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P. Tomas Tyn O.P., "La Beata Sempre Vergine Maria Madre di Dio. Omelie Mariane di P. Tomas Tyn O.P.", NUOVA EDIZIONE, arricchita (Associazione Figli Spirituali di Padre Tomas Tyn, c/o, Via Altopiano 77, 40044 Sasso Marconi BO).
Nel 1968, grazie al conseguimento di una borsa di studio, un diciottenne nato in Moravia (Cecoslovacchia) riesce a passare i confini del blocco socialista dominato dall’URSS e giunge in Francia. La sua famiglia – padre e madre sono psichiatri -, sempre grazie a sotterfugi dovuti alle loro spiccate qualità professionali, erano riusciti a raggiungere l’Occidente libero pochi mesi prima.
Tomas – questo il nome del ragazzo – è un giovane di forte costituzione, un gigante alto circa un metro e ottantacinque, all’apparenza del peso di settantacinque chili, biondo e con gli occhi azzurri, dai lineamenti apertamente slavi. L’aspetto di forza e sicurezza, tuttavia, contrasta con il suo atteggiamento: uno sguardo diretto e penetrante ma modesto e sereno, un piglio deciso ma attentissimo alla sensibilità e comprensione dell’interlocutore, una voce maschia e potente ma dal tono dolcissimo, sempre pronta a tacere per ascoltare.
La famiglia di Tomas è cattolicissima da generazioni, di quel cattolicesimo che – basato sull’unione tra fede e vita – si esprime non solo nel tempo propriamente liturgico, ma va a permeare ogni aspetto del quotidiano: dalla scelta delle amicizie e dei giochi ad ogni momento della vita in famiglia; dall’etica professionale fino al giudizio sulle realtà culturali e politiche che caratterizzano la vita del mondo. Da generazioni, i Tyn sono integralmente cattolici e, in quanto tali, specialmente in un regime socialista, perseguitati: Tomas apprende dal latte materno non solo la fede, ma anche l’importante arte di proporre al prossimo l’integralità del messaggio cristiano nella misura comprensibile all’interlocutore e senza compromettere la propria incolumità.
Tale abilità si manifesta fin da subito: nel periodo trascorso in Francia, Tomas manifesta un costante bisogno di “passeggiate” la domenica mattina, con le quali riesce astutamente a sfuggire al controllo degli insegnanti socialisti… per andare a Messa!. Di più: dopo qualche anno trascorso nel convento domenicano a Warburg, in Westfalia - in un per lui insopportabile clima di deriva modernistica, povertà teologica e di cedimento ai “segni dei tempi” -, manifesterà “un incontenibile desiderio di proseguire gli studi vicino al fondatore” e otterrà di venire trasferito a Bologna dove, appunto, sono venerate le spoglie mortali di san Domenico di Guzman.
Come era prevedibile, viste le doti di famiglia, Tomas eccelle tra tutti i suoi colleghi e confratelli, in ogni ramo degli studi teologici e filosofici e nelle pratiche regolari dell’allora numerosa comunità domenicana. Scevro da ogni tratto “da primo della classe” – sembra non rendersi conto dell’abisso che lo separa dai suoi colleghi - è benvoluto da studenti, professori e superiori. Le occasionali esternazioni – soleva ripetere, ad es., che “la pace dei pacifisti è la pace dei cimiteri” e continuerà a farlo sempre, anche nelle omelie nella Parrocchia di san Giacomo fuori le Mura – anziché essere interpretate come l’esito di una riflessione sistematica e coerentemente controcorrente, vengono giustificate come “sfoghi” di un ragazzo che “chissà quanto ha sofferto” e perciò non gli alienano la simpatia di quanti lo circondano.
Tali esternazioni, tuttavia, vengono notate e approfondite da qualcuno e Tomas – che nel frattempo diviene sacerdote – si ritrova ad avere tre amici che, come lui, colgono la drammaticità dei “segni dei tempi”: sono Padre Pietro Lippini O.P., P. Alberto Galli O.P. e Padre Roberto Coggi O.P. Il primo di costoro, che sarà Provinciale per otto anni, assicurerà a Padre Tomas una certa libertà d’azione e di espressione, aspetti tutt’altro che scontati in quegli anni di intolleranza postconciliare.
Così, la vita conventuale di Padre Tomas, pur non venendo notata, riuscirà ad esprimersi con pienezza: solo per ragioni gravissime o disposizioni dei superiori manca alla recita dell’Ufficio e in coro è spesso l’unico sacerdote tra tanti novizi: la sua osservanza è totale, gioiosa, radicale. Partecipa alla “tombola conventuale” successiva al pranzo della domenica solo per obbedienza e della televisione guarda solo i telegiornali, i dibattiti politici e ciò che rileva dal punto di vista della comprensione del contesto sociale.
Pratica una povertà radicale, compatibilmente con il peculiare “stile” che un domenicano e un professore universitario deve tenere: accetta volentieri indumenti smessi da altri - è il Priore a fargli notare che gli si stanno rompendo le scarpe e l’orologio da polso non gli funziona più – e indossa abiti religiosi sempre rattoppati, che però mantiene ben puliti.
La sua castità è perfetta: guarda dritto negli occhi l’altro sesso e lascia avvicinare alla distanza inferiore al metro solo le signore di cui è certissimo dei costumi. Ai penitenti di sesso maschile suggerisce: “Dovete vedere, parlare e trattare ogni donna come se fosse la Vergine Maria!”. Alla pessima abitudine di ricevere donne nei salottini adiacenti la portineria, preferisce quasi sempre il confessionale in basilica.
L’obbedienza di Padre Tomas è disarmante: è fuor di discussione la sua fedeltà alla Chiesa e al suo Vicario in tempi nei quali anche i religiosi più seri si sentono in dovere di “dire la loro” su quanto fa il Pontefice e sulla storia della Chiesa. Ma ciò che i più ignorano è la sua obbedienza all’interno del convento, un’obbedienza che non esclude nemmeno le cose più faticose. Un solo esempio: quante volte il priore chiederà: “Chi va a confessare domani al santuario di Fontanellato?”, ottenendo come risposta uno straordinario silenzio! Il fatto è che per arrivare per tempo a Fontanellato bisogna alzarsi prima che sorga il sole, prendere un treno lentissimo e un bus… al priore non resta che andare verso il fondo della sala capitolare e chiedere “Vuoi andare tu, Tomas?”. La risposta è scontata, sussurrata per non irritare i confratelli e accompagnata da un sorriso solare: “Con piacere Padre! Grazie!”.
La parte più nota della vita di Padre Tomas è quella professionale: al giovanissimo religioso moravo viene affidata subito una cattedra nello Studio Teologico Accademico retto dai domenicani a Bologna. Vi insegnerà praticamente tutto, fino alla morte, dalla storia della filosofia alla teologia morale, sempre in modo semplice e teso ad ottenere comprensione da tutti i discenti e suscitare in loro passione per la Verità: di questo impegno imponente (e massacrante!) ci restano centinaia di musicassette capaci ancora oggi di entusiasmare chi le ascolta. Di scritto ci ha lasciato, tutto sommato, poco: due opere scientifiche – ovviamente comprensibili solo agli “addetti al lavori” - e qualche decina di articoli e brevi saggi “comprensibili”, apparse su riviste di varia importanza.
Si deve ora presentare la raccolta curata dalla Dott.ssa Schinco, una pediatra sua figlia spirituale che ha umilmente trascritto e raccolto alcune delle omelie tenute dal Padre. Tali omelie sono espressione del suo ministero domenicale presso la parrocchia già citata e, soprattutto, alle persone convenute ogni sabato mattina in Basilica - a seguito del permesso dato da S. Em.za il Card. Giacomo Biffi – per seguire la celebrazione della Santa Messa detta “di San Pio V”.
Come inquadrare questo particolare aspetto del sacerdozio di Padre Tomas?
Nel 1980 due giovani aderenti ad Alleanza Cattolica in Bologna vengono ricevuti dal nuovo Padre Provinciale dei domenicani, P. Lippini O.P., abbonato alla rivista di quel movimento - “Cristianità” - sin da quando era parroco a Venezia. Padre Pietro li abbraccia, si rallegra per il loro impegno, li incoraggia a diventare santi… ma, quando i due chiedono di poter fruire della sua direzione spirituale, egli risponde: “Se fossi ancora parroco lo farei, ma ora non posso più: sono osteggiato e ho tutta la Provincia da far tornare a San Domenico. C’è però un giovane religioso che vi piacerà, vi guiderà meglio di quanto io potrei mai fare e, se vedo bene, credo che anche voi lo aiuterete in qualcosa”.
E’ l’inizio di un’amicizia che condurrà alcuni giovani di Alleanza Cattolica a far parte dell’Ordine Domenicano e farà scoprire a Padre Tomas non solo un “passato” contro-rivoluzionario, al quale egli sente di appartenere naturalmente, ma una metodologia d’azione che si sposa perfettamente con il suo caratteristico “dire ciò che può essere compreso da chi ascolta”, applicazione consequenziale e prudenziale del tomistico “omne enim receptum determinatur in recipiente secundum modum recipientis” (De Anima, q. 20). Così, a sua volta, il religioso moravo si innamorerà di questo movimento e della sua prospettiva operativa, fino ad imparare e citare a memoria interi passi del suo “libre de chevet”: Rivoluzione e Contro-Rivoluzione del prof. Plinio Correa de Oliveira.
E’ a seguito di questa amicizia che il giovane moravo prende consapevolezza di far parte anche di una “famiglia spirituale” diversa ma complementare a quella domenicana, ed è naturale per lui accettare di celebrare l’antico rito perché così ha la possibilità migliorarsi dal punto di vista liturgico e insieme insegnare apertamente la dottrina cattolica di sempre, mai disgiunta dall’invito a “diventar santi e gran santi!”. Alla Messa del sabato mattina verranno ad ascoltarlo da tutta Italia e alcuni sceglieranno di seguire la vocazione sacerdotale o religiosa, specie dopo l’assicurazione per cui “i frati rischiano di distruggere l’Ordine, ma san Domenico vigila e lo preserva da lassù”.
Di quei momenti di intenso raccoglimento e di luce fa stato la piccola raccolta frutto della carità della Dott.ssa Schinco. Purtroppo, la carta stampata non può suscitare l’amore verso Dio e sua Madre che la presenza del Padre suscitava, ma il testo è almeno qualcosa, è un retaggio da trasmettere a chi non ha fruito del fiume di grazie che si riversava sui fedeli del sabato mattina.
La predicazione di Padre Tomas è, infatti, rivolta esclusivamente ad ottenere la conversione del cuore di chi lo ascolta per far sì che costui decida di seguire la volontà di Dio per dare a Lui maggior gloria, ottenendo quindi anche la salvezza della propria anima e la “consecratio mundi”. Il mezzo ascetico proposto in modo privilegiato è il Santo Rosario: la predicazione del Rosario è costante, pressante, quasi ossessiva. Da “antico” domenicano preferisce raccomandare la contemplazione – e la contemplazione dei misteri del Rosario - alla meditazione: “la dimensione contemplativa è della vita cristiana; contemplare e poi contemplata aliis tradere, cioè in qualche modo far sì che ciò che si è contemplato diventi anche il bene per altre anime che il Signore affida al nostro amore, alla nostra attenzione” (Omelia del 7-10-1989).
Per dare gloria a Dio, salvare se stessi e riconsegnare il mondo a Cristo, il giovane domenicano non può evitare dal mettere in guardia i suoi figli dai due maggiori pericoli di allora per la fede cattolica: il progressismo intra ecclesiale e il socialismo dilagante, anche nel mondo occidentale. Se in confessionale P. Tyn sussurra dolcemente fin quasi a bisbigliare, all’Omelia la sua voce tuona tanto forte al punto da dover spegnere il microfono: “bisogna respingere non solo il comunismo esplicito, ma quello in qualche modo implicito! Pensate alle forme pericolose del sinistrismo radicale: si vuole creare una mentalità schifosa, una mentalità che esalta il fango contro il cielo!” (Omelia “Il messaggio di Fatima”). E sul progressismo infra ecclesiale: “se devasta il singularis cinghiale del bosco con devastazione appariscente, devastano anche le piccole volpi che si aggirano per la vigna e che in qualche modo mordono le radici di questa mistica vigna. Vedete, cari fratelli, c’è chi vuole operare questa modernistica separazione della fede dalle sue radici cristiche. Ecco allora: che cosa dobbiamo fare ? Non permettere né che il cinghiale del bosco, ma nemmeno che le piccole volpi, che non si vedono, devastino la mistica vigna del Signore” (Omelia sul Cuore Immacolato di Maria).
No, il bellissimo ragazzo vestito con l’abito dei predicatori non era “politicamente corretto”, ma nemmeno “ecclesialmente corretto”: era fedele alla Sposa di Cristo e a Pietro, ma non era cieco, sordo o muto. Era un degno figlio di quel Padre di cui si è scritto: “Il vero dialettico sdegna gli errori parassiti e si porta di slancio al centro stesso del ragionamento nemico. In modo simile noi vediamo Domenico, come un capo in guerra, cercare di venire a contatto con l’avversario non per saggiarlo, ma per batterlo” (G. Bernanos, Domenico l’incendiario, in: http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=513 ).
Padre Tomas è morto il 1 gennaio 1990; in tale guerra ha dato tutto: “il 29 giugno 1975, solennità degli apostoli S. Pietro e S. Paolo […] P. Tomas ha la grazia […] di essere ordinato sacerdote, a Roma, da papa Paolo VI. Mentre il Papa posa le mani sul suo capo, P. Tomas, già profugo con la sua famiglia nella Germania Federale, offre al Signore la sua vita per ottenere la libertà della sua Patria […]. Impressionanti certe coincidenze: all'inizio e ai primi accenni della rivolta popolare in Cecoslovacchia (estate 1989) P. Tomas accusa i primi dolori lancinanti del male. Quando la Cecoslovacchia riprende il cammino della libertà e la Chiesa ritrova la via della libertà (inverno 1989), P. Tomas, dopo lunghe sofferenze, conclude la sua immolazione (gennaio 1990)” (P. P. Pilastro, La morte di P. Tomas, in: http://www.totustuus.biz/users/tyn/LAMORTE.htm).
Lasciamo perdere le pagliacciate di Alleanza Cattolica, per favore. Mi dispiace per padre Tyn se non ha incontrato gente più seria.
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