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domenica 19 settembre 2021

Echi (pre)tridentini in gastronomia: le "polpette di aragosta" dell'attore Genesio, da idolatra a martire

Continuiamo con la gastronomia cattolica.
Luigi


22-08-2021, La Nuova Bussola Quotidiana, Liana Marabini

Un'opera teatrale del IV secolo creata per schernire il cristianesimo, diventa il momento della conversione improvvisa del suo autore e protagonista. Così San Genesio cambiò lo spettacolo confessando davanti all'imperatore Diocleziano, che assisteva, la sua nuova fede. Pagò con il martirio.

È il 15 agosto del 303 d.C., giorno dell'Assunta. Dietro le quinte c'è un silenzio assoluto. Si sentono solo i suoni prodotti dai musici che da qualche parte, installati già sullo spazio a loro riservato, provano gli strumenti. Accompagneranno lo spettacolo, che inizierà da lì a poco.
Per ora gli attori sono intenti a mangiare, in silenzio. Il loro capo, Genesius, è sdraiato su un triclinium e mangia da solo. Gli altri attori sono raggruppati secondo il loro rango nella vita civile, gli schiavi fra di loro, seduti per terra un po' in disparte e i liberti intorno a Genesius.

Mangiano le stesse pietanze ed è una fra le tante cose che fanno di Genesius un capo-truppa molto amato a Roma: tratta i suoi uomini allo stesso modo, indifferentemente della loro posizione sociale. Sui vassoi posti davanti a loro ci sono delle zuppe (di farro, di carciofi, di pollo), carote al cumino, pesce in agrestum, pezzi di libum (focaccia farcita di formaggio), puls (una specie di polenta di farro), minutal (fricassea di pesci e carne trita, cui si aggiunge un componente raro e raffinato: i testicoli di cappone), insalata di piedini di manzo al miele e senape, tyropatina (una crema di uova, latte e miele molto pepata), olive, mandorle, porri e sedano.
Genesius ha davanti a sé solo un piccolo piatto di coccio pieno di esicia (vedere ricetta): polpettine di aragosta. Vuole stare leggero per interpretare il ruolo che ha scritto lui stesso.

Oggi lo spettacolo non sarà facile, l'imperatore Diocleziano stesso (244 - 313) vi assisterà. Non c'è spazio per gli errori. L'imperatore aveva cominciato ad apprezzare Genesius per il suo talento e per la capacità che aveva di farlo ridere. Piano piano era diventato il suo attore preferito e assisteva regolarmente alle sue produzioni. Gli spettacoli erano spesso ripetuti, per dare la possibilità ad un maggiore numero di persone di assistervi.
Oggi Diocleziano avrebbe assistito ad una prima, una parodia del cristianesimo, questa nuova religione che lui aborriva. Non esitava a punire in maniera esemplare coloro che l'abbracciavano, soprattutto coloro che volevano convertire anche gli altri.
Diocleziano conosceva il potere educativo e didattico del teatro e aveva salutato con gioia l'idea di Genesius di ironizzare e sbeffeggiare il cristianesimo: così le masse avrebbero assorbito il messaggio rapidamente ed efficacemente.

Genesius ha finito le sue polpette e ora si è alzato dal triclinio. Ripete il proprio ruolo a voce bassa, camminando avanti e indietro, mentre gli altri attori mangiano ancora. Bevono tutti acqua addolcita di miele, il vino è riservato per dopo, se lo spettacolo avrà successo: Genesius non vuole gli attori avvinazzati. Ha lavorato troppo per questo spettacolo a scriverlo, a scegliere gli attori, a ripetere i dialoghi ed a correggerli… Vuole che tutto fili liscio e che lo spettacolo trionfi, come sempre, con l'imperatore che lo pagherà poi profumatamente in segno di apprezzamento. E lui, come sempre, dividerà i soldi con i componenti della sua troupe. Un'altra cosa che faceva di lui un caso unico in quel lavoro.

Finalmente si entra in scena: l'imperatore Diocleziano ha preso posto nella tribuna imperiale insieme al suo seguito e lo spettacolo deve cominciare. Le tribune sono gremite.
Il teatro romano dell'età imperiale è un edificio costruito sopra il piano di calpestio (dent o loc) e non su un declivio naturale come quello greco, e ha una forma chiusa, che rendeva possibile la copertura con un velarium: è l'esempio di teatro che più si avvicina all'edificio teatrale moderno.

I Romani utilizzavano il modello del teatro greco, al quale avevano apportato alcune modifiche essenziali. Il primo e più antico teatro romano in muratura è quello costruito in età tardo repubblicana a Bononia (attuale Bologna) verso l'88 a.C., con un emiciclo di circa 75 metri di diametro e gradinate in laterizio. Nel periodo precedente i luoghi degli eventi teatrali erano costruzioni di legno provvisorie spesso erette all'interno del Circo Massimo.
La novità architettonica di questo teatro era nell'avere una struttura totalmente autonoma e autoportante, fondata su una fitta rete di murature radiali e concentriche. Fu successivamente ampliato e abbellito con marmi pregiati in età imperiale da Nerone verso la metà del I sec. d.C. A Roma il primo teatro ad essere costruito interamente in muratura fu quello di Pompeo, del 55 a.C..

Le gradinate semicircolari della cavea poggiano su archi e volte in muratura, e sono collegate alla scena con loggiati laterali. Questo permette all'edificio del teatro una collocazione autonoma e più flessibile e di dotarsi di una facciata esterna ornata e monumentale. La facciata della scena viene innalzata a numerosi piani e decorata, fino a diventare scenae frons, proscenio. Il teatro romano ha anche un podium, che a volte sostiene le colonne della scaenae frons. La scaena originariamente non fa parte dell'edificio, costruito solo per fornire uno sfondo adeguato agli attori. Alla fine, essa diventa una parte dell'edificio stesso, fatta di cemento. Il teatro stesso è diviso nel palco (orchestra) e nella sezione dei posti a sedere (auditorium). Per il pubblico sono disponibili Vomitoria, cioè entrate e uscite.

L'auditorium, l'area in cui si raccolgono le persone, è costruita talvolta su una piccola collina o pendio nel quale possono facilmente essere collocati posti a sedere accatastati, nella tradizione dei teatri greci. La parte centrale dell'auditorium è ricavata dalla collina o dal pendio, mentre i posti radiali esterni richiedono sostegno strutturale e solidi muri di contenimento. Questo naturalmente non avveniva sempre perché i Romani tendevano a costruite i loro teatri indipendentemente dalla disponibilità di fianchi collinari.
L'uso della scena diventa più complesso per l'uso di macchinari teatrali. Compare il sipario, che durante la rappresentazione si abbassa in un apposito incavo, mentre il velarium di derivazione navale, viene utilizzato per riparare gli spettatori dal sole.
La cavea, la platea semicircolare costituita da gradinate, fronteggia il palcoscenico (pulpitum), che per la prima volta assume una profondità cospicua, rendendo possibile l'utilizzo di un sipario e una netta separazione dalla platea.

All'allargarsi della popolazione di Roma, e con l'espandersi dell'Impero, la massa del popolo romano diventa sempre più eterogenea, e le esigenze dello spettacolo cambiano. Commedia e tragedia decadono di importanza, e la preferenza viene accordata a composizioni più accessibili e vicine al gusto di tutti. Ritornano in voga l'atellana, le farse, le oscenità e persino la satira politica.

Quella alla quale assiste oggi Diocleziano è una commedia satirica destinata a ridicolizzare la religione cristiana. Genesius è certo che l'imperatore apprezzerà la sua ultima fatica. Entra in scena e viene avvolto dall'acclamazione del popolo.
La commedia iniziò, con Genesius che recitava la parte principale. Il suo personaggio fingeva di essere malato, perciò si sdraiò per terra, chiedendo ai suoi amici di portargli qualcosa per alleviare la sua sofferenza, aggiungendo che sentiva che stava per morire, e voleva diventare cristiano, chiedendo loro di "battezzarlo". Sulla scena sono stati portati tutti gli oggetti utilizzati per fare un battesimo (Genesius aveva studiato a fondo il soggetto e se lo era appropriato, nella sua ricerca per la perfezione delle scene). Un attore che interpretava il prete salì sul palco per "battezzare" il catecumeno malato. Gli furono rivolte tutte le domande che si fanno a coloro che devono essere battezzati. La cerimonia fu eseguita in un modo così ridicolo che l'imperatore e tutto il popolo scoppiarono a ridere.

Nel momento in cui gli attori pagani schernivano e bestemmiavano il Santissimo Sacramento della vera Chiesa, mentre l'attore-"prete" gli versava l'acqua sul capo, davanti a Genesius si aprirono le porte del Cielo e un raggio di luce scese su di lui. L'uomo sentì un'indicibile pace nel cuore, senti i suoi peccati volare via e si sentì l'animo purificato. Un angelo spiegò le ali e scese leggero verso di lui. Genesius trattenne il respiro, chiuse gli occhi e pensò che stava sognando. Aprì gli occhi e l'angelo era ancora lì, librato nell'aria e reggendo una pergamena nella quale Genesio riusciva a leggere. Il raggio di luce lo abbracciava ancora, togliendogli ogni peso dal cuore e nebbia dalla mente. Sentì una pace così totale che pensò che se fosse morto in quel momento ne sarebbe stato felice.

Genesius voleva che quell'attimo non finisse mai. Sorrise al Signore, che sentiva così vicino: si rese conto che gli era penetrato nel cuore e sentì una mano sfiorargli la fronte. I suoi compagni, non sapendo cosa fosse successo, continuarono lo scherno blasfemo. Quando l'intera cerimonia fu eseguita, gettarono una veste bianca su Genesio in scherno dell'abito solitamente dato ai nuovi convertiti e battezzati; così vestito, lo presentarono al popolo con grande ilarità.

Ma Genesio, già vero credente in Cristo, si rivolse all'imperatore e agli altri spettatori e confessò loro con grande dignità ciò che era avvenuto in lui. Dichiarò solennemente che fino a quel giorno, accecato dall'idolatria, aveva disprezzato e deriso il cristianesimo, e quindi si era proposto di rappresentare il battesimo sulla scena, per il divertimento del popolo. Ma durante la recita sacrilega, il suo cuore era improvvisamente cambiato e desiderava diventare cristiano. Disse di aver visto i cieli aperti e di aver visto una mano che lo aveva toccato, quando l'acqua battesimale fu versata su di lui. Dichiarò inoltre che prima che lo battezzassero, aveva visto un angelo, con una pergamena sulla quale erano state registrate tutte le sue passate iniquità, ma l'angelo gli assicurò che sarebbero state tutte mondate dal santo battesimo e che in effetti aveva visto che tutti i suoi vizi erano stati cancellati.

Dopo aver riferito ciò, aggiunse che rinunciava all'idolatria e credendo che Gesù Cristo fosse il Figlio di Dio e il Redentore del mondo, d'ora in poi sarebbe vissuto e morto cristiano. In conclusione, ha esortato l'imperatore e tutti i presenti a seguire il suo esempio e ad adorare l'unico vero Dio.

Ben presto divenne chiaro all'imperatore e al pubblico che non recitava più. L'imperatore allora si infuriò per la sua confessione e ordinò che gli fossero strappate le vesti, e che fosse flagellato con fruste e bastoni davanti a tutto il popolo, e poi fosse gettato in prigione. Plautiano, il prefetto, ricevette l'ordine di rinnovare ogni giorno questa punizione e di aggiungere anche altre torture raffinate fino a quando Genesio non avrebbe abbandonato la sua nuova fede e non fosse ritornato agli dei pagani.

Ma il santo martire resistette a tutto, spiegando al prefetto che l'imperatore non era che un uomo mortale e che il Re immortale del cielo e della terra, era il vero Re. Infine si pentì amaramente di aver così spesso deriso e offeso Dio e rifiutò di obbedire a Diocleziano.
Plautiano, irritato per la sua temerarietà, riferì le sue parole all'imperatore, che lo fece decapitare. La sentenza fu eseguita nell'anno di nostro Signore 303. E così san Genesio, che da idolatra divenne cristiano, e da schernitore del cristianesimo un impavido confessore del Salvatore, ricevette la corona del martirio.
I cristiani riuscirono a mettere in sicurezza il suo corpo e lo seppellirono nel Cimitero di Sant'Ippolito sulla Via Tiburtina con altri martiri cristiani.

Terminata la persecuzione e in seguito alla cristianizzazione di Roma, le sue spoglie furono riesumate e in seguito solennemente custodite nella Chiesa di San Giovanni della Pigna vicino al Pantheon a Roma. La chiesa di Roma, a lui dedicata fin dall'antichità, fu restaurata e abbellita da Gregorio III nel 741 d.C. Nel 1591 le sue reliquie furono traslate in una tomba nella Chiesa di Santa Susanna dove riposano tutt'ora.

Fin dai tempi antichi Genesio è stato considerato il patrono degli attori e di tutti coloro che lavorano nelle arti teatrali; con l'avvento del cinema ne è anche considerato il patrono. Più recentemente è stato anche adottato come patrono di convertiti, ballerini ed epilettici. Negli ultimi anni alcuni storici hanno messo in dubbio l'esistenza stessa di san Genesio, sostenendo che fosse una versione romana di san Genesio di Arles, un notaio morto anche lui durante la persecuzione di Diocleziano.
Sebbene entrambi i martiri portino lo stesso nome e siano morti durante la stessa persecuzione, non si può presumere che siano la stessa persona.

La devozione a san Genesio attore-martire è attestata a Roma già dal IV secolo, pochi decenni dopo la sua morte e in vita di persone che lo avrebbero conosciuto personalmente o dal racconto di suoi contemporanei. Sia l'esistenza della sua tomba che una tradizione della sua sepoltura a Roma sono argomenti solidi a favore dell'autenticità della tradizione.
Il famoso storico ecclesiastico Louis-Sébastien Nain de Tillemont (1637 – 1698), noto per la sua accuratezza, dettaglio e coscienziosità, ha accettato l'autenticità degli Atti nella sua opera Mémoires pour servir á l'histoire ecclésiastique des six premiers siècles.
Il Sinassario della Chiesa Ortodossa riconosce entrambi i martiri come individui distinti (Genesio l'attore di Roma e Genesio di Arles), con la stessa data di commemorazione: 25 agosto. Li festeggeremo tra pochi giorni.

L'autrice ringrazia l'amico Remo Girone, straordinario attore e uomo di fede, che le ha suggerito la ricerca sul santo patrono degli attori.


Legenda dello schema del teatro: Vista dall'interno dell'auditorium:

1) Scaenae frons
2) Porticus post scaenam
3) Pulpitum
4) Proscaenium
5) Orchestra
6) Cavea
7) Aditus maximus
8) Vomitorium
(Teatro romano di Bosra, in Siria).

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