Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Speranza dell’arch. Vincenzo Castellana (anno 2021).
Dopo aver guardato con raccapriccio i risultati degli investimenti economici (costo di 2.800.000 euro) anche della Diocesi di Piazza Armerina, ribadiamo la domanda: se lo meritano l’otto per mille?
Lorenzo
Descrizione del progetto: La ricerca compositiva del nuovo complesso parrocchiale muove i primi passi dallo studio dei rapporti relazionali tra le nuove forme e il contesto, non solo in termini urbanistici, ma anche percettivi e valoriali. Il “riempimento” di un vuoto urbano in un ambito insediativo a bassa densità edilizia è colto dal gruppo di progettazione come l’opportunità di ricodificare lo “stile abitativo” del quartiere, a partire dai suoi segni, dai suoi flussi, per arrivare ai propri riferimenti identitari. La chiesa è posizionata in modo da fare del suo prospetto principale la quinta scenica di via Italia, la direttrice stradale che collega il quartiere periferico al centro cittadino. È quest’ultima, infatti, che stabilisce le coordinate topografiche dei nuovi spazi architettonici secondo uno schema gerarchico che pone il sagrato con l’aula liturgica in testa al lotto e i locali pastorali nella parte retrostante. Tutto l’isolato parrocchiale è circondato da aree libere, facendo sì che, pur nella subordinazione funzionale appena accennata, ogni prospetto sia pensato a scala urbana. I volumi massicci e stereometrici dei fabbricati, soprattutto quello della chiesa e del campanile, si impongono in maniera decisa nel paesaggio edilizio piuttosto anonimo, con l’intento di personalizzarne lo skyline. La facciata su via Italia è proporzionata sulla modulazione del quadrato e misurata sul segno, appena accennato ma facilmente leggibile, della croce. Lo sviluppo altimetrico di questo fronte, dal cui basamento si stacca la torre campanaria fuori piombo, è il risultato di una regolata articolazione di piani estradossati, arretrati e inclinati. Il portale è collocato di sguincio, celato cromaticamente e protetto da un poderoso aggetto ottenuto dal trattamento plastico dell’elevato.
L’aula liturgica dal punto di vista planimetrico segue la pulizia geometrica degli esterni: una pianta quadrata segnata dall’avanzamento dell’ingresso e da un deciso sfondamento verso un ambiente ipetro destinato a hortus conclusus. Tale spazio, abitato al centro da un albero di ulivo visibile anche da fuori, fa da sfondo al luogo designato per la celebrazione del Battesimo. Tutto l’invaso assembleare è illuminato da una luce zenitale grazie a un articolato sistema di controsoffittature e lucernari posizionati in modo da tracciare sull’intradosso della copertura una croce greca. Tale segno influenza in maniera preponderante l’organizzazione distributiva dell’aula, delineandone le direzionalità interne. Queste si articolano in due traiettorie con significati propri anche sul piano liturgico-celebrativo: una principale che segue l’asse portale maggiore-presbiterio e una secondaria portale minore-spazio battesimale. La cappella feriale, un semplice volume a pianta rettangolare, è ricavata dietro il fondale presbiterale mediata da un attraversamento perimetrale che funge da deambulatio e che collega il battistero, l’aula, lo spazio per la custodia eucaristica e la sacrestia. Quest’ultima è collocata nell’angolo orientale del fabbricato in posizione tale da facilitare i percorsi processionali da e per gli ambienti destinati alle celebrazioni feriali e festive.
La struttura della chiesa è costituita da pareti portanti verticali e inclinate in calcestruzzo armato su fondazioni di tipo diretto a piastra. La copertura è anch’essa in in c.a. per la crociera centrale mentre i campi laterali in latero-cemento. All’esterno gli elevati si prepongono senza finiture; tuttavia il cemento si presenta bicromatico, grazie al contrasto delle sue tonalità naturali e della colorazione in pasta colore corten (basamento e campanile). Tale trattamento interessa anche parte degli interni e in particolare le parti murarie inclinate (l’aggetto dell’area di ingresso e la cantoria); il resto è completamente intonacato e tinteggiato di bianco ad eccezione della boiserie e del fondale presbiterale ottenuti da lastre di seminato veneziano giallo Egitto. Le stesse cromie e materiali sono utilizzati per la pavimentazione della pedana presbiterale, mentre per il resto dell’aula è utilizzato il perlato di Sicilia.
La chiesa fin dalla fase di ideazione è pensata per imprimere nell’immaginario urbano il proprio segno di contemporaneità. Le linee, la “nudità” dei materiali e l’articolazione plastica degli esterni fanno parte di una dinamica compositiva tutta giocata sull’attrattività percettiva, sull’alterità morfologica e sulla riconoscibilità evocativa. In questi fattori è rintracciabile il concept del progetto: avviare un dialogo interpersonale, costruire una relazione comunicativa con la comunità e contribuire alla sua identificazione. In questo caso la comunicazione, articolata su un lessico formale ispirato all’architettura Brutalista, è sicuramente di impatto, quasi provocatorio e discontinuo rispetto al contesto paesaggistico, ma tuttavia efficace per innescare tali processi. La “provocazione comunicativa” è rafforzata anche dal trattamento superficiale degli esterni: il cemento nella sua scabrosità, con i segni dei casseri e una colorazione in pasta che nella naturalezza dei processi cromatici di ossidazione sembra già anticipare gli effetti di usura di un tempo non ancora trascorso. Il “non finito” del “di fuori” trova invece una sua completezza all’interno; la pelle muraria, anche se con qualche elemento di continuità in controfacciata, perde la sua asperità, è ammorbidita dall’intonaco fino ad impreziosirsi con l’utilizzo di un rivestimento lapideo (zoccolatura) che corre lungo tutto il luogo in cui l’assemblea convocata partecipa al sacrifico eucaristico (fondale presbiterale).
L’impianto liturgico dell’aula è studiato sul bilanciamento di due configurazioni spaziali apparentemente distoniche: l’addensamento dei principali poli liturgici su una pedana onnicomprensiva e la disposizione a ventaglio dei posti dei fedeli (attualmente delle semplici sedie di plastica). Quest’ultima in particolare è frutto di un ridisegno richiesto dagli organismi della CEI, in quanto nella prima soluzione di concorso i banchi erano disposti in maniera più rigida: longitudinalmente e specularmente alla pedana. Il Comitato indirizza la diocesi e il gruppo di progettazione verso modelli capaci di «favorire maggiore partecipazione» dell’assemblea (dalla lettera di nulla osta). È così studiata l’organizzazione attuale, maturata da una maggiore comprensione ecclesiologica dello spazio liturgico e dalla necessità di far incontrare la dimensione assembleare e ministeriale del Popolo Santo radunato. La mediazione tra i due aspetti, già implicitamente favorita dalla planimetria centrica dell’aula, è promossa non solo dalla semi-radialità dei seggi, ma in particolare dalla posizione e conformazione dell’ambone. Quest’ultimo pur essendo “compresso” nel podio presbiterale, avanza verso il centro dell’aula, coinvolgendo nell’actio ritualis compiuta dal popolo sacerdotale costituito ministeriale tutta l’assemblea sacerdotale costituita nel Battesimo.
Il progetto iconografico nel suo complesso fa riferimento alla croce. Questa simbologia, rintracciabile già nella composizione plastica del prospetto, costituisce una costante archetipica non solo sul piano architettonico ma anche nella configurazione dei poli liturgici. Tale segno non è offerto come ricorrenza grafica o ridondanza decorativa, ma come elemento fondante, matrice formale percepibile a scale diverse. La visibilità della croce è sicuramente piena nell’articolazione geometrica del controsoffitto e nella modulazione della luce radente dei lucernari; è invece meno leggibile a livello planimetrico e distributivo. Anche l’altare si inserisce in questa narrativa simbolica presentandosi, con il suo rigore monolitico e la plasticità delle sue superfici, come una sorta di proiezione del fronte principale della chiesa. Tutti gli altri poli presentano le stesse fattezze materiche e formali: linee semplici, volumi netti, aniconici e acromatici. Un cenno di colore è leggibile nell’ambone in cui le superfici prismatiche tracciano una feritoia lasciando intravedere l’essenza di cipresso con la quale è costituito il corpo interno e la parte sommitale del leggio. Lo stesso materiale ligneo è usato per il crocifisso posto sul fondale presbiterale: un’opera inizialmente pensata con un lessico astratto poi ricalibrata (su richiesta dal Comitato) con un linguaggio più figurativo, ma in ogni caso non didascalico. Gli unici colori sono rintracciabili nel “quadro naturale” offerto dalla vetrata sull’hortus conclusus e dalla vetrata raffigurante l’immagine mariana. La titolare della chiesa, Maria venerata con l’appellativo Mater Spei, è ritratta con una ricchissima palette di colori, dalle tonalità più calde a quelle più fredde. È peculiare la scelta del vetro colorato in pasta per tale raffigurazione: né una scultura, né una pittura, ma una materia trasparente, capace di trasferire luce e di non produrre ombra. L’opera è concepita con forti riferimenti mariologici e cristologici: dal tema della trasparenza come figurazione dell’assenza di peccato, all’eloquente collocazione tra l’aula liturgica e la cappella del Santissimo a significare la mediazione della Vergine nel piano salvifico messianico.
Descrizione tratta dalla pagina beweb.chiesacattolica.it.
Fotografie degli esterni:
Splendido l’esterno, interno un po’ fiacco.
RispondiEliminaComunque non vedo niente di orribile.
La sua è una barzelletta o ci crede davvero? Se è una barzelletta non è spiritosa; se ci crede veramente o è un troll o è meglio che cambi blog. Veramente
Eliminaanno 2021 non 20121
RispondiEliminafatto. grazie
EliminaFuori ha qualcosa di un cementificio. Dentro é lo squallore più totale.
RispondiEliminaConcordo. A me ha fatto venire in mente un inceneritore… anche se l’inceneritore di Brescia, per esempio, architettonicamente è molto più bello! Certo la Santa Messa celebrata lì dentro è valida, ma parteciparvi dev’essere una bella sofferenza; se non altro, può aiutare ad esercitare la virtù della pazienza…..
EliminaA me, il Brianzolo fa venire in mente un ateo anticlericale.
EliminaConcordo in pieno. È un orrore architettonico. Fa venire voglia di scappare.
RispondiEliminaEsterno non più che corretto, e con una brutta facciata. Interno anonimo e qualche arredo passabile
RispondiEliminaQuelle sedie sparse,e sicuramente costose, danno un senso di precarietà. Però è una chiesa ,brutta come tante altre.....Il Signore ci aspetta anche in posti così.
RispondiEliminaMa smettila! Sono ovviamente sedie sistemate per il periodo covid!
EliminaChe occhio…conosci anche modello e costo?
A rendere più il tutto più comico, c’è il fatto che le tanto care panche con inginocchiatoio, non sono comparse nelle chiese per secoli e secoli…fino al rinascimento avanzato, si stava in piedi e ci si inginocchiava per terra. La riprova è che, nelle basiliche papali, le panche non ci sono mai state. Anche in Francia, in tantissime chiese ci sono solo sedie (quasi sempre roba da osteria)…però è così bello sparare luoghi comuni a caso quando fa comodo e dimostrare la propria crassa ignoranza.
EliminaPeriodo Covis che nelle chiese modern(iste) non è mai finito
EliminaL’intervento delle 11.40 è una bugia. Probabilmente detto da chi in chiesa non ci va mai.
EliminaMa stupidaggini simili vengono sempre pubblicate…chissà perché.