Riportiamo la curiosa notizia – pubblicata sul quotidiano La Nuova Sardegna – della Santa Messa celebrata il 28 aprile in lingua sarda (variante campidanese) da mons. Antioco Piseddu, vescovo emerito di Lanusei, a Cagliari nella Cattedrale Metropolitana di Santa Maria Assunta in Cielo e di Santa Cecilia vergine e martire.
L.V.
La prima funzione in sardo durante “Sa die de sa Sardigna”. L’iniziativa di monsignor Piseddu nel duomo di Cagliari
CAGLIARI. Con un colpo di scena imprevedibile: l’interminabile tela di Penelope della “messa in limba” potrebbe essersi conclusa. Nel giorno di “sa die de sa Sardigna” per la prima volta nella storia della Chiesa isolana un vescovo – monsignor Antioco Piseddu nella cattedrale di Cagliari – ha celebrato in lingua sarda la liturgia eucaristica dall’inizio alla fine: riti di introduzione, letture, salmo responsoriale, benedizione finale, soprattutto la preghiera eucaristica parte fondamentale del rito, contenitore del «mysterium fidei» del cristianesimo. La linea trentennale tracciata dalla Conferenza episcopale sarda (Ces)di non consentire una messa interamente in logudorese e campidanese prima di una traduzione totale, timbrata dai vescovi, del Messale, è stata dunque superata.
Una rivoluzione ancor più significativa perché fatta da un presule, ora emerito, per molti anni responsabile del progetto “missa in limba”, che sul tavolo della Ces da tre decenni continua a girare attorno a traduzioni, moduli liturgici sperimentali, commissione di esperti linguisti nel tentativo di rendere in sardo anche le sfumature teologiche di ogni parola. «Per me è un miracolo – ha detto don Mario Cugusi, tra i più impegnati sostenitori delle preghiere sarde in chiesa, giovedì scorso sull’altare della cattedrale a fianco all’ex vescovo di Lanusei –. Monsignor Piseddu aveva davanti tre testi della Messa: latino, campidanese, logudorese. Si è attenuto fin dall’inizio al testo campidanese, familiare per uno nato come a lui a Senorbì, e ha proseguito fino alla fine. Ci aspettavamo che, come sempre, prefazio e consacrazione venissero letti nel testo latino, ufficiale per la Chiesa universale, invece ci ha fatto questo grande regalo. Torraus grátzias a Deus».
«In occasione della solenne Messa celebrata in apertura de Sa die de sa Sardigna, una bellissima coincidenza, la Chiesa sarda - dice il giuslavorista Gianni Loy, tra i più convinti assertori della liturgia eucaristica nelle varianti regionali e locali - ha saputo sorprenderci. Lo Spirito Santo si è manifestato, lasciandoci dapprima increduli, e poi esultanti; proprio quando la rassegnazione cominciava a far breccia sulla speranza, abbiamo ricevuto il dono della celebrazione della Messa nella nostra lingua. Monsignor Piseddu è stato lo strumento, credo non sia stato un caso, attraverso cui si è manifestato lo Spirito». Un obiettivo raggiunto, che sei anni fa il presidente della Ces, Arrigo Miglio, riteneva «assolutamente utile dal punto di vista pastorale e culturale».
L’iniziativa di monsignor Piseddu è destinata a facilitare il lavoro di monsignor Sebastiano Sanguinetti, che a nome della Conferenza Episcopale Sarda segue i lavori di rifinitura del Messale in sardo. Sul tavolo del vescovo di Tempio Ampurias si succedono testi, traduzioni e moduli specifici su cui il presule lavora per varare al più presto l’editio maior della Messa in limba. Una spinta ulteriore verso la celebrazione ordinaria in sardo viene dal Papa: Bergoglio ha affidato ai vescovi locali il placet per le liturgie eucaristiche nelle parlate regionali, perfino in dialetto. “Sa die de sa Sardigna” ha aperto un’autostrada.