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venerdì 28 maggio 2021

La Messa in latino e la generazione dei distruttori

Riprendiamo dal Sito degli Amici di Campari e de Maistre una interessante riflessione sulle ultimissime vicende relative al Motu Proprio Summorum Pontificum, e siamo lieti di proporla anche ai nostri lettori. In questi momenti difficili, teniamo sempre alta la guardia, e aggrappiamoci con fiducia al Rosario!

La Messa in latino e la generazione dei distruttori

di Francesco Filipazzi

È notizia di qualche giorno fa che presso Santa Marta, la residenza pontificia, progettino ancora una volta di limitare la possibilità di celebrare la Messa tridentina. I motivi dell’avversione al rito antico da parte di Vescovi, sacerdoti e dell’attuale Papa, sfuggono a coloro che non seguono le vicende ecclesiastiche, in quanto nell’immaginario collettivo la Chiesa dovrebbe essere custode di una Tradizione millenaria.

Purtroppo, però l’auto percezione dell’alto clero è molto diversa. Spieghiamo perché.

Fallimento generazionale

Quello che oggi sta andando in onda nel mondo cattolico è il colpo di coda di un fallimento generazionale. Coloro che, con la riforma liturgica di Paolo VI, pensavano di adeguare la Chiesa allo spirito del tempo, sono rimasti cocentemente delusi. Loro lo sanno. Le folle cattoliche non li hanno seguiti e gli ultimi 50 anni, dopo il Concilio e la promulgazione del nuovo messale, hanno visto andare in scena un triste e lungo addio fra l’Europa e la Chiesa. La figlia, viste le bizze della madre, ha salutato ed è andata per la sua strada. Il popolo voleva capire di più la messa, spiegava il cardinale Ottaviani, non voleva che venisse stravolta.

Nonostante il disastro già rilevato da Paolo VI e i tentativi dei papi successivi, il clero a tutti i livelli ha continuato a perseverare nell’errore. Tutto andava decostruito. Messa, teologia, edifici sacri.

Oggi le chiese sono vuote e i fautori del cambiamento, assieme ai loro discepoli più giovani e idioti, si trovano a celebrare pseudo messe in orrendi capannoni, ascoltando chitarre scordate e canzoni ridicole, osservando ballare e sculettare qualche prete giovane e ancora più imbecille. Bella roba.

Nonostante l’evidente presa in giro, piuttosto di ammettere di aver costruito un circo di effemminati, perseverano. D’altronde la rivoluzione occlude le menti dei rivoluzionari.

Chi ha osato fuggire dal circo, ritornando alla Messa in Latino, garanzia di serietà e rettitudine dottrinale, sta mettendo in discussione una costruzione, mentale più che fisica, di una generazione fallita. Che non accetta, non elabora il lutto della propria giovinezza tradita e quindi cerca di eliminare ancora una volta ogni traccia del passato.

La mancanza di formazione dei giovani preti

Questi personaggi sono in malafede. Tempo fa parlando con un prete che insegna liturgia in seminario, mi sentii dire che “i preti giovani non sanno il latino, ripetono solo delle formule”. Il problema è che il latino dovevano insegnarglielo, così come avrebbero dovuto insegnare la liturgia, la storia della Chiesa, la teologia, il magistero. Nei seminari invece viene insegnato che la storia del cattolicesimo è stato un grande equivoco dall’editto di Costantino in poi, conclusosi con la rinascita del Concilio Vaticano II. Non stiamo scherzando. Nei corsi di liturgia viene insegnato solo il rito moderno e quello antico viene solo stigmatizzato.

Il sistema di indottrinamento dei seminari è però anche lui fallito. Molti sacerdoti giovani stanno inceppando gli ingranaggi del meccanismo, riscoprendo la tradizione, studiando autonomamente, mettendo in discussione il lavaggio del cervello subito. Non accettano il ruolo di disordinati e sudati animatori da villaggio turistico proposto dai loro vescovi. E questo è un problema.

Alcune frasi interessanti

“Quando ero giovane odiavo i più vecchi con l’abito lungo [talare -NDR], ora ci sei tu e ce l’hai su anche tu. Non ci libereremo mai di voi”, disse un anziano parroco al suo coadiutore giovane.

“Per favore, non crearmi problemi, non venire in curia con la talare. Io non ho problemi, ma qui li hanno”, disse un vescovo ad un altro prete giovane.

Che dire? Stiamo parlando della fine di un’epoca desolante e non sappiamo se i suddetti giovani avranno la forza di imporre la loro linea. Rimangono comunque una minoranza. I loro coetanei indottrinati e ben poco virili credono alle idiozie che hanno sentito.

Un altro elemento interessante

In questi pensieri a ruota libera, trova posto un elemento interessante. Le soprintendenze delle Belle Arti, istituzioni dello stato italiano, stanno combattendo da anni una lotta silenziosa contro il clero modernista.

I rappresentanti di quest’ultima categoria vedono bocciati costantemente i loro progetti di distruzione delle chiese antiche e si lamentano dell’ingerenza delle autorità civili. Le quali sono rimaste le uniche a cercare di salvare il salvabile. Talvolta, giustamente, scattano anche le denunce.

Tempo fa un sacerdote, purtroppo mancato prematuramente, mi mostrò che, nella chiesa in cui celebrava, la cui prima costruzione datava X secolo, era ancora presente un antico portale da cui entravano i fedeli in procinto di essere battezzati. Il parroco precedente aveva fatto intervenire, per via di un’infiltrazione, il muratore del paese. Il quale con cazzuola e cemento aveva chiuso il buco. Sbragando un monumento.

D’altronde, in Francia, si è visto concretamente ciò che è accaduto con la ricostruzione di Notre Dame. Gli imbecilli stavano già progettando l’affidamento del progetto di ricostruzione ad una qualche archistar, mentre lo stato francese ha imposto la ricostruzione così com’era.

Questa situazione non è altro che l’ennesima conferma di ciò che abbiamo detto fino ad ora. La generazione dei distruttori, non si ferma ed è sempre più aggressiva. Si è riprodotta, ormai le generazioni sono due, la seconda più capra della prima.

Non hanno senso della misura, leggono la realtà con occhiali distorti, sbagliano tutte le analisi da 50 anni. I risultati ovviamente si vedono.