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Luigi
06-12-2020, Liana Marabini
Nel XIX secolo, una volta superate le diatribe ecclesiali sulla liceità del cioccolato in tazza in tempo quaresimale, i monasteri hanno cominciato a produrlo. Artigianalmente, su piccola scala, ma di grande qualità. Dall’Abbazia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, a Frattocchie, fino al monastero brigidino di Amity, nell’Oregon, scopriamo alcuni dei prodotti più ricercati, frutto di un mondo che unisce il lavoro alla preghiera.
Dopo secoli di diatribe tra la Chiesa e il cioccolato, il XIX secolo ha messo le cose a posto. Appurato che il cioccolato in tazza si poteva bere in tempo di digiuno, i monasteri hanno cominciato a produrlo. Artigianalmente, su piccola scala, ma di grande qualità.
Uno dei primi monasteri che si è dedicato alla confezione di prodotti a base di cioccolato è l’Abbazia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, a Frattocchie (frazione del comune di Marino). I monaci trappisti iniziarono a produrre a Roma il cioccolato nel 1880 - con ricette rigidamente segrete - riconoscibile dal marchio che raffigura il Colosseo e la croce. La fabbrica di Frattocchie rifornisce il monastero delle Tre Fontane sulla Laurentina, Camaldoli, Chiaravalle e Pavia. Il monastero di Frattocchie merita di essere visitato, non solo per la bontà del cioccolato, ma per l’intensità di fede che i monaci che lo abitano trasmettono (vedi foto in alto). Il cioccolato che producono, “Il cioccolato dei Trappisti”, è molto speciale, genuino e preparato seguendo metodi tradizionali.
Le stesse qualità ha anche il cioccolato prodotto nel Monastero di Camaldoli, nell’aretino, dove troviamo anche un’antica farmacia (“spezieria”). La storia della spezieria di Camaldoli non è separabile da quella dell’ospizio del monastero. Il più antico documento che ne riporta la fondazione sono le Costituzioni del priore Rodolfo I (1074-1088), nelle quali si legge che il santo padre Romualdo, dopo aver fondato l’Eremo di Camaldoli per ispirazione dello Spirito Santo e su preghiera del religiosissimo vescovo aretino Teodaldo, poco tempo dopo ordinò a Pietro, priore dell’Eremo, di costruire una chiesa nell’ospizio di Fonte Buono - oggi il Monastero di Camaldoli.
Sempre l’altissima qualità è anche la caratteristica del cioccolato prodotto dalle monache trappiste in un altro luogo nel mondo. Vicino a Praga, in Repubblica Ceca, si erge il Monastero di Nostra Signora (Naší Paní) della Moldava. Fondato nel 2007 nella Boemia centrale, tale monastero è la reggia dei tartufini di cioccolato. Queste suore seguono rigorosamente la Regola benedettina (ora et labora) e la cioccolata è proprio un’espressione del loro stile di vita, fondato sulla preghiera, il lavoro e la serenità. Il cioccolato delle monache trappiste della Moldava è prodotto in modo assolutamente artigianale, gli ingredienti utilizzati sono di primissima qualità e naturali, le ricette sono antiche e soprattutto segrete. Sono state trasmesse loro dai maestri pasticceri italiani. Sono prodotti senza conservanti né coloranti, per non alterare la purezza del cioccolato. E la lavorazione, svolta in modo interamente manuale dalle suore, è un valore aggiunto all’altissima qualità del prodotto.
Sempre a mano realizzano i loro cioccolatini anche le suore dell’abbazia francese di Notre-Dame di Igny, un’abbazia cistercense fondata nel 1128 su richiesta del vescovo di Reims. Dietro le alte mura dell’abbazia, vive una comunità di suore devote e impegnate. Parte del loro tempo è dedicata alla produzione di specialità di cioccolato: sono famose per i tappi di champagne (bouchons de champagne), una ricetta tutelata di cioccolatini farciti col prezioso vino con bollicine, che sono un successo planetario. Nel 2001 ne sono stati venduti 69.000; nel 2002, più di 70.000. “Abbiamo difficoltà a tenere il passo con la domanda”, deplora suor Agnès-Lucie, responsabile della pasticceria. “Dobbiamo anche rinunciare a innovare per mancanza di tempo”. Il 44% delle vendite viene effettuato in loco, nella boutique gestita da suor Gabriel. Il resto è venduto nei monasteri cistercensi e benedettini (41%), tramite la rete di distribuzione Aide au Travail des Cloîtres (Aiuto al Lavoro dei Chiostri), presso alcuni rivenditori come Fossier a Reims, per corrispondenza (9%) e su Internet. Il 6% della produzione viene esportato in altri Paesi europei (Germania, Svizzera e Belgio).
Rimaniamo in Francia, per citare l’abbazia cistercense di Notre-Dame-de-la-Paix, a Castagniers, un villaggio collinare nel dipartimento delle Alpi Marittime nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Fino al 1860 il nome ufficiale del villaggio era in italiano: Castagnera. L’Abbazia di Castagniers è “sorella di Notre-Dame de Lérins”, situata sull’isola di Saint-Honorat. Dipende dalla congregazione cistercense dell’Immacolata Concezione. La comunità si è installata qui nel 1930 e, negli anni Cinquanta, Madre Marguerite de la Trinité ha inaugurato un’industria artigianale del cioccolato. Nel 1962 il monastero è stato eretto in abbazia.
La comunità abbaziale oggi è composta da 14 monache cistercensi che vivono secondo la Regola di San Benedetto, che ci invita ad “accogliere ogni ospite come Cristo stesso”, perciò le suore accolgono chiunque desideri fare un ritiro spirituale, singoli o gruppi. È possibile acquistare i prodotti di loro fabbricazione presso il negozio. Da 70 anni la piccola fabbrica di cioccolato continua la sua attività, privilegiando sempre la qualità del puro cioccolato a base di burro di cacao. Producono in media due tonnellate all’anno. Una sorella lavora principalmente alla produzione, occasionalmente coadiuvata da un’altra, in particolare per la produzione di praline - interamente fatte in casa, con nocciole piemontesi e mandorle spagnole, leggermente tostate poi schiacciate - con le quali realizzano i deliziosi cioccolatini alle nocciole, i cui estimatori sono sempre più numerosi.
Sempre in Francia, nell’Aveyron, troviamo la storica Abbazia di Notre-Dame de Bonneval, che deve l’iniziativa della sua fondazione a Guillaume de Calmont d’Olt, vescovo di Cahors (1113-1145), il cui castello di famiglia domina ancora Espalion. Su sua richiesta, sette monaci venuti da Mazan, nel Vivarese, con il loro priore Adhémar si stabilirono a Pussac. Poi, qualche tempo dopo, probabilmente per trovare più solitudine, abbondanti sorgenti d’acqua e vicinanza al fiume, giunsero a stabilirsi due chilometri più in là, più in profondità, in una località chiamata Bonalde. Una valle selvaggia con pendii ripidi, che mostra grandi rocce nude in mezzo a faggi, querce, frassini... Nel mezzo scorre un fiume, il Boralde de Flaujac. Si tratta di un tipico sito cistercense: perché “Benedetto amava le colline, Bernardo le valli”, secondo un adagio medievale. Ma la Rivoluzione francese ha saccheggiato l’abbazia e disperso la comunità. Gli immobili e i terreni sono stati venduti come beni nazionali. Nel 1875 le suore cistercensi-trappiste hanno rifondato il monastero e cinque anni più tardi hanno cominciato a produrre cioccolato, per potersi mantenere.
Il cioccolato Bonneval è realizzato con grande cura nei laboratori dell’abbazia. Si tratta di un tipo di produzione artigianale la cui tradizione perdura a Bonneval dal 1878. Anche qui, si gioca tutto sulla genuinità del prodotto: nessun grasso vegetale diverso dal burro di cacao puro viene utilizzato nella composizione dei cioccolatini e dei dolci al cioccolato. Sono famose per il “Malakoff”, un dolce creato dal grande cioccolatiere di Saint-Etienne, Jean-Louis Pupier, per celebrare la vittoria nella battaglia di Malakoff durante la guerra di Crimea nel 1855. Questa barretta pralinata ricoperta di cioccolato con scaglie di nocciola ebbe un tale successo che anche oggi rimane un best seller tra i cioccolatieri. E le suore di Bonneval lo eseguono alla perfezione.
Anche un piccolo Paese come la Slovenia ospita una realtà degna di nota. Si tratta del pittoresco villaggio di Olimje, famoso per le sue terme, ma anche per il castello, che nel XVI secolo è stato trasformato in monastero. Al suo interno, si vende il cioccolato prodotto a qualche metro di distanza nella famosa cioccolateria del villaggio, che viene degustato sul posto dai numerosi gruppi di visitatori, ma anche venduto ovunque, grazie ad Internet.
Prima di attraversare l’Oceano, concludiamo questo giro gastronomico europeo citando l’Abbazia di Caldey Island, in Gran Bretagna. Si tratta di un’abbazia trappista, situata sull’isola di Caldey al largo della costa del Pembrokeshire, nel Galles. L’isola di Caldey è nota come uno dei centri dell’attività cistercense sin dal tramonto dell’epoca celtica e prosperò durante l’Europa medievale. Tuttavia, l’attuale abbazia fu costruita nel 1910 dai monaci benedettini anglicani. Al momento della costruzione, l’abbazia è stata definita “il più grande fenomeno nella comunità anglicana dei giorni nostri”. L’abbazia passò all’Ordine dei trappisti nel 1929. Nel 2018, c’erano circa 10 membri. Sono noti per la pasta frolla e il cioccolato (ma producono anche cosmetici a base di lavanda) e hanno aperto un negozio online nel 2001. Il cioccolato, al pari di quello degli altri monasteri, è fatto a mano, partendo dai migliori ingredienti naturali, senza conservanti e senza coloranti.
Non si può non notare come i monasteri siano stati all’avanguardia nella storia dell’alimentazione: antesignani degli alberghi, degli ospedali, dei ristoranti, delle associazioni caritatevoli di oggi e infine del cibo sano e naturale.
Lasciamo l’Europa per un breve viaggio gustativo negli Stati Uniti. Qui c’è il Priory of Our Lady of Consolation, ad Amity, nell’Oregon. È abitato da monaci-cioccolatieri, dell’Ordine dei brigidini (fondato da santa Brigida di Svezia nel XIV secolo). I monaci brigidini, installati in questo monastero fin dal 1986, sono autosufficienti, grazie al loro artigianato gastronomico, soprattutto per la produzione
di cioccolato di grandissima qualità. Per decenni i monaci hanno raffinato le loro straordinarie ricette di caramelle al cioccolato (vendute in piccole quantità) in molti gusti e hanno esplorato nuove indulgenze gustative per i loro enormi tartufi morbidi come la seta. Quando si visita la sala di degustazione del monastero si scoprono molti diversi gusti di tartufo al cioccolato, alcuni non si trovano sul sito Internet.
Visitando questi luoghi di preghiera, dove si sentono i profumi di incenso, ma anche di lavanda, di miele e di cioccolato, pensiamo alla vita di questi uomini e donne che hanno scelto la preghiera, la meditazione e perfino la clausura come stile di vita, il lavoro, la dedizione alle anime e alla gloria di Dio. È un mondo molto lontano dalla frenesia che circonda le nostre vite, un mondo dove a volte si ha voglia di rimanere. La bellezza interiore dei luoghi e delle persone che li abitano è contagiosa. È una bellezza che per secoli è stata capace di unire anima e corpo, spirituale e materiale, e di dare senso ad una scelta di trascendenza che per molti è difficile da capire.
Anche i loro prodotti gastronomici hanno un gusto diverso, speciale, non solo per la qualità eccelsa, ma perché usano l’ingrediente più importante: la fede.
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