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giovedì 26 novembre 2009

Convegno di Roma di sabato 21 ottobre scorso per i 50 anni del volume “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”

Riceviamo da Antonio Margheriti questa relazione sul convegno tenutosi lo scorso sabato.


Nel pomeriggio assolato del 21 novembre, all’Augustinianum - a pochi passi dal Vaticano - , si sono incontrati tutti gli esponenti, italiani e non, di Alleanza Cattolica e di Tradizione Famiglia Proprietà (TFP). L'occasione dell'incontro è stato l'anniversario del cinquantenario dell’uscita della principale opera di Plinio Correa de Oliveira, “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione” .

Fra gli stendardi delle due associazioni cattoliche, con al centro l'immagine dell'Immacolata, erano presenti Dom Bertrand de Orléans e Braganza, principe imperiale del Brasile, che ha parlato dei rapporti della sua famiglia con il prof. Plinio; Caio Vidigal Xavier da Silveira, stretto collaboratore di Plinio; Julio Loredo, che ha illustrato la genesi fin dall'adolescenza del pensiero e del fervore cattolico che trova il suo compendio in “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”; quindi il giurista, docente di procedura penale, presidente dell’ordine degli avvocati di Torino ed esponente piemontese di Alleanza Cattolica Mauro Ronco, che ha spiegato il complesso articolarsi della dialettica fra il diritto e le istituzioni in “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, dove anche ci si interroga sull'odierno “dogma” della carte costituzionali figlie ideologiche della rivoluzione.

Poi l'intervento molto atteso del prof. Massimo Introvigne (che potete leggere integralmente qui ). E risuona da subito nella memoria delle centinaia di presenti la profezia di Dostoevskij: “La Bellezza salverà il mondo”, motto comune a molti in quella sala, particolarmente adatto ai tempi, del tutto in linea con l'indirizzo estetico e pedagogico imboccato da Papa Benedetto XVI. Lo stesso pontefice aveva citato lo stesso 21 novembre nell'incontro con gli artisti in Sistina il sommo letterato russo dell'800: “L’umanità può vivere – egli dice – senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”».

Introvigne spiega la "modernità" come fenomeno rivoluzionario, che secondo la definizione di Correa de Oliveira ha quattro fasi: rivoluzioni che attaccano l’ordine naturale e cristiano cercando di spezzare prima i legami religiosi, con la Riforma protestante (I Rivoluzione); poi i legami politici con la Rivoluzione francese (II Rivoluzione), quindi i legami economici con la Rivoluzione comunista (III Rivoluzione), infine i legami micro-sociali della famiglia, quelli fra madre e figlio con l’aborto e perfino quelli dell’uomo con sé stesso e interni al corpo umano con la droga e l’ideologia di genere (IV Rivoluzione)". E conclude Introvigne: "Il gesto del medico abortista che taglia il cordone ombelicale non per la vita ma per la morte simboleggia in un modo che più tragicamente eloquente non potrebbe essere l’opera della Rivoluzione, che non sopporta i legami e li distrugge".

Con la stessa eleganza piena di inquietudine nel 1952 Pio XII aveva raccontato le ombre che hanno accompagnato ciascuna delle rivoluzioni: il protestantesimo che esclude la Chiesa, il deismo illuminista che esclude Cristo, l'ateismo marxista che esclude del tutto Dio. «Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato». Benedetto XVI giunge a simili conclusioni, individuando nella "deellenizzazione" un altro fattore di "rottura dei legami", pure qui scaglionati in quattro fasi, in cui si smagliano i legami che cultura classica e cristiana avevano costruito accostando ragione e fede. Prima c'è l'attacco di Lutero alla ragione e quindi il fideismo protestante; poi il razionalismo illuminista e lo scientismo laicista che terminano nella rivoluzione; dunque "nel sanguinoso mito comunista del Paradiso politico da realizzare sulla Terra, e nella disperazione postmoderna successiva alla caduta delle ideologie".

La rivoluzione ha devastato la bellezza, dunque. Ma cosa è la "bruttezza" nella post-modernità? E' ormai un'abitudine, propalata dalla pubblicità. Uno squarcio di eloquenza, come sempre, sono le parole del Papa a proposito, nella "Via Pulchritudinis", che val la pena citare testuale: “Una certa abitudine alla bruttezza, al cattivo gusto, alla volgarità, si vede promossa sia dalla pubblicità sia da alcuni “artisti folli” che fanno dell’immondo e del brutto un valore, al fine di suscitare scandalo. Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa”.

Nella nuova edizione italiana di "Rivoluzione e Contro-Rivoluzione", curata dal reggente di Alleanza Cattolica Giovanni Cantoni ed edita dalla Sugarco, il cui intervento chiude l'intenso convegno, troviamo queste affermazioni tratte da un'opera inedita di Plinio, allegata al nuovo volume per il cinquantenario: «Le forme, i colori, i suoni, gli odori e i sapori» e «gli oggetti di cui [l’uomo] si circonda» sono elementi essenziali nella formazione delle tendenze: «Un mobile comodo è quello che serve solo al corpo: un mobile elegante è quello che serve anche all'anima. Un tessuto resistente, gradevole al tatto, adatto al clima, soddisfa il corpo. Ma l’anima ha esigenze proprie e chiede che sia bello».

Il convegno ha avuto la sua degna conclusione con la celebrazione della S. Messa gregoriana da parte di mons. Athanasius Schneider vescovo ausiliare di Karaganda, conosciuto al pubblico italiano anche per il magnifico libretto Dominus est, della Libreria Editrice Vaticana, sulla Sacra Comunione (vedi qui). La S. Messa è stata servita da due “chierichetti” di eccezione: Padre Nuara o.p., l’organizzatore del convegno di Roma dell’ottobre scorso sul Motu Proprio e il canonico Luzuy dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote.



Un video della S. Messa:

3 commenti:

  1. Sono molto, ma molto, stupita dal silenzio che ha seguito l`informazione trasmessa da mic, non ho letto reazioni a ciò che sta succedendo a Campobasso, eppure non è cosa da poco, basta leggere il documento.
    È bene informare su convegni, symposium, messaggi ecc. ma sul terreno si agisce, ci sono tante parole e ci sono i FATTI.
    C`è la concretezza di una chiesa nella Chiesa che agisce, che sta esercitando un`influenza sempre crescente in seno alla Chiesa cattolica, prima in modo segreto, occulto, nell`ombra, oggi in modo palese, aperto pur mantenendo il sistema del segreto, il tutto legittimato e incoraggiato dalla gerarchia.
    Si direbbe che ognuno è occupato in modo prioritario a salvaguardare o promuovere il proprio orticello e non ci si rende conto di ciò che sta succedendo o si fa finta di non vedere.
    Ne sono personalmente sconcertata.

    http://www.internetica.it/neocatecumenali/lanuovaChiesa-avanza.htm

    http://neocatecumenali.blogspot.com/

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  2. Non è indifferenza, Luisa: parlo per me ma forse interpreto anche il pensiero di altri, non è indifferenza ma impossibilità di reagire se non con uno scoppio di indignazione che serve a poco. La responsabilità di intervenire compete alla gerarchia, non certo a noi. Si può, si vuole pensare che lasci fare, che per certi versi abbia addirittura incoraggiato per portare allo scoperto le deviazioni e quindi reprimerle meglio.

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  3. Mi sembra che qui si confonda la deriva neocon delle due associazioni, con la Tradizione Cattolica che è ben altra cosa.

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