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giovedì 24 dicembre 2020

Le Sante Messe del tempo di Natale in Prosper Guéranger #2 il santo giorno di Natale - Messa di mezzanotte

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger, (Le Mans 1841-1866) per il tempo di Natale: la Messa di mezzanotte.

L.V.

IL SANTO GIORNO DI NATALE

MESSA DI MEZZANOTTE

È tempo, ora, di offrire il grande sacrificio e di chiamare l’Emmanuele: egli solo può soddisfare degnamente verso il Padre suo il debito di riconoscenza del genere umano. Sul nostro altare, come nel Presepio, egli intercederà per noi; ci avvicineremo a lui con amore ed egli si donerà a noi.
Ma tale è la grandezza del mistero di questo giorno, che la Chiesa non si limiterà a offrire un solo sacrificio. L’arrivo di un dono così prezioso e così lungamente atteso merita di essere riconosciuto con nuovi omaggi. Dio Padre dà il proprio figlio alla terra; lo Spirito d’amore opera questa meraviglia. È giusto che la terra ricambi alla gloriosa Trinità l’omaggio d’un tale sacrificio¹.
Inoltre, colui che nasce oggi non si è forse manifestato in tre nascite? Egli nasce, questa notte, dalla vergine benedetta; nascerà, con la sua grazia, nei cuori dei pastori che sono le primizie di tutta la cristianità; nascerà eternamente dal seno del Padre suo, nello splendore dei Santi: questa triplice nascita deve essere onorata con un triplice omaggio.
La prima Messa onora la nascita secondo la carne. Le tre nascite sono altrettante effusioni della luce divina; orbene, ecco l’ora in cui il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse². Fuori del sacro tempio che ci raccoglie la notte è profonda: notte materiale per la mancanza del sole; notte spirituale, a causa dei peccati degli uomini che dormono nella lontananza di Dio o vegliano per il peccato. A Betlemme, attorno alla stalla e nella città, è buio; e gli uomini che non hanno trovato posto per l’ospite divino, riposano in una vile pace; ma non saranno risvegliati affatto dal concerto degli angeli.
Ed ecco che a mezzanotte, la vergine ha sentito che è giunto il momento supremo. Il suo cuore materno è d’un tratto inondato da delizie mai fino allora conosciute; si fonde nell’estasi dell’amore. D’improvviso, varcando con la sua onnipotenza le barriere del seno materno, come penetrerà un giorno la pietra del sepolcro, il figlio di Dio, figlio di Maria, appare disteso sul suolo sotto gli occhi della madre, verso la quale tende le braccia. Il raggio del sole non traversa più velocemente il puro cristallo che non potrebbe fermarlo. La Vergine madre adora il figlio divino che le sorride, non osa stringerselo al cuore, lo avvolge nelle fasce che ha preparate, lo pone nella mangiatoia. Il fedele Giuseppe adora insieme con lei; i santi angeli, secondo la profezie di Davide, rendono i loro profondi omaggi al Creatore, in quel momento del suo ingresso sulla Terra. Il cielo è aperto sopra la stalla e i primi voti del Dio neonato salgono verso il Padre dei secoli; le sue prime grida, i suoi dolci vagiti giungono all’orecchio di Dio offeso e preparano già la salvezza del mondo.
Nello stesso istante, la bellezza del sacrificio attira tutti gli sguardi dei fedeli verso l’altare. Il coro canta il cantico di entrata, l’Introito. È Dio stesso che parla; parla al suo figliuolo che ha generato oggi. Invano le genti fremeranno nell’impazienza del suo giogo; questo bambino le domerà e regnerà perché è il figlio di Dio.

Dominus dixit ad me: Filius meus es tu, ego hodie genui te³.

Il Signore disse: tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato.

Il canto del Kyrie eleison fa da preludio all’inno angelico, che risuona presto con le sublimi parole: Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis! Uniamo le nostre voci e i nostri cuori all’ineffabile concerto della milizia celeste. Gloria a Dio, pace agli uomini! Gli angeli, fratelli nostri, hanno intonato questo cantico; sono qui attorno all’altare, come attorno alla mangiatoia, e cantano la nostra felicità. Adorano la giustizia che non ha dato un redentore ai loro fratelli decaduti e che ci manda per liberatore il Figlio stesso di Dio. Glorificano l’abbassamento così pieno d’amore di colui che ha fatto l’angelo e l’uomo, e che si china verso ciò che vi è di più debole. Ci prestano le loro voci per rendere grazie a colui che mediante un così dolce e così potente mistero, chiama noi, umili creature, a occupare un giorno nei cori angelici i posti lasciati vuoti dalla caduta degli spiriti ribelli. Angeli e mortali, Chiesa del cielo e Chiesa della terra, cantiamo la gloria di Dio, la pace data agli uomini; e più il figlio dell’Eterno si umilia per recarci beni così celesti, più ardentemente dobbiamo cantare in una sola voce: Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus, Tu solus Altissimus, Iesu Christe!Tu solo il Santo, Tu solo il Signore, Tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo!

EPISTOLA (Tt 2, 11-15) – Fratelli, è apparsa infatti la grazia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini e che ci ha insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone. Questo devi insegnare e raccomandare, in Cristo Gesù, Signore nostro.

È dunque finalmente apparso, nella sua grazia e nella sua misericordia, il Dio Salvatore, il solo che potesse sottrarci alle opere della morte e ridarci la vita. Egli si mostra a tutti gli uomini, in questo stesso istante, nell’angusto sito della mangiatoia, e sotto le fasce dell’infanzia. Eccola, la beatitudine che aspettavamo dalla visita di un Dio sulla terra. Purifichiamo i nostri cuori, rendiamoli accetti agli occhi suoi: perché se è un bambino, l’apostolo ci ha detto or ora che è anche il gran Dio, il Signore la cui nascita eterna è prima di ogni tempo. Cantiamo la sua gloria con i santi angeli e con la santa Chiesa.

VANGELO (Lc 2, 1-14) – In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, che era infatti della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte, per fare la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’Angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: per voi è nato oggi nella città di Davide il Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

Anche noi, o divino bambino, uniamo le nostre voci a quelle degli angeli e cantiamo: Gloria a Dio, pace agli uomini. L’ineffabile racconto della tua nascita ci intenerisce il cuore e ci strappa le lacrime. Ti abbiamo accompagnato nel viaggio da Nazareth a Betlemme, abbiamo seguito tutti i passi di Maria e Giuseppe, durante la strada che hanno percorso; abbiamo vegliato in questa santa notte, aspettando l’istante beato che ti mostra ai nostri sguardi. Sii lodato, o Gesù, per tanta misericordia; sii amato, per tanto amore! I nostri occhi non possono distaccarsi dalla mangiatoia beata che racchiude la nostra salvezza. Ti ci abbiamo riconosciuto quale ti hanno descritto alle nostre speranze i santi profeti, di cui la tua Chiesa ci ha posto nuovamente sotto gli occhi, questa notte stessa, i divini oracoli. Tu sei il gran Dio, il re pacifico, lo sposo celeste delle anime nostre; sei la nostra pace, il nostro Salvatore, il nostro Pane di vita. Che cosa ti offriremo in quest’ora, se non quella buona volontà che ci raccomandano i tuoi santi angeli? Formala dunque in noi; nutrila, affinché meritiamo di diventare tuoi fratelli per la grazia, come lo siamo ormai per la natura umana. Ma tu fai ancora di più in questo mistero, o Verbo incarnato! Ci rendi in esso – come dice il tuo Apostolo – partecipi di quella natura divina che il tuo abbassamento non ti ha fatto perdere. Nell’ordine della creazione, ci hai posti al di sotto degli angeli; nella tua incarnazione, ci fai eredi di Dio e coeredi tuoi. Che i nostri peccati e le nostre debolezze non ci facciano dunque scendere dalle altezze alle quali ci elevi oggi.
Dopo il Vangelo, la Chiesa canta piena di esultanza il glorioso simbolo della fede, nel quale sono narrati tutti i misteri dell’Uomo-Dio. Alle parole: Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex maria Virgine ET HOMO FACTUS EST, adorate profondamente il gran Dio che ha assunto la forma della sua creatura e rendetegli, con i vostri umili omaggi, quella gloria di cui egli si è privato per voi. Nelle tre Messe di oggi, quando il coro è giunto a queste parole nel canto del Credo, il sacerdote si alza dal seggio e viene a render gloria, in ginocchio, ai piedi dell’altare. Unite in quell’istante le vostre adorazioni a quelle di tutta la Chiesa, rappresentata da colui che offre il sacrificio.

PREGHIAMO

O Dio, che hai rischiarato questa sacratissima notte con gli splendori di colui che è la vera luce, concedici di godere pienamente in cielo la luce che ora è velata nell’umanità di Cristo.

¹ Il Sacramentario gelasiano e quello gregoriano fanno menzione delle tre Messe di Natale. Ma all’inizio del V secolo non vi era che una sola Messa, quella del giorno, che si celebrava a San Pietro. L’istituzione della Messa di mezzanotte data dalla fine del V secolo.
² Is. 9, 1.
³ Antiphona ad Introitum nella Natività del Signore, Messa prima (della notte).

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