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mercoledì 13 dicembre 2023

Una nuova lex orandi? O piuttosto un’assenza di legge liturgica… Quarta riedizione del libro di don Claude Barthe «Trouvera-t-Il encore la foi sur la terre»?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 984 pubblicata da Paix Liturgique l’11 dicembre 2023, in cui si riporta in anteprima il passo dell’introduzione della quarta edizione (parzialmente rivista e ampliata dalla casa editrice Via Romanadellopera Trouvera-t-Il encore la foi sur la terre? [Troverà ancora la fede sulla terra?] di don Claude Barthe, cappellano del Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum (QUI sul sito della casa editrice).
Il testo è relativo alla nuova legge liturgica, che di fatto non è più una legge.

L.V.


A questo insegnamento [sull’ecumenismo], che non voleva essere né bianco né nero, mancava – e per una buona ragione – l’autorità ultima. Si decise che il Concilio Vaticano II sarebbe stato «solo pastorale», cioè senza autorità dogmatica, forse ispirandosi alla «priorità pastorale» elaborata da padre [poi card.: N.d.T.] Yves Marie-Joseph Congar O.P. in Vraie et fausse réforme dans l’Église [Vera e falsa riforma della Chiesa: N.d.T.], di cui parleremo più avanti. Il principio dell’atipicità di questo Concilio, più volte ribadito in seguito, era stato fissato il primo giorno, giovedì 11 ottobre 1962, dal famoso discorso di apertura di San Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia [QUI: N.d.T.]: Vaticano II, in cui il Papa, distinguendosi da tutti i Concili del passato, diceva che non avrebbe dogmatizzato né in positivo (canoni) né in negativo (anatemi).

Quando il magistero si impegna in questo senso, può farlo solo in modo totale. Tuttavia, all’epoca era impegnato solo a metà. L’ingresso in questa via mediatica fu, inoltre, accolto con una sorta di unanimità. Da parte della maggioranza conciliare, aveva il vantaggio di dare una dottrina più «aperta», senza contraddire la dottrina precedente. Ma anche la minoranza, che fu sopraffatta fin dai primi giorni dell’assemblea, aveva da guadagnarci: troppo rapidamente attinse al tema della mancanza di autorità infallibile dei testi, che pensava avrebbe relativizzato la loro portata.

In realtà, prima ancora di parlare di mancanza di autorità, potremmo parlare di mancanza di contenuti chiaramente definiti(ciò è particolarmente evidente nel decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio [QUI: N.d.T.], che, per quanto possa sembrare sorprendente, non contiene alcuna definizione di ecumenismo in quanto tale; ma è vero anche per la dichiarazione sulle religioni non cristiane, che si guarda bene dallo specificare cosa intende per religioni). Comunque sia, riconoscere una certa legittimità alla diversità delle credenze cristiane o non cristiane implica volens nolens che Dio voglia (non condanni) questo pluralismo di religioni e che Dio voglia (non condanni) una diversità di confessioni cristiane. Questo è ciò che spiegherà serenamente il documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune [QUI: N.d.T.], firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e da Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar: «Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani».

In questo modo, sia per l’argomento che per il modo, si è dato un certo numero di impegni al pluralismo, e quindi al relativismo, con il Concilio Vaticano II che ha fatto una decisa apertura alla Weltanschauung [visione del mondo: N.d.T.] moderna, alla concezione moderna del mondo, in accordo con la missione affidatagli da San Giovanni XXIII quando lo ha convocato. […]

A sostegno dell’analisi di cui sopra sulla non autorità del Concilio Vaticano II – che tuttavia si impone con l’indiscutibile autorità dell’ideologia, in questo caso quella dello «spirito del Concilio» – c’è un fatto imponente: invece di un Concilio interpretativo, abbiamo avuto un Concilio che poteva essere interpretato in una grande varietà di modi. Ciò significa che non è stato assunto il ruolo proprio del magistero classico, cioè l’interpretazione del deposito della fede e del magistero precedente. In un certo senso, la critica più radicale che può essere mossa al Concilio Vaticano II è la ben nota affermazione che esso deve essere «interpretato nel senso della tradizione». Nella convinzione che il Concilio Vaticano II possa essere salvato, la critica viene rivolta ad esso, perché è l’ultimo Concilio ad oggi, ed è in sostanza l’ultima parola sulla tradizione interpretativa: è il Concilio Vaticano II che dovrebbe interpretare la tradizione. Il problema è che lo si ritiene incapace di farlo.

A parità di condizioni, lo stesso si potrebbe dire della nuova liturgia, che non ha più il quadro rituale che corrisponde al quadro dogmatico nel suo insegnamento. Anche la liturgia di San Paolo VI, come il Concilio Vaticano II, e per ragioni simili, richiede un’interpretazione. E sappiamo quante interpretazioni diverse si possono dare di essa. Il famoso adagio lex orandi, lex credendi si applica nel contenuto al rapporto tra insegnamento conciliare e riforma liturgica – l’«apertura» del nuovo magistero al mondo corrisponde all’immanentizzazione della riforma di San Paolo VI. Ma va notato che l’adagio lex orandi… si riferisce alla forma, quella del diritto. Così, va notato che, così come l’insegnamento del Concilio Vaticano II non è espresso nel modo di una legge di fede, la condotta del culto del Concilio Vaticano II non soddisfa più i requisiti di una legge di preghiera propriamente detta. Il numero infinito di scelte possibili, le traduzioni e gli adattamenti in una moltitudine di lingue, la vasta gamma di interpretazioni personali da parte di ciascuno degli attori, tutto ciò significa che il culto risultante dalla riforma non è in alcun modo una regola: la nuova formula è essenzialmente una non-regola. È deregolamentata, come le nuove intuizioni teologiche.

Questa nuova liturgia, e la nuova Messa in particolare, è la traduzione tangibile dello spirito del Concilio per il popolo cristiano. Si pensi, ad esempio, a ciò che rappresenta la rotazione dell’altare «verso il popolo» in termini di cambiamento del significato dell’azione sacra, o all’abolizione dell’offertorio sacrificale. La Messa di San Paolo VI, soprattutto quando non è eccessiva, è una buona illustrazione di ciò che è stato il Concilio Vaticano II, cioè l’instaurazione nella Chiesa di un’ideologia borghese, nel senso dell’ideologia liberale della modernità della fine del XX secolo e della prima parte del XXI. La nuova liturgia, rispetto alla liturgia tradizionale e a ciò che è rimasto delle liturgie orientali, è una liturgia desacralizzata, una liturgia «profanata», cioè una liturgia che lo stile e il pensiero profano hanno invaso a scapito dell’accesso al trascendente. Questo ha causato un danno spirituale immenso, non solo ai fedeli cattolici, ma a un’intera civiltà.

Nel complesso, il Concilio Vaticano II ha posto la Chiesa in una situazione straordinaria, molto moderna, in cui l’illegalità (in questo caso, essenzialmente, l’illegalità dottrinale) gioca il ruolo della legge e ne prende il posto. È come se, per la prima volta nella storia della Chiesa, il magistero in quanto tale, che prende decisioni definitive, non avesse osato o voluto esercitarsi.

6 commenti:

  1. Come mettersi da soli il prosciutto sugli occhi.
    Vado a messa regolarmente, anche durante la settimana. Dire che non esiste lex orandi o non c’è legge liturgica (qualunque cosa significhi), vuol dire essere chiusi nella propria bolla e ignorare costantemente il resto del mondo.

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  2. Secondo me si dovrebbe dire che la lex del post concilio ha creato dei cattolici diversi più in linea con le aspettative del mondo che a quelle di Cristo. Non sarà di tutti certo ma per esperienza vi porto l'esempio dell'impegno per la proposta di legge "un cuore che batte" fatta in parrocchia. Risultato ? Zero firme anche se tanti a parole sembravano gradire. Certo, ognuno ha i suoi impegni, il lavoro, lo sport dei figli e intanto i bambini muoiono ammazzati. Cosa ci voleva ad andare due minuti in comune a firmare? A che serve andare a Messa e poi quando un parente stretto divorzia e si risposa non rifiutarsi di andare al "matrimonio"? Il Battista per una questione di adulterio ci ha rimesso la testa. I parenti si offendono? Ma a noi interessa che le persone care si salvino! Ecco allora la lex credendi del popolo: il cattolico del rito antico tende (e sottolineo che si tratta di un valore mediano) a essere inflessibile verso il mondo e con ciò non dice che è perfetto ma solo che se sbaglia non deve cambiare le leggi, deve cambiare lui! In parrocchia sono tutti contro l'aborto, convinti che la sodomia è un peccato che sdegna fino i demoni, che il matrimonio è indissolubile, che Cristo è vivo ed è Signore? Facciamo un bel sondaggio e poi commentiamo insieme.....

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    1. Mi scusi, a parte delle visioni di una santa (che non sono né Parola di Dio né Magistero) dive vi sarebbe scrche l'omosessualità schifa anche i demoni?
      Se ci poniamo così mi rendo conto del perché gli LGBT non solo non vogliano entrare in Chiesa per partecipare al Mistero di Cristo è venire redenti, ma diventino anticlericali

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    2. infatti ho scritto consapevolmente sodomia (che è un atto fisico) e non omosessualità. Anche gli eterosessuali possono peccare e dannarsi per questo.
      Per quanto riguarda il discorso sui demoni invece io ho voluto citare Santa Caterina da Siena per evitare di enumerare tutti i passi delle Bibbia dove la condanna di Dio stesso è inappellabile (diciamo per questioni di sintesi del commento).
      Il punto è semplice: io entro in Chiesa riconoscendo di essere peccatore e non pretendendo una giustificazione al mio peccato. Se poi trovo persone senza carità che mi attaccano e mi perseguitano allora di ciò ne renderò grazie a Dio che mi ha concesso sin da subito di scontare su questa terra parte della pena a me riservata per i miei peccati alleggerendo la mia pena nell'aldilà.
      E questo vale per tutti i peccati, solo che qui parliamo di questo per non andare off topic.

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  3. Caro Diego, condivido pienamente.
    E aggiungo che il fedele cattolico mediamente preferisce il cattolicesimo "morbido e vellutato", senza spigoli, tutto misericordia, in questo aiutato dall'andazzo del clero poco esigente e coerente con la Fede. Quindi, la responsabilità della gerarchia Vaticana e dell'episcopato e' enorme, in quanto il lassismo o il buonismo che cadono dall'alto fanno danni e devastazioni in basso.

    Gz

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    1. Caro anonimo delle 16.58, dissento totalmente da Diego e da lei.

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