Riprendiamo una bella riflessione dell'amico Maurizio pubblicata sul sito Cristianità in ricordo della Battaglia di Vienna.
L
di Maurizio Brunetti
All’alba di un 12 settembre di molti anni fa, sulla collina del Kalhenberg, presso Vienna, un frate cappuccino friulano celebrò la Messa dinanzi a un’effigie della Vergine di Czestochowa e con un chierichetto di eccezione: il re di Polonia Jan III Sobieski (1629-1696). Volendo dar credito a un bel romanzo storico che narra gli eventi di quel giorno, dopo il canonico Ite Missa Est e prima della lettura del Vangelo finale, il celebrante – il beato Marco d’Aviano (1631-1699) – aggiunse a voce alta: «Vincite!». Si rivolgeva agli alti ufficiali di un esercito già schierato in battaglia che di lì a poco non avrebbe esitato a benedire. Era l’anno 1683: il variegato esercito cristiano – una coalizione messa in piedi grazie soprattutto ai pazienti sforzi diplomatici del beato Papa Innocenzo XI (1676-1689) – affrontò e, sia pure in condizioni di forte inferiorità numerica, sconfisse le truppe ottomane quando queste, dopo due mesi di assedio, erano ormai pronte a dare l’assalto finale alla stremata città di Vienna.
La vittoria si sarebbe rivelata epocale per i destini dell’Occidente. Furono determinanti, in particolare, i tremila ussari alati al diretto comando di Sobieski.
La loro carica è immortalata in una delle sequenze di maggiore impatto del film 11 settembre 1683, kolossal italiano del 2012 non proprio riuscitissimo diretto da Renzo Martinelli, ordinariamente “scorticato” da una certa critica cinematografica ideologicamente ostile.
La loro carica è immortalata in una delle sequenze di maggiore impatto del film 11 settembre 1683, kolossal italiano del 2012 non proprio riuscitissimo diretto da Renzo Martinelli, ordinariamente “scorticato” da una certa critica cinematografica ideologicamente ostile.
Gli ussari alati, reclutati nei ranghi della nobiltà, costituirono fra il 1559 e il 1775 il nerbo delle forze di cavalleria della Confederazione polacco-lituana. Li contraddistinguevano i supporti di legno ornati di penne, assicurate alle loro selle o alle lamine posteriori della loro corazza.
Dal 14 agosto 1988, a Doylestown, in Pennsylvania, nel cimitero attiguo al Santuario Nazionale di Nostra Signora di Czestochowa, e precisamente nella parte riservata ai veterani polacco-americani della Seconda Guerra Mondiale, vi è un gigantesco ussaro alato che veglia, in ginocchio e sorreggendosi alla sua spada, le spoglie mortali di suoi fratelli e sorelle d’arme.
La scultura in bronzo arriva a un’altezza di dieci metri, ed è opera dello scultore polacco Andrzej Piotr Pityński, nato a Ulanow, in Polonia, nel 1947, e residente negli Stati Uniti d’America dal 1974.

L’artista è nato da genitori entrambi impegnati nella guerriglia contro le truppe di occupazione sovietica, e ha peraltro patito sulla propria pelle la sferza dell’oppressione di un regime – quello comunista polacco – in grado, parafrasando il discorso di Donald J. Trump a Varsavia, di impoverire tanto le città quanto le anime.

Motivo di più, questo, per augurare lunga vita all’ussaro alato di Doylestown.
Quelle guerre, demonizzate anche da alcuni storici 'cattolici' dialoganti con i nemici, figli del CVII, ideologicamente condizionati, furono imposte dalla necessità di difendere la cristianità dagli assalti distruttivi dell'Islam, mai intenzionalmente abbandonati che ora la trovano del tutto indifesa e aperta all'annientamento. La moltitudine di martiri che ancora si accresce, non dice niente ad una gerarchia fantasma e rinunciataria ai propri doveri, che abbandona i fedeli alla distruzione?
RispondiEliminaConcordo con Anonimo delle 18:04.
EliminaHai capito tutto del Vangelo andiamo avanti con la spada
RispondiEliminaHai capito tutto della fede vai avanti a colpi di tastiera che vai bene .
Elimina"non veni pacem mittere sed gladium"
EliminaRicordiamoci sempre che Gesù protegge la Sua Santa Chiesa e che non consentirà alle porte degli inferi di prevalere su di Lei malgrado satana possa reclutare consacrati apostati anche tra chi occupa le più alte gerarchie ecclesiastiche!
RispondiEliminaBella commemorazione
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