa abbazia di Solesmes, ad esempio, si sta svuotando, nonostante il gregoriano della messa concelebrata).
Continuiamo quindi a recitare i nostri rosari senza stancarci davanti agli uffici dell'arcidiocesi, 10 rue du Cloître-Notre-Dame, dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 13,30, a Saint-Georges de La Villette, mercoledì alle 17 e davanti a Notre-Dame du Travail, domenica alle 18, per chiedere che sia concessa la libertà alla liturgia che desta meraviglia negli animi¸ e, molto concretamente, per chiedere che le messe soppresse siano ripristinate Parigi.