Due
anni fa papa Benedetto XVI lasciava il pontificato
di Enzo Fagiolo, per MiL, 28.02.2015
di Enzo Fagiolo, per MiL, 28.02.2015
Sono trascorsi due anni da quando, il 28 febbraio 2013, la chiusura del
portone del palazzo apostolico di Castelgandolfo annunciava, dopo 8 anni, la
fine di un pontificato, ma con il successore di Pietro ancora in vita. A questa
rinuncia seguirono molti commenti: pochi esprimevano profondo rammarico per un
grande perdita così inattesa, i più riconoscevano solo il ‘gesto di umiltà’.
La sua elezione aveva suscitato entusiasmo
solo chi vedeva in J. Ratzinger un difensore dell’ortodossia e un nemico delle
forze centrifughe che stavano disgregando la Chiesa.
Nella maggioranza e non solo del mondo laicista, quella
elezione suscitò freddezza fino all’aperta ostilità, all’interno del mondo
ecclesiale. Ricordo un sacerdote docente dell’Ateneo salesiano che mi disse
poco dopo l’elezione: “si, va bene
Ratzinger ma come papa di transizione”. Un frate minore dell’Ateneo
Antoniano, sempre di Roma, durante un’omelia ( !?!), arrivò a dire: ” questo papa si sta rendendo conto di quanto sia difficile fare il papa!”.
Giudizi chiaramente negativi e ostili sentiti nel loro alto loco, da parte di due grossi ordini religiosi.
Già prima dell’elezione, quando donò alla
Chiesa quel capolavoro che è Il Catechismo della Chiesa Cattolica, praticamente
ignorato, suscitava odio da parte di grossi movimenti di potere quali
neocatecumenali e focolarini, per la sua perplessità nel riconoscerli
canonicamente. Alcuni dicasteri vaticani mostravano fastidio per i suoi interventi
che facevano notare che alcuni provvedimenti canonici non erano in linea con la
retta dottrina teologica. La Dominus Jesus, che non faceva
altro che ripetere quanto Cristo stesso aveva detto circa il suo ruolo di unico
Salvatore, suscitò, come Ratzinger scrisse nella prefazione al suo libro, Fede,
Verità e Tolleranza “ un grido di
indignazione attraversò la nostra società” , purtroppo anche tanti ambenti
teologici ed esegetici cattolici, scivolati ormai nel relativismo e nel
sincretismo.
Eletto papa, l’ostilità sorda, malamente e non
sempre repressa, continuò: basterà ricordare il suo discorso ad Assisi che
cercava di liberare S. Francesco,
sfigurato proprio da parte dei suoi figli, dalla veste di ecumenista e
sincretista. Si pensi al discorso di Ratisbona come a tanti altri, oppure al Motu proprio sulla Messa, motivo di veri
insulti da parte anche di vescovi e prelati vaticani. E si potrebbe continuare
per molto. L’insulto finale è stata l’accusa di essere sceso dalla Croce. Anche
cavillosi ambienti ‘tradizionalisti’ hanno aggredito quella che secondo loro era
“ la strana teologia di Ratzinger”, ignorando la sua rivendicazione antimodernista del Cristo
storico cui ha dedicato i libri su Gesù di Nazaret.
Le intime motivazioni che portarono papa
Benedetto a lasciare, certo difficili a cogliere pienamente, sono state poco approfondite.
La decadenza delle forze, in lui solo fisiche ma non certo mentali, avranno
avuto un ruolo importante anche in relazione al triste spettacolo dato dal
predecessore, del tutto inabile al suo ufficio almeno negli ultimi cinque anni
di pontificato, fino all’incapacità di intendere e di volere. Ma che cosa voleva
significare, quando parlò di mancanza di
vigor animae? Consideriamo poi che
Ratzinger è un teologo di quelli veri e ha una concezione del ministero petrino
tutta teologica: Santo è solo il Dio trinitario fortis et immortalis mentre Pietro è un uomo debole e talvolta
insicuro e può non ascoltare lo Spirito Santo quando vuole ricordarci ciò che
Cristo ha detto. Un insigne teologo tomista e di gran fede mi espresse questo
desiderio: “il papa dovrebbe fare un gran
regalo alla Chiesa, non farsi più chiamare Santità!” Papa Benedetto lo ha
praticamente fatto.
Non resta che meditare le commoventi parole
del vescovo di Trieste Crepaldi: “ si è
trattato di un pontificato luminoso.. sulla cattedra di Pietro si era seduto un
autentico padre della Chiesa.. abbiamo gioito intellettualmente e
spiritualmente dei suoi alti insegnamenti..abbiamo pregato perché ‘ non
fuggisse davanti ai lupi’ come ci aveva chiesto di fare…è stato una roccia
della nostra fede...ci sentiamo umanamente più soli”. Alla luce dell’insegnamento di papa Benedetto la Chiesa, che per i trionfalisti del
Concilio avrebbe per la prima volta nella storia esaminato se stessa (!?), per
uscire dalla crisi attuale dovrà farlo ma, questa volta con umiltà.
Enzo Fagiolo