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martedì 11 gennaio 2011

Creátor alme síderum

Gli inni dell'Avvento
I - Ai vespri
Creátor alme síderum







Creátor alme síderum,
Ætérna lux credéntium,
Jesu, Redémptor ómnium,
Inténde votis súpplicum.
Creatore fecondo del firmamento [lett. della regione delle stelle],
eterna luce dei credenti,
Gesù, Redentore di tutti,
presta ascolto alle preghiere dei supplici

Qui dæmonis ne fráudibus
Períret orbis, ímpetu
Amóris actus, lánguidi
Mundi medéla factus es.

Tu che, affinché con gli inganni del demonio
non perisse la terra, da impeto
d'amore spinto, del malato
mondo medicina divenisti.

Commúne qui mundi nefas
Ut expiáres, ad crucem
E Vírginis sacrário
Intácta prodis víctima.

Tu che, per espiare la comune empietà del mondo,
[già proteso] verso la croce
dal sacro seno della Vergine
nasci [
prodis] Ostia purissima [Intácta víctima].

Cujus potéstas glóriæ,
Noménque cum primum sonat,
Et cælites et ínferi
Treménte curvántur genu.

E quando (
cum v. seg.) la potenza di questa gloria
e il Nome appena risuona,
tanto gli abitanti del cielo quanto quelli degli inferi,
si curvano col ginocchio tremante.

Te deprecámur últimæ
Magnum diéi Júdicem,
Armis supérnæ grátiæ
Defénde nos ab hóstibus.

Te supplichiamo, dell'ultimo
giorno gran giudice,
con le armi della grazia celeste
difendici dai nemici.

Virtus, honor, laus, glória
Deo Patri cum Fílio,
Sancto simul Paráclito,
In sæculórum sæcula. Amen

Virtù, onore, lode e gloria
a Dio Padre col Figlio,
insieme con lo Spirito Paraclito,
nei secoli dei secoli. Amen

Tre invocazioni! Troppe? Ma no: perché, se guardate bene, ognuna di esse nasce da una virtù teologale. Creator alme siderum: un movimento della Fede, e l'anima si solleva all'invisibile e confessa ciò che la ragione con le sole sue forze non le consentirebbe; aeterna lux credentium: e qui è la speranza sicura di essere illuminata nella via che la Fede le ha aperta; Iesu, Redemptor omnium: quanto amore nel riconoscimento dei benefici che Gesù ci ha elargito, come Dio creandoci e creando per noi il mondo, come Dio-Uomo liberandoci dalla schiavitù di satana. E questo che è tutto contenuto in nuce nella prima strofa, ecco che si sviluppa col ricordo dell'incarnazione, passione e morte del Figliuolo di Dio, della sua gloria che risplende in cielo, in terra e negli abissi. Anche quest'inno finisce con la visione del Giudizio finale; né questa ripresa mi sembra stiracchiata, in questa attesa della venuta in terra di Gesù, che pervade tutta la liturgia dell'Avvento. Inno nato da una intuizione unitaria dell'ora (le stelle che cominciano a risplendere; la luce che se ne va; ma non tramonta la luce del Cristo), del tempo (l'attesa della notte prodigiosa in cui il Figlio di Dio diede inizio «impetu amoris actus» alle sue sofferenze sulla terra): ed ecco brevemente il ricordo di esse; che è seguito dalla confessione della sua gloria, riconosciuta ora dai cieli e dagli abissi, ma che risplenderà di luce vivissima col giudizio universale.
Quest'inno è ambrosiano.


Commento tratto da: Antonio Mirra, Gli inni del breviario romano, Napoli: D'Auria, 1947.

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