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venerdì 3 luglio 2020

Magister: " Che cosa è cambiato in due anni tra i vescovi cinesi. Il fallimento dell’accordo del 2018"

Stiamo peggio della peggiore Ostpolitik del duo Casaroli\Silvestrini anni '70.
Almeno loro erano cattivi ma intelligenti.
Questi neanche.
Come diceva Churchill, meglio trattare con un cattivo che con uno stupido, il cattivo almeno ogni tanto si riposa.
E questi sono cattivi e pure stupidi
Luigi

22-6-20, Settimo Cielo


Il prossimo 22 settembre, al compiere dei suoi due anni, l’accordo segreto siglato nel 2018 tra la Santa Sede e la Cina sulla nomina dei vescovi “scadrà”. L’ha detto il 7 giugno l’arcivescovo e diplomatico Claudio Maria Celli, protagonista da lunga data dei contatti tra le due parti.
Ed ha aggiunto:
“Penso che probabilmente dovremo riconfermarlo per ancora uno, due anni, ma ancora la Santa Sede non ha preso una decisione al riguardo, che verrà poi comunicata alle autorità cinesi”.
Celli ha riconosciuto che il negoziato “non è un cammino facile”, poiché vi sono “nodi che permangono” e “situazioni che lasciano più che pensosi, direi preoccupati”.
In effetti, dopo quasi due anni dalla stipula dell’accordo, per la Santa Sede il bilancio è disastroso.
*
Senza contare Hong Kong e Macao che hanno uno statuto a parte, le diocesi e le prefetture apostoliche in Cina sono 135, E di queste, al momento della firma dell’accordo, quelle rette da un vescovo erano solo 72, poco più della metà.

Oggi quelle con alla testa un vescovo sono ancora ferme a 72. Quindi con quasi altrettante diocesi che continuano a restare vacanti, nonostante tra le finalità della Santa Sede, con la sigla dell’accordo, ci fosse proprio quella di colmare questi vuoti.

Le uniche due nuove ordinazioni episcopali avvenute dopo il 22 settembre 2018 – quelle di Antonio Yao Shun, ordinario della diocesi di Jining, e di Stefano Yu Hongwei, coadiutore della diocesi di Hanzhong – sono entrambe dell’aprile del 2019 ed erano state concordate prima della firma dell’intesa.

Ma è istruttivo analizzare più in dettaglio le variazioni intervenute in questi ultimi due anni.
*
Alla vigilia della stipula dell’accordo, 50 diocesi cinesi erano rette da vescovi “ufficiali”, cioè riconosciuti sia da Roma che da Pechino, e 17 da vescovi “clandestini”, cioè riconosciuti da Roma ma non dal governo cinese.

In più, però, c’erano 7 vescovi colpiti da scomunica, 5 dei quali insediati dal regime in altrettante diocesi ritenute da Roma ancora vacanti, e 2 insediati invece in diocesi già rette da vescovi legittimi agli occhi di Roma, ma clandestini per le autorità cinesi.

Ebbene, all’atto della firma dell’accordo, papa Francesco ha revocato la scomunica a quei 7 vescovi e ha assegnato a ciascuno di loro il governo delle diocesi in cui si trovavano. Anche nelle due diocesi in cui c’erano già dei vescovi legittimi ma clandestini la soluzione adottata da Roma è stata di affidarne il governo ai due vescovi ex scomunicati. Per consentire ciò, nella diocesi di Shantou è stato esonerato il novantenne vescovo titolare, Pietro Zhuang Jianjian, mentre nella diocesi di Xiapu-Mindong è stato retrocesso ad ausiliare il sessantenne vescovo in carica, Vincenzo Guo Xijin.

In entrambi i casi questo passaggio di potere è stato tormentato, e nel secondo è tuttora lontano dall’essere appianato. Il coraggioso rifiuto del vescovo Guo di piegarsi ai “diktat” del regime inconciliabili con la fede cattolica, tra cui l’adesione scritta a una cosiddetta “Chiesa indipendente”, gli è costato un crescendo di ritorsioni, la cacciata di casa e la perdita completa della libertà.

A giudizio dei più accesi sostenitori vaticani dell’accordo – ai quali danno voce soprattutto il professor Agostino Giovagnoli della Comunità di Sant’Egidio e il direttore dell’agenzia “Fides” Gianni Valente – la diocesi di Xiapu-Mindong doveva essere la diocesi modello, quella che avrebbe ammaestrato il mondo sulla bontà dell’intesa tra il papa e la Cina.

Invece essa è proprio l’esempio dei continui cedimenti unilaterali della Santa Sede, senza alcuna contropartita minimamente rilevante da parte di Pechino.

Dell’immediata revoca, da parte del papa, della scomunica ai 7 vescovi più infeudati al regime si è detto. Ma viceversa, non risulta affatto che Pechino si sia mossa altrettanto alacremente a legittimare i vescovi clandestini.

Questi ultimi, all’atto della stipula dell’accordo, governavano 17 diocesi, mentre oggi ne governano 12. Ma solo a due, nel frattempo, le autorità cinesi hanno dato il benestare: a Pietro Jin Lugang, 65 anni, della diocesi di Nanyang, e a Pietro Lin Jiashan, 86 anni, della diocesi di Fuzhou. L’età avanzata di quest’ultimo non è un caso isolato. Tra i vescovi clandestini tuttora in carica altri quattro hanno più di 80 anni, e un altro è morto nel 2019 a 92 anni di età. C’è chi calcola sulla loro estinzione per legge naturale.

Quanto ai rimanenti, non sono certo trattati bene. Del vescovo Guo della diocesi di Xiapu-Mindong, retrocesso ad ausiliare e messo sotto sorveglianza, si è detto. Agostino Cui Tai, coadiutore della diocesi di Xuanhua, è agli arresti dal 2014. E Taddeo Ma Daqin, vescovo di Shanghai, è anche lui agli arresti domiciliari dal giorno della sua ordinazione nel 2012, destituito per essersi dissociato dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, lo strumento con cui il regime controlla e irreggimenta la Chiesa. Non gli è valso a ottenere clemenza nemmeno l’atto di pubblica sottomissione a cui si è piegato nel 2015, tra gli applausi – anch’essi inutili – de “La Civiltà Cattolica”, che definì quel suo gesto un modello esemplare di “riconciliazione tra la Chiesa in Cina e il governo cinese”.

Per invocare la libertà a questi vescovi, la Santa Sede o il papa non hanno mai speso in pubblico nemmeno una parola. Per non dire del mistero che tuttora avvolge la scomparsa di due altri vescovi forse neppure più in vita: Giacomo Su Zhumin della diocesi di Baoding, che oggi avrebbe 88 anni, e Cosma Shi Enxiang della diocesi di Yixian, che di anni ne avrebbe 98. Del primo non si sa più nulla dal 1996, data del suo ultimo arresto, e del secondo dal 2001.

*

Ma non è tutto. Sono rimaste immutate, dopo l’accordo del 2018, anche le gerarchie nei due organismi chiave tramite i quali il regime domina la Chiesa cinese. Con i sette vescovi ex scomunicati in posizione preminente.

Uno di questi organismi è il Consiglio dei vescovi, un falso simulacro di conferenza episcopale, da cui sono esclusi i vescovi riconosciuti soltanto da Roma.

Ad esso spetta, secondo l’accordo, proporre al papa i nomi dei futuri vescovi, previa una pilotata “elezione” degli stessi nelle rispettive diocesi, da parte di rappresentanti – organici al regime – del clero, delle religiose e dei laici.

Alla testa di questo Consiglio dei vescovi ci sono tre degli ex scomunicati: Giuseppe Ma Yinglin della diocesi di Kunming come presidente, Giuseppe Guo Jincai della diocesi di Chengde come vicepresidente e segretario generale, e Vincenzo Zhan Silu della diocesi di Xiapu-Mindong come secondo vicepresidente.

Inoltre, sono vicepresidenti di questo organismo altri otto vescovi, tutti naturalmente con il timbro delle autorità cinesi: Giuseppe Li Shan della diocesi di Pechino, Giovanni Fang Xingyao della diocesi di Linyi, Giuseppe Shen Bin della diocesi di Haimen, Pietro Fang Jianping della diocesi di Tangshan, Paolo Pei Junmin della diocesi di Liaoning, Giovanni Battista Yang Xiaoting della diocesi di Yulin, Paolo He Zeqing della diocesi di Wanzhou, Giuseppe Yang Yongqiang della diocesi di Zhoucun.

L’altro organismo è la già citata Associazione patriottica dei cattolici cinesi.

Ne è presidente il vescovo Giovanni Fang Xingyao della diocesi di Linyi, mentre tra i vicepresidenti figurano quattro vescovi ex scomunicati: Giuseppe Ma Yinglin della diocesi di Kunming – lo stesso che presiede il Consiglio dei vescovi –, Paolo Lei Shiyin della diocesi di Leshan, Giuseppe Huang Bingzhang della diocesi di Shantou e Giuseppe Yue Fusheng della diocesi di Harbin-Heilongjiang.

Vicepresidente e segretario generale dell’associazione è il laico Liu Yuandong, mentre altre quattro vicepresidenze sono affidate ai vescovi Giuseppe Shen Bin della diocesi di Haimen e Paolo Meng Qinglu della diocesi di Hohhot, alla religiosa Wu Lin e alla laica Shi Xueqin.

*

Detto questo, qual è allora l’organico dei vescovi in Cina, aggiornato alla data di oggi?

Eccone qui di seguito l’elenco completo per categorie, con i nomi, l’anno di nascita e la diocesi di appartenenza.

Per un confronto con l’elenco dei vescovi alla vigilia dell’accordo tra la Santa Sede e la Cina basta ritornare a questo post di Settimo Cielo di due anni fa, basato su fonti vaticane efficacemente riordinate da Gianni Cardinale nel libro “Vescovi nella terra di Confucio”:


Quel precedente elenco era del 5 febbraio 2018, ma valeva anche per il 22 settembre successivo, data dell’accordo, con l’unica variante della scomparsa di un vescovo morto il 15 giugno di quello stesso anno a 94 anni di età, Giuseppe Li Mingshu della diocesi di Qingdao.

*

1. VESCOVI "UFFICIALI" (RICONOSCIUTI SIA DA ROMA CHE DA PECHINO)

Vincenzo Zhan Silu, n. 1961, Xiapu-Mindong
Giuseppe Huang Bingzhang, n. 1967, Shantou
Giuseppe Liu Xinhong, n. 1964, Anhui
Paolo Lei Shiyin, n. 1963, Leshan
Giuseppe Ma Yinglin, n. 1965, Kunming
Giuseppe Guo Jincai, n. 1968, Chengde
Giuseppe Yue Fusheng, n. 1964, Harbin-Heilongjiang
Giuseppe Li Shan, n. 1965, Pechino
Francesco An Shuxin, n. 1949, Baoding
Pietro Feng Xinmao, n. 1963, Jingxian
Giuseppe Liu Liangui, n. 1964, Xianxian-Cangzhou
Giuseppe Sun Jigen, n. 1967, Yongnian-Handan
Pietro Fang Jianping, n. 1962, Yongping-Tangshan
Metodio Qu Ailin, n. 1961, Changsha
Giuseppe Tang Yuange, n. 1963, Chengdu
Giuseppe Chen Gong’ao, n. 1964, Nanchong
Paolo He Zeqing, n. 1968, Wanxian-Wanzhou
Giovanni Lei Jiaipei, n. 1970, Xichang
Pietro Luo Xuegang, n. 1964, Yibin
Giuseppe Cai Bingrui, n. 1966, Xiamen
Giuseppe Gan Junqiu, n. 1964, Guangzhou
Paolo Su Yongda, n. 1958, Beihai-Zhanjiang
Paolo Liang Jiansen, n. 1964, Jiangmen
Giuseppe Liao Hongqing, n. 1965, Meixian-Meizhou
Paolo Xiao Zejiang, n. 1967, Guiyang-Guizhou
Matteo Cao Xiangde, n. 1927, Hangzhou
Paolo Meng Qinglu, n. 1962, Hohhot
Giuseppe Li Jing, n. 1968, Yinchuan-Ningxia
Mattia Du Jiang, n. 1963, Bameng
Giuseppe Zhang Xianwang, n. 1965, Jinan
Giovanni Fang Xingyao, n. 1953, Linyi
Giuseppe Zhao Fengchang, n. 1934, Yanggu-Liaocheng
Giovanni Lu Peisan, n. 1966, Yanzhou
Giuseppe Yang Yongqiang, n. 1970, Zhoucun
Giuseppe Zhang Yinlin, n. 1971, Jixian-Anyang
Giuseppe Han Zhihai, n. 1966, Lanzhou
Nicola Han Jide, n. 1940, Pingliang
Giovanni Battista Li Sugong, n. 1964, Nanchang-Jiangxi
Francesco Savio Lu Xinping, n. 1963, Nanjing
Giuseppe Shen Bin, n. 1970, Haimen
Giuseppe Xu Honggen, n. 1962, Suzhou
Giovanni Wang Renlei, n. 1970, Xuzhou
Giovanni Battista Tan Yanquan, n. 1962, Nanning-Guanxi
Paolo Pei Junmin, n. 1969, Shenyang-Liaoning
Paolo Meng Ningyu, n. 1963, Taiyuan
Pietro Ding Lingbin, n. 1962, Changzhi
Giovanni Huo Cheng, n. 1926, Fenyang
Paolo Ma Cunguo, n. 1971, Shuoxian-Shouzhou
Antonio Dan Mingyan, n. 1967, Xi’an
Pietro Li Huiyuan, n. 1965, Fengxiang
Luigi Yu Runshen, n. 1930, Hanzhong
Stefano Yu Hongwei, n. 1975, coadiutore Hanzhong
Antonio Yao Shun, n. 1965, Jining
Giuseppe Han Yingjin, n. 1958, Sanyuan
Giovanni Battista Yang Xiaoting, n. 1964, Yan’an-Yulin
Giuseppe Martin Wu Qinjing, n. 1968, Zhouzhi
Giovanni Battista Ye Ronghua, n. 1931, Ankang
Giovanni Battista Wang Xiaoxun, n. 1966, coadiutore Ankang
Giuseppe Tong Changping, n. 1968, Tongzhou-Weinan
Pietro Wu Junwei, n. 1963, Xinjiang-Yuncheng
Pietro Lin Jiashan, n. 1934, Fuzhou
Pietro Jin Lugang, n. 1955, Nanyang

2. VESCOVI "CLANDESTINI" (RICONOSCIUTI DA ROMA MA NON DA PECHINO)

Vincenzo Guo Xijin, n. 1958, ausiliare Xiapu-Mindong, sotto sorveglianza
Tommaso Zhao Kexun, n. 1924, Xuanhua
Agostino Cui Tai, n. 1950, Xuanhua, coadiutore, in stato di arresto
Giulio Jia Zhiguo, n. 1935, Zhengding
Giuseppe Hou Guoyang, n. 1922, Chongqing
Giovanni Battista Wang Ruohan, n. 1950, Kangding
Pietro Shao Zhumin, n. 1963, Yongjia-Wenzhou
Giuseppe Gao Hongxiao, n. 1945, Kaifeng
Giovanni Wang Ruowang, n. 1961, Tianshui
Giovanni Pei Weizhao, n. 1966, Yujiang
Andrea Han Jingtao, n. 1921, Siping-Jilin
Giuseppe Wej Jingyi, n. 1958, Qiqihar-Heilongjiang
Giuseppe Zhang Weizhu, n. 1958, Xinxiang
Taddeo Ma Daqin, n. 1968, Shanghai, destituito e agli arresti

3. VESCOVI ”UFFICIALI" EMERITI

Stefano Yang Xiangtai, n. 1922, emerito Yongnian
Pietro Zhang Zhiyong, n. 1932, emerito Fengxiang
Giuseppe Zhong Huaide, n. 1922, emerito Sanyuan

4. VESCOVI ”CLANDESTINI" EMERITI O RITIRATI

Pietro Zhuang Jianjian, n. 1931, emerito Shantou
Melchior Shi Hongzhen, n. 1929, coadiutore emerito Tianjin
Giuseppe Shi Shuang-xi, n. 1967, ausiliare emerito Yongnian
Placido Pei Ronggui, n. 1933, emerito Luoyang
Pietro Mao Qingfu, n. 1963, ritirato, Luoyang
Giuseppe Xing Wenzhi, n. 1963, ausiliare emerito Shanghai
Mattia Gu Zeng, n. 1937, emerito Xining
Giovanni Zhang Qingtian, n. 1956, ausiliare emerito Yixian
Giovanni Chen Cangbao, n. 1959, ritirato, Yixian

5. VESCOVI SCOMPARSI

Giacomo Su Zhimin, n. 1932, Baoding, scomparso dal 1966
Cosma Shi Enxiang, n. 1922, Yixian, scomparso dal 2001

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C'è infine il caso di un vescovo illegittimo sia per Roma che per Pechino: Paolo Wang Huiyao, nato nel 1959 e attivo nella diocesi di Zhouzhi, dove c’è già un vescovo “ufficiale”.

6 commenti:

  1. Ma alla CEIP (Conf.Ep.It. PATRIOTTICA) va bene così.

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  2. già si vedono sulla stampa 'cattolica' articoli del tipo 'abbiamo fatto l'accordo ma in realtà non volevamo farlo' per giustificare quella che è stata una calata di braghe

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    1. In quanto a calate di braghe, i modernisti non sono secondi a nessuno.

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    2. beh, la resa dei Cristeros negoziata dalla Santa Sede sotto Pio XI invece cosa fu?
      ma almeno allora non si cianciava di dialogo e altre menate, ma si parlava di pragmatismo e male minore

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    3. Perché, in Messico il governo imponeva i vescovi? C'era una "chiesa patriottica"? Come si possono paragonare le due situazioni?!

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    4. Si, c'era una chiesa patriottica, oltre alla persecuzione del clero e del culto

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