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lunedì 18 ottobre 2021

Apple paga alle dipendenti texane le spese per gli aborti

«Viviamo in un totalitarismo morbido che vuole che nessuno sia infelice. Così ci sono persone che sono costrette a stare zitte sotto pena di perdere il loro lavoro, perché le loro opinioni potrebbero far sentire gli altri gruppi insicuri. Quindi dobbiamo prepararci a lottare e ad essere privati e a perdere lo status, a perdere il lavoro, a perdere la libertà. Se non siamo preparati ad arrivare a tanto, non riusciremo a superare quello che sta arrivando» 
(Rod Dreher)

Ricordiamolo nei nostri acquisti di pc, tablet e cellulari.
Luigi

Il Timone, Giuliano Guzzo, 23-9-21
«Stay hungry, stay abortionist». Meriterebbe a ben vedere d’essere aggiornata così, la celebre frase di Steve Jobs, da molti paragonata, per il suo impatto generazionale, all’«I have a dream» pronunciato da Martin Luther King. Sì, perché la sua azienda, la Apple, si sta nettamente schierando su posizioni abortiste come mai, prima di oggi, aveva fatto.
A far prendere posizione al colosso di Cupertino, manco a dirlo, è la polemica esplosa in seguito alla nuova legislazione texana, che impedisce la soppressione prenatale laddove sia possibile registrare il battito cardiaco fetale.

Una legge, questa, in vigore dall’1 settembre e molto contestata dal mondo progressista (perfino Greta Thunberg, lasciati per un attimo i panni ambientalisti, se n’è lamentata), ma che la Corte Suprema, come noto, ha evitato di silurare. Sarà per questo, tornando a noi, che Apple ha deciso di scendere in campo. In che modo? Semplice: garantendo, secondo quanto riferito dal New York Times, che l’assicurazione medica aziendale possa pagare alle dipendenti texane dell’azienda fondata da Jobs le spese per recarsi ad abortire in un altro stato. Non solo.

In una comunicazione interna inoltrata ai dipendenti giovedì 16 settembre, Apple ha fatto sapere che è sul piede di guerra proprio per garantire la facoltà di abortire. «Sosteniamo il diritto dei nostri dipendenti a prendere le proprie decisioni riguardo alla salute riproduttiva», recita infatti la nota interna, «e stiamo attivamente seguendo i procedimenti legali che mirano all’impugnazione di una particolarmente restrittiva legge sull’aborto in Texas». Niente male, come chiarezza, per una comunicazione trasmessa ai tutti i circa 160.000 dipendenti del colosso mondiale della Big Tech.

Per carità, che Apple facesse parte di quelle grandi imprese in favore sostanzialmente di tutta l’agenda progressista – a partire da tutto ciò che riguarda i nuovi diritti Lgbt – è cosa nota, anzi arcinota da anni. Ancora nel 2014, a proposito di posizionamento ideologico sui temi etici, aveva fatto in proposito notizia la previsione da parte di Apple (insieme a Facebook) di incentivi finanziari peraltro sostanziosi – fino a 20.000 dollari -, alle dipendenti per il congelamento degli ovuli, in modo da indurle a rimandare la gravidanza e a concentrarsi sulla carriera.

L’opposizione dell’azienda oggi guidata da Tim Cook alla legislazione del Texas in materia di aborto costituisce quindi una conferma della sua impronta liberal e ultraprogressista. Fa solo specie che ci si spenda con tanta energia, anche in campo imprenditoriale ed economico, contro una legge che, in fin dei conti, si stima avrà un solo effetto – e che è difficile giudicare tanto negativamente -, vale a dire quello di impedire l’85% degli aborti in uno Stato che registra regolarmente più di 50.000 aborti annui.

Concludiamo con una annotazione amara e paradossale. Tra la fine degli anni novanta e l’inizio degli anni 2000, Apple si impose – oltre che con i suoi ottimi prodotti – con uno slogan che ha fatto epoca: «Think different». A distanza di tempo, dispiace constatare come il gigante di Cupertino, da orgoglioso e vincente simbolo del pensiero differente, si sia ridotto, almeno per quanto concerne i temi etici, a scontata bandiera del conformismo.

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