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venerdì 27 gennaio 2012

Chi vuol intendere intenda ...



L’Associazione Internazionale UNA VOCE ha avuto un ruolo importantissimo per la salvaguardia della Liturgia Romana antica in tempi particolarmente perigliosi.
Fra gli Intellettuali Cattolici che aderirono, fin dal primo momento, all’Associazione Una Voce ci fu il noto critico d’arte Carlo Belli ( 1903-1991) che ho avuto l’onore di conoscere e di frequentare.
L’ultimo coraggiosissimo libro di Carlo Belli fu dedicato all'amata Liturgia Cattolica : “ Altare deserto, breve storia di un grande sfacelo” ( Giovanni Volpe Editore). Invano dal vicino Vaticano cercarono di convincere l’Autore e la Consorte di non far pubblicare il libro ( Le cose stanno cambiando con il nuovo Papa – il Beato Giovanni Paolo II - … vedrete che la Liturgia antica con il nuovo Papa sarà celebrata anche in San Pietro …ecc ecc ) .
Carlo Belli non si fece incantare dalle sirene vaticane e il libro vide la luce nel 1983 recensito e ripreso da diversi quotidiani. Nella Prefazione, a pagina 8, l'Autore accenna alla costituzione, in diverse parti nel mondo cattolico, dell'Associazione Una Voce :
“A tanto sfacelo non mancò una reazione vigorosa. Si costituirono in tutto il mondo gruppi di cattolici dissidenti, raccolti in varie associazioni — la più nota Una Voce — operanti in ogni Stato d'Europa e d'America (ma anche in India !), e si eressero a barriera della tradizione. Erano schiere di laici cattolici ferventi, bersagliate dalla Curia, la quale, con disegno a dir poco demoniaco, indicò come eretiche le difese della Tradizione. E ciò veniva proprio dagli eretici della stessa Curia “! ( C.Belli, Altare deserto, Prefazione pag.8).
La Consorte del Dott. Belli fu poi invitata a partecipare ad una celebrazione, Novus Ordo, nella Basilica di San Pietro dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger.
Qualche giorno dopo volle riferirmi di quella esperienza con termini positivi soprattutto per la dignità e per la devozione dimostrati dal Cardinale nel celebrare, senza concelebranti, la Messa. Ricordo che terminò il racconto dicendo “ Bene, molto bene…”
Dal Notiziario di Una Voce-Italia n.42-43 ( Gennaio-aprile 1978 ) ho trascritto la recensione, a firma C.B. ( Carlo Belli), di un libro che ebbe molta diffusione non solo negli ambienti tradizionalisti di allora : Pio XIV, pontefice di transizione.
Era ancora regnante Paolo VI quando quel libro fu dato alle stampe che in alcuni passi è stato persino profetico ...
Per motivi di spazio sono stato costretto a fare qualche taglio mentre ne raccomando la lettura ad alcuni amici Sacerdoti che in questi giorni sono alquanto disorientati ... A.C.

“ Un uomo che si firma Walter Martin ha scritto un libro intitolato Pio XIV, pontefice di transizione. … Da un certo punto di vista si potrebbe dire che il libro si presenta come una sconvolgente vicenda romanzata. Narra di un'epoca prossimo-futura in cui un nuovo papa va preparando una nuova Controriforma degli istituti e della vita religiosa per aprire la strada alla re-staurazione di quei princìpi teologici, di quelle pratiche liturgiche e istituzioni canoniche che costituivano il patrimonio se¬colare della Chiesa, tutti travolti negli anni post-conciliari.
Una Controriforma che folgori le farneticazioni dei cosiddetti « modernisti », o neo-modernisti, agenti di un falso progressismo sociale fatto di esaltazioni irrazionali, introdotto nel cle¬ro da ben individuati centri atei e politici, con lo scopo evidente di distruggere la Chiesa dal di dentro. Questo papa che si chiamerà Pio XIV perché successore di un Pio XIII di brevissima durata ( più che mai succube, questo, e « manovrato » dai rivoluzionari), è dipinto nel romanzo del Martin come un vecchietto sugli ot¬tanta, smilzo e timido, con barbetta ar¬gentea, deboluccio ma senza nessuna malattia specifica. Già vescovo missionario nei Medio Oriente era rientrato da qual¬che anno a Roma tornando ad essere soltanto un oscuro sacerdote. I progressisti, sempre più divisi tra loro da « correnti pluralistiche », in attesa di raggiungere un accordo tra essi, vanno a scovare in un convento il bravo missionario in pensione, mettendo in atto un disegno che ad essi sembrerà conveniente: farne un papa di comodo, essendo egli in età grave e ormai « preso unicamente dal pensiero del passaggio imminente attraverso all'estremo ponte verso l'Aldilà, il che non gli lascerà certo meningi bastevoli per pensare a prendersi delle gatte da pelare nell'Aldi-quà ».
Invece il vecchietto, che sale ai trono di Pietro tra la indifferenza del clero e del popolo prendendo appunto il nome di Pio XIV, esce a poco a poco da un suo stato di modesta contemplazione della morte, e come tutti gli agnelli, finirà per mostra¬re una forza incredibile fatta di dolcezza e di fermezza. A poco a poco supererà resistenze massicce, schiverà inciampi e loschi tranelli, scioglierà oscuri grovigli di palazzo, sventerà piani diabolici ed uscirà indenne perfino da attentati al tritolo! Così, nell'atto del trapasso, potrà assistere a un saldo inizio di restaurazione di valo¬ri, quali splendevano nella Chiesa pre-conciliare, e potrà chiudere gli occhi avendo conseguito una grande, storica vittoria della cattolicità.
Una nuova Lepanto.
Questa potrebbe essere una ingenua, patetica storiella, non priva qua e là di qualche spunto ameno, se a salvarla da un tale scivolo non soccorresse il rigoroso fondamento dottrinario sul quale si basa... il processo che, attraverso impressionanti raggiri, ha fatto del Concilio Vaticano II un valido strumento di distruzione della Chiesa, rovesciandone i suoi princìpi fondamentali attraverso una interpretazione falsa data ad essi da parte dei componenti il Consilium di famigerata memoria.
Questa storica falsificazione è presente in ogni pagina del libro; si può dire anzi che essa è la protagonista del romanzo.
Il povero vecchietto, il Papa N.D.R., dunque, lasciato solo nella Città del Vaticano abitata da potenti monsignori che vi si aggirano come temibili ombre spettrali nei corridoi e negli uffici sbalordito, non si raccapezza. Si sente stordito come se invece di ricevere così inaspettatamente il papato avesse ricevuto una botta in testa.
Poi, con l'aiuto di un fido cameriere, comincia lentamente a orientarsi: giorno per giorno, scopre trappole e trabocchetti tesi per farlo cadere nell'ambito di un modernismo ormai consumato e sostenuto dai più sciocchi luoghi comuni.
Alla mattina presto scende in San Pietro e dice la Messa tridentina, quella che non ha mai smesso di celebrare da quando era stato ordinato sacerdote. Gliela serve il bravo camerie¬re, unico amico per ora, il quale, già al primo giorno esce con una sottolineatura stupefacente: « Era tempo », dice, « che non servivo più una Messa un po' cristiano! ». « Volete dire in latino? », lo stuzzica il papa. E lui: « Non è questione di latino, Santità, ma di ciò che vi è dentro. Possono essere dette in latino fin che si vuole le Messe nuove e già logore; ma è come chi ti restituisce vuoto un portafoglio che ti rubò pieno... ».
Con vari strattagemmi, Pio XIV, supe¬rando veti e insidie, riesce a riprendere contatto con quattro vecchi sacerdoti amici suoi sparsi per il mondo. Che fa? Li convoca segretamente a Roma e li nomina idealmente cardinali. Con essi costruisce il castelletto di una prima resistenza al terribile « apparato » progressista, cercando di riconquistare l'immenso terreno perduto, palmo a palmo.
Ogni giorno, serrate polemiche dottrinali e politiche con i prelati di Curia, con vescovi pusillanimi e conformisti: quelli che si erano sùbito adeguati al tradimento del Concilio alla istituzione di una riforma da nessuno voluta, imposta da una minoranza di fanatici, soprattutto stranieri, per cui la Chiesa da Magistra che era fu costretta a riconoscersi peccatrice di fronte al mondo!
… Frattanto, Pio XIV, messo sul trono come cane muto che non sa latrare mentre i lupi sbranano le pecore, si fa invece leone.
Alcuni conventi, dove si sono coraggiosamente riprese le pratiche liturgiche pre-conciliari, vedono moltiplicarsi le vocazioni, mentre quelli progressisti sono deserti. Ormai si com¬batte alla insegna di una frase tratta dalla prima lettera di San Giovanni: Nolite diligere mundum, naque ea quae sunt in mundo...
Sono rimesse in circolazione anche certe proposizioni del Concilio di Trento...A poco a poco, la Messa tridentina che il Papa celebra di buon mattino in San Pietro, riempie di fedeli la navata maestosa.
Qualche vescovo prende coraggio: si scrolla di dosso i sinistri tabù posti dalla Curia post-conciliare, ritorna al rito millenario e lascia che specialmente i giovani riscoprano i tesori sepolti da qualche decennio.
Naturalmente tutto ciò non si compie senza un'accanita resistenza da parte dei porporati, specialmente stranieri.
… Cardinali e vescovi, fanatici fautori dell'autodistruzione della Chiesa, vengono motu proprio papale sollevati dagli incarichi che tenevano da despoti. …
Questo Pio XIV possiede poi la facoltà di rivoltare con poche parole e rimettere al loro giusto posto princìpi stravolti e dislocazioni insensate. L'abito non fa il monaco? « Grazie all'abito, alla tua nera talare, tu predichi la vita eterna anche senza aprir bocca. Senza quell'abito, dai la testimonianza del camaleonte che si fa del colore dell'ambiente per paura di farsi scorgere. San Francesco fino a quando andò vestito alla moda mondana non convertì alcuno ».
La paziente, tenace opera di restaurazione, contrastata con ogni mezzo lecito e illecito dai titolari e dai burocrati dei dicasteri vaticani, (e qui s'inseriscono nel racconto, anche troppo abbondantemente, episodi da romanzo giallo: spionaggi, attentati, bombe, eccetera!), dà frutti sempre più succosi. Vi sono ormai sacerdoti che osano rivelare il tradimento compiuto dal Consilium ai princìpi del Concilio. Altri rimettono in discussione tutta la cosidetta Riforma liturgica con argomenti ineccepibili, basati su una solida dottrina; lamentano il deserto provocato nella Chiesa dall'abbandono della lingua latina: la lingua universale dei cristiani e la conseguente manomissione della liturgia.
« Che Messa celebravano i Padri conciliari? Quella tradizionale, apostolico-romana. Che stabilirono con l'articolo quarto della Costituzione liturgica conciliare? Di conservarla. Che si dichiara ormai in nome del Concilio? Che è proibita. Che stabilirono detti Padri con l'articolo trentesimosesto di quella stessa Costituzione? Di conservare l'uso della lingua latina. Che si dichiara ora in nome del Concilio? Che l'uso del latino è segno di ribellione alla Chiesa e causa di scisma ».
Multa renascentur quae jam cecidere... La santa Restaurazione non è più lontana.
E' possibile che un libro congegnato in questo modo possa indurre qualcuno a una rimeditazione di ciò che è stata la cosiddetta riforma liturgica imposta da una minoranza di preti e da essi prescritta fino alla persecuzione. … Il lettore, specie se giovane, troverà nel racconto tutte le risposte esatte alle insidiose tesi modernistiche, falso-ecumeniche, social-luterane. Risposte date da un Autore che si rivela oltre che totalmente credente in Dio, uomo di soda cultura e di saldissima moralità”.C.B.

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