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martedì 10 aprile 2018

In lode dei banchi della chiesa


Dagli amici di Campari e De Maistre.
L


di Aurelio Porfiri

Non ho mai troppo riflettuto sulla importanza dei banchi nella chiesa. Certo, in alcune chiese oramai ci sono le sedie tipo ex festa dell’Unità che hanno sostituito i banchi, per ragioni pratiche, come dicono quelli che sanno parlare ma non sognare. Eppure il banco, con il suo legno solido, aveva una funzione para liturgica, designava non il semplice sedersi ma anche una comunanza, seppur apparentemente forzata, con coloro che si sedevano con te. Certo, a volte questi sono familiari, ma spesso sono estranei, persone che magari solo per quell’ora condivideranno qualcosa con te. 

Poi i banchi hanno l’inginocchiatoio, quelli senza sono come gli organi senza pedaliera. Quell’inginocchiatoio è lì a dirti: il vero uomo e la vera donna sanno che la più alta dignità è di inginocchiarsi davanti a Dio e stare dritti davanti agl’uomini.

Poi, molti banchi portano sopra di sé le targhette che ricordano i nomi dei benefattori che ne hanno permesso la realizzazione. Penso sia bello anche questo, segno di un tempo in cui si pensava che il denaro speso per le cose liturgiche fosse denaro ben speso. 
Quei banchi, con il loro design sempre uguale, ci ricordano che siamo una comunità ma anche che davanti a Dio risponderemo da soli dei nostri peccati e potremo farlo solo in ginocchio, l’unico modo che la creatura ha di rivolgersi al suo Creatore.