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giovedì 25 luglio 2019

L'Arcivescovo Chaput sferza i politici cattolici: «Non devono scendere a compromessi»

Dagli amici de Il  Timone le riflessioni "politiche dell'arcivescovo di Filadelfia, ormai alle soglie dei fatidici 75 anni in cui i non allineati con la new wave ecclesiale vengono di solito pensionati.
QUI il testo in inglese.
Luigi

11-7-19
«Non possiamo mai accettare una separazione della nostra fede religiosa e delle nostre convinzioni morali dai nostri ministeri pubblici o dal nostro impegno politico. È impossibile. E anche il tentativo di farlo è malvagio perché ci costringe a vivere due vite diverse, adorando Dio a casa e nelle nostre chiese e adorando l’ultima versione di Cesare ovunque altrove». È questo un passaggio chiave del discorso – riassunto dalla CNA – pronunciato dall’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, al vertice dell’Alliance Defending Freedom sulla libertà religiosa svoltosi lo scorso 9 luglio. Chaput, conscio del fatto che questo potrebbe essere il suo ultimo discorso pronunciato da arcivescovo, dati i suoi quasi 75 anni, ha misurato ogni singola parola, esprimendosi in maniera limpida e caritatevole, ma nel contempo ferma.
Il compito dei cristiani, ha affermato il prelato, è quello di creare una visione autentica della società, che abbia a cuore la giustizia e sia centrata «sul vero bene dell’intera persona umana, corpo e anima». Per formare questa “società dell’amore”, ha quindi proseguito, «l’autentica libertà religiosa è essenziale», in quanto essa «è cruciale per servire il vero progresso umano». Tuttavia, occorre chiarirsi sui termini: da un lato, infatti, il vero progresso non va confuso con l’attuale rincorsa a ottenere più diritti e licenze personali, bensì va inteso quale attenzione a soddisfare «la fame umana di solidarietà e comunione». Dall’altra, l’autentica libertà religiosa non va ridotta a una mera “libertà di culto”, rigettando l’idea – propria «del moderno stato laico» – che la religione sia «irrazionale, divisiva e violenta» e dunque, in definitiva, «da allontanare».

Per Chaput, nel contesto politico americano, che pur presenta punti di forza, non è scontato che si crei un’armonia tra fede e democrazia, anche alla luce del fatto che tale forma di organizzazione sociale non determina in modo automatico quanto è buono e vero, ma anzi può tramutarsi in «una forma di idolatria e una licenza per la disumanità». Ed è proprio per questo che i cattolici impegnati in politica non devono assolutamente scendere a compromessi con il male – come purtroppo sovente accade – pur di trovare un terreno comune e vedere aumentato il proprio consenso. Infatti, la “battaglia culturale” con chi la pensa diversamente, sempre perseguita con carità e giustizia, è un pilastro fondamentale della democrazia tanto quanto quello della cooperazione: e questo è vero sia per chi agisce in politica, sia per gli elettori, che sono chiamati a informarsi e a maturare una propria posizione, ragionando in modo chiaro e agendo con prudenza.

L’arcivescovo di Philadelphia ha quindi rimarcato l’importanza, in ottica di fede, di «riesaminare lo spirito che ha governato il nostro approccio alla vita americana negli ultimi decenni», prendendo coscienza del fatto che «nel formare i nostri pastori, insegnanti e catechisti – e specialmente i giovani nelle nostre scuole e programmi di educazione religiosa – dobbiamo essere molto più penetranti e critici nei nostri atteggiamenti nei confronti della cultura che ci circonda». Una cultura che è votata al narcisismo e che esclude «metodicamente Dio dall’immaginazione umana»: ed è proprio questo, ha sottolineato l’arcivescovo avviandosi alla conclusione, «il più grande pericolo per la libertà americana ai nostri giorni, non l’estremismo religioso».

«Se vogliamo una cultura della libertà religiosa», ha quindi chiosato, «dobbiamo iniziare a vivere questa cultura qui, oggi e ora. E lo viviamo donandoci di tutto cuore a Dio, amandoLo con passione e gioia, fiducia e coraggio e senza trattenere nulla. Dio si prenderà cura di tutto il resto».

2 commenti:

  1. Coraggioso discorso di un vescovo che, al contrario di tanti altri, adeguati e/o apostati, parla come suo dovere apostolico, per confermare i fratelli nella fede e non li confonde con ideologie umane e anticristiane.

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  2. Parole sante ma amare che vogliono denunciare il grave peccato della Chiesa tendente a scendere a compromesso con il modo, iniziato con il CVII che riconosce, secondo l'ideologia modernista, i cosiddetti valori umani quasi a contrapporli ai comandamenti di Dio semmai da applicare ( sic !)in senso relativo alla storia.

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