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giovedì 26 aprile 2012

Don Bux: Il CVII si può discutere, non è un superdogma. La F.S.S.P.X potrebbe fare il bene della Chiesa. Chi si oppone alla FSSPX si oppone al Papa"

Chi si oppone alla riconciliazione della Fraterntià San Pio X con Roma si oppone al Papa
di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro


Teologo, liturgista, consultore dell'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e delle Congregazioni per la Dottrina della Fedee per le Cause dei Santi, monsignor Nicola Bux, classe 1947, è conosciuto dagliaddetti ai lavori soprattutto come “molto vicino a papa Benedetto XVI”.
E proprio lui, poco più di un mese fa, ha messo a rumore l’ambiente ecclesiale con una lettera aperta al superiore generale e ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata ma monsignor Lefebvre invitandoli a stringere lamano che Benedetto XVI sta tendendo loro.

Gli osservatori ne hanno tratto tutti la conclusione più logica: il Papa vuole fortemente la riconciliazione.
Vedete” spiega monsignor Bux al Foglio “questa conclusione è al tempo stesso esatta e imprecisa. E’ esatta perché Benedetto XVI vuole questa riconciliazione e pensa che non possa esserci altra soluzione pensabile per la vicenda della Fraternità fondata da monsignor Lefebvre. E’ imprecisa se le si attribuisce un carattere politico. Non c’è nulla di più lontano dalla mente di questo Papa. Ratzinger è persona che non pensa e non agisce in funzione della politica ecclesiale. Per questo viene spesso frainteso. E tanto più questo vale per la vicenda della Fraternità San Pio X: per lui si tratto solo del definitivo e pieno ritorno a casa di tanti suoi figli che potranno fare il bene della Chiesa”.
Dunque, letture da destra o da sinistra sarebbero monche, ma non sarà facile disinnescarle all’interno della Chiesa stessa.

Come dovrebbe porsi un cattolico davanti a un fatto come la riconciliazione tra Santa Sede e Fraternità San Pio X?
Bisogna rileggere con attenzione quello che Benedetto XVI scriveva il 10 marzo 2009 nella ‘Lettera ai vescovi’ per spiegare le ragioni della remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre: ‘Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? (…) Che ne sarà poi?’.
Qui c’è il cuore di Benedetto XVI. Ecco, penso che se anche tanti uomini di Chiesa agissero secondo questo cuore non potrebbero che gioire per la conclusione positiva di questa vicenda
”.

Forse l’opposizione al volere di Benedetto XVI nasce dal fatto che molti compiono l’equivalenza riconciliazione con i lefebvriani uguale sconfessione del Vaticano II.
Guardate, il primo ‘accordo’, se così vogliamo chiamarlo, avvenne nelConcilio di Gerusalemme tra San Pietro e San Paolo. Dunque, il dibattito, purché fatto per il bene della Chiesa, non è così scandaloso.
Un’altra constatazione: quanti hanno isolato dalla storia della Chiesa il ConcilioVaticano II e lo hanno sopravvalutato rispetto ai suoi stessi intendimenti non si peritano di criticare, per esempio il Concilio Vaticano I o il Concilio di Trento. C’è chi sostiene che la Costituzione dogmatica ‘
Dei Filius’ delVaticano I sia stata soppiantata dalla ‘Dei Verbum’ del Vaticano II: questa è fantateologia.
Mi sembra invece buona teologia quella che si pone il problema del valore dei documenti, del loro insegnamento, del loro significato. Nel Concilio Vaticano II esistono documenti dal valore diverso e, dunque, di una forza vincolante diversa che ammettono diversi gradi di discussione. Il Papa, quando era ancora il cardinale Ratzinger, nel 1988, parlò del rischio di trasformare il Vaticano II in un ‘superdogma’, ora, con ‘l’ermeneutica della riforma nella continuità’ ha fornito un criterio per affrontare la questione e non per chiuderla. Non bisogna essere più papisti del Papa. I Concili, tutti i Concili e non solo il Vaticano II, vanno accolti con obbedienza, ma si puòv alutare in maniera intelligente ciò che appartiene alla dottrina e ciò che va criticato. Non a caso, Benedetto XVI ha indetto ‘l’anno della fede’ perché è la fede il criterio per comprendere la vita della Chiesa
”.

Da cattolici, se lasciamo battere docilmente il nostro cuore con quello di Benedetto XVI, che cosa ci dobbiamo aspettare dalla definitiva riconciliazione tra Roma e Fraternità San Pio X?
Non certo la rivalsa di una fazione sull’altra, ma un progresso nella fede e nell’unità che sono la sola testimonianza perché il mondo creda. La retorica del dialogo con l’ateo,con l’agnostico, con il cosiddetto ‘diversamente credente’ che senso ha se non si gioisce per la riconciliazione con i fratelli nella fede? Ce l’ha insegnato Nostro Signore: non è il dialogo con il mondo che convertirà il mondo, ma lan ostra capacità di essere uniti. In questo periodo torno spesso a una preghiera composta dal cardinale Newman: ‘Signore Gesù Cristo, che quando stavi persoffrire, hai pregato per i tuoi discepoli perché fino alla fine fossero una cosa sola, come sei Tu con il Padre, e il Padre con Te, abbatti le barriere di separazione che dividono tra loro i cristiani di diverse denominazioni. Insegna a tutti che la sede di Pietro, la Santa Chiesa di Roma, è il fondamento, il centro e lo strumento di questa unità. Apri i loro cuori alla Verità, da lungo tempo dimenticata, che il nostro Santo Padre,il Papa, è il Tuo Vicario e Rappresentante. E, come in cielo esiste una sola compagnia santa, così su questa terra vi sia una sola comunione che professa e glorifica il Tuo Santo Nome’”.

Il Foglio, 26 aprile 2012

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