Il New York Times smonta la ricostruzione del card. Kasper:
Così si snatura la Chiesa.
Douthat, columnist del Nyt, fa a pezzi la dottrina Kasper sul divorzio.
Altro che proposte blande e misericordia: “La posta teologica in palio”, contrasta con il “tradizionale insegnamento .
Il Foglio 29/7/2014 Articolo della Redazione
“Per ragioni teologiche, sociologiche e semplicemente logiche, ammettere i risposati alla comunione ha la potenzialità di trasformare non solo l’insegnamento cattolico e la vita cattolica, ma il modo stesso in cui viene percepita la chiesa.
Questa è la vera posta in palio; questi sono i termini sui quali è necessario dibattere”.
A parlare non è un tradizionalista della lefebvriana Econe, bensì è il columnist del liberal New York Times, il cattolico Ross Douthat.
Lascia da parte, Douthat, le dotte argomentazioni storiche e teologiche – per questo, dice, basta e avanza quanto ha scritto “il gruppo dei domenicani americani” sulla rivista Nova et Vetera (cfr. il Foglio 24/7), e si sofferma sulle frasi contenute nell’intervista concessa lo scorso maggio dal cardinale Walter Kasper a Commonweal.
In quella circostanza, il porporato tedesco insisteva sulla necessità di trovare una via tra il “rigorismo e il lassismo” che concedesse una seconda possibilità ai divorziati risposati desiderosi di accedere all’eucaristia.
“Se un divorziato risposato è realmente dispiaciuto per il fallimento del proprio matrimonio”, notava Kasper, “possiamo noi rifiutare il sacramento della confessione e della comunione, dopo un periodo di penitenza?”.
Di mezzo ci sono i bambini, che non crescerebbero come buoni cristiani se non vedessero i propri genitori andare a messa e comunicarsi come si dovrebbe.
Pazienza se Müller e altri eminentissimi teologi hanno ricordato che non sta scritto da nessuna parte che ricevere la comunione è un obbligo.
Se a ricevere l’ostia non ci vanno mamma e papà, non ci andranno neppure i figli, è la tesi.
Per Douthat, si tratta di considerazioni dove “la posta teologica in palio e il potenziale conflitto con il tradizionale insegnamento della chiesa sono minimizzati e/o spazzati via”.
Kasper parte dal presupposto che si sta parlando di una eccezione che in alcun modo minaccerebbe la regola fondata sul Vangelo.
Andando a scavare dietro le frasi, però, il quadro che emerge è un altro: “Ciò che Kasper propone differisce dallo scenario in cui un sacerdote, a titolo personale, può decidere di propria iniziativa di dare la comunione a un risposato.
Questa possibilità esiste già”, dice Douthat, sottolineando che ben altra cosa è ciò che raccomanda Kasper: non si tratta di concedere “un certo grado di tolleranza per chi ha deviato dalla regola, bensì di dare il permesso formale di abbandonare tale regola”.
Il tutto garantito “da un organo ufficiale della chiesa, con un imprimatur papale”, cui (tutti) i sacerdoti sarebbero costretti ad adeguarsi.
Il teologo tedesco assicura che si tratterebbe d’un percorso stretto, riservato a “piccoli settori di divorziati risposati interessati ai sacramenti”.
Non di certo alle “grandi masse”, né si potrebbe parlare di una “soluzione generale”.
E chi lo dice che sarà così?, si domanda Douthat; quali strumenti ha, Kasper, per dire che il percorso sarà limitato, a numero chiuso?
Semmai, scrive il columnist del New York Times, è più logico aspettarsi che la soluzione sia “estesa alle grandi masse in tempi abbastanza rapidi”, con tutto quello che ne consegue. ...
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