Facciamo nostra, nella "vera" data del Corpus Domini, la proposta della Bussola
Luigi
14-06-2022, La Nuova Bussola Quotidiana, Guido Villa
Con la Legge n. 54 del 5 marzo 1977 recante disposizioni in materia di giorni festivi, cessarono di avere carattere festivo agli effetti civili alcune solennità cattoliche, vale a dire l'Epifania (6 gennaio), San Giuseppe (19 marzo), i Santi Pietro e Paolo (29 giugno), l’Ascensione e il Corpus Domini. Vennero inoltre abolite la Festa della Repubblica (2 giugno) e l’anniversario della vittoria nella Prima guerra mondiale (ufficialmente chiamata Festa dell’unità nazionale, 4 novembre), la cui celebrazione fu spostata alla domenica successiva.
Nel 1985 furono ripristinate l’Epifania e la solennità dei Santi Pietro e Paolo - in quest’ultimo caso limitatamente al Comune di Roma - mentre nel 2000 tornò a essere festiva la Festa della Repubblica.
Per ovviare a questa decisione dello Stato, la CEI decise di togliere il precetto festivo alle feste di San Giuseppe e dei Santi Pietro e Paolo e di spostare l’Epifania (nel periodo in cui fu abolita), l’Ascensione e il Corpus Domini alla domenica successiva, per favorire, così si disse, una maggiore partecipazione dei fedeli alle Sante Messe in occasione di queste solennità. Una decisione quantomai improvvida e sbagliata, che ha creato un vulnus al calendario liturgico e ha provocato gravi danni alla consapevolezza di questi fondamentali elementi della nostra fede, danni che tuttora si riverberano nella vita religiosa dei cattolici italiani, anche se forse, dopo 45 anni, la quasi totalità di fedeli non ci fa più caso (e forse questo è un ulteriore cattivo segno).
Perdendo il proprio status di solennità infrasettimanali, infatti, anche nella consapevolezza collettiva l’Ascensione e il Corpus Domini sono state inglobate nella domenica, perdendo un tratto caratteristico della propria specificità, tanto più che essenziali simbologie di queste solennità non sono più immediatamente riconoscibili.
Entrambe le solennità devono infatti cadere di giovedì - secondo gli Atti degli Apostoli (At 1,3) Gesù ascese al Cielo il quarantesimo giorno dalla Risurrezione, riproponendo così il numero “quaranta” fortemente simbolico e frequentemente presente nella Sacra Scrittura, che per l’Ascensione cade appunto il giovedì che precede la settima domenica del tempo pasquale. Egualmente la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo celebra l’Eucaristia, la quale è stata istituita da Gesù la sera del Giovedì Santo, alla vigilia della Sua Passione e Morte in Croce.
La celebrazione dell’Ascensione la domenica successiva provoca inoltre un serio guazzabuglio liturgico e spirituale, poiché impedisce di celebrare in modo corretto la novena per eccellenza della Chiesa cattolica, quella allo Spirito Santo, a ricordo di ciò che fecero gli apostoli subito dopo l’Ascensione di Gesù quando, su indicazione di Gesù stesso, si riunirono nel Cenacolo con Maria Santissima per nove giorni in attesa della discesa del Paraclito promesso dal Salvatore. Se la novena iniziasse dopo l’Ascensione, come si dovrebbe, la Pentecoste finirebbe per essere celebrata di mercoledì, e allora si preferisce fare iniziare la novena ancora prima dell’attuale solennità dell’Ascensione, facendo finta che essa sia stata regolarmente celebrata il giovedì. Una vera babilonia, aggravata dalla giustificazione da Azzeccagarbugli che danno certi liturgisti, e cioè che l’Ascensione in realtà non sarebbe stata spostata, bensì sarebbe stato solo cambiato il giorno in cui viene celebrata.
Tuttavia, il problema di fondo è la mancanza di fede, anzitutto del clero che ha avuto quest’idea poco saggia, ma anche dei fedeli. A meno di impedimenti gravi, chi crede ed è cosciente dell’importanza di queste solennità partecipa alle Sante Messe anche se esse cadono in un giorno lavorativo, tanto più che, essendo queste festività quasi sempre a fine maggio o a giugno inoltrato, le giornate sono assai calde e lunghe ed è possibile programmare Sante Messe e processioni anche in orario serale, permettendo la partecipazione anche di chi lavora.
Un esempio di fede associato alle festività del calendario liturgico viene dal popolo cattolico croato. Al tempo del comunismo jugoslavo, nessuna festa o solennità religiosa cattolica, ortodossa o musulmana era riconosciuta dallo Stato, e perfino il Natale (cattolico il 25 dicembre e serbo-ortodosso il 7 gennaio) era una giornata lavorativa, a meno che non cadesse nel fine settimana. Nonostante questo, a Natale chi poteva non andava al lavoro e non mandava i figli a scuola, il popolo partecipava comunque in massa alle Sante Messe e alle funzioni in chiesa; chi non poteva diversamente partecipava almeno alla Messa di mezzanotte. Anche tutte le altre solennità e festività erano celebrate con grande concorso di fedeli il giorno previsto dal calendario liturgico, senza essere spostate alla domenica successiva.
In Croazia il Natale tornò a essere una festività anche per lo Stato nel 1990 successivamente all’elezione alla presidenza di Franjo Tuđman. Una volta conquistata l’indipendenza dalla Jugoslavia, e a seguito di un Accordo internazionale con la Santa Sede, una legge specifica approvata dal Parlamento croato stabilì le festività cattoliche considerate anche come festività dello Stato, vale a dire Epifania, Pasqua, Lunedì di Pasqua, Corpus Domini, Assunzione, Ognissanti, Natale e Santo Stefano, che sono quindi soggette a particolari regole anche dal punto di vista dei rapporti giuridici e di lavoro. Con riferimento alle altre grandi festività e solennità escluse da tale riconoscimento da parte dello Stato - l’Immacolata Concezione, San Giuseppe (che tra l’altro è il santo patrono della Croazia), l’Annunciazione, l’Ascensione, e i Santi Pietro e Paolo - al contrario dei loro confratelli italiani, i vescovi croati non le hanno spostate alla domenica successiva: ciononostante esse rimangono sentitissime dal popolo cattolico; quando cadono nei giorni feriali vi è una grande partecipazione di fedeli alle Sante Messe e le chiese sono piene quasi come se fosse domenica.
È quindi auspicabile che la CEI, senza attendere un’improbabile nuova decisione dello Stato, riporti l’Ascensione e il Corpus Domini al giorno giusto, cioè rispettivamente il giovedì precedente la settima domenica di Pasqua e il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità. In questo modo torneranno a manifestarsi e a portare abbondanti frutti spirituali gli importanti simboli che ci vengono offerti da queste solennità. E se esiste una consapevolezza della loro fede, i fedeli egualmente parteciperanno in grande numero alle Sante Messe e alle processioni che vengono celebrate.