Ringraziando gli amici de Il Timone, pubblichiamo alcuni stralci di un'interessantissima intervista a mons. Stefan Heid - Rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana - sulle modalità di celebrazione dei primi cristiani.
Luigi
Ecco come celebravano i primi cristiani
C’è chi prova a negarlo, ma l’Eucaristia è stata da subito un rito sacro, svolto in uno spazio sacro e su una tavola sacra, ovvero un altare. E il sacerdote era rivolto a Oriente. A colloquio con monsignor Stefan Heid, rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana
___ di Luisella Scrosati (pubblicato sul Timone n. 213, gennaio 2022, in edicola a Roma e Milano, in spedizione ovunque cartaceo o digitale www.iltimone.org)
La Messa una cena e l’altare una tavola? L’abbiamo sentito molte volte, ma le cose stanno un po‘ diversamente. Ne abbiamo parlato con monsignor Stefan Heid, tedesco dell’arcidiocesi di Colonia, classe 1961, rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, a Roma, dove è anche titolare delle cattedre di Storia del culto cristiano e Agiografia.
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Una sua pubblicazione mette in discussione alcuni aspetti del periodo paleocristiano, considerati punti fermi. Il più noto: l’Eucaristia veniva celebrata in un contesto conviviale; pertanto come altare si utilizzava la tavola da pranzo. A conferma di ciò ci sarebbe anche l‘utilizzo del termine “mensa” e non “altare”.
«In effetti cent‘anni fa la scienza dell‘archeologia cristiana ha messo in giro alcune idee che, a mio parere, sono sbagliate, idee che però, soprattutto in teologia, vanno avanti imperterrite. Tra queste si trova la convinzione che l’Eucaristia fosse un pasto comune e che anche oggi dovrebbe essere celebrata in questo modo. Bisogna stare attenti. Certamente Gesù ha istituito il rito del Pane e del Calice durante una cena nella quale si mangiava in posizione reclinata. I pasti in questa posizione erano pasti privilegiati, solenni, per i quali occorreva personale di servizio, quindi non certo pasti per i poveri. Ma il vero nucleo del rito eucaristico si è sempre tramandato come un rito specifico, distinto, come già mostra Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Il pasto in posizione reclinata è del tutto secondario. Anche se a Corinto i partecipanti fossero stati sdraiati su lettini - cosa che non ritengo probabile a causa del numero dei partecipanti - per il nucleo del rito eucaristico veniva introdotta una tavola sacra distinta - Paolo la chiama la “mensa del Signore” - unica per tutta la comunità. Questo è importante: c’è solo una “tavola sacra”, non importa quanto sia grande la comunità».
Niente tavoli da pranzo, dunque, ma “tavole sacre”.
«Sicuramente non si tratta di un tavolo da pranzo. La “tavola sacra” è un arredo sacro che veniva utilizzato per le vittime incruente già nell‘antichità pagana. È sacra quanto un altare. “Tavola sacra” e “altare” sono termini interscambiabili. Con l‘espressione “mensa del Signore” Paolo richiama il profeta Malachia e per “mensa del Signore” intende effettivamente ed espressamente l‘“altare”. Paolo conosceva già la sacralità dell‘altare cristiano, solo vent‘anni anni dopo la Pasqua! Analogamente, parla anche del “calice del Signore” o del “calice della benedizione”. Quindi anche il calice non è un recipiente di uso comune, ma una coppa cultuale».
Allora anche il segno delle tovaglie è stato equivocato?
«La tovaglia era già talvolta in uso in epoca paleocristiana, ma non ha nulla a che vedere con le abitudini alimentari civili, come ce lo immaginiamo oggi. Piuttosto, la tovaglia è un segno di dignità; infatti anche le tavole ufficiali dei magistrati romani erano coperte da una tovaglia».
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Ancora una domanda sull‘altare: il cosiddetto “altare del popolo” trova un reale riscontro nell’archeologia?
«Sì e no. A partire dal Concilio si è diffuso l‘enorme malinteso che, nella chiesa primitiva, il sacerdote guardasse il popolo. Salvo pochissime eccezioni, non è stato così. Nei primi secoli, l‘altare era solitamente posizionato libero ai quattro lati, ma il sacerdote stava davanti all‘altare con il volto rivolto verso oriente. L’Eucaristia ha anche elementi dialogici, ma questi costituiscono solo l‘introduzione alla preghiera. La preghiera deve essere sempre rivolta ad est. Ci sono alcune chiese - anche a Roma - con la facciata rivolta ad est, e in questi casi il sacerdote deve stare dietro l‘altare e guardare verso il popolo. Ma il punto non è che la comunità debba ammirare la bellezza del sacerdote, ma che il sacerdote debba pregare verso est, verso Cristo, Sole di giustizia. Il modello moderno di liturgia, nello stile di un evento di intrattenimento religioso, ha poco a che fare con la serietà delle prime chiese».
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La Norma Patrum e la Chiesa primitiva sono stati i riferimenti di molte riforme avvenute dopo il Vaticano II. Ha prevalso la storia o l’ideologia?
«In effetti, molta ideologia è oggi ancora in atto, purtroppo. Ognuno sceglie ciò che gli piace dalla Chiesa primitiva. C’è un ampio spazio per la manipolazione, specialmente quando si tratta della nostra odierna comprensione della liturgia, dell‘Eucaristia e della Chiesa. Molto di ciò che oggi viene giustificato con la Chiesa primitiva è solo una proiezione moderna. Un piccolo chiarimento storico in più sarebbe molto utile a riguardo».
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