Ovviamente i nostri lettori ricordano i molti post pubblicati da MiL (QUI) sul libro a quattro mani Benedetto XVI\Sarah che tante polemiche ha suscitato.
Il Card. Sarah è ritornato sull'argomento in alcune interviste.
Qui sotto i passi iniziali di una di queste tradotta e pubblicata da Sabino Paciolla e il riassunto che ne fa Magister.
QUI un altro articolo sulla medesima intervista.
Qui sotto i passi iniziali di una di queste tradotta e pubblicata da Sabino Paciolla e il riassunto che ne fa Magister.
QUI un altro articolo sulla medesima intervista.
Luigi
Il Blog di Sabino Paciolla, 9-4-20
Card. Sarah: “Credo che questa epidemia abbia dissipato il fumo dell’illusione. Il cosiddetto uomo onnipotente appare nella sua cruda realtà. Lì è nudo.”
Il cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del Vaticano, ha rilasciato una lunga intervista sulla pandemia di coronavirus a Charlotte d’Ornellas della rivista francese Valeurs.
Ecco i passi iniziali (la traduzione dal francese all’inglese è di Edward Pentin, quella dall’inglese all’italiano è mia ):
D’ORNELLAS: Come si sente riguardo alla crisi del coronavirus?
CARDINAL SARAH: Questo virus ha agito come un avvertimento. Nel giro di poche settimane, la grande illusione di un mondo materiale che si credeva onnipotente sembra essere crollata. Qualche giorno fa i politici stavano parlando di crescita, di pensioni, di riduzione della disoccupazione. Erano
sicuri di sé stessi. E ora un virus, un virus microscopico, ha messo in ginocchio questo mondo, un mondo che guarda a se stesso, che si compiace, ubriaco di autocompiacimento perché pensava di essere invulnerabile. La crisi attuale è una parabola. Ha rivelato come tutto ciò che facciamo, e siamo invitati a credere, fosse incoerente, fragile e vuoto. Ci è stato detto: si può consumare senza limiti! Ma l’economia è collassata e i mercati azionari stanno crollando. I fallimenti sono ovunque. Ci è stato promesso di spingere sempre più in là i limiti della natura umana da una scienza trionfante. Ci è stato detto della procreazione artificiale, della maternità surrogata, del transumanesimo, dell’umanità rafforzata. Ci vantavamo di essere un uomo di sintesi e un’umanità che le biotecnologie avrebbero reso invincibile e immortale. Ma qui siamo in preda al panico, confinati da un virus di cui non sappiamo quasi nulla. Epidemia era una parola antiquata, medievale. Improvvisamente è diventata la nostra vita quotidiana. Credo che questa epidemia abbia dissipato il fumo dell’illusione. Il cosiddetto uomo onnipotente appare nella sua cruda realtà. Lì è nudo. La sua debolezza e la sua vulnerabilità sono evidenti. Essere confinati nelle nostre case ci permetterà, si spera, di tornare all’essenziale, di riscoprire l’importanza del nostro rapporto con Dio, e quindi la centralità della preghiera nell’esistenza umana. E, nella consapevolezza della nostra fragilità, affidarci a Dio e alla sua misericordia paterna.
D’ORNELLAS: È questa una crisi di civiltà?
CARDINAL SARAH: Ho ripetuto spesso, soprattutto nel mio ultimo libro, Le soir approche et déjà le jour baisse, che il grande errore dell’uomo moderno è stato quello di rifiutare di essere dipendente. L’uomo moderno vuole essere radicalmente indipendente. Non vuole dipendere dalle leggi della natura. Rifiuta di dipendere dagli altri impegnandosi in legami definitivi come il matrimonio. È umiliante essere dipendenti da Dio. Sente di non dovere niente a nessuno. Rifiutarsi di far parte di una rete di dipendenza, eredità e filiazione ci condanna ad entrare nudi nella giungla della concorrenza di un’economia lasciata a se stessa.
Ma tutto questo è un’illusione. L’esperienza del confinamento ha permesso a molti di riscoprire che siamo realmente e concretamente dipendenti l’uno dall’altro. Quando tutto crolla, rimangono solo i legami del matrimonio, della famiglia e dell’amicizia. Abbiamo riscoperto che come membri di una nazione siamo legati da legami indissolubili ma reali. Soprattutto, abbiamo riscoperto di essere dipendenti da Dio”.
***************
Riprendo altri passi, sempre nella mia traduzione, dell’intervista del Card. Sarah dall’articolo di Hannah Brockhaus, pubblicato sul Catholic News Agency:
“i sacerdoti devono fare tutto il possibile per rimanere vicini ai fedeli. Devono fare tutto ciò che è in loro potere per assistere i moribondi, senza complicare il compito dei custodi e delle autorità civili”.
“Ma nessuno – ha continuato – ha il diritto di privare un malato o un moribondo dell’assistenza spirituale di un sacerdote. È un diritto assoluto e inalienabile”.
“Se [i sacerdoti] non possono tenere fisicamente la mano di ogni moribondo come vorrebbero, scoprono che, in adorazione, possono intercedere per ciascuno”, ha detto.
Sarah ha anche incoraggiato le persone che vivono in isolamento a riscoprire la preghiera in famiglia.
“È tempo che i padri imparino a benedire i loro figli. I cristiani, privati dell’Eucaristia, si rendono conto di quanto la comunione sia stata una grazia per loro. Li incoraggio a praticare l’adorazione da casa, perché non c’è vita cristiana senza vita sacramentale”.
“In mezzo alle nostre città e ai nostri villaggi, il Signore rimane presente”, ha detto.
C’è una pressione per avere successo e per ammirare e applaudire i “vincitori” della società, anche se il successo arriva a costo di “schiacciare gli altri”, ha detto, indicando la spinta all’eutanasia dei malati e degli handicappati.
“Oggi le nazioni si muovono per proteggere gli anziani”, ha sottolineato il cardinale. “Improvvisamente ammiriamo e applaudiamo con rispetto e gratitudine gli infermieri, i medici, i volontari e gli eroi di tutti i giorni”.
“Improvvisamente, si osa fare il tifo per coloro che servono i più deboli. Il nostro tempo aveva sete di eroi e di santi, ma lo nascondeva e se ne vergognava”.
Nell’intervista di 5.300 parole, il cardinale Sarah ha parlato anche del suo libro sul celibato sacerdotale, “From the Depths of Our Hearts”, pubblicato a febbraio.
Il libro ha suscitato polemiche per un contributo di Papa Benedetto XVI. Sono emerse opinioni divergenti sul fatto che il Papa in pensione avesse accettato di essere elencato come coautore del libro, come sostenuto da Sarah e dagli editori francesi e inglesi del libro.
Il cardinale si è detto colpito anche dalle violente reazioni al contenuto del libro, che lui e Benedetto XVI hanno inteso come una “serena, obiettiva e teologica riflessione… basata sull’Apocalisse e sui dati storici”.
“Certo, ho sofferto in questo periodo, ho sentito molto fortemente gli attacchi contro Benedetto XVI. Ma nel profondo, mi ha particolarmente ferito vedere come l’odio, il sospetto e la divisione abbiano invaso la Chiesa su una questione così fondamentale e cruciale per la sopravvivenza del cristianesimo: il celibato sacerdotale”, ha aggiunto.
Ha detto che si è rammaricato del fatto che si sia parlato poco di ciò che considerava la parte più importante del libro: l’argomento della rinuncia ai beni materiali da parte dei sacerdoti, e la riforma basata sulla santità e sulla preghiera.
“Il nostro libro era inteso essere spirituale, teologico e pastorale. I media e alcuni autoproclamatisi esperti ne hanno fatto una lettura politica e dialettica”, ha sostenuto. “Ora che le sterili polemiche si sono dissipate, forse riusciremo a leggerlo davvero? Forse potremo discuterne pacificamente?”.
A proposito della rinuncia ai beni, il cardinale ha invitato anche i sacerdoti e i vescovi in Germania “a sperimentare la povertà, a rinunciare ai sussidi statali”.
“Una Chiesa povera non avrà paura della radicalità del Vangelo. Credo che spesso i nostri legami con il denaro o con il potere laico ci rendono timidi o addirittura codardi nell’annunciare la Buona Novella”, ha affermato, dicendo di credere che la ricchezza della Chiesa tedesca l’abbia tentata di “cambiare la Rivelazione, di creare un altro magistero”.
Il Blog di Sabino Paciolla, 9-4-20
Card. Sarah: “Credo che questa epidemia abbia dissipato il fumo dell’illusione. Il cosiddetto uomo onnipotente appare nella sua cruda realtà. Lì è nudo.”
Il cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del Vaticano, ha rilasciato una lunga intervista sulla pandemia di coronavirus a Charlotte d’Ornellas della rivista francese Valeurs.
Ecco i passi iniziali (la traduzione dal francese all’inglese è di Edward Pentin, quella dall’inglese all’italiano è mia ):
D’ORNELLAS: Come si sente riguardo alla crisi del coronavirus?
CARDINAL SARAH: Questo virus ha agito come un avvertimento. Nel giro di poche settimane, la grande illusione di un mondo materiale che si credeva onnipotente sembra essere crollata. Qualche giorno fa i politici stavano parlando di crescita, di pensioni, di riduzione della disoccupazione. Erano
sicuri di sé stessi. E ora un virus, un virus microscopico, ha messo in ginocchio questo mondo, un mondo che guarda a se stesso, che si compiace, ubriaco di autocompiacimento perché pensava di essere invulnerabile. La crisi attuale è una parabola. Ha rivelato come tutto ciò che facciamo, e siamo invitati a credere, fosse incoerente, fragile e vuoto. Ci è stato detto: si può consumare senza limiti! Ma l’economia è collassata e i mercati azionari stanno crollando. I fallimenti sono ovunque. Ci è stato promesso di spingere sempre più in là i limiti della natura umana da una scienza trionfante. Ci è stato detto della procreazione artificiale, della maternità surrogata, del transumanesimo, dell’umanità rafforzata. Ci vantavamo di essere un uomo di sintesi e un’umanità che le biotecnologie avrebbero reso invincibile e immortale. Ma qui siamo in preda al panico, confinati da un virus di cui non sappiamo quasi nulla. Epidemia era una parola antiquata, medievale. Improvvisamente è diventata la nostra vita quotidiana. Credo che questa epidemia abbia dissipato il fumo dell’illusione. Il cosiddetto uomo onnipotente appare nella sua cruda realtà. Lì è nudo. La sua debolezza e la sua vulnerabilità sono evidenti. Essere confinati nelle nostre case ci permetterà, si spera, di tornare all’essenziale, di riscoprire l’importanza del nostro rapporto con Dio, e quindi la centralità della preghiera nell’esistenza umana. E, nella consapevolezza della nostra fragilità, affidarci a Dio e alla sua misericordia paterna.
D’ORNELLAS: È questa una crisi di civiltà?
CARDINAL SARAH: Ho ripetuto spesso, soprattutto nel mio ultimo libro, Le soir approche et déjà le jour baisse, che il grande errore dell’uomo moderno è stato quello di rifiutare di essere dipendente. L’uomo moderno vuole essere radicalmente indipendente. Non vuole dipendere dalle leggi della natura. Rifiuta di dipendere dagli altri impegnandosi in legami definitivi come il matrimonio. È umiliante essere dipendenti da Dio. Sente di non dovere niente a nessuno. Rifiutarsi di far parte di una rete di dipendenza, eredità e filiazione ci condanna ad entrare nudi nella giungla della concorrenza di un’economia lasciata a se stessa.
Ma tutto questo è un’illusione. L’esperienza del confinamento ha permesso a molti di riscoprire che siamo realmente e concretamente dipendenti l’uno dall’altro. Quando tutto crolla, rimangono solo i legami del matrimonio, della famiglia e dell’amicizia. Abbiamo riscoperto che come membri di una nazione siamo legati da legami indissolubili ma reali. Soprattutto, abbiamo riscoperto di essere dipendenti da Dio”.
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Riprendo altri passi, sempre nella mia traduzione, dell’intervista del Card. Sarah dall’articolo di Hannah Brockhaus, pubblicato sul Catholic News Agency:
“i sacerdoti devono fare tutto il possibile per rimanere vicini ai fedeli. Devono fare tutto ciò che è in loro potere per assistere i moribondi, senza complicare il compito dei custodi e delle autorità civili”.
“Ma nessuno – ha continuato – ha il diritto di privare un malato o un moribondo dell’assistenza spirituale di un sacerdote. È un diritto assoluto e inalienabile”.
“Se [i sacerdoti] non possono tenere fisicamente la mano di ogni moribondo come vorrebbero, scoprono che, in adorazione, possono intercedere per ciascuno”, ha detto.
Sarah ha anche incoraggiato le persone che vivono in isolamento a riscoprire la preghiera in famiglia.
“È tempo che i padri imparino a benedire i loro figli. I cristiani, privati dell’Eucaristia, si rendono conto di quanto la comunione sia stata una grazia per loro. Li incoraggio a praticare l’adorazione da casa, perché non c’è vita cristiana senza vita sacramentale”.
“In mezzo alle nostre città e ai nostri villaggi, il Signore rimane presente”, ha detto.
C’è una pressione per avere successo e per ammirare e applaudire i “vincitori” della società, anche se il successo arriva a costo di “schiacciare gli altri”, ha detto, indicando la spinta all’eutanasia dei malati e degli handicappati.
“Oggi le nazioni si muovono per proteggere gli anziani”, ha sottolineato il cardinale. “Improvvisamente ammiriamo e applaudiamo con rispetto e gratitudine gli infermieri, i medici, i volontari e gli eroi di tutti i giorni”.
“Improvvisamente, si osa fare il tifo per coloro che servono i più deboli. Il nostro tempo aveva sete di eroi e di santi, ma lo nascondeva e se ne vergognava”.
Nell’intervista di 5.300 parole, il cardinale Sarah ha parlato anche del suo libro sul celibato sacerdotale, “From the Depths of Our Hearts”, pubblicato a febbraio.
Il libro ha suscitato polemiche per un contributo di Papa Benedetto XVI. Sono emerse opinioni divergenti sul fatto che il Papa in pensione avesse accettato di essere elencato come coautore del libro, come sostenuto da Sarah e dagli editori francesi e inglesi del libro.
Il cardinale si è detto colpito anche dalle violente reazioni al contenuto del libro, che lui e Benedetto XVI hanno inteso come una “serena, obiettiva e teologica riflessione… basata sull’Apocalisse e sui dati storici”.
“Certo, ho sofferto in questo periodo, ho sentito molto fortemente gli attacchi contro Benedetto XVI. Ma nel profondo, mi ha particolarmente ferito vedere come l’odio, il sospetto e la divisione abbiano invaso la Chiesa su una questione così fondamentale e cruciale per la sopravvivenza del cristianesimo: il celibato sacerdotale”, ha aggiunto.
Ha detto che si è rammaricato del fatto che si sia parlato poco di ciò che considerava la parte più importante del libro: l’argomento della rinuncia ai beni materiali da parte dei sacerdoti, e la riforma basata sulla santità e sulla preghiera.
“Il nostro libro era inteso essere spirituale, teologico e pastorale. I media e alcuni autoproclamatisi esperti ne hanno fatto una lettura politica e dialettica”, ha sostenuto. “Ora che le sterili polemiche si sono dissipate, forse riusciremo a leggerlo davvero? Forse potremo discuterne pacificamente?”.
A proposito della rinuncia ai beni, il cardinale ha invitato anche i sacerdoti e i vescovi in Germania “a sperimentare la povertà, a rinunciare ai sussidi statali”.
“Una Chiesa povera non avrà paura della radicalità del Vangelo. Credo che spesso i nostri legami con il denaro o con il potere laico ci rendono timidi o addirittura codardi nell’annunciare la Buona Novella”, ha affermato, dicendo di credere che la ricchezza della Chiesa tedesca l’abbia tentata di “cambiare la Rivelazione, di creare un altro magistero”.
Settimo Cielo, 15-4-20
La mattina della domenica di Pasqua e la mattina del lunedì dell’Angelo la rivista francese “Valeurs actuelles” ha messo in rete in due puntate una fluviale intervista del cardinale Robert Sarah, raccolta da Charlotte d’Ornellas:
> “Là où règne la confusion, Dieu ne peut habiter!”: le cardinal Sarah appelle à l’unité de l’Eglise
Nella prima puntata dell’intervista, Sarah torna sul libro da lui scritto e pubblicato assieme al papa emerito Benedetto XVI col titolo “Dal profondo dei nostri cuori”, in strenua difesa del celibato del clero.
Il cardinale denuncia la strumentalità delle invettive contro il libro e i suoi due autori. Ribadisce che la sua pubblicazione, lo scorso gennaio, è stata fatta “in uno spirito di profonda obbedienza filiale al Santo Padre”. E auspica che finalmente lo si discuta per quello che dice realmente e che lo stesso papa Francesco ha mostrato di condividere, quando ha detto – facendo eco a Paolo VI – che “preferisco dare la vita prima di cambiare la legge sul celibato”.
Ma nell’intervista il cardinale Sarah parla anche d’altro: del sinodo dell’Amazzonia, del sinodo di Germania, dei contrasti dentro la Chiesa, degli abusi sessuali, oltre che della “crisi di civiltà” messa a nudo dalla pandemia del coronavirus.
Ecco qui di seguito un breve estratto della sua intervista, sui punti più attinenti la vita della Chiesa.
*
IL LIBRO SUL CELIBATO
Con Benedetto XVI abbiamo voluto aprire un dibattito di fondo, una riflessione serena, oggettiva e teologica sul sacerdozio e il celibato, appoggiandoci sulla rivelazione e sui dati storici. […] Ho letto molto di invettive e ingiurie ma troppo poco di riflessione teologica e pastorale e soprattutto troppo poco di comportamenti cristiani.
Eppure, con Benedetto XVI, facevamo delle proposte audaci di riforma del modo di vita dei preti. Nessuno ha rilevato né commentato quelle che credo essere le pagine più importanti della nostra riflessione, quelle che concernono la necessaria rinuncia ai beni materiali da parte dei preti, quelle che fanno appello a una riforma fondata sulla ricerca della santità e sulla vita di preghiera, quelle che invitano “a tenersi davanti a Te e a servirti”. […] A tutto questo si aggiunge la necessità di servire Dio e gli uomini. Il nostro libro voleva essere spirituale, teologico e pastorale, mentre i media e alcuni esperti sedicenti tali ne hanno fatto una lettura politica e dialettica. Ora che le polemiche sterili si sono dissolte, forse lo si potrà finalmente leggere per davvero? Forse se ne potrà discutere pacificamente?
IL SINODO DELL’AMAZZONIA
All’indomani della pubblicazione dell’esortazione apostolica “Querida Amazonia” di papa Francesco, alcuni prelati hanno manifestato delusione e disappunto. Non erano inquieti per popoli dell’Amazzonia, ma delusi perché la Chiesa, secondo loro, avrebbe dovuto approfittare di quella occasione per mettersi in sintonia con il mondo moderno. Si è chiaramente visto in questo frangente che la questione amazzonica era stata strumentalizzata. Si aveva utilizzata la miseria dei poveri per promuovere dei progetti ideologici.
Devo confessare che un tale cinismo mi rattrista profondamente. Invece di lavorare per fare scoprire ai popoli dell’Amazzonia la profondità e la ricchezza uniche della persona di Gesù Cristo e del suo messaggio di salvezza, si è voluto “amazzonizzare” Gesù Cristo e fargli sposare le credenze e le pratiche degli indigeni amazzonici, proponendo loro un sacerdozio a misura umana adattato alla loro situazione. I popoli dell’Amazzonia, come quelli dell’Africa, hanno bisogno di Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, follia per i pagani, vero Dio e vero uomo, che è venuto per salvare gli uomini segnati dal peccato, per donare loro la vita e riconciliarli tra loro e con Dio, facendo la pace con il sangue della sua croce.
I CONTRASTI NELLA CHIESA
L’unità dei cattolici non è una semplice affezione sentimentale. Essa si fonda su ciò che abbiamo in comune: la rivelazione che il Cristo ci ha lasciato. Se ciascuno difende la propria opinione, la propria novità, allora la divisione si diffonderà dappertutto. La fonte della nostra unità ci precede. La fede è una, è lei che ci unisce. L’eresia è la vera nemica dell’unità. Sono colpito dal constatare quanto il soggettivismo rende isteriche le discussioni. Se si crede alla verità, si può cercarla assieme, si possono anche avere dei confronti franchi tra teologi, ma i cuori restano in pace. Si sa bene che alla fine la verità apparirà. Al contrario, quando si rimette in causa l’oggettività intangibile della fede, allora tutto si trasforma in rivalità tra persone in lotta per il potere. La dittatura del relativismo, poiché distrugge la fiducia pacifica nella verità rivelata, impedisce un clima di serena carità tra gli uomini. […]
L’unità della fede presuppone l’unità del magistero nello spazio e nel tempo. Quando un insegnamento nuovo ci è dato, deve sempre essere interpretato in coerenza con l’insegnamento che precede. Se introduciamo delle rotture e delle rivoluzioni, frantumiamo l’unità che regge la santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa che noi siamo condannati al fissismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione e un approfondimento del passato. L’ermeneutica della riforma nella continuità che Benedetto XVI ha così chiaramente insegnato è una condizione sine qua non dell’unità.
IL SINODO DI GERMANIA
Ciò che accade in Germania è terribile. Si ha l’impressione che le verità della fede e i comandamenti del Vangelo vengano messi ai voti. Con quale diritto possiamo noi decidere di rinunciare a una parte dell’insegnamento del Cristo? So che numerosi cattolici tedeschi soffrono per questa situazione. Come ha spesso detto Benedetto XVI, la Chiesa di Germania è troppo ricca. Con il denaro si è tentati di fare tutto: cambiare la rivelazione, creare un altro magistero, una Chiesa non più una, santa, cattolica e apostolica, ma tedesca. Il rischio per una simile Chiesa è di pensarsi come una delle istituzioni del mondo. Ma come allora non finirebbe col pensarsi come il mondo?
GLI ABUSI SESSUALI
Questa crisi è anzitutto una crisi della fede e una profonda crisi del sacerdozio. La scoperta dei crimini abominevoli dei preti ne è il sintomo più terrificante. Quando Dio non è al centro, quando la fede non determina più l’azione, quando essa non orienta più e non irrora più la vita degli uomini, allora anche tali delitti diventano possibili. Occorre che noi ricominciamo, ha detto Benedetto XVI, a vivere a partire da Dio e in vista di Dio. Prima di ogni cosa, i preti devono imparare a riconoscere Dio come il fondamento della loro vita e non lasciarlo da parte come se si trattasse di una formula senza contenuto reale. Quando una vita sacerdotale non è centrata su Dio, essa rischia di lasciarsi trascinare da una forma di ebbrezza di potere. Come diceva ancora Benedetto XVI: “Perché la pedofilia ha raggiunto simili proporzioni? In ultima analisi, la ragione è l’assenza di Dio”.
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